Parte V. La realtà fa male
L'erba scura del prato danzava rapidamente alle noti musicali del vento gelido che si era innalzato, le nubi avevano coperto interamente il sole trasformando quel paesaggio di fiori appassiti in un quadro cupo e ansiogeno. Tu te ne stavi lì, confusa e delusa a riflettere sul da farsi quando all'improvviso il tuo sguardo cadde su un fiordaliso, era diverso, in ritardo rispetto agli altri, già morti da tanto ma c'era e quella era la volta buona nonostante il maltempo, purché potesse crescere. Conoscesti lei, un'anima persa come te, frequentavate lo stesso gruppo di amici a scuola: iniziaste a conoscervi, ad andare d'accordo, ad uscire, ad andare una casa dell'altra, ti vidi iniziare a chiamare "migliore amica" chi era degna di essere chiamata tale. Era intelligente, gentile, divertente... tosta e coraggiosa e sì, era tutto ciò che ti mancava ma non eri invidiosa... eri solo felice, amavi avere qualcuno al tuo fianco che contrastasse il tuo carattere ed eri orgogliosa di lei per essere così, questa era un'amicizia con la A maiuscola. Ben presto iniziaste a mettere su un'intimità che tutti, comprese voi, vedevate, eravate ovunque e da nessuna parte... insieme. Per un bel po' lei sarebbe stata quella luce di cui avevi bisogno per rimanere al caldo perché stava iniziando a farsi freddo, il vento rabbrividiva sulla pelle tanto quanto gli occhi rabbrividivano alla vista di quella landa scura e sperduta, dove al centro stava crescendo qualcosa che non sarebbe mai dovuto crescere: robuste rose rosse iniziavano a farsi spazio tra gli steli senza vita dei fiori precedenti, qualsiasi cosa incontrassero non le fermava e nonostante la loro apparente delicatezza sembravano più forti di quello che sembrava.
Mi ricordo la tua paura di girare per i corridoi della scuola, di scendere e salire in autobus, di essere lì pronta a venire derisa da lui e i suoi seguaci. L'unica cosa che faceva ogni volta che ti vedeva era ridicolizzarti e nonostante avessi smesso di rispondere indietro alle sue cazzate lui continuava ed eri convinta di meritarlo, eri convinta che quella fosse la giustizia: gli eri stata addosso, avevi disturbato la sua pace solo perché pensavi di piacergli e adesso lui si stava vendicando. Giustizia alimentata dal piacere, perché nonostante ti dicesse cose orribili, lui era l'unico che a prescindere ti dava delle attenzioni, era l'unico che ti vedeva, anche se non per ciò che eri. Insomma, il caos più totale.
In qualche modo il piacere di essere vista prevaleva su tutto, alla fine era ciò che volevi, per cui il tuo "amore" per lui poté solo crescere, nonostante non volessi lo amavi ancora.
L'estate fu come una pausa, una scusa per poter respirare aria fresca nonostante fossi ancora provata dall'andamento di tutti quegli accaduti, durante le vacanze lavorasti su te stessa, provasti a resettare ogni cosa e a partire da zero: sapevi di aver sbagliato approccio, per tutto il primo anno ti eri comportata come una persona diversa e ti sentivi in colpa... ma se non altro, sapevi di non poter cambiare il passato così ti sei concentrata su di te, cambiare per il tuo bene e quello degli altri. Già, quella era l'idea iniziale e sembrava così semplice nella tua testa... e un po' lo capisco.
Quando due persone smettono di sentirsi e si rincontrano vent'anni dopo, nel profondo si aspettano di vedere la persona di vent'anni prima perché il prima è l'unico frammento che gli è rimasto. Quando la scuola ricominciò ti accorgesti ben presto di ciò che ti circondava e di quanto prima fosti stata cieca pur vedendo: eri cambiata ma per loro eri sempre la stessa, per loro eri sempre l'infantile, l'appiccicosa e l'ingenua. Se prima eri la bambina tra gli "adulti", ora eri l'adulta tra persone che non volevi permetterti di giudicare perché pensavi di essere peggio e di non averne il diritto, tu eri diversa ma la tua reputazione era uguale.
Era solo l'inizio della seconda e già cominciavi a vedere speranza solo in un paio di citazioni che trovavi online, provavi soddisfazione nell'immaginarti nei panni di persone felici e mettevi gli altri al primo posto perché nessuno lo faceva con te. Volevi essere amata ma hai finito per farti odiare, la popolarità non era più un tuo problema, anzi forse non c'era cosa che odiassi di più, ti sentivi sola, sbagliata, invisibile.
Sarebbe stato ottimo parlare a qualcuno di questi problemi ma non volevi più sentirti un peso per nessuno, gli errori del passato gridavano la loro presenza, incentivando il timore di ricommetterli così ti convincesti che la soluzione migliore sarebbe stata quella di... tenerteli per te, perché tutti avevano già abbastanza problemi, le tue amiche, la tua migliore amica, i tuoi genitori... e a chi piacciono i problemi in più?
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