Capitolo 27


-Andiamo- mi dice Riot, che sembra essersi calmato, anche se il tono non promette così bene come pensavo. -I ragazzi?- chiedo, guardando anche Scorpion. -Stanno firmando le varie testimonianze, e ne hanno per un altro po'. Verranno scortati alle loro case e poi dovranno svolgere 100 ore di servizi sociali e 50 ore di servizi alla Howard University- risponde quest'ultimo. Una volta che mi sono alzata, Riot si sporge verso di me e mi prende per il braccio con un gesto rapido e per nulla cortese. -Tu vai, io devo dire una cosa a Farley- Scorpion annuisce confuso, mi saluta con un cenno di mano e poi cammina velocemente verso le proteste; Riot, invece, punta le sue falcate, sempre più rigide, sempre verso l'università, ma poi va in direzione della piccola chiesa vicina alle facoltà di Fisica e Ingegneria, la Andrew Rankin, evitando i protestanti, che ci guardano confusi e curiosi.

Una volta entrati dentro, Riot lascia finalmente il mio braccio e sbatte il portone come se non fosse fatto di legno massello, ma di cartapesta. -Ti diverti?- mi chiede serio: io lo guardo alzando un sopracciglio, per poi scoppiare a ridere. È già la seconda volta che si arrabbia senza spiegarmi il motivo, ma questa volta non riesco ad arrivarci neanche pensandoci con ogni fibra del mio cervello. -Potrei chiederti la stessa cosa.: è tutto il giorno che non mi consideri, e se lo fai è per rispondermi male- lui mi cammina intorno, e io, seguendolo con lo sguardo, finisco per trovarmi con le spalle dietro al portone; Riot schiocca le labbra seccato per poi togliersi il casco, fissando gli occhi verdi nei miei, mentre ammiro a pieno la chiesa alle sue spalle, poco illuminata e in stile romanico.

Furbo, il ragazzo: in questo posto, le uniche finestre sono composte da dei mosaici, perciò nessuno può curiosare al suo interno. In più, essendo un giorno settimanale e nel cuore di una protesta, questo luogo è deserto; sono spente perfino le candele celebrative.

-Prima con Scorpion, poi con Diego. Che hai in mente?- ancora più confusa, inclino il capo mentre mi tolgo la bandana che mi copriva metà del viso, mettendola in tasca. -Mi puoi spiegare che intendi te, per favore? Non ho idea a cosa ti riferisci. E si chiama Santiago, per la cronaca- anche lui alza un sopracciglio, per poi fissarsi il casco a una fibbia dei pantaloni e incrociare le braccia. Reprimo un sorrisetto perverso mentre ammiro il suo petto gonfiarsi, ma non è il momento giusto per farsi questo tipo di idee, soprattutto in una chiesa. -Non sono stupido: tu e Scorpion vi mandate sempre dei messaggini. Oggi mi diceva, per l'appunto, di quanto tu fossi sarcastica e spiritosa...- stavolta sorrido per davvero, perché forse ho capito dove vuole andare a parare, e se così fosse, è adorabile. -Parlo con lui come parlerei con Tank, Faceless, Athena e Tron. Sei tu che ci hai messi in contatto, ricordi?- annuisce assottigliando le labbra carnose, ribattendo:-Sì, ma per parlare di proteste, non di fotografie- si riferisce a quando, l'altro pomeriggio, io e Scorpion commentavamo in modo divertente le foto che i protestanti gli avevano fatto.

-Poi ci si mette anche questo tizio ispanico. Ti è piaciuto, vero, portarlo al pronto soccorso tutta sola? E poi, che vi siete detti quando ti sei fermata nella sua camera?- continua, avvicinandosi a me. Indietreggio, appoggiando però le spalle al freddo legno scuro della porta, sentendomi in trappola. Deglutisco. -Era ferito e in pericolo, che avrei dovuto fare? Lasciarlo lì solo perché è muscoloso e forse può cavarsela da solo?- Riot appoggia una mano a pochi centimetri dalla mia crocchia, che quasi trema dall'impatto che il suo palmo fa sulla superficie. -Era muscoloso anche sotto i vestiti? E lì sotto, com'era? Ti sarebbe piaciuto provarlo?- spalanco la bocca, incredula: Riot non mi sembrava un tipo così tanto geloso.

