Capitolo 6
Corcoran Street.
Non ci mai stata perché è per lo più una via residenziale, molto tranquilla e indisturbata.
Adesso, invece, è il teatro di una specie di catastrofe.
C'è fumo dappertutto, si sentono delle colluttazioni ma non si capisce bene da quale parte provengano, e appena cerco di capire quante persone si trovano di fronte a me, perdo di vista sia Martha che Riot. Fortunatamente, però, qualcuno mi tocca la mano, e quando mi giro riconosco Tank. -Vieni con me- mi dice, camminando tra il fumo. Raggiungiamo l'incrocio di cui mi aveva parlato Riot, e vedo delle transenne per terra: più avanti, i coraggiosi stanno letteralmente facendo a botte con la polizia, mentre gli altri rimasti cercano di avanzare tra il fumo e i rifiuti per aiutare i protestanti. -Fermi dove siete!- urla alla folla il colonnello, riconoscibile dal distintivo scintillante che ha appeso alla giacca, raffigurante un'aquila reale. Un ragazzo gli corre incontro insieme ad altri suoi amici, ma, mentre iniziano a picchiarsi, alle persone più indietro viene lanciato un lacrimogeno. Delle donne lo intercettano, e appena cade a terra lo coprono con un cono stradale, per poi fare pressione con le braccia, finché non sento un sibilo acuto e vedo del gas uscire. Le donne tossiscono, ma fortunatamente sono riuscite ad evitare che il fumo faccia del male agli occhi dei protestanti vicini a loro.
Anche se Martha aveva detto che Scorpion era un cagasotto, mi sento di dissentire, dato che lo vedo colpire con un colpo ben assestato un poliziotto, che barcolla. Lo Spec Ops usa le sue braccia potenti nel migliore dei modi, e mi fa capire che ci sa fare quando lo atterra in poche, semplici mosse. Il poliziotto viene derubato del caschetto e dello scudo, che vengono lanciati ai civili, e infine delle armi, che vengono riposte nelle tasche di Scorpion. Appena mi nota tra la folla, in un secondo di tregua, mi fa un cenno con il capo, facendomi capire che è terminato il suo astio nei miei confronti.
Mentre cammino, abbassandomi lentamente, vedo un gruppo di ragazzi soccorrere un uomo, che ha del sangue che gli cola dalla tempia destra. Tiro fuori un pacchetto di fazzoletti, e dopo aver attirato l'attenzione di una ragazza del gruppetto, glieli lancio: lei li prende impacciatamente con le mani, poi però mi sorride e mi ringrazia, facendo saettare lo sguardo da me a Tank, poco più in là.
Continuo a seguire la schiena di Tank, che si apposta dietro una macchina parcheggiata e aspetta che faccia lo stesso. -Restiamo qui. Martha dovrebbe arrivare a momenti, e ci serve lei- il mio sguardo diventa interrogativo, ma poi lui continua a spiegare il suo piano. -Lei, essendo abile e più bassa, può infiltrarsi e aspettare che il cellulare del colonnello "venga perso", mentre è impegnato ad allontanare quei ragazzi. Nel frattempo, noi dobbiamo coprirla e distrarre la polizia. Non dobbiamo fare del male a nessuno, se non per difenderci- annuisco, stringendomi il labbro inferiore tra gli incisivi mentre aumento la presa sul manganello: non ho mai colpito una persona, ma sono pronta a farlo.
Dal Barcelona Wine Bar, che credevo chiuso, vedo uscire un signore robusto, con in mano un manico di scopa, seguito da altri ragazzi, tutti coperti dai cappucci delle loro felpe. Urlano e sbraitano, ma aiutano i protestanti distraendo la polizia.
In lontananza, alzando la testa dal cofano della Nissan su cui ero appoggiata, all'improvviso vedo il caschetto biondo di Martha, e quando si gira verso di noi, coperta alla perfezione da un copricollo e un berretto grigio, alza la mano destra, racchiusa in un pugno. -Sa già cosa deve fare- mi dice Tank, facendomi capire cosa significhi quel gesto. Annuisco e mi sposto verso le transenne, calpestate ripetutamente dai cittadini. -Ti do il via io- mi consiglia, preoccupato, vedendomi troppo impulsiva. Lo sono, ma del resto non mi sono mai dovuta preparare per una cosa del genere. Mi sento immersa in un videogioco, e ho l'istinto di dovermi buttare di getto ogni volta capiti l'occasione.
Il colonnello, impegnato ad allontanare i ragazzi, che si stanno rivelando più tosti e astuti del previsto, non nota minimamente Martha; lei, intenta a fare il giro dell'incrocio, passa dietro alle poche macchine parcheggiate, avvicinandosi al nucleo delle risse, nei pressi di un piccolo parchetto su cui sono parcheggiate due auto della polizia.
