7. VA character

Pre Vento Aureo - si consiglia l'ascolto di Night in white satine durante la  lettura

Scuote il capo.
Ha perso di nuovo il conto di quante bottiglie ha bevuto, e quel semplice movimento è bastato per infastidire lo stomaco, pieno di vino, che ha minacciato un conato di vomito.
Abbacchio lo sopprime con più sforzo del solito e abbandona il capo all'indietro sullo schienale duro di legno, prendendo grandi boccate d'aria.
Le palpebre semiachiuse, gli occhi rivolti al soffitto, il cervello è ormai distaccato dal suo corpo ma che sguazza nei suoi pensieri - da aggiungere, pessimi.
Non che negli ultimi tempi - si parla di un annetto, giù di lì - fossero stati migliori, ma l'aver un tetto sopra la testa, due pasti o anche tre al giorno assicurati, uno pseudo lavoro seppur tremendamente sporco, è pur sempre un miglioramento che dovrebbe arginare in parte quei pensieri.
A quanto pare, invece, non funziona per niente, dato che si ritrova comunque ogni sera a cercare dell'alcool da mandare giù nonostante sappia l'effetto che gli fa - e il mattino dopo pentirsene, ripromettendosi di smetterla, ma non realmente smettendo.
Sbuffa, all'ennesimo segnale che gli manda il suo stomaco, e poggia la fronte alla mano, trovandola sudata.
Probabilmente è una delle peggiori sbronze che si è preso ultimamente, tenendo conto delle sue condizioni fisiche.
Una parte di lui - quella ottimista e buonista che si fa viva quando non è desiderata - dice che finalmente la smetterà con l'ammazzarsi lentamente e dolorosamente, mentre un'altra parte - quella pessimistica, il vero Abbacchio - sa che starà di merda per tutta la giornata di domani, ma se ne fregherà quando il sole tramonterà e si ritroverà nella stessa identica situazione.
È come uno schiaffo che lo stomaco lo riporta alla realtà, obbligandolo a correre in bagno e svuotare qualunque cosa abbia ingoiato - non si ricorda neanche quand'è l'ultima volta che abbia mangiato un pasto decente, che non sia il panino preso di sfuggita per pranzo o il cappuccino triplo e la brioche più burrosa che riesce a trovare per arginare la sbronza serale al mattino ed essere presentabile davanti a Buccellati.
Posando il capo al braccio a sua volta adagiato sul bordo della tazza del water, il suo pensiero puntualmente casca sul suo capo, con la sua figura gentile e quasi santa, nonostante sia ricoperto di sangue maggiormente di lui seppur la giovane età - lui in confronto ha solo intinto una mano nel sangue. Il suo capo, che l'ha trovato per strada ubriaco - l'ha cercato per strada ubriaco -, gli ha dato qualcosa in cui porre la sua fedeltà seppur sporca, indirettamente gli ha dato uno Stand - e l'ha rassicurato quando si è trovato spaesato dalla cosa -.
Con il suo perenne sorriso, è un punto fisso delle giornate di Abbacchio, come lo è stato per i primi mesi Fugo, prima che Buccellati lo ritenesse pronto a lavorare da solo, anche in compiti non proprio semplici.
È la sua mano gentile che gli scosta i capelli dal volto mentre vomita una seconda volta, praticamente solo bile perché ha già riversato buona parte del vino. Buccellati aspetta pazientemente e si siede di fianco a lui, una volta che vede che non ha più bisogno del suo aiuto, ma gli passa un asciugamano per pulirsi la bocca, evitando che insozzi ulteriormente la manica della giacca.
È solo quando Abbacchio si lascia cadere all'indietro che parla.
«Ero venuto a vedere se fossi disponibile per un incarico arrivato all'ultimo ed urgente, ma a quanto pare non sei nelle condizioni adatte.» dice, quel suo sorriso paterno nonostante sia più giovane di lui, senza una punta di rimprovero nella sua voce.
«Ce la posso fare. Ho solo bisogno di -» risponde immediatamente Abbacchio. Qualunque cosa è meglio che starsene ubriaco sul pavimento del bagno.
«No, Leone. Ho bisogno che tu sia lucido.»
È colpa dell'alcool se nel sentir pronunciare il suo nome per la prima volta da Buccellati rabbrividisce, si dice.
«No, ce la posso fare -» insiste ancora, ma viene interrotto una seconda volta.
«L'incarico può aspettare fino a domani mattina, Abbacchio. E tu hai bisogno di dormire.» conclude la discussione Buccellati, alzandosi e afferrandolo per un braccio, portando in piedi anche lui.
Abbacchio si lascia trasportare, trascinando un piede dopo l'altro fino al letto, dove si lascia cadere di peso, il volto nel cuscino.
Avverte chiaramente Bucciarati scuotere il capo, raccogliere le bottiglie che ha disseminato per la stanza e buttarle nella pattumiera, poi chiudersi la porta alle spalle quando esce.

N.d.A
Sì, Bucciarati è diventato Buccellati, perché ho scoperto che il suo nome è ispirato a dei dolci siciliani di cui ignoravo l'esistenza, e dunque perché ignorare la stupenda associazione italiano=cibo? (Non hanno mai avuto a che fare con il signor Rossi e il signor Bianchi, loro)

Tomoe

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