Capitolo 29
So che dovrei, sia per il mio bene che per il bene delle proteste, ma non riesco a liberarmi la mente e raggiungere le manifestazioni di oggi, a Chevy Chase e sempre a Howard. Già questa mattina ho a malapena fatto colazione, a casa di Paul, dato che non pensavo ad altro; a lavoro, continuavo a fare errori, e fortunatamente non ero alla cassa, perciò non dovevo scusarmi o giustificarmi con nessuno, e in più avevo questo leggero mal di pancia che adesso si è tramutato in delle fitte di nervosismo allucinanti.
Anche se è un banale appuntamento con un ragazzo che conosco da poco più di un mese, per me conta tanto. Non mi sono mai sentita così a mio agio, così protetta, così libera di esprimermi totalmente con qualcuno, e voglio che ogni cosa sia perfetta. Perciò, come tutte quelle ragazze dei film romantici, mi preparo presto per questa sera: infatti, Riot mi ha detto che mi sarebbe venuto a prendere alle sette di sera, però comincio a prepararmi alle quattro e mezzo, sperando di avere del tempo rimasto anche per oziare al telefono o guardare qualcosa di veloce su Netflix.
Mi infilo sotto la doccia, bollente nonostante i venti gradi che ci sono fuori, essendo fine giugno, e lavo, esfolio e depilo ogni millimetro del mio corpo con cura, stando attenta a non tagliarmi (di solito con il rasoio finisco sempre così) e a non arrossare la mia pelle, sensibile in alcuni punti. Una volta uscita dalla doccia, con i capelli impregnati di maschera e il corpo liscio come quello di un bambino piccolo, mi cospargo di crema profumata e poi mi metto dei vestiti comodi, giusto per non dover girare per casa nuda se mi servisse qualcosa, o se qualche vicino avesse la buona idea di suonare e chiedere dello zucchero. Bevo un po' d'acqua mentre mi trucco, stando attenta a non esagerare troppo ma neanche a soffermarmi alla mia solita, piccola linea di eyeliner: opto per l'unica cosa che so fare, ossia usare dell'ombretto nero e viola finché il risultato non sembra per lo meno presentabile. Mi copro le (fortunatamente poche) occhiaie con del correttore scadente ma a lunga tenuta, che mi aiuta anche a creare un effetto allungato del trucco, il quale diventa praticamente un eyeliner più spesso e sfumato, poi passo circa venti minuti a trattenere il respiro mentre mi metto le ciglia finte, per la seconda volta nella mia vita, e una tinta per le labbra rosso burgundy.
Mi è sempre risultato difficile mettere il rossetto, dato che, a differenza dell'eyeliner, le linee che devo tracciare oltre che uguali devono essere curve e arrotondate, perciò utilizzo una quantità spropositata di cotton fioc per cercare di ottenere l'effetto desiderato.
Una volta constatato che il mio viso non può apparire meglio di così, mi metto un po' di illuminante dappertutto, per tentare di brillare come quelle ragazze che vengono fotografate nelle pose più stravaganti riuscendo a risultare sempre bellissime, e poi mi concentro sui capelli, che adesso sono una massa informe di nodi e maschera al cocco.
Li sciacquo, li districo, li intingo nell'olio di argan e poi li asciugo con cura, cercando con la spazzola, come fanno vedere in migliaia di tutorial, di lisciarli nel miglior modo possibile, riuscendoci, ovviamente, solo in parte. Sospiro, sentendomi più stanca adesso che dopo qualsiasi giorno di proteste, e mentre aspetto che si riscaldi la piastra, mi metto un paio di braccialetti, una collanina regalata da mio nonno e un paio di anelli. Dopodiché raggiungo camera mia e mi metto il vestito che Martha mi ha imposto di indossare, l'unico che ho: un vestitino aderente viola con le spalline fatte di una fila di brillanti (finti, dato che lavoro da Target e vivo in uno squallido bilocale); data la mia altezza, mi arriva poco sopra metà coscia, perciò non avevo mai avuto il coraggio di indossarlo in pubblico. Adesso però sono più sicura di me, e in più, uscendo con Riot, che è alto due metri e probabilmente largo ugualmente, non mi faccio troppi pensieri. Nel frattempo che l'immagine di me, che io e Martha avevamo in mente, si plasma, torno al mio incubo, i capelli, gonfi ma soffici; stando attenta a non bruciarmi, a non bruciare il mio bagno e a non bruciarmi i capelli, li liscio nel migliore delle mie capacità, per poi, una volta soddisfatta del risultato, appoggiare la piastra spenta sul lavandino e dichiarare ufficialmente la mia vittoria sul mondo della femminilità. Dopo qualche istante (tre minuti) di pausa, durante i quali ero impegnata a cantare la canzone "Into it" dei Chase Atlantic, decido di infilarmi le scarpe, le uniche decolletè che posseggo, color champagne, opache, leggermente a punta, (in tinta con la borsetta che Martha è venuta a portarmi oggi, in prestito) e controllo per un minuto intero la mia immagine allo specchio, cercando di essere sicura al 110% di essere pronta e di non scordarmi nulla.