Intravedo poi Riot, dall'altra parte dell'auto su cui io e Tank ci stiamo rintanando, che tira un calcio a un poliziotto, il quale lascia la presa di un signore di mezza età. Il signore, però, invece di scappare prende una pietra e la scaglia verso il poliziotto, prendendolo al fianco. -Negro di merda!- urla in risposta il poliziotto, reggendosi il fianco ferito e tirando fuori una pistola. Riot alza le mani, cercando di calmare entrambe le parti, ma mi ritrovo a correre verso quel povero signore poco prima di sentire lo sparo.
Il colpo ha un rumore perforante, forse anche troppo forte per appartenere a una pistola, e mi rendo conto che il proiettile, che rimbalza a terra, è di gomma. -Che cazzo fai?!- sento urlare a Riot, che si interpone tra me e il poliziotto. Con sorpresa di tutti, lo Spec Ops allunga repentinamente la mano, togliendo la pistola al poliziotto, per poi dargli uno spintone con il piede e facendolo cadere a terra. Io, che ho in una mano il manganello e nell'altra quelle ruvide del signore, comincio a correre verso un pickup parcheggiato dalla parte opposta della strada, per poi accasciarmi a terra una volta raggiunto Il Ford Ranger, lontana da quel vigliacco di un poliziotto. Riot ci segue dopo qualche secondo, e mentre l'adrenalina in corpo finisce di scorrere e la mia mente si fa più chiara, sento un dolore lancinante alla coscia. Come se fosse bucata.
-Cosa ti salta in mente, Farley?!- mi urla Riot, mentre si china verso di me. Mi tasto la gamba sinistra, sentendo un gonfiore insolito. Quel poliziotto non ha colpito qualcos'altro, come pensavo, ma bensì la mia gamba. Che adesso non mi fa pensare a nient'altro se non al dolore, venuto a galla con troppa intensità. -Non dovevi, non dovevi- sussurra il signore di mezza età, scuotendo la testa e ringraziandomi con gli occhi, madidi. -Non fa troppo male- mento, abbozzando un sorriso. Riot sbuffa. -Non devi prendere un proiettile per nessuno- inarco un sopracciglio, alzandomi e cercando di guardare Riot negli occhi, anche se sono coperti dalla visiera riflettente del casco. -Era solo un proiettile di gomma. Avrebbe fatto di peggio, a lui- dico, indicando con un cenno del capo il signore, impaurito. -Se fosse stato un vero proiettile? Se avesse preso l'arteria femorale? Non mettiamo l'armatura per fare i professionisti, cazzo, e tu non devi iniziare a fare l'eroina- ringhia Riot. Non c'è traccia di nessun altro intorno a noi, e le urla sono meno forti rispetto a prima. -Se avesse preso te, non me lo sarei mai perdonata- ribatto, dato che anche se Riot è pieno di protezioni, ha sempre dei punti deboli.
In fondo, per quanto possa essere intimidatorio, dietro quel casco c'è una persona, proprio come me, e come sto soffrendo io adesso, poteva soffrire lui.
Riconosco il gruppo di ragazzi che stava aggredendo il colonnello appena questi si fiondano ad un centimetro da noi, noncuranti né di Riot, alto due metri, né del signore di mezza età, intento ad asciugarsi le lacrime. Riprendono fiato, poi uno di loro ci dice in un ansimo:-Vi conviene andarvene- e, in una frazione di secondo, succede di tutto. O meglio, non succede più nulla.
Viene lanciato qualcosa che fa un rumore simile ad una lattina, quando rimbalza a terra a un centimetro dai miei piedi. Da esso vi esce del fumo, e capisco che è un lacrimogeno. Riot gli tira un calcio, allontanandolo da noi, ma il suo fumo mi entra lo stesso negli occhi, facendoli piangere di dolore; mi strofino le palpebre, e quando le riapro, l'unica cosa che riesco a distinguere è un poliziotto.
Di Riot, Tank, Martha o quel signore, nessuna traccia.
Il manganello, che adesso impugno con entrambe le mani, si rivela meno utile del previsto: il colpo che infliggo all'uomo, infatti, è indebolito dalla poca forza che ho. Lo prendo in volto, ma evidentemente non è abbastanza, dato che indietreggia a malapena. Sono troppo impegnata a cercare di allontanare il dolore, che però mi colpisce con forza insieme a un cazzotto del poliziotto, scaraventandomi a terra e facendomi battere le spalle contro il freddo marciapiede. Cerco l'ossigeno, ma la mia boccata d'aria si rivela l'ennesimo pugno di sofferenza.
Dopo, tutto buio.
Mi sto appassionando davvero troppo alla storia... Non pensavo che mi coinvolgesse così tanto! Vorrei farvi una domanda, dato che finora siete stati molti sinceri e lo apprezzo molto: secondo voi pubblicare un capitolo al giorno è una giusta frequenza? O preferite un po' più di pausa, in modo da poter recuperare la storia?
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