Capitolo 9


-Pensavo fossi altezzosa, ma invece sei semplicemente ingenua- dice Riot con un mezzo sorriso. I suoi occhi verdi, di un colore mai visto prima, simile a quello delle foglie d’alloro, mi percuotono nel profondo. Non sono stupida, e so che mi parla sempre con un tono troppo affettuoso: il problema è che io mi immagino troppe cose e magari lui ne intende altre, completamente diverse.

-Non hai risposto alla mia domanda- obietto, per poi togliermi la felpa e appoggiarla sulla mia coscia destra, quella buona. Gli antidolorifici hanno fatto effetto, perciò mi sento febbricitante, e infatti la maglietta sotto è leggermente sudata. -Sono gentile con te perché anche io ho i miei gusti, le mie preferenze, i miei punti deboli- accovacciato di fronte a me, sembra piccolo e indifeso. Non vedo di fronte a me Riot, lo Spec Ops alto due metri dalle spalle enormi e la voce chiara, ma vedo il ragazzo dietro la maschera, dall’identità sconosciuta ma le labbra dolci.

-Lo sai, vero, che le persone possono farsi un'idea sbagliata? Non sono l’unica a trovarti affascinante, quando sei per strada a spaccare la faccia ai poliziotti- ride, ma la sua risata è sardonica. Sa di essere bello anche con l’armatura, ma non vuole ammettere che piace ad un sacco di ragazze, e non solo ai cittadini che partecipano alle manifestazioni.

-Beh, ma a me piacciono le ragazze che non hanno timore a dire le loro opinioni, che non hanno paura di rischiare la propria incolumità per gli altri, che fanno di testa loro… E purtroppo, non tutte sono come te- appoggio i gomiti sulle mie ginocchia, chinando il viso verso il suo. Adesso vedo distintamente le sue iridi, e noto che hanno delle pagliuzze più chiare che mi mandano in brodo di giuggiole. Alcune sono perfino dorate. 

-Non so nulla di te, e tu non mi vuoi dire niente. Però, di me sai tutto. Ti interesso ugualmente?- chiedo, curiosa, ma divento rossa quando annuisce leggermente. -Di me devi sapere solo che mi chiamo Riot, che ho ventitré anni e che sono al servizio di Anonymous da sette anni. E ti starei già dicendo troppo, sul mio conto. Ritieni fortunata- il mio intestino si intreccia su se stesso mentre il mio cuore fa delle piccole capriole. Vederlo parlare osservando il suo viso è un piacere per gli occhi. Non sento più tutte le botte che ho preso oggi, non percepisco più il senso di colpa derivato da tutte le cazzate che ho fatto, ma sento solo la presenza di Riot. E non solo in questo bagno, ma dentro la mia testa. È dal giorno in cui l’ho conosciuto che non faccio altro che pensare a lui. Certo, penso anche agli altri Spec Ops, alle proteste, al mio amico Paul. Ma lui è la prima persona che mi appare nella mente quando credo di averla sgombra.

Possibile che mi sia innamorata di un ragazzo che ho conosciuto due giorni fa?

Scuoto la testa quasi impercettibilmente.

-Io non posso avere dei rapporti al di fuori di Anonymous, dato che potrei rivelare informazioni importanti a delle persone che non c’entrano nulla con questa storia. Devo stare attento, molto più di quanto lo sia già- anche io faccio un mezzo sorriso, ma quando lo guardo negli occhi assumo un’espressione vittoriosa. Il suo tono è amaro, ma il mio è speranzoso. -Io sono nella lista, quindi. D’altronde, sei tu che mi hai fatta entrare- Riot ha un’enorme punto di domanda sulla testa mentre mi guarda, non riuscendo a capire benissimo le mie intenzioni. 

Ma nemmeno io so bene quali siano.

Ci fissiamo per un tempo che reputo infinito, ma per me non è abbastanza: per ore, ieri mattina, mentre lavoravo, cercavo di immaginarmi le sue fattezze. Adesso che ce le ho davanti, non posso smettere di ritenere stupende le sue sopracciglia folte, il suo naso perfettamente dritto, il neo che ha vicino alla bocca, il riflesso dorato della sua pelle sotto la lampadina del mobiletto del bagno; mi concentro sulle sue fossette, due piccole onde ai lati delle labbra, poi contemplo gli occhi verdi, che mi rendono assetata del suo sguardo, penetrante quanto il mio. Mi lecco le labbra, e Riot segue la mia lingua con gli occhi seri.

-Farley Pierce, sei la tentatrice migliore che abbia mai conosciuto- mormora facendo percorrere ai suoi occhi il solito tragitto, che parte dai miei occhi, castano scuro, e finisce alle mie labbra, mordicchiate. So cosa vuole fare, e lui sa già la reazione che avrò.

A questo punto, diventa tutto un gioco di incastri automatico.

Le sue mani grandi si appoggiano sopra le mie guance, accarezzando con i pollici la mia pelle, che subito si riempie di piccoli brividi. Le mie mani invece si appoggiano sulle sue spalle, alla base del collo, e mi piego ancora di più verso di lui mentre gli vado incontro, facendogli capire che anche se non l’ho fatto notare fino ad ora, lo desidero tanto quanto lui desidera me.

Provo una scarica elettrica piacevole quando le nostre labbra si uniscono in un piccolo bacio innocente. Però, anche se lo conosco da due giorni, so già che Riot non è il tipo da baci a stampo: infatti, dopo aver assaggiato il mio labbro inferiore, socchiude la bocca e mi stuzzica con la lingua. 

