Capitolo 16
-È distante da qui?- chiedo a Riot mentre camminiamo per le strade di Washington, nel cuore della notte. Prima di partire, ci siamo tutti riuniti per poi dividerci, ognuno a casa propria, con la piccola differenza che oggi vedrò quella di Riot.
Chissà come sarà.
-Non troppo. Una decina di minuti al massimo- mi risponde, per poi ridacchiare quando afferro la protezione che porta all'avambraccio, cercando un appiglio per stare al suo passo senza barcollare. Mi prende di nuovo per il fianco, sostenendomi, e diminuisce il passo, alzando la visiera e guardandomi. -Quegli occhi verdi mi erano mancati- dico, divertita, mentre attraversiamo un incrocio che non ho mai visto. -Adesso potrai ammirarli quanto ti pare- aggiunge contento, risvegliando le pigre farfalle che vivono nel mio stomaco. Con lui, purtroppo, è sempre così: divento un ammasso di rossore alle guance e fitte allo stomaco.
Passiamo lungo un grande fosso limpido, che, a quanto pare, durante la notte è popolato da delle piccole rane, gracidanti mentre percorriamo il ponticello che lo attraversa. Intorno a noi, l'area residenziale si trasforma e veniamo circondati da parchi e boschetti. -Ma dove vivi?- gli chiedo, curiosa e affascinata da questa zona che non conoscevo. -In un posto tranquillo, senza occhi indiscreti- dice, facendomi l'occhiolino: lo trovo bellissimo sia con il suo casco che senza, e vederlo in un mix delle due situazioni, con gli occhi ben visibili ma il resto coperto dalla sua armatura, mi fa impazzire.
Mi sento la ragazza più fortunata al mondo.
-Ecco casa mia- dice Riot, indicando una piccola casa posta dietro a degli alberi, circondata da un muretto alto quanto Riot, con una facciata composta da un'enorme vetrata solida. Intorno a essa vi sono solo due ville enormi e ben illuminate, e il rifugio di Riot sembra il garage di una delle due proprietà. -I miei vicini sono molto tranquilli e anziani, perciò non si sono mai chiesti chi sia- dice alzando le spalle, poi da una delle sue tante tasche tira fuori un mazzo di chiavi: la piccola luce posta sopra la porta si illumina mentre fa scattare l'enorme serratura del portone blindato. La casa è quasi la metà della mia, ma è molto più spoglia e minimale, cosa che rende lo spazio ampio: non c'è un ingresso, se non per un attaccapanni alla parete, dove ripongo la mia felpa macchiata e puzzolente, e il salotto è unito alla cucina. Il salotto è formato solo da un divano e un tavolino, mentre la cucina ha gli elementi essenziali e delle dimensioni giuste per una persona. Delle scale a chiocciola portano a un soppalco, che fa intravedere tramite una ringhiera di ferro battuto il letto; il tetto è fatto di travi di legno scure dalle quali pendono delle luci simili a lampadine giganti. L'unico locale che trovo isolato dall'ambiente della casa è separato da una porta bianca, che Riot apre con un'altra chiave mentre mi fa entrare nel suo studio, angusto ma ben sistemato. Dentro, vi sono una comoda sedia da gaming e una lunga scrivania, sulla quale sono posti quattro schermi, un computer fisso e un pc portatile. Riot collega ben tre cellulari a una postazione di ricarica, e apre un baule che si trova sotto la scrivania: inizia a togliersi l'armatura, che ripone con cura nella cassapanca chiara, mentre io mi appoggio allo stipite della porta, bloccandogli parte della luce che proviene dal soggiorno e che è l'unica fonte che illumina la stanza. -Ti piace guardare, eh?- dice scherzoso Riot mentre si toglie i pantaloni cargo e si mette dei pantaloncini di cotone grigi. -Sono curiosa- gli rispondo, per poi sentirmi dire una risposta che potevo aspettarmi:-Di cosa? Hai già visto tutto quello che c'era da vedere- ridacchio e mi avvicino svelta, dandogli uno spintone mentre ridacchio sommessamente. Lui ricambia il gesto e poi, vedendomi indietreggiare troppo, mi prende per la vita con un braccio e mi guarda le labbra con i suoi bellissimi occhi colorati. I dreadlocks mi sfiorano la canottiera mentre i fianchi muscolosi di Riot si appoggiano ai miei: mi inumidisco il labbro inferiore e gli guardo la bocca, aspettandomi un bacio, ma questo non arriva. Riot infatti lascia la presa e ridacchia quando vede la mia espressione, leggermente infastidita e delusa. -Non ora, piccola Farley. C'è il momento giusto per qualsiasi cosa- io ribatto per ripicca:-Questo era il momento perfetto- Riot si avvicina di nuovo con fare provocante, ma io scuoto la testa divertita, poggiando due dita sulle sue labbra. -Era- ribadisco, e dopo una sua piccola risatina, lui mi bacia dolcemente la punta del dito medio e sorride, mostrando tutta la sua giovinezza. Anche se il suo studio è praticamente buio, vedo i tratti del suo bel viso perfettamente, e i riflessi dorati sulla sua pelle olivastra sembrano dei raggi di sole. Inoltre, le pagliuzze chiare dei suoi occhi mi esprimono tranquillità ma anche gioia, e li osservo come se potessero davvero farmi stare meglio.
