Capitolo 15
Le rivolte notturne, tranne per "qualche particolare", non sono tanto diverse da quelle diurne.
Stiamo marciando tutti, un po' più incazzati del solito, ma sempre con i cartelli, le bottiglie d'acqua da donare a chi ne ha bisogno, e soprattutto il sostegno che ci diamo a vicenda. Solo che oltre a quelli come me, Martha e Paul, che manifestano così, ci sono gruppi di motociclisti che impennano e sfollano di fronte ai poliziotti senza le loro targhe, ci sono delle ruspe e dei muletti dipinti che fanno zig zag a ritmo di canzoni hip-hop, trasmesse da delle casse enormi che si portano dietro, ci sono dei furgoni pieni di scritte con sopra dei megafoni, dai quali vengono urlati cori di protesta, ci sono dei gruppi di ragazzi e ragazze a cavallo, che galoppano sull'asfalto come se nulla fosse, e ci sono anche i più ribelli e estremisti, con mazze, bastoni, fumogeni, bombe carta e perfino fuochi d'artificio. Intorno a me, i colori sono sgargianti, le luci chiare e sembra quasi giorni, se non fosse per il cielo nero sulle nostre teste. L'aria è pesante e anche se ho il passamontagna l'odore di cenere è pungente.
Gli Spec Ops sono in prima linea, a cercare di tamponare l'offensiva della polizia, mentre veniamo scortati da furgoni e pick up, che ci proteggono da eventuali proiettili o colpi dei poliziotti.
Le vittime delle violenze della polizia sono tantissime, e stasera purtroppo non è da meno: sento delle voci di ben tre incidenti di auto accaduti a causa di macchine che, a piena velocità, si sono schiantate contro i poveri protestanti, e Paul mi riferisce che un signore gli ha detto che ci sono state due sparatorie. In più, non voglio neanche sapere quante persone sono state arrestate solo perché hanno osato partecipare e farsi valere.
Beh, benvenuti in America.
I piedi mi fanno male, le braccia tremano dal troppo tempo trascorso a sorreggere i cartelloni di una signora, troppo bassa per farsi vedere da tutta la folla, e le gambe pulsano ogni qual volta chiedo loro di aumentare il passo. Però ho sempre tanta energia, e quando vedo un ragazzo di colore a terra, tenuto fermo da un poliziotto, mi faccio spazio tra la folla, ovviamente seguita dai miei amici.
So già che non ci sono validi motivi per aver atterrato quel povero cittadino, quindi sono ancora più furiosa quando sbotto dalla rabbia e tiro la manica della camicia scura dell'ufficiale.
-Ma che cazzo fate?!- urlo mentre prendo il poliziotto per il braccio con il quale tiene la testa del povero ragazzo, che singhiozza disperato contro l'asfalto, pieno di vetri rotti. -Allontanati subito!- mi dice un altro poliziotto, puntandomi una pistola. Indietreggio accovacciata, ma Paul si fa avanti, intervenendo:-Che ha fatto?- chiede perentorio indicando con un cenno il ragazzo, ma nessuno gli risponde. Per quanto sia muscoloso e abbia il viso coperto, ha pur sempre la voce da ragazzo. I poliziotti non hanno paura, perciò quello che mi punta la pistola mira al mio amico e gli risponde dicendo:-Via di qui, cazzo!- non penso spari proiettili di gomma, dato che il metallo è troppo lucente e scuro. Martha corre verso il poliziotto, che spara un colpo a terra. Il proiettile scalfisce l'asfalto e rimbalza lontano, lasciando nell'aria un pungente odore di polvere da sparo. Senza accorgermene, mi tolgo le mani dalle orecchie. -Ho detto di allontanarvi, mocciosi di merda!- dice il poliziotto, nel panico solamente di fronte a tre giovani adulti. Martha lo raggiunge e lo distrae cercando di prendergli l'arma, mentre Paul si avventa convinto. Se quell'ufficiale fosse stato ben addestrato, avrebbe messo fuorigioco i miei amici, ma evidentemente non sa neanche dove tiene il teaser, dato che, mentre è impegnato a evitare i colpi imprecisi di Paul, tasta tra le tasche del suo giubbotto, facendo perfino cascare la pistola, che viene allontanata con un calcio di Martha. Io mi scaravento contro il poliziotto che sta ancora tenendo quel povero ragazzo a terra, e gli prendo la pistola, strappandogli la fondina dalla cintura.
