16. Favourite arc
Si consiglia l'ascolto di "Goodbye Nostalgia", di Coda, tratto dall'album "JOJO BIZZARRE ADVENTURE - The anthology songs 2"
È raro che Jotaro conceda - si concedi - un momento di pausa. Josuke si chiede il perché di tutta quell'attività frenetica, che a lungo andare è dannosa, senza mai trovare una risposta.
Lo scopre una sera estiva, diversi giorni prima che faccia ritorno in America, dopo che hanno sconfitto Kira e lui si è rimesso dalle ferite, quel tanto che gli è bastato per uscire dall'ospedale e avere il permesso da sua madre per poter girare nella città, seppur accompagnato.
Quella sera dopo cena Jotaro si è presentato alla sua porta, senza specificare il motivo della sua visita, chiedendogli se volesse fare due passi con lui. Josuke non si inganna, se Jotaro è venuto fin lì dall'hotel, lasciando Joseph e la piccola Sukuna da soli, deve esserci un motivo. Ma accetta, e si ritrovano su una delle colline ad ammirare il mare notturno che si vede in lontananza, seduti tra l'erba accarezzata dal vento.
È dopo diversi minuti di silenzio, quando la sigaretta - la prima della serata - è ormai consumata del tutto, che Jotaro parla, le volute di fumo che escono dalle labbra che si confondono con la notte.
«Hai idea di cosa possa aver causato la tua frebbe improvvisa, nell'89, quando avevi quattro anni, in quei cinquanta giorni in cui saresti potuto morire da un momento all'altro?»
«No, i medici non hanno saputo dare nessuna spiegazione, se non che era colpa del periodo invernale.» risponde Josuke, scuotendo il capo e poggiando il mento sulle ginocchia piegate.
Jotaro sbuffa altro fumo.
«Sono i cinquanta giorni in cui abbiamo viaggiato diretti in Egitto, per sconfiggere Dio.» spiega, e a Josuke sembra che c'è qualcosa di doloroso dietro questo.
«Abbiamo?» chiede, confuso - l'unica persona che lui sappia con cui Jotaro ha un legame è Joseph, solo perché non ha mai parlato del suo passato.
Jotaro spegne la sigaretta, lo sguardo che questa volta non si ferma al semplice mare, ma va oltre, e indietro, a ripercorrere quei cinquanta giorni.
«Dieci anni fa jiji non era così decrepito. Aveva le energie di un teppista, solo che era un teppista con i soldi e molti muscoli.»
Josuke ridacchia, perché non riesce ad immaginarsi quel vecchio che è a quanto pare suo padre come un giovane arzillo - ma in qualche maniera deve pur aver ammaliato sua madre.
Gli sembra che un piccolo sorriso si formi sulle labbra di Jotaro, ma è talmente buio che pensa di essersi ingannato.
«All'improvviso mia madre cadde in preda ad una febbre improvvisa, dovuta alla scoperta del suo Stand. Non è una donna combattiva come tutti noi, ma piuttosto preferisce le parole e i sorrisi, e per questo il suo Stand non era compatibile con il suo corpo.»
Jotaro si passa una mano tra i capelli, ricalcando il cappello. Josuke non si era ingannato: quella non è una storia dal lieto fine.
«Dio è stato il responsabile di quella lunga febbre. Avendo il corpo di Jonathan Joestar, tuo bisnonno, e acquisendo uno Stand, nel giro di poco tempo portò alla manifestazione di Stand in tutti gli altri del sangue Joestar. Ne sei stato colpito così pesantemente perché eri un bambino, e i bambini spesso non hanno un grande spirito combattivo.»
Fa una pausa, come se stesse valutando cosa aveva veramente importanza dire rispetto a quello che considera lui importante.
«Da poco avevo scoperto Star Platinum quando questo successe. Jiji era in Giappone insieme ad Avdol quando me lo spiegò, decidendo di partire immediatamente per l'Egitto, dove avevamo scoperto che Dio si nascondesse grazie a Hermit Purple. A noi si unì anche Kakyoin, colui che fino al giorno prima era stato sotto il controllo di un germoglio di carne di Dio e che mi aveva attaccato sotto suo ordine.»
Prende un'altra sigaretta e la accende, perché ha bisogno di nicotina per andare avanti a raccontare, nonostante fosse solo all'inizio. Ma lui deve raccontare quegli eventi a Josuke, ne ha diritto.
«Jiji e gli aereoplani non sono mai andati molto d'accordo. Nelle sue avventure, spesso ha finito per schiantarsi, per diverso motivi.
Fummo attaccati da uno Stand nemico, che ci fa precipitare molto prima della nostra destinazione. Anche per scaramanzia, decidemmo che sarebbe convenuto spostarsi via mare o via terra, in modo che non avremmo coinvolto civili in quella guerra di Stand.»
Si sofferma un attimo a osservare il fumo da lui, perso nei ricordi.