-Vuoi qualcosa da bere o mangiare?- mi chiede mentre, chiuso lo studio, apre uno scaffale della cucina, prendendo un bicchiere. -Vorrei fare una doccia- dico, guardandomi le mani, sporche, e cercando di immaginarmi le condizioni in cui riversa la mia faccia, stanca. Riot si versa dell'acqua frizzante, e dopo averla bevuta, mi dice:-Seguimi- salendo poi le scale a chiocciola. Raggiunto il soppalco, che è enorme, ammiro il resto della casa: il letto è addossato a una parete, grande e bianco, e di fianco ha solamente un armadio. Dalla parte opposta del letto, sopra lo studio, vi è una porta, che presumo sia del bagno. Riot apre l'armadio e mi dà una sua maglietta verde militare, oltre a un asciugamano, che profuma di bucato appena fatto. -Il bagno è lì. Se vuoi usare l'acqua calda dovrai aspettare un po'. Usa pure tutti i saponi che vuoi, e se hai bisogno di aiuto non esitare a chiamarmi- mormoro uno "stupido", per poi chiudermi in bagno.
Appena entro, noto che Riot non ha una doccia, ma bensì una vasca bianca, che risplende di luce propria. Sentendomi quasi viziata da questo piccolo lusso, apro il getto dell'acqua, e una volta preso il bagnoschiuma, mi siedo dentro la vasca e inizio a lavarmi via la terra e la polvere, stando attenta a non bagnarmi i capelli, racchiusi in uno chignon, e a non riempire troppo la vasca, dato che devo solo pulirmi. Una volta terminato il mio istante di "spa", mi asciugo con cura e mi metto le mutande, per poi indossare la maglietta di Riot, che mi arriva a malapena alle cosce: non provo neanche una punta di imbarazzo quando esco dal bagno in quello stato.
Riot, di me, ha esplorato ogni centimetro.
Quando però incrocio i suoi occhi famelici verde smeraldo, un po' di soggezione mi fa distogliere lo sguardo per prima. -Dove metto questi?- dico, accennando ai miei vestiti sporchi. -In lavatrice. Dammi qua- dice, prendendoli e tornando in bagno, dove si chiude dentro per qualche minuto. Nel frattempo io controllo che non siano arrivate nuove comunicazioni sul vecchio Nokia e rispondo ai messaggi che ho ricevuto nel mio smartphone, sedendomi sul comodo letto di Riot. Appena torna dal bagno, anche lui profumato di bagnoschiuma, scosta le coperte del letto e picchietta con la mano di fianco a lui, invitandomi a sdraiarmi. Scosto anche io il lenzuolo bianco e mi sdraio di fianco a lui, usando metà dell'unico cuscino che dispone: infatti, anche se è piuttosto grande, non penso sia un letto a due piazze. -Dovremmo stare un po' stretti, ma forse meglio così, no?- dice sorridendo, e io appoggio un braccio sui suoi addominali, che anche se sono rilassati, sono duri sotto il mio tocco. La sua mano, dopo aver spento la piccola luce alla parete, accompagna la mia testa sulla sua spalla, sulla quale mi appoggio, poi lo sento mormorare:-Farley, so che stasera hai avuto paura. Te l'ho letto negli occhi. Non devi dimostrare nulla a nessuno, quindi se non te la senti... Fermati. Sei una ragazza d'oro, stai facendo molto più del necessario per supportarci. Tutti quelli che conosco, di Anonymous, si fidano pienamente di te, e il tuo amico ha seguito il tuo esempio e ci sta aiutando, insieme a tante altre persone che hai ispirato- annuisco e sospiro. -Il problema è che lì per lì non mi accorgo di aver superato il limite. È nel momento successivo che noto di aver esagerato, ed entro in conflitto con la mia testa. Voglio aiutare le persone perché mi immedesimo in loro, però spesso provo troppa empatia e rischio di fare cose di cui poi mi pento. Come prima, per esempio- La mano di Riot scosta dalla guancia i miei capelli, che avevo liberato dallo chignon, e inizia ad accarezzarli, facendomi rilassare.
