Prologo~Rainy Night
Cosa sarebbe successo se la storia fosse andata diversamente da come la conosciamo?
Cosa sarebbe successo se la "tranquilla città di Hawkins dove non succede mai niente" fosse davvero stata nient'altro che una tranquilla cittadina dell'Indiana?
Cosa sarebbe successo se Mike non avesse conosciuto El quella notte, sotto la pioggia ed in mezzo agli alberi di "Bosco Atro"?
E se El non fosse mai scappata da quel laboratorio ma qualcun altro l'avesse salvata in quella notte di pioggia?
📼🌼
Hawkins, Indiana
6 Novembre 1983
Il capo Jim Hopper aveva sempre odiato le serate di pioggia.
E quella era senza dubbio una serata di pioggia.
Chiuso all'interno del suo fedele furgone targato "Hawkins Police", il capo della polizia della piccola cittadina dell'Indiana guardava le goccioline di pioggia battere irregolari sul vetro del cruscotto, scendendo giù lentamente e lasciando un rigagnolo sottile dietro di sé, come tante lacrime silenziose versate dal cielo buio e cupo in quella notte di inizio novembre.
Hopper aveva sempre odiato la pioggia, così come l'aveva sempre odiata lei del resto.
Appoggiò la testa al poggiatesta alle sue spalle, desideroso di essere ovunque in quel momento ma non lì, chiuso in quel furgone in attesa, con la pioggia che batteva forte con il suo ticchettio leggero come unica rumorosa compagnia.
Avrebbe voluto essere già a casa sua, da solo e lontano dal mondo, sul suo divano davanti a quella tv sempre accesa per riempire almeno in parte quel silenzio assordante che da sempre aveva intorno.
Ma da solo Hopper sapeva che da quella sera non lo sarebbe stato mai più.
Sperava almeno che tutto si risolvesse in fretta, che tutto scorresse lineare in quel piano ripetuto un'infinità di volte nella sua testa, analizzando ogni punto per scorgere la più piccola falla attraverso la quale avrebbero potuto fregarlo.
Dicevano di lui che si fidava troppo poco delle persone, e come avrebbe potuto dare torto a quelle voci?
Hopper aveva imparato a fidarsi sempre poco, anzi, a non fidarsi quasi mai di nessuno.
Improvvisamente un fulmine squarciò il cielo di fronte a lui illuminando il contorno degli alberi del bosco intorno con un lampo, con un bagliore improvviso che non durò più che una frazione di secondo, seguito da un boato sordo e così forte che fece tremare per un attimo i vetri della macchina.
Hopper sorrise, un sorriso triste, malinconico come quella pioggia, ammirando quello spettacolo della natura che avrebbe potuto incutere terrore in tutti ma non a lui, a lui no.
Sarah Hopper aveva sempre amato la natura, dal più piccolo fiore alla farfalla più variopinta, dalla neve che scendeva imbiancando i tetti e le strade in inverno al sole caldo che si rifletteva sul mare nei giorni d'estate, nelle quali spendeva ore con il suo papà sul bagnasciuga, costruendo castelli di sabbia sempre più alti.
"E se arriva il mare papà e lo porta via?"
"Noi lo difendiamo! Lo nascondiamo dalle cattive onde! Non c'è nessuna forza che non possiamo vincere, non c'è nessun pericolo dal quale non potremo proteggerlo!"
Sarah rideva felice, con i riccioli biondi legati in due teneri codini scossi dal vento che soffiava dal mare e il capo sentiva ogni volta il cuore riempirsi di gioia e la verità di quelle parole consolidarsi di fronte a lui, forti come il castello di sabbia di sua figlia che non avrebbe mai permesso venisse fatto crollare per nessuna ragione al mondo.
Così anche Hopper avrebbe sempre difeso quella sua piccola meraviglia, non avrebbe permesso che niente al mondo, mai e poi mai, gliela portasse via.
Mai.
Hopper sospirò, sollevando il cappello dalla testa e posandolo sul sedile vuoto di fianco a sé, passando una mano tra i capelli più radi e più bianchi rispetto a quel ricordo.
