~Capitolo 4~ {Aaron}

Mi alzai di scatto, notando l'espressione pensierosa di Will.
«Dobbiamo andare.» dissi, cercando di cambiare discorso. «Finché non sarai smistato, è meglio che ti porti in un luogo sicuro»
«Smistato? Come in Harry Potter?» chiese il biondo, confuso.
«Certo che no, idiota. Smistato tra Paradiso e inferno» dissi guardandolo storto.
«Ma non siamo già nell'Inferno?»
Sospirai, esasperato.
«Te lo ripeto, questo è il Limbo, né Inferno né Paradiso. Qui arrivano tutte le anime, come hai fatto tu, ma ci restano solamente per pochi minuti, fino a quando non vengono smistati nell'Inferno o nel Paradiso.
Appena una persona muore, viene deciso subito dove verrà smistata, perciò il mio compito si limita ad "accoglierla" e ad accompagnarla all'entrata di Inferno o Paradiso. Tu, invece, sei diverso. Per quanto ci provi, non riesco a percepire dove sei stato smistato. Probabilmente ci vorrà ancora un po' di tempo, credo» spiegai.

Will annuì vigorosamente. Dubitai che avesse compreso anche solo un terzo di quello che avevo appena detto.

Il biondo si guardava ancora intorno, eccitato. Sembrava quasi un bambino in un parco giochi, nonostante il luogo in cui ci trovavamo non fosse per nulla simile ad un luna park.

Gli occhi color cielo di Will passarono dal saettare freneticamente al bloccarsi, guardando dinanzi a lui.
In lontananza cominciò ad intravedersi una piccola struttura di legno scuro e mattoni che risaltava contro la terra rossa del Limbo.

«Will.» annunciai, guardandolo negli occhi «Ecco casa mia.»

Entrai e mi accomodai sulla poltrona in pelle che si trovava davanti al caminetto.
La mia dimora era una di quelle case di montagna vecchio stile, con le pareti e gli interni di legno lucido e qualche mobile antico.
Mi piaceva molto, mi faceva sentire a mio agio e sapevo che quello era un posto solo mio.

Con un cenno indicai la sedia di fronte a me e Will si sedette osservando l'ambiente intorno con fare curioso.
«Carino questo posto» disse sovrappensiero.
«Grazie, ci ho messo un bel po' ad arredarla. Trovare del mobilio adatto nel Limbo è stato abbastanza difficile» dissi accarezzando il piano liscio del tavolino davanti a me.

Mi interruppi quando capii che lui non mi stava ascoltando affatto: si era alzato in piedi e stava sfiorando uno dei quadri appesi alla parete.

«Senti passiamo alle cose importanti...» dissi sospirando.
Mi alzai e afferrai un grosso fascicolo pieno di fogli e una penna.
Iniziai a sfogliarlo velocemente, la burocrazia negli inferi non è affatto una cosa facile. Basta una firma in meno e sei dannato per l'eternità.

Mentre consultavo il fascicolo io e Will iniziammo a parlare. Lui non era così male alla fine, forse non era molto sveglio ma era la prima volta che un'anima non viva si dimostrava così gentile con me, era passato molto tempo dall'ultima volta che avevo riso genuinamente insieme a qualcuno.
Chiaccherammo per diverse ore e rischiai perfino di dimenticarmi dei fogli che avevo in mano.

Alla fine decisi di malavoglia di riprendere il mio lavoro: sarò anche un demone, ma dover compilare pile su pile di moduli rimane noioso come guardare la pittura asciugarsi.
«Tornando a noi, questo è per l'assicurazione in caso di malattie non comprese nella pena, questo per il cambio valuta con i dollari infernali e...» Una fitta alla testa mi interruppe.
Portai le mani alle tempie cercando di calmarla ma la cosa peggiorò solamente.
Will si avvicinò a me, preoccupato, ma prima che potesse fare qualunque cosa io mi riscossi.
Conoscevo quel segnale, Lucifer voleva vedermi, il prima possibile.

«Senti, io devo andare. Tu rimani qua finché non sarò tornato» dissi raggiungendo la porta e appoggiando una mano sulla maniglia d'ottone.
Il biondo mi guardò confuso ma la mia occhiata fredda gli impedì di farmi domande.
«E NON TOCCARE NIENTE» aggiunsi prima di sbattere la porta di legno massiccio e cercare un punto all'ombra. Dal terreno cominciò a fuoriuscire un denso fumo nero, che si avvolse intorno ai me fino a ricoprirmi completamente. Mi sentii sprofondare nel terreno e la temperatura attorno a me scese drasticamente. I viaggi nell'ombra sono una delle poche cose belle del mio lavoro.