Non so da dove mi sia venuto tutto questo coraggio, probabilmente dall'arroganza che mi dà indossare il passamontagna, ma estraggo velocemente l'arma dalla guaina di cuoio e, come ho visto fare nei film, prendo la piccola leva e tolgo la sicura, appoggiando con estrema precauzione l'indice sul grilletto. Il poliziotto alza le mani e indietreggia, terrorizzato. -Ma perché fate tutti così?- chiede rabbioso, anche se ha gli occhi lucidi e spalancati. -Perché siete dei pezzi di merda più grossi di noi- gli rispondo, facendo un cenno col capo per fargli capire che se ne deve andare. -Forza, Charles- dice il poliziotto al collega, che sta ancora "lottando" contro Paul. Martha è intenta a estrarre i proiettili dall'arma e a renderla inusabile. Oggi, mentre dipingevamo, ci aveva detto che aveva fatto tre mesi in un'accademia militare, ma che poi era stata espulsa dato che non aveva il fisico adatto, perciò presumo che abbia imparato in quel periodo. È davvero brava, anche se ho notato che non ha la forza necessaria neanche per lottare contro un ragazzino. -Ma che cazzo dici? Ha una fottuta pistola! Ha la tua fottuta pistola!- replica confuso il collega, Charles.
Faccio una cosa che mai prima avevo pensato di fare, e con le mani tremanti e dritte come due travi di legno, miro a un barile della spazzatura e sparo.
Il colpo mi assorda, è cupo e fa partire un proiettile che rimbalza contro la parete dell'edificio al quale è appoggiato il barile. Il rinculo è forte ma fortunatamente le mie braccia, che non erano così rigide come immaginavo, mi permettono di non vacillare, facendo credere ai poliziotti che ci so fare con le armi. L'odore di polvere da sparo si fa meno intenso, anche se più vicino al mio naso, e non capisco neanche perché l'ho fatto.
Sono terrorizzata ma elettrizzata al tempo stesso. Terrorizzata dai danni che posso causare, ma elettrizzata dal potere che dispongo. -Ci sparerà se non ci leviamo di torno- ribatte il poliziotto, che poi inizia a correre. Il collega lo segue, facendo cascare il cappello blu, e Martha scoppia a ridere, recuperandolo dal terreno una volta tranquilli. Passa il copricapo a Paul, il quale, lucido dal sudore, me lo poggia in testa. -Colonnello Pierce- dice, divertito, ma io non rispondo. Sono ancora sconvolta dalla decisione che la mia mente ha deciso di prendere, e mi chiedo se, un situazioni peggiori, io diventerò schifosa come loro. Prendo il cappello e lo metto nello zaino, come promemoria. Non dovrò mai sparare un altro colpo. È terrificante farlo una volta sola.
Però incrocio gli occhi con quel povero ragazzino, che avrà sì e no tredici anni, e mi convinco di aver fatto la cosa giusta, anche se un po' troppo irruenta. -Stai bene?- gli chiedo, inginocchiandomi di fronte a lui. Ha la guancia sinistra sfigurata dal vetro, ma fortunatamente non ha nessuna scheggia conficcata nella pelle. Martha apre frettolosa il suo zaino e, preso un fazzoletto e dell'acqua, inizia a pulire la ferita. Il ragazzino la ringrazia e stringe i denti mentre il sangue viene lavato via. -Come ti chiami?- chiede Paul, curioso. -James. Ho dodici anni, abito laggiù. Ero uscito solo per cercare il mio gatto... È da due giorni che non si fa vedere a casa...- dice con gli occhi lucidi, ancora spaventato dall'accaduto. -Tornerà a casa. I gatti sono animali furbissimi. Pensa che la mia gatta non si fa vedere per giorni, e quando spunta di nuovo alla finestra, lo fa solo per avere del cibo o delle carezze- gli dice Martha, cercando di farlo stare meglio. -Quando avrei voluto avere un gattino! Sono così carini- aggiunge Paul, che lo distrae. Io non ho il fiato per parlare e osservo la canna della pistola, che riflette il mio viso coperto. -Sì! Sono bellissimi, tranne quando graffiano... Però vale la pena averne uno!- ribatte James, di nuovo sorridente. -Vuoi che ti riportiamo a casa?- chiede gentilmente Martha, ma quando non sento una risposta, guardo il ragazzino, incrociando i suoi occhi scuri. Mi sta fissando intensamente, e non so cosa vuole cercare di dirmi. -Come vi chiamate? M-mi avete salvato- chiede educatamente. -Siamo Anonymous, ma non siamo degli eroi. Cerchiamo solo di mantenere tutto il più in ordine possibile- mormoro abbastanza forte da farmi sentire, ma non al volume che avevo intenzione di avere. Ho la gola secca. La sicura scatta di nuovo sotto il tocco della mia mano. -Grazie, comunque. Se mi potete riaccompagnare a casa mi fareste felice- dice il ragazzo, alzandosi piano piano. Paul lascia che lui si stringa alla manica della sua felpa mentre ci incamminiamo dentro una via secondaria, per poi entrare in una piccola corte rettangolare e aspettare che il ragazzino infili le chiavi nella porta dell'appartamento di casa sua. -Ci vediamo!- ci saluta, e mentre Paul e Martha sventolano le mani in risposta, io penso che sarebbe meglio di no.
