Parte IV. Questi erano avvertimenti
Molto spesso mi ritrovo a pensare che l'aggettivo "illusa" sia perfetto per te: ti eri creata un mondo tutto tuo dove le cose o le dinamiche erano esattamente come volevi tu e di conseguenza ti comportavi come se il mondo reale fosse quello. A volte penso che per qualche strano motivo, arrivasti in prima superiore con già ferita, specialmente dal punto di vista dell'amore perché fu proprio quello che ci mise di più a farsi vedere per com'era veramente, probabilmente perché tu non volevi neanche credere a ciò che fosse veramente... finché non ne fosti costretta.
Un giorno, finite le lezioni, andasti a prendere l'autobus e dato che lo trovasti pieno, finisti per rimanere in piedi, al tuo fianco, seduto sul sedile con il suo cappello rosso c'era lui, a ridere e scherzare con un suo amico sul sedile affianco. Non so sinceramente cosa successe, tu dissi che aveva iniziato a darti delle gomitate e all'improvviso, senza sapere da dove tirasti fuori il coraggio gli desti un colpetto sulla nuca con il tuo telefono, per "vendicarti". Lo videro tutti, me lo ricordo perfettamente, c'ero anche io, quando scendesti dall'autobus lui ti raggiunse, mi ricordo la sua voce, i suoi amici alle sue spalle, le occhiate stranite di chi aveva visto la scena e conosceva la tua reputazione, ricordo il tono di quel:
-Che cazzo vuoi dalla mia vita?!- che ti dedicò una volta che i suoi occhi furono nei tuoi.
Lo guardasti allontanarsi da te, confusa e triste, confusa perché non sapevi neanche tu perché lo avevi aggredito così e triste perché avevi realizzato che lui non ti aveva mai amata, anzi peggio, non gli eri neanche mai lontanamente piaciuta e lui, come se non fosse ovvio, non aveva nessuna colpa di questo. Processando ciò che successe quel giorno ti accorgesti che lui ti aveva detto la prima cosa sensata in un anno da quando vi "conoscevate"... Che cosa volevi da lui? Perché continuavi a rispondere indietro alle sue cazzate? Perché l'unico che ti aveva dato delle attenzioni che ritenevi decenti era lui ma era ora di tornare nella realtà, lui ti stava prendendo in giro non perché gli piacevi ma solo per il gusto di farlo, fa male ma è meglio la verità, lasciarlo perdere era l'unica opzione e così facesti... ma questo non significa che smettesti anche di amarlo, o di amare la versione che ti eri creata di lui. Tanti furono i modi che adottasti per cercare di dimenticarlo, tipo provare a innamorarti di un'altro ragazzo, mi ricordo che cercavi di farti piacere le moto solo perché piacevano a lui, smise di piacerti proprio quando gli chiedesti che tipo di moto si sarebbe preso e la tua "migliore amica", nonché sua compagna di classe, disse davanti a voi:
-Ma quando mai ti piacciono le moto-
Ci rimanesti molto male, ormai non la riconoscevi più ma capisti che quello fosse un metodo del fato per suggerirti che quella non fosse la soluzione giusta, tanto te ne saresti accorta anche più avanti quando i tuoi compagni avrebbero strappato la pagina del diario dove avevi scritto il suo nome e lui le avrebbe dato fuoco per poi postare un video sul tuo gruppo di classe, in modo che tu lo vedessi.
Possiamo dire che, oltre ad essere illusa, fossi anche ingenua, insicura, impulsiva e non darti la colpa per questo... Alla fine, eri ancora una bambina, non sapevi comportarti nel modo giusto a delle cose a cui per il mondo avresti già dovuto sapere come comportarti.
Rileggere tutte queste cose, una dietro l'altra mi fa riflettere e mi fa rendere conto di quanto fossi forte, di quanto, nonostante succedessero tutte queste cose, continuassi ad andare avanti a testa alta, e da una parte ti ammiro, ammiro la tua perseveranza, ammiro il tuo non arrenderti e ammiro, nonostante sapessi già le conseguenze, il fatto che tu avessi messo da parte la paura per provare a parlarne con i tuoi genitori, lo ammiro veramente perché se me l'avessi chiesto, te lo avrei negato mille volte e ti avrei dato della pazza, in fin dei conti però, sono felice che tu l'abbia fatto perché mi avrebbe aiutato poi, in futuro, a capire meglio come sto facendo adesso. Credo nel destino e sono fortemente convinta che questo fosse stato un segnale di avviso, un segnale che ciò che stava arrivando avrebbe cambiato anche ciò che c'è sempre stato, il nuovo avrebbe influenzato anche il vecchio e questo era assolutamente necessario.