-Se reagisci così, forse avrei dovuto farlo- lo provoco. -Ah, davvero? Allora chi ti ferma? Vai pure dal tuo Santiago. Scommetto che ti piacerebbe farlo con uno come lui, intelligente e bello- appoggio una mano sulla sua spalla destra, facendola scorrere dalla clavicola fino alla fine del suo giubbetto antiproiettile. -In effetti, quelli intelligenti e belli sono proprio il mio tipo- alterno lo sguardo dai suoi occhi, ancora offuscati dalla rabbia, al suo labbro inferiore, stretto tra gli incisivi. -Devi smetterla di fare le moine agli altri, soprattutto quando ci sono anche io. Ti guardo sempre, anche quando non sembra, durante le proteste- sibila, ancora alterato.

-Non sono un cagnolino, che fa le feste solo al suo padrone- ribatto seria. -Hai ragione, ma la devi smettere di far finta di non essere mia- mette l'altra mano sulla mia vita, stringendo la presa quasi fino a farmi male. -Ho esplorato ogni centimetro, sia della tua mente che del tuo corpo, perché me lo hai concesso tu. Adesso però sai meglio di me che non si può cambiare idea- la mano rimasta appoggiata alla porta si sposta, prendendomi il mento tra le dita e premendo il pollice sul mio labbro inferiore. -Hai ancora tanta strada per addomesticarmi- rispondo in un mormorio gutturale, non sapendo come ribattere alla sua arroganza. -Ma non vedo l'ora di domare prima questa bocca, e poi questa testa dura- sussurra un attimo prima di avventarsi su di me, spingendo il suo corpo sul mio e finendo la conversazione nel suo stile preferito, premendo il pollice per socchiudere la mia bocca e baciandomi.

Mozzo il respiro a metà mentre tento di seguire il ritmo frettoloso di Riot, che evidentemente ha percepito la distanza degli ultimi giorni tanto quanto l'ho percepita io. La sua lingua mi stuzzica a continuare, accennando sempre a qualcosa di più prima di scomparire: gli prendo la nuca con le mani, avvicinandolo e cercando di accorciare le distanze, e quando appoggia entrambe le mani sul mio sedere, cerca di tirarmi su. Avviluppo le gambe intorno ai suoi fianchi solidi mentre mi alza da terra e mi bacia il collo, adesso all'altezza perfetta per la sua bocca, che usa i denti per mordere un vecchio succhiotto e poi baciarmi il lobo dell'orecchio, mormorando:-Mi fai impazzire- quando faccio scorrere le mie mani sotto la camicia mimetica, toccandogli la pelle nuda della nuca e affilando le unghie dal piacere. Sorrido sulle labbra appena lo bacio di nuovo, dal basso verso l'alto, e gli prendo il labbro inferiore, succhiandolo e poi lasciandolo, distanziandomi da lui e aspettando la sua prossima mossa. Lui si gira di scatto, facendomi aggrappare velocemente alle sue spalle, per poi fare due passi con me tra le braccia e appoggiarmi sul legno di una delle tante panche della navata, che scricchiola sotto il nostro peso. I nostri baci sono silenziosi ma insistenti, desiderosi di continuare anche se questo non è né il luogo né il momento appropriato; le sue labbra, più screpolate del solito, accolgono le mie con talmente tanto calore da farmi scottare il viso e le orecchie, ma al tempo stesso, le sue dita fredde, protette dai guanti, attraversano il mio corpo e lo fanno percuotere da sottili brividi. Il mio respiro è irregolare e segue il ritmo delle nostre lingue, che sembrano complementari.