Ma soprattutto, di essere pronta.
Non pensavo che fosse così piacevole prepararsi per qualcuno. Certo, ho faticato parecchio, però so che per Riot ne vale la pena. In più, non mi dispiacerebbe vedermi così più spesso, dato che non sono così ridicola come mi ero immaginata. Sorrido, poi sento il telefono squillare e mi risveglio subito dalla mia tranche: sono le sette in punto.
Ci vuole così tanto per prepararsi? Un'ora e mezza? E dov'era finito il tempo che avevo pensato di serbare per l'ozio?
"Sono davanti casa tua", dice il messaggio di Riot. Faccio un bel respiro, fermo la musica del telefono, che infilo nella borsetta a tracolla, mi ispeziono per un ultimo istante allo specchio, facendomi dei complimenti per obbligarmi a non sentirmi imbarazzata di questa me così graziosa, così diversa dal solito, e mi avvio alla porta di casa. Appena esco, un sorriso scappa inevitabilmente dalla mia faccia: su una bellissima Honda Civic R nera, che romba quiete nel silenzio della sera, dal finestrino abbassato intravedo Jackson in tutta la sua bellezza.
Adesso non è Riot, lo Spec Ops intimidatorio e ribelle; è Jackson, il ragazzo di ventitré anni bravissimo nel mondo dell'informatica, che indossa gli occhiali per riposarsi gli occhi e ha un sorriso contagioso.
-Wow...Sei mozzafiato- mi dice mentre mi siedo sul sedile del passeggero. Lo guardo e mi scappa un complimento di risposta:-Anche tu sei bellissimo- dato che la camicia bianca gli fascia fin troppo bene il torso, i pantaloni color antracite evidenziano alla perfezione le cosce muscolose e il cuoio della cintura nera scintilla nella penombra, evidenziando la sua vita non troppo fine, ma tonica. Ridacchia, poi dice pacatamente:-Grazie. Sei pronta?- annuisco e mi metto la cintura di sicurezza, per poi rispondere:-Prontissima- cercando di usare tutto l'entusiasmo che ho in corpo.
La macchina, che non pensavo andasse così veloce ma mi facesse godere così tanto il tragitto, si mangia la strada con ferocia, portandoci a spasso per tutta Washington: Jackson, infatti, ha in mente di portarmi in un posto piuttosto lontano da dove viviamo, superando l'area della Casa Bianca e procedendo a sud, verso il fiume Potomac. Ogni volta che non deve cambiare marcia, appoggia la mano destra sulla mia coscia nuda, facendomi sentire orgogliosa di essermi vestita così per lui. -Hai sempre avuto questo anello?- gli chiedo, riferendomi all'anello quadrato, con una pietra nera incastonata nel metallo, che porta al dito medio. -Sì, ma lo indosso solo nelle occasioni speciali. Come per l'orologio- dice, riferendosi al decoro sul polso, che ha i quadranti blu notte e l'aria di essere pesante. -Sembri un uomo d'affari- fa un mezzo sorriso, rivelando i denti bianchissimi e increspando gli angoli degli occhi, più luminosi del solito. -Beh, in effetti ho degli affari con il Presidente degli Stati Uniti, quindi sono una persona piuttosto importante- ridacchio, poi sfioro la punta delle sue dita e guardo fuori dal finestrino, vedendo un cielo annebbiato dai fumi delle proteste ma con delle chiazze limpide, decorate da flaccide stelle e sfumature chiare. Il silenzio è piacevole, armonioso e quando mi giro a guardare Riot, con i dreadlocks legati in una crocchia abbozzata e la mascella contratta dalla concentrazione della guida, non mi importa più di raggiungere la meta. Mi basta rimanere qui, ad ammirare il panorama e il paesaggio, in compagnia di questa persona che in così poco ha fatto così tanto, sia per me che per tutti i protestanti d'America.
Scusate questo capitolo un po' superficiale, ma mi andava di farlo per rendere qualche parte della storia più leggera! Grazie per le ottomila e passa letture, siete dei tesori✨🥺✨
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