Mia madre, quando ero piccola, lo faceva spesso, e ogni volta provavo una sensazione unica: il mio corpo veniva attraversato da piccoli brividi, la mente si sgombrava di qualsiasi pensiero e mi tranquillizzavo all'istante.
Reagisco allo stesso modo sotto il tocco di Riot, che è ancora più leggero di quello di mia madre, e quando alzo lo sguardo, capisco che non c'è bisogno che gli dica che è riuscito a farmi stare meglio. Gli do un piccolo bacio sulla guancia, liscia, e in cambio ne ricevo uno sulle labbra, innocente ma estremamente piacevole: mi sento in una specie di luna di miele, in questa stanza a me sconosciuta con l'unica persona con la quale vorrei passare questo tipo di momenti. Non approfondiamo troppo il bacio, dato che siamo entrambi esausti, ma soprattutto perché sappiamo che, se continuassimo per troppo tempo, potremmo far passare il sonno. Con una mano Riot prende un piccolo telecomando, che attiva le veneziane della vetrata, unica fonte di illuminazione naturale della casa, e osservo il meccanismo coprire ogni fonte luminosa proveniente dall'esterno. Sospiro, dato che, anche se mi ero immaginata un finale diverso, preferisco semplicemente dormire con lui, e mormoro:-Buonanotte, Riot- lui mi risponde mugulando, e provo una forte fitta al cuore quando mi bacia una tempia e mi stringe a sé.
Vorrei passare ogni notte così.
-
La sveglia, posta sull'unico comodino di Riot, segna le 3 di notte. Mi sveglio per il freddo insolito, e quando mi rendo conto di essere sola, mi alzo per andare a cercare Riot, curiosa di sapere dove sia finito. Uso la torcia del mio smartphone per scendere le scale, dato che c'è un buio pesto in questa piccola casa, e una volta scesi gli ultimi scalini, mi dirigo subito verso lo studio, trovando Riot in chiamata con qualcuno. -Perfetto. Senti, una volta superata la chiave crittograf... Dovrebbe essere facile, Scales. Ricordati di usare quel file .apk che ti ho dato...- farfuglia, mentre osserva lo schermo del suo pc portatile, bluastro e pieno di scritte. Mi siedo sul piccolo materasso posto in un angolo dello studio, e quando le molle gracidano sotto il mio peso, vedo Riot girarsi di scatto, sospirando di sollievo una volta capito che ero solo io. Lo ascolto parlare al telefono con Scales, chiamata anche Athena, una Spec Ops che non ho mai visto ma di cui ho sentito tanto parlare, mentre le comunica le istruzioni su come hackerare qualcosa, probabilmente un sito o un profilo. -Perché ti sei alzata? No, non sto dicendo a te... C'è Farley... Stai zitta!- mi chiede, mentre spiega ad Athena che si riferisce a me.
Non ha nessun problema a dire che siamo insieme, in casa sua, alle tre di notte... In più, sembra che mi conoscano tutti.
Ovvio, stiamo parlando di Anonymous.
-Non ti ho trovato nel letto, e avevo freddo- rispondo, guardandolo con l'espressione più innocente che possa riuscire a fare. Allontana il telefono dall'orecchio e mormora, battendo sulla sua coscia nuda:-Vieni qui. Ti scaldo io- sorrido come una ragazzina mentre mi alzo e mi siedo sulle sue gambe, sentendo una sua mano che inizia ad accarezzarmi la coscia. Seduta con le gambe perpendicolari alle sue, mi rannicchio leggermente contro il suo petto, mentre Riot indietreggia con la sedia e la fa appoggiare al materasso, di modo che questa non si muova mentre parla. Le mie cosce percepiscono i muscoli delle sue gambe perfettamente, che anche se sono rilassate, sono davvero atletiche. Il quadricipite si flette mentre sposta il piede, e mi vergogno di me stessa quando provo il desiderio di toccarlo.