-Farley, che ti prende?- mi chiede Paul, cercando i miei occhi. -Perché ho voluto sparare?- chiedo in risposta, e Martha mi dà una pacca sulla spalla. -Amica, tranquilla! Non è successo nulla, e sei stata bravissima- scuoto la testa mentre io e Paul ci incamminiamo verso la strada principale. -Non è quello, Martha. Il problema è l'emozione che ho provato... Potrei farlo di nuovo, e non ho la mira di un soldato- Paul mi prende la pistola e la dà a Martha, che dice:-Lo risolvo io, il problema. Poi sei una persona intelligente, e sai quando porre il tuo limite. Adesso lo hai appena fatto- sorrido debolmente. -Sono scappati con la coda tra le gambe!- esclama Paul divertito, facendomi ridacchiare e alleggerendo il pelo che mi sono voluta mettere sulle spalle.
Mi rendo conto di essere stata tesa come una corda di violino quando, di nuovo tra la calca di persone in rivolta, mi rilasso improvvisamente: in più, appena vedo una figura scura venirmi incontro, facendosi spazio tra la folla, i miei muscoli si distendono ulteriormente. -Ho sentito degli spari. Tutto bene?- chiede Tank, appoggiando una mano sulla mia spalla. -Un poliziotto ha sparato a terra. Io ho preso il muro- mormoro, ma Martha mi giustifica:-L'ha fatto solo per far allontanare i poliziotti, perché stavano importunando un ragazzino- Tank la guarda e alza le spalle. -Per qualsiasi motivo tu l'abbia fatto, l'importante è che nessuno è rimasto ferito. Hai distrutto le pistole?- chiede alla mia amica. Lei annuisce e gli fa vedere delle parti della pistola: l'unica cosa che distinguo è il grilletto, che è stato staccato alla perfezione. -Ottimo lavoro, bionda- risponde Tank, ridendo. Lei sorride e gli chiede:-Davanti tutto bene?- lui annuisce con vigore e mi dice:-Per ora si è calmato tutto. Speriamo bene- appena finisce quella frase, ovviamente tutto finisce male.
Dentro un locale, che credevamo deserto, scoppia una bomba, che manda in frantumi le vetrate degli edifici vicini. L'esplosione è più scenica che distruttiva, dato che i muri rimangono intatti, ma sentiamo delle urla confuse. Tank corre verso lo scoppio mentre io mi munisco di acqua e fazzoletti, ben riposti nello zainetto e pronti all'uso. Paul cerca di far allontanare le persone mentre i furgoni e i pick up accostano o si allontanano, permettendo ai protestanti di correre al riparo; Martha, invece, chiama il pronto soccorso e chiede l'intervento immediato delle ambulanze. Quando accorro vicino all'esplosione, avvenuta trecento metri più avanti, sempre sulla via principale, noto il disastro: il locale si trovava immediatamente dietro un appostamento della polizia, e mentre i poliziotti sono feriti sui volti e sulle mani, i civili vicini a essi si lamentano in agonia, con le braccia sanguinanti. Io accorro verso una signora rannicchiata a terra, e quando cerco le sue ferite, trovo un'enorme scheggia vicinissima all'occhio:-Non si tocchi lì- mormoro, mentre pulisco intorno all'area con precauzione. -Ma fa... male!...- piange, dolorante. -Potrebbe accecarsi. Stia ferma- asserisco, finendo di pulirle le mani, piene di taglietti, per poi andare verso una ragazza, poco più distante. Cammino verso quante più persone posso raggiungere mentre sento urla di dolore, di colluttazione, mentre vedo i poliziotti cercare i colpevoli con i manganelli in mano, gli Spec Ops che cercano di fermare i cittadini e di calmare gli ufficiali, ma anche qualcuno come me, munito di strumenti ben più specifici di acqua e fazzoletti, che soccorre i feriti mentre tutti aspettiamo le ambulanze. Ogni tanto, sento anche le urla di Paul, intento a dirigere gli illesi verso aree più sicure.
Come ogni sera, è il caos. Ho visto migliaia di filmati delle proteste notturne, e devono sempre finire così. Se non c'è giustizia, non c'è pace.