Era da troppo tempo che non bramavo un’uomo così tanto.

Apro la bocca e lascio che le nostre lingue si incontrino, toccandosi e poi separandosi di nuovo. Riot si tira su, appoggiando le mani contro le piastrelle della parete del bagno, mentre mi alzo anche io e divarico le gambe, appoggiando la schiena alla parete. Con le braccia, lo invito ad avvicinarsi, e mentre sistema un ginocchio sul gabinetto, mi divora le labbra prepotentemente. La sua lingua è frizzante, risvegliando i miei sensi all’istante. Le sue dita mi tirano il viso indietro, e appena stacca le labbra dalle mie, inizia a baciarmi il mento, scendendo al collo. Succhia una zona della pelle sotto l’orecchio, ma non con una forza tale da lasciare il segno, e la mia bocca socchiusa fa uscire un gemito strozzato. Non sono in grado di porre un limite, se lui decidesse di continuare. Ho un casino in testa, ed è colpa di Riot.

Però lui si ferma, guardandomi dal basso verso l’alto con i suoi occhioni, adesso simili a quelli di un predatore. Le mie mani stringono il cotone della sua maglia all’altezza del collo, e lo tiro a me baciandolo con passione: stavolta è la mia lingua quella intraprendente, che gli fa schiudere le labbra morbide e mi lascia incontrare la sua, che risponde veloce. Ansimo, dato che sono sempre stata sensibile ai baci, e Riot abbassa le mani, scendendo lungo la mia schiena con una lentezza asfissiante, sistemando la mia maglietta lungo il mio corpo, altrimenti in biancheria intima. Mi fascia la vita con le braccia, avvicinandomi ai suoi fianchi, e stringe le dita della mano destra intorno al mio sedere: sorrido sulle sue labbra mentre mi sciolgo sotto il suo tocco, così autoritario da farmi sentire bruciare dalla lussuria. I nostri nasi si scontrano ogni volta che cambiamo incastro, e le nostre bocche sono due pezzi di puzzle che dovevano stare insieme per forza, dato che la sensazione che sento dentro di me è fin troppo piacevole.

Allontaniamo le nostre labbra guardandoci negli occhi, e quando cerco una spiegazione alla fine, troppo improvvisa, Riot sussurra:-Devi goderti ogni momento. Ci vuole calma nella vita, piccola Farley- e scuoto la testa sospirando. Fosse stato per me, questi baci sarebbero stati solo l'inizio, e non pensavo di avere così poco autocontrollo.

Mi è piaciuto. Tanto. 

Lo rifarei. Sempre.

Prima che possa rispondere o ricominciare a baciarlo, sento una suoneria insolita, fatta di suoni cupi e monotoni. Riot tira fuori da una tasca del suo giubbotto un vecchio modello di cellulare, guardando lo schermo verdastro. -Il cellulare del colonnello è al suo posto. Missione compiuta- l'espressione che mi rivolge è orgogliosa e allegra, con gli occhi che gli brillano. Sorrido, felice per la piccola vittoria ottenuta, ma scoppio a ridere quando vedo Riot sbadigliare subito dopo aver detto la notizia. -Dormirai qui, caro Mufasa- dico, sbeffeggiandolo del secondo nome che non mi aveva detto. -Certo che dormirò qui. Non ho voglia di vedere quelle facce di merda dei poliziotti- dice alzando le spalle e strofinandosi il viso con le mani.

Dato che il mio divano è ridicolmente piccolo, sappiamo entrambi che Riot dovrà dormire con me nel mio letto, che al contrario è a due piazze. Mentre sistemo i cuscini l'uno lontano dall'altro e mi metto degli shorts in cotone, mi sento leggermente imbarazzata. Poco fa, avrei fatto di tutto con Riot, ma mai avrei pensato di dormire con lui. Dormire per davvero. Ridacchio. In così poco, sono diventata assetata di un uomo che mi tratta come ho sempre desiderato essere trattata.

-Prima avresti pure scopato con me, e adesso non riesci a rilassarti per andare a letto?- esclama divertito Riot mentre si toglie il giubbotto, e io ribatto:-È proprio questo il problema. Adesso sto… Riflettendo!- dico impacciata, ma senza nascondere la verità. Lui alza un sopracciglio. -Vorresti dirmi che prima non riflettevi? I tuoi occhi mi dicevano altro- sbraito con le mani per farlo stare zitto. -Non voglio sapere che dicevano i miei occhi!- poi, mentre si toglie i pantaloni, gliene lancio un paio dei miei, i più larghi che ho. Lo sento balbettare una sottospecie di "grazie" mentre se li infila, e anche se gli lasciano completamente scoperte le caviglie, non gli stanno così male. 

Fortunatamente, o sfortunatamente, si lascia la maglietta grigia che teneva sotto la sua armatura, e si corica a letto dopo aver collegato con un caricabatterie il suo cimelio antico che chiamo cellulare. Lo imito con movimenti meccanici, ma appena tocco il mio materasso, morbido e accogliente, mi rilasso subito e mi sistemo, pronta per addormentarmi appena spegnerò la luce della piccola abat-jour. -Buonanotte Riot- dico, incredula delle mie stesse parole. -Buonanotte Farley- mi risponde, usando il tono più delicato e dolce che le mie orecchie abbiano avuto la fortuna di sentire.








In cima al capitolo vi ho lasciato la foto di come mi immagino Riot sotto la maschera. Godetevela, e godetevi il primo vero capitolo. 😉

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