«A Singapore incontrammo Polnareff, un francese anche lui sotto il controllo di un germoglio di carne di Dio, che cercava vendetta per la morte della sorella, uccisa da un uomo con due mani destre, che incontrammo successivamente in India. Ovunque andassimo, trovavamo un portatore di Stand fedele a Dio che aveva la presunzione di poterci ammazzare, rimanendo secco lui.»
Josuke sorride a quel commento, in cui vede un Jotaro più giovane, più teppista e irascibile di come lo conosce lui, ma che trova calzi a pennello.
«Raggiungiemmo l'Egitto dopo troppo tempo, non riesco a quantificare quanto giorni di viaggio, perché viaggiammo anche dopo, per raggiungere il Cairo. In Egitto arrivò Iggy, un cane portatore di Stand, piuttosto intelligente con un forte spirito di conservazione.»
Jotaro si zittisce, non sicuro di come è meglio procedere adesso - è doloroso, è doloroso urla quella parte emotiva di lui, quella parte che è così collegata a Star Platinum. Il suo sguardo ritorna al presente in pochi secondi e i riflessi del mare in lontananza sembrano dargli la spinta di cui ha bisogno.
«Lo scontro con Dio è il peggiore che abbia mai avuto. Kira ci è andato vicino quando ha attaccato me e Koichi, ma non è stato come Dio.»
Ripassa nuovamente la mano tra i capelli - e dannazione, l'istinto di prendere a pugni qualcosa è forte.
Da come Jotaro tentenna, Josuke capisce che Jotaro non è la pietra miliare per cui si fa passare, indistruttibile a qualunque cosa che passi sul suo cammino. È un uomo di quasi trent'anni, che ha visto troppo per un semplice ragazzino.
«Fummo obbligati a separarci. Io, jiji e Kakyoin finimmo a scontrarci con un fanatico dei videogiochi. Avdol, Iggy e Polnareff contro un neovampiro creato da poco da Dio. Avdol e Iggy morirono. Polnareff ne uscì distrutto e vendicativo, senza più usare la testa come avrebbe dovuto. Se l'avesse fatto...» gli si stringe lo stomaco, e Star Platinum minaccia di mostrarsi, mostrando il suo vero stato d'animo - non devi, non devi.
«Jiji e Kakyoin si occuparono di distrarre Dio da Polnareff mentre io lo cercavo per evitare che combinasse una delle sue stupidate.» cambia discorso, non può soffermarsi su possibilità che non si sono avverate.
«Quando incontrai Dio, a fianco aveva il corpo di jiji. Morto.» Eccolo.
Avverte lo sguardo confuso di Josuke, e si affretta a dare una spiegazione, così tagliando una buona parte di cosa fu veramente doloroso.
«È tornato in vita grazie al corpo morto di Dio, in cui scorreva il suo sangue da Joestar, e probabilmente ancora quello di Jonathan.»
«E il tuo coetaneo... Kakyoin? E Polnareff?» chiede Josuke, non capisce se con curiosità o compassione.
Jotaro mette via la seconda sigaretta e ne prende una terza senza pensarci due volte. Il fumo non è più per lui un vizio, ma quando deve parlare del passato è l'unica cosa che gli permette di aver ancora controllo su di sé.
«Polnareff sopravvisse. Mentre Kakyoin....» si rende conto che dirlo è difficile, come lo era dieci anni fa.
«Kakyoin è morto scoprendo il segreto di Dio, che abbiamo capito troppo tardi.»
Quello che segue è un silenzio carico del dolore lasciato da quelle ultime frasi, che ristagna dentro Jotaro da dieci lunghi anni e non accenna ad andarsene.
Josuke lo sente e ha paura ad avvicinarsi, nonostante voglia fare qualcosa per suo nipote - ogni volta che lo ricorda gli viene quasi da ridere, perché a ragion di logica è più il contrario, ma in sangue dice che è corretto così per quanto strano - ma non ha idea di come comportarsi, di che effetto a catena potrebbe causare.
«Che ne dici di venire da noi domani a mangiare? O magari andiamo da Tonio, con gli altri, per salutarti prima che tu ritorna in America?» chiede, poggiando lentamente la mano sulla spalla di Jotaro, non volendo risultare privo di tatto con le parole.
Jotaro lo osserva nel buio notturno - Jojo, è difficile anche per me, ma non puoi vivere sempre con il peso di quei cinquanta giorni. La tua adorata Jolyne si allontanerà da te così, e tu rimarrai ancora più dolorante - prima di annuire, con un semplice cenno del capo.
«Direi che può andare.»
N.d.A.
Sì, sono una persona nostalgica ultimamente, ma leggere Steel Ball Run mi fa ricordare quanto è stato bello vedere le parti precedenti e scappa la lacrimuccia. Per cui, eccovi Stardust Crusaders raccontata a Josuke - il che non viene mai mostrato in DIU, cosa che però avrebbe aiutato Josuke a capire meglio cosa vuol dire avere sangue Joestar e quali siano le conseguenze.
Inoltre, penso che a Jotaro quei cinquanta giorni siano rimasti proprio lì, perché sono stati probabilmente i giorni più belli della sua adolescenza, ma al contempo quelli più dolorosi.
Tomoe
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