Ad un certo punto, Riot si stacca da me, con un ginocchio tra le mie gambe e l'altra gamba che regge il corpo tesa a terra, e con i denti si toglie un guanto, che poi prende e si mette dentro il casco; io appoggio una gamba sullo schienale della panca su cui sono sdraiata e lascio l'altra in aria, aspettando di capire cosa lui ha in mente di fare. Torna a baciarmi come se non fosse successo niente, però poi con la mano ancora coperta dal guanto mi prende i polsi e li appoggia sopra la mia testa, mentre con l'altra, spoglia, scende lentamente sul mio corpo, fino a raggiungere l'ombelico. Stavolta è lui a sorridere sulle mie labbra mentre mi bacia con insistenza, mi sbottona i jeans e insinua la mano dentro le mie mutande. Gemo, imbarazzata dal contesto ma piacevolmente sorpresa da questa iniziativa, e stringo una gamba intorno alla schiena di Riot, incitandolo a continuare; le sue dita mi stuzzicano e nel frattempo lui torna a mordermi il collo e a baciarmi le clavicole. Una volta che torna alla mia bocca, dice con tono gutturale:-Amo sentire i tuoi gemiti nella mia bocca- facendomi impazzire per l'ennesima volta.

I movimenti delle dita di Riot, le sue labbra sulle mie e il nervosismo che qualcuno possa entrare e beccarci mi fa eccitare molto più velocemente, perciò spesso vorrei venire ma vengo interrotta da Riot, che ha il completo controllo su di me, dato che mi blocca le mani e mi limita i movimenti delle gambe, con il suo corpo così vicino ma lontano dal mio e con l'aiuto delle panche. -Smetti...- imploro ad un certo punto, stanca di sentire l'orgasmo così vicino che se ne va. -Sono l'unico che può starti dietro. Sei mia, hai capito?- dice Riot: solitamente i ragazzi così tanto gelosi mi danno fastidio, eppure, sarà il contesto, sarà lo sguardo possessivo di Riot, ma le sue parole contribuiscono solamente ad aumentare il piacere. -Sì- rispondo ansimando, muovendo i fianchi per aumentare il movimento delle sue dita, che sono dentro di me. -Dillo- ribatte Riot velocizzando la sua mano e facendomi inarcare la schiena. -Sono tua- sibilo mentre riesco finalmente a venire, appoggiando la testa sulla panca e cercando di respirare tra i gemiti mentre Riot mi dà due baci sul collo. Appena mi lascia i polsi, rossastri data la pressione, raccolgo con una mano l'elastico che mi reggeva la crocchia, finito a terra durante il rapporto, e mi lego di nuovo i capelli. Riot si siede sulla panca, permettendo anche a me di sedermi, e quando lo faccio, mi sporgo verso di lui e gli do un bacio veloce sulle labbra, per poi sorridere e dirgli:-Sei più attraente del solito quando fai il geloso- lui sorride, finalmente senza rabbia, rispondendo:-Stavo uscendo di testa. E non sono ancora del tutto calmo- ridacchio e mi sistemo i pantaloni, anche se sono consapevole di dover raggiungere subito un bagno per darmi una ripulita. Riot si sistema i guanti, stira la divisa con le mani per rimetterla in ordine, e dopo avermi dato l'ultimo bacio, si rimette il casco. -Ti accompagno in un bagno?- chiede alzandosi e allungando una mano. -Mi accompagni fino ad un bagno. Tu non entri- gli spiego, implicando che potremmo andare più avanti del preliminare appena fatto. Gli prendo la mano e mi alzo, sentendo uno sbuffo affettuoso provenire dalla sua bocca, poi mi sistemo la bandana sul naso e mi rimetto lo zaino, che avevo lasciato alla porta non so quando. Riot mi apre la porta della chiesa da vero gentiluomo, e una volta richiusa, si guarda intorno, tornando ad essere lo Spec Ops operativo che tutti conoscono. Adesso sbuffo io affettuosamente, dato che tutte le personalità che assume nelle diverse situazioni della sua vita provengono tutte da Jackson, questo ragazzo di ventitre anni che ho avuto l'onore di conoscere.




Nessuno:

Il mio stomaco:🦋🦋🦋

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