Capitolo 8


Il mio bagno è sempre stato piccolo, ma con Riot dentro diventa una specie di ripostiglio. Dopo essere andata a prendere del ghiaccio, l'unica cosa che ho pensato possa servire, vedo Riot chinato a cercare qualcosa nel mobiletto sotto il lavandino. Tira fuori delle bende e dell'acqua ossigenata, oggetti che non sapevo di possedere. -Togliti i pantaloni- mi ordina pacato. Sto per inveirgli contro, poi però capisco il motivo di quell'ordine: sono stata colpita alla coscia, ed è normale che, per vedere in che condizioni riversi, bisogna avere la gamba nuda. Mi sfilo i jeans neri, che appoggio sul lavandino, e mi siedo riluttante sul gabinetto.

-Sì, hai proprio delle belle gambe... Se non fosse per questo- commenta Riot facendomi diventare rossa come l'enorme cerchio sul mio quadricipite. La ferita è interna, e oltre al cerchio rosso, è decorata da una piccola sfumatura violacea che si propaga in corrispondenza di tutti i capillari rotti. -Dici le cose senza pensarle veramente- rifletto ad alta voce, infastidita dalla casualità con cui mi dice certi pensieri. -Cosa te lo fa credere?- mi risponde con una domanda mentre mi fascia intorno alla ferita, stringendo un po' troppo. -Non puoi fare questi complimenti in maniera così rilassata- lui ride di gusto per poi alzare il capo verso di me. -Sono rilassato perché li penso davvero- ferma le sue mani e sposta l'attenzione sul laccio del suo casco, che fa un click veloce. -Non ci vedo un cazzo con questa visiera- commenta pensieroso, ma io non lo sto ascoltando, concentrata sui movimenti delle sue dita. Improvvisamente, mi sento battere fortissimo il cuore, di nuovo. Di questo passo avrò un infarto. -Ti fidi così tanto da permettermi di vedere la tua faccia?- gli chiedo, con gli occhi appena lucidi dall'emozione.

Non me lo aspettavo.

Per nulla.

-Vediamo… Mi stai simpatica, hai il profilo pulito, hai speso $47.30 in bottiglie d'acqua da destinare ai protestanti, hai colpito un poliziotto in faccia spaccandogli il naso e ti sei presa un proiettile di gomma per un civile. Quindi sì, mi fido abbastanza- appoggia le mani alla base del casco, sotto il mento, e se lo sfila lentamente. Sento il fruscio dei dreadlocks contro il materiale del casco, e quando lo appoggia sul lavandino, sopra i miei jeans, resto senza fiato, senza parole.

I dreadlock castani sono per la maggior parte di un colore simile al mogano scuro, con alcune ciocche poco più chiare. Il viso è ovale, con gli zigomi definiti e la mascella squadrata, la pelle olivastra e liscia che evidenzia gli occhi, di un verde smeraldo simile a delle pietre preziose. Lo sguardo, evidenziato da delle corte ciglia ricurve, è accentuato dalle sopracciglia, dritte e scure. Il naso è dritto e meno largo di quanto mi sarei immaginata, e i miei occhi scendono alle labbra, carnose e rosee, tese in un leggero sorriso che gli increspa gli angoli della bocca, creando delle leggere fossette. Il collo largo e dritto completa questo quadro ellenistico, e io mi chiedo perché debba indossare quel casco ogni giorno.

Sta molto meglio senza.

-Io l'avevo detto che eri una piccola depravata- dice ridendo. Arrossisco assumendo i colori di una mela matura, e mi giustifico ribattendo:-Non mi aspettavo fossi così- lui alza un sopracciglio con fatica, facendomi rendere conto che è poco espressivo, e ciò si addice alla sua maschera. -Soddisfo le tue aspettative? Su, torniamo alle tue ferite- sto per rispondergli quando fermo la mia bocca, che parla sempre prima di chiedere il consenso al cervello. Riot è mozzafiato, e vederlo mentre si lega i dreadlocks con un elastico e continua a fasciarmi la gamba mi fa letteralmente impazzire. Mi rifugio nel dolore che provo alla testa per poter smettere di fissarlo come la depravata che lui dice di vedere in me.

Mi sentivo attratta da lui prima di vederlo in volto, figuriamoci adesso.

Appoggio il ghiaccio sulla ferita mentre Riot controlla il mio naso. -Non ha niente- gli dico, non riuscendo a sopportare la sua vicinanza. Lui annuisce, poi mi tasta il braccio, facendomi scoprire un taglio che non sapevo di avere. La felpa è lacerata in quel punto, e il sangue secco circonda la ferita ancora aperta. -Ma sei impazzito?- grido mentre Riot versa sulla ferita l'acqua ossigenata. -So che puoi resistere a molto peggio- schiocco la lingua, divertita dal commento provocatorio. -Che ore sono?- gli chiedo, avendo perso completamente la cognizione del tempo. -Lei due di notte, cara Farley. Ti ho portata a casa alle 20.15 e hai dormito fino alle 01.50, dieci minuti fa- mi spiega, e lo ringrazio per avermi portata lontano da quel casino. Non dico che non resterò di nuovo fuori casa, dopo il coprifuoco, ma spero di essere un po' più preparata agli imprevisti, e meno precipitosa. 

Lo guardo medicarmi di nuovo, fasciandomi il braccio con del cotone garzato e poi chiedendomi dove mi sente la testa. La indico tutta, poi però mi sento attanagliare da una domanda: -Perché sei così gentile con me?- lui scoppia a ridere, ma io lo seguo a fatica. Non voglio iniziare a fraintendere, soprattutto dopo tutte le cose belle che ha fatto per me.







Allora, questo capitolo è un po' un rischio, dato che è difficile immaginarsi una persona che non esiste, ma spero vi piaccia ugualmente. Adesso entreremo nel vivo della storia, perciò allacciatevi le cinture. 🦋

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