Di giorno, cerchiamo di essere ragionevoli, pacifici, cercando un compromesso. Ma se questo non arriva, allora di notte cerchiamo di imporci, e purtroppo le conseguenze sono anche queste. Se non la capiscono con le buone, forse con le cattive ci riusciranno. L'opinione pubblica è talmente tanto a nostro favore, che questi atti vandalici sono interpretati come atti di salvezza estrema.
Quando finisco di medicare un ragazzo altissimo e atletico, che è rimasto ferito al braccio, vengo fermata da un medico, vestito di tutto punto. -Sono arrivate le ambulanze. Puoi pure tornare a casa. Grazie- dice, sorridendomi. Ignoro parte delle sue parole per aiutare le persone a raggiungere i veicoli, lasciando che si facciano trasportare praticamente di peso, e per un tempo che mi sembra infinito, i miei occhi saettano da ferito a ferito, in un susseguirsi lunghissimo di sirene, luci violente e singhiozzi.
Mentre mi chino verso l'ennesimo ferito, questa volta un ragazzo biondo ben coperto da una bandana blu, vedo delle braccia lunghe e nere allungarsi verso il suo torace, alzandolo al mio posto. Quando alzo lo sguardo, vedo la visiera lucida di Riot, i lunghi dreadlocks che ricadono sul suo petto ben protetto. -Faccio io- mi dice, vedendomi esausta, e annuisco, prendendo lo zaino che quel poveretto si portava in spalla. Raggiunta l'ambulanza in silenzio, intenti a trasportare al meglio il ferito, aspettiamo una barella, sulla quale il ragazzo si siede, aiutato da Riot. Ha un pezzo di legno conficcato sul polpaccio, oltre a tantissimi taglietti e pezzi di vetro sulle braccia, scoperte. -Hai lasciato altro, per terra?- gli chiedo, ma lui scuote la testa e ci ringrazia con la voce roca.
-Non ce la faccio più- dico, appoggiandomi con un braccio alla spalla di Riot, una volta sgombrata del tutto l'area dell'esplosione, che adesso è solamente piena di poliziotti, giornalisti e fotografi. -La gamba sta bene?- chiede Riot, cingendomi la vita con un braccio. Annuisco ma poi confesso:-È la testa che è messa male- lui sospira e mi risponde, facendomi capire che conosce il motivo del mio disagio:-La prima volta che si spara è sempre così. Non ci fai l'abitudine, però i sensi di colpa ti attanagliano sempre meno- lo guardo quasi disperata, cercando di fargli capire con uno sguardo che non voglio che ci sia una seconda volta. -Il problema è che per me è stato fin troppo facile. Critico i poliziotti, ma poi mi comporto come loro- lui inclina la testa e domanda:-Scusa, e tutte le risse che ci sono state? Tutti i poliziotti feriti? Non dico che bisogna usare la legge del taglione, ovvero "occhio per occhio, dente per dente", ma se con le buone non lo capiscono, purtroppo bisogna usare le cattive. E usare le cattive significa comportarsi come loro, più o meno- la sua mano mi strofina la schiena cercando di rilassarmi, e quasi i miei muscoli si alleggeriscono, quando però Scorpion, spuntato praticamente dal nulla e con la sua maschera sporca di sangue, comunica a Riot:-Le rivolte sono state sospese per stasera. Troppi feriti. Alcuni gruppi indipendenti vogliono continuare, ma se la sanno cavare anche troppo bene. Alpha ha detto che possiamo riposare- Riot annuisce e risponde:-Dì a quel coglione di Alpha che mi deve una birra- Scorpion ridacchia e commenta, prima di tornare nell'oscurità:-Se Alpha dovesse ripagare tutte le birre che ci deve, diventerebbe povero in un batter d'occhio! Ci chiede troppi straordinari- ridono entrambi, sapendo che questo non è un lavoro ma un piacere, e si salutano con un cenno della mano. Scorpion saluta anche me, ma la mia risposta è molto fiacca, dato che sono davvero stanca. Sono successe troppe cose. -Ti va di venire a casa mia?- chiedo a Riot, ma lui scuote la testa. Ridacchio, ma prima che possa rispondere in modo sarcastico, lo sento proporre:-Una volta da te, una da me. Oggi, il letto su cui dormire lo offro io- sorrido dolcemente, sentendomi a casa, cinta dal suo braccio e dalla sua esistenza.
Capitolo un po' in ritardo, ma più lungo...🥰 Comunqueee... Qualcuno può regalarmi un Riot?👉👈 Ne ho bisogno, cazzo. Grazie.
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