Esistere

Non appena girò quell'angolo il suo corpo si bloccò così come lo sguardo, la mente, il cuore, i pensieri e le emozioni.
Lo splendido sorriso che le coronava il volto svanì, colpito da un'onda del mare dell'esistenza.
Un brivido lungo, profondo, ghiacciato e macabro le prese il corpo, facendola sentire improvvisamente debole, le gambe che a stento sostenevano il suo peso.
Con passo insicuro e lento si avvicinò a Giulia che era distesa per terra.
Aurora iniziò a sentirsi davvero male quando fece scorrere lo sguardo lungo il suo corpo, sentendo l'ombra calda e fredda del dolore sulla sua pelle.
Iniziò a sudare freddo, ad ogni respiro sembrava che degli aghi avvelenati si conficcassero nei suoi polmoni. Il vento la sorpassò, alzando i suoi capelli rosa mentre un'altra folata si faceva rincorrere dalle foglie autunnali che girarono in cerchio attorno ai piedi di Aurora.
Quando guardò i suoi occhi erano aperti e sentì uno sprazzo di luce in quelle tenebre che l'avevano rapita, ma quei due stessi occhi da cerbiatta sembravano opachi e ossidati del loro unico splendore.
Aurora ancora sperava, pregava con tutto il suo cuore e la sua anima che fosse solamente scivolata, ma infondo sapeva che c'era ben poco da sperare.
Preferì illudersi di un illusione subdola, una di quelle che non lasciano spazio alla razionalità.
Lentamente si inginocchiò al suo fianco, sentendo tutta la sua tempesta di lucida depressione attraversarle le gambe fino a farle sbattere le ginocchia a terra, il dolore fu l'ultimo dei suoi pensieri.
Il vento continuò ad urlarle nell'orecchio ogni sua opinione al riguardo, e non fu affatto piacevole.
Passò una mano sotto le sue spalle, alzandola con tutta la delicatezza del mondo, ed in quel preciso istante si sentì infilzare da tante lance quant'era la sua disperazione, lance bagnate dal sangue che usciva dalla testa di Giulia.
Per non farla cadere di botto la riappoggiò a terra, sentendo finalmente le lacrime arrivare sull'orlo del suo animo definitivamente disperso nella grande esistenza.
Si costrinse a mettere una mano sotto la sua testa per fermare il flusso del sangue, sentendo sotto la pelle il taglio della mora, la pelle viva che pulsava sulle sue dita e il sangue caldo che le bruciava i polpastrelli fino a polverizzare le ossa.
Si sporcò anche la mano libera di sangue. Si fissò il palmo della mano dipinto da un profondo rosso.
Sentì la bile salirle in gola percependo le goccioline di sangue cadere dalle sue dita, c'era il diavolo in quel colore.
Un gemito di sofferenza e stupore sfondarono l'aria e provò il dolore più grande quando sentì le lacrime pronte a scendere per firmare il suo volto dell'ennesima vita, per portare via la sua allegria.
Provò un dolore atroce quando annaspò disperatamente in cerca d'aria e solo le fiamme entrarono in lei, coprendole il cuore con lingue di fuoco.
Provò un dolore silenzioso quando strinse la mano di Giulia con mancata forza, il sangue sfregò contro la mano fredda e inanimata dell'amica.
Provò un dolore impagabile quando si accorse che di lacrime sul suo volto non n'era scesa nemmeno una, nemmeno per sbaglio o per assurda distrazione.
Non esisteva dolore più grande della disperazione che in quel momento stava sbranando Aurora dall'interno. Perché le lacrime non servono a niente, sono futili, completamente imparagonabili alla totale distruzione psicologica di una persona. E lei era stanca di sentire quella desolazione dentro di se, la forma del suo cuore che oramai assomigliava più ad un cumulo di macerie. Un'altra croce si era aggiunta nel suo paese straziato dalla neve bianca della morte.
Sentì il vento attraversare i buchi del suo petto, colpendo i nervi degli organi sentimentali che senza alcuna fretta si stavano sgretolando.
E il suo pensiero più razionale, la sua parola più coraggiosa e la sua speranza si erano sgretolate nelle ali lunghe del vento, polvere alla polvere della polvere dell'esistenza che imponeva il suo prezzo sulla sua testa.
Guardò il volto di Giulia. Fermo. Immobile. Sofferente. Implorante. Una foto vivente, la sua espressione catturava il solo pensiero indecifrabile della caduta.
Ma non fu l'unica a cadere quel giorno, bensì Aurora sentì ciò che davvero la uccise: l'atterraggio.
Nemmeno una lacrima scavò le sue guance, solo un espressione che immortalava un paesaggio distrutto, una natura morta, un bosco bruciato, una lacrima nella felicità. Desolazione, ecco cosa si stava mangiando la cenere della sua esistenza.
E da quel momento in poi Aurora divenne un fantasma, priva d'anima, la sua esistenza non aveva più modo d'esistere.
Strinse con cieca disperazione la mano di Giulia, il sangue che scivolò nel loro contatto.
-Amica mia...
Parole gettate al fronte, entrate in guerra, la sua capacità di essere felice si ritrovò la schiena bucata dai proiettili dell'arma più devastante: l'esistenza.
Il suo spirito uscì dalla sua bocca e le spense gli occhi per sempre, perdendosi nelle nuvole sopra di loro.
Tutto era a rallentatore, il dolore non aveva fretta, voleva affondare piano nelle sue carni, sentire passo passo le sue ossa frantumarsi.
E nessuno lo vide o lo sentì l'ultimo proiettile che le fece esplodere il cuore, un buco nel petto da cui uscì sangue nero ma che le bruciò la pelle.
Lava incandescente fondeva la sua anima nell'inferno dell'esistenza.
Era l'anno zero della sua folle agonia in quella pozza di sangue che le impregnava la mano sotto il capo dell'amica che lentamente, sotto due occhi non più di giada, veniva svuotata della sua vita, un ultimo sospiro già morto uscito dalla bocca.
E come lame bollenti le tastò il polso, bagnandolo di sangue e anche la sua ultima preghiera divenne fumo nell'aria quando non sentì alcun battito.
Perché seguiva il dolore ma non riusciva a trovarne la fine?
Non vide neanche le persone che corsero in loro aiuto, o l'ambulanza che arrivò, o i medici che circondarono l'amica. Aurora teneva ora con tutte e due le mani sanguinanti quella fredda di Giulia che spuntava da quelle gambe piegate attorno a lei. Una musica triste l'accompagnò quando la portarono via in barella, lei ancora inginocchiata per terra.
Si sentì sola, davvero sola.
Fissò ancora una volta le mani rosse, quasi si poteva specchiare in quel rosso lucido dove ancora scorrevano gli ultimi ricordi di Giulia.
Il dolore non esiste, ma noi esistiamo, e diamo un motivo al dolore di esistere.

*eh lo so, io vi avevo preparato però eh. Su, recensione di questo capitolo che forse sarà il più triste di tutta la storia. Frase più distruttiva? Impatto emotivo con la canzone? Qualche lacrimuccia? Vi voglio allegri e sinceri. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

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