So che per te, tua madre, o almeno la tua percezione di lei, non aveva un briciolo di dubbi, eri convinta che niente di ciò che facesse o dicesse fosse sbagliato, avevi l'abitudine di posizionarti a un livello molto più basso del suo e a pensare che non saresti mai arrivata così in alto, fin dalla tua nascita era sempre stata, a prescindere da tutto, la "conferma". La sua voce era oro, giustizia e verità, per questo quando parlò lei, non osasti neanche pensare che quella non fosse la cosa giusta da fare.
-Devo parlarti di una cosa- dicesti quel giorno, lei ti guardò stranita, probabilmente perché conoscendoti stava già iniziando a preoccuparsi. Le parlasti dei tuoi compagni, delle prese in giro, di tutto ciò che stavi passando, non le raccontasti né tutto né nel modo giusto e spiegato a dovere, non avevi ancora non le idee chiare e questo influì molto... e sai una cosa? Forse, non capì... Eri ancora una bambina dopotutto ma da ciò che dicesti era chiaro che non stavi bene.
-Dillo al prof- disse,
-Se glielo dico non cambia niente, il prof li sgrida ma loro continuano-
-Ignorali- disse poi, e all'improvviso presa dalla fretta e dalla disperazione di voler trovare una soluzione, lasciasti perdere tutto spostandoti su un'argomento più importante: lui, ma anche lì eri confusa, lei ti guardava, aspettavi con ansia una risposta, sapevi che non avrebbe potuto risolvere il problema ma almeno speravi che ti sarebbe stata di conforto, che ti avrebbe incoraggiato, che ne sarebbe valsa la pena essersi aperte con qualcuno... perché a volte anche un "andrà tutto bene" può fare la differenza, specialmente per una sensibilità come la tua,
-La vita è così- disse... e questo non migliorò le cose, forse ti fece sentire schifosamente ancora più sola e lo sapevi... ma hai falsificato tutto con la scusa della percezione: era perfetta, lo era sempre stata, volevi che continuasse ad esserlo così le dasti più che ragione, ti mettesti nel torto e cercasti di metterti l'anima in pace. Cercasti.
Tuo padre invece iniziò ad allontanarsi già da molto prima, c'era da aspettarselo in realtà, ma tu non volevi credere alla tua intuizione. Non mi ricordo neanche cosa gli dicesti ma ricordo molto bene cosa ti rispose lui, tipo di persona di cui reazione è più prevedibile di qualsiasi altra cosa.
-Se nessuno dei tuoi compagni va d'accordo con te, allora non è che sei tu il problema?-
-Devi sempre saperti difendere nella vita, se no sei debole, quando ti dicono qualcosa, tu rispondi-
-Stare male per ciò che ti dicono gli altri è un problema inutile e banale, fregatene e basta-
Se penso a lui, mi viene da chiedermi quante cose spaventose abbia dovuto passare per far sì che consideri questo, un problema "inutile e banale" perché allora vuol dire che ha vissuto molto peggio, quanto abbia sofferto per riuscire ad essere così forte oggi e quanti traumi ed emozioni represse per far sì che ne sia uscito un'uomo così "piccolo", non so neanche che cosa io intenda con "piccolo", che sia la mentalità o altro, credo che sia semplicemente un aggettivo perfetto per lui e so per certo che al suo interno, non si trovi nulla di cattivo, questo mai... A volte, bisogna accettare certe persone per come sono, perché loro hanno già accettato tante cose e, forse, non hanno la forza di accettarne altre. Sono convinta che se avesse saputo di ciò che stavi passando, dopo un po', con i suoi tempi, l'avrebbe accettato ma non avresti retto altri problemi oltre a quelli che già avevi. Pensare a lui, mi darà sempre un po' di amaro in bocca, perché a una certa iniziò a non esserci più e la sua sagoma era all'orizzonte nella nebbia, lontani e ad un certo punto non seppe più niente. Nonostante tutto ciò che fece per te, non esserci quando ne avevi bisogno minò la tua fiducia nei suoi confronti e non lo volevi... merda, se non lo volevi... ma i sentimenti non si possono comandare e penso che lui non saprà mai che non gli sei così tanto devota come lui dice che si dovrebbe essere ai genitori. Una cosa che mi rincuora sapere e che ti ha anche permesso di archiviare tutto ciò, è che in fondo non è colpa sua.
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