Appena emersi dalle tenebre, la grande figura del castello di Lucifer si parò davanti ai miei occhi.
La differenza tra casa mia e quella del mio capo era abissale: la mia dimora si poteva dire modesta, forse addirittura squallida, in confronto al palazzo del Signore Oscuro.
La mura di mattoni scuri come la notte si stagliavano per metri e metri, ed un grosso portone di metallo divideva il paesaggio brullo intorno al castello dall'interno dell'edificio.

Dopo aver frugato bene nelle mie tasche ne tirai fuori una card magnetica che a contatto con un lettore mise in moto il meccanismo per aprire il portone.
Soddisfatto, riposi la card in tasca e cominciai a camminare per i larghi corridoi del castello.
Varie torce illuminavano le stanze di una luce verdognola e l'atmosfera era inquietante come al solito.
Dalle porte mezze aperte riuscivo a scorgere alcuni uomini in smoking fare colloqui o lavorare alle idee per le punizioni delle anime: erano pur sempre demoni, al contrario di me.
Li avevo sempre immaginati come dei mostri deformati e terribili, ma nella realtà i superiori preferiscono la professionalità alla bruttezza sul posto di lavoro.

Dopo aver salito un paio di rampe di scale raggiunsi l'ufficio del Capo.
Entrai e dopo aver salutato Betty, la segretaria di turno, entrai convinto nell'ufficio.
«Eccoti, Aaron!» Mi salutò Lucifer, la sua voce profonda e sarcastica mi aveva sempre spaventato a morte, ma non lo diedi a vedere.

«Come te la passi con il nuovo arrivato?» mi chiese con fare affabile.
Sapevo che non c'era da fidarsi.

«Tutto bene, è un tipo ubbidiente» risposi con un piccolo sorriso malefico.
Sono un ottimo attore quando si tratta di sembrare cattivi.

«Ottimo! Perfetto! Magnifico anzi! Però, caro amico, devi farmi un favore...» Disse saltellando per la stanza fino a raggiungere la sua scrivania.
Con un gesto veloce della mano ne tirò fuori un involucro di carta stagnola.

«Portalo al tuo amichetto e faglielo mangiare tutto, digli che è un regalo dal dio della morte più sexy che abbia mai visto» aggiunse passandomi l'involucro che scricchiolò leggermente quando lo strinsi tra le mani.

«Deve mangiarlo tutto» aggiunse una vocina che proveniva dall'altro lato della stanza.
Sobbalzai perché non avevo notato la figura seduta sulla poltrona di pelle nera dietro di me.
Edward era l'assistente personale di Lucifer. Era un ometto piccolo per l'età che dimostrava, sembrava un semplice umano ma un paio zampe rossastre da demone spuntavano fuori dal suo vestito elegante e tradivano le sue origini.

«S-si certo» annuii io. Edward era un tipetto abbastanza silenzioso ma era suo solito sbucare dal nulla e farmi prendere un infarto. Il demone alzò la testa, lasciandomi intravedere il volto pallido incorniciato da un paio di occhiali sotto i capelli scuri.

Uscii a passo spedito e mi fermai nel corridoio per riprendermi dallo spavento.
«Tra tutto ciò che potevi scegliere, proprio quello?» La voce monotona e ovattata di Edward giunse alle mie orecchie.
«Sta tranquillo, il ragazzo sarà nostro in un batter d'occhio»
Tesi le orecchie. Di solito non sono il tipo da cacciarmi nei guai ma il discorso si stava facendo molto interessante.
«Non preoccuparti, Eddy» affermò il mio Capo col suo solito tono tronfio e squillante «Se quel tipo é parte della profezia come dici sono già il nuovo re del Mondo!»
Ancora più incuriosito mi appoggiai alla parete sperando di non venire scoperto.
«Non correre troppo, non è ancora detta l'ultima parola» aggiunse l'altro.

Improvvisamente sentii dei passi dirigersi verso la porta.
Mi allontanai di scatto e iniziai a correre giù per le scale, solo uscito dal castello mi fermai per riprendere fiato.

Di quale profezia stavano parlando? E, soprattutto, di chi?

Spazio me: SIAMO TORNATE EVVAI.
È colpa mia se non abbiamo aggiornato in questo periodo eheh :'3
Sorry.

~Sissistar~

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