Ma non solo la gamba.
Riot, mentre continua ad aiutare Athena parlando con tono pacato, usa le unghie della sua mano destra per massaggiarmi la gamba con delicatezza, mentre io appoggio un braccio sulle sue spalle e la testa nell'incavo del suo collo. Anche se sono alta, in collo a Riot sembro una bambina impaurita dai tuoni, che si rifugia tra le braccia del padre per ricevere conforto. -Non hai più bisogno di stare al computer?- gli chiedo in un attimo di pausa, durante il quale Athena sta probabilmente cercando di completare il suo incarico. Riot mette per un secondo il muto al telefono e risponde:-Dovrei, ma ormai mi hai distratto- mi sorride e cerca di capire se sono dell'animo giusto per fare ciò che ha in mente, o se sto ancora pensando a cosa è successo qualche ora fa.
Ma ormai per me sono passati anni luce dal colpo che ho sparato, e adesso sto solo pensando a Riot, e al motivo per il quale, una volta sveglia, ho voluto cercarlo subito, senza pensarci due volte.
La punta delle dita della sua mano fanno un circolo intorno al ginocchio, risalendo la mia gamba e raggiungendo la maglia, alzandola e toccandomi il sedere. Un sorriso sornione si dipinge sulle sue labbra morbide e lascia sfuggire un bacio, che mi fa presagire molto altro, dopo. Infatti, la sua lingua spinge sulla mia con forza e possesso, non riuscendo a farmi concentrare sulla sua mano, che stringe la natica. Athena però ci interrompe:-Oh, finalmente. Fatto. Sono entrata ufficialmente nel conto bancario di Thomas Lane. Inizio a trasferire il denaro. Ti faccio sapere più tardi- dice con una voce melodiosa ma piuttosto bassa, per appartenere ad una donna. Riot riattiva il microfono con calma. -Perfetto. Buona fortuna. Se hai problemi col trasferimento, chiedi a Scorpion: è lui che gestisce il denaro- il telefono viene spento dopo la telefonata e guardo Riot con un sorriso divertito. -Avevi fretta di chiudere la chiamata?- chiedo, e lui stringe la presa della mano destra sul mio sedere, facendomi rabbrividire la schiena. -In questo momento sono concentrato su altro...- dice, squadrandomi da capo a piedi. -Mi hai sempre detto di aspettare il momento giusto, ma tu sei il primo a essere impaziente?- chiedo, elettrizzata da quello che potremmo fare.
Spero qualcosa di più rispetto all'ultima volta.
-Cara Farley, devi capirmi. Ho una bellissima ragazza sulle mie gambe, con indosso la mia maglietta e delle mutandine di pizzo bianco. So aspettare benissimo, ma te sai anche rendere quest'attesa un'agonia- la sua mano sinistra si infila sotto la mia maglietta, alzandola mentre raggiunge un mio seno. Prende il capezzolo tra le dita, facendomi eccitare quando lo stuzzica. I suoi occhi, anche se verdi, sembrano infuocati, pronti a marchiarmi. -E poi, non dirmi che sei venuta qui solo per vedere che facevo, perché non ci credo- mi guarda le labbra mentre pronuncia questa frase, poi però perdo di vista il suo sguardo, inebriata dal tocco della sua mano, che dal capezzolo si sposta più in basso, sopra il tessuto fine delle mutande. Prima di parlare, socchiude la bocca e sposta i suoi occhi nei miei, risvegliandomi completamente e mandando la mia testa da tutt'altra parte. Il suo pollice mi massaggia, e anche se è sopra le mutande, sento lo stesso delle piacevoli fitte di piacere. -Mi hai detto che avevi freddo, ma qua sotto sei già bella calda- mormora, per poi baciarmi fino a togliermi il respiro.
Mi dispiace di avervi fatto aspettare così tanto! Davvero! Ma avevo un bel po' di dubbi su come strutturare questo capitolo... Spero che questa soluzione vi piaccia😉
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