Perché gli tornavano in mente quei pensieri proprio quella sera?
Perché dopo tanti anni non si era ancora arreso a tutto quel dolore?
Chiuse gli occhi lasciando che il calore di quel ricordo lo invadesse, in contrasto con il mondo freddo e buio intorno a lui in quella notte d'autunno.
Hopper aveva difeso Sarah da tutto il mondo, aveva sempre avuto spalle forti e robuste per proteggerla da ogni pericolo e da ogni ombra l'avrebbe ancora protetta, se solo Sarah avesse avuto più tempo.
Ma c'era stato un mostro dal quale nessuno aveva potuto salvare la sua piccolina: nessuno, nemmeno lui, nemmeno il suo amato papà.
Hopper prese una sigaretta dal pacchetto riposto nella tasca posteriore dei suoi pantaloni e se la portò alle labbra con un gesto automatico della mano.
Fece scattare l'accendino con un suono metallico ed inspirò ed espiró lentamente, chiudendo gli occhi e lasciando che quei ricordi felici gli scaldessero il cuore in quella serata di pioggia, penettrassero fin dentro le sue ossa e gli donassero un po' di pace e serenità in quel momento di paura e confusione.
Stava davvero per farlo, dopo tanti anni?
Stava davvero per rimettersi in gioco, per riaprire il suo cuore un'altra volta, dopo tanta sofferenza, rendendosi nuovamente vulnerabile a tutta quella gioia ma anche a tutto quel dolore?
Scosse la testa, sentendo l'acre odore del fumo invadere pian piano l'abitacolo, ingrigendo ed appesantendo l'aria intorno a lui.
Flo lo avrebbe di sicuro ucciso se avesse saputo che, nonostante le sue innumerevoli preghiere, ancora fumava nell'auto della polizia, ma Hop non poteva farci niente: o fumare o impazzire, quelle erano le due opzioni e certo uscire di testa in quel momento non era un'opzione accettabile.
Il capo lanciò uno sguardo alla pioggia al di là del vetro, che non sembrava minimamente interessata a interrompere il suo ticchettio.
Prese un altro lungo tiro di sigaretta, lasciando che il fumo caldo gli incendiasse le narici e la gola: l'unica nota positiva di quel tempaccio era che nessuno si sarebbe accorto di niente, non avrebbero dato nell'occhio nella maniera più assoluta ed era proprio quello che Hopper voleva: meno ficcanaso possibile.
Sì, quella storia avrebbe potuto davvero andare a finire bene in fondo, avrebbe potuto davvero funzionare.
Si sorprese ad essere così ottimista in quel momento, sorridendo e prendendo l'ultimo tiro, spegnendo la cicca nel posacenere dell'auto, pieno di mozziconi vecchi e nuovi fino all'orlo.
Forse davvero stava cambiando, forse davvero il suo cuore si era già intenerito da quando era cominciata tutta quella storia, forse davvero, dopo anni, quello che veramente Hopper voleva era proprio quello: darsi un'altra possibilità per essere felice.
Improvvisamente, Hop vide illuminarsi una luce esterna sotto il portico dalle alte colonne, al termine del parcheggio vuoto davanti al Dipartimento di Energia della città di Hawkins.
Vide una porta allarmata aprirsi e un'alta ed allampanata figura uscire sul portico, seguita da un altro individuo con un camice bianco indosso ed un sacco di tela tra le mani.
"Ci siamo Jim, è il momento..." pensò lo sceriffo aprendo riluttante lo sportello dell'auto ed uscendo sotto la pioggia, riparato solo dal fedele cappello e dal vecchio cappotto blu scuro.
"..non si torna più indietro".
"Buona sera capo" lo salutò l'uomo vestito di nero, alzando la voce quel tanto da farsi sentire sotto il rumore della pioggia.
"Serata perfetta, non trova?"
"Sarà perfetta se spegnerete quelle dannate telecamere e farete la vostra parte come avete promesso" rispose secco Hopper, rimanendo immobile di fronte alla mano che l'individuo gli stava sporgendo in segno di saluto.
"Sempre di buon umore lei, eh?" rise l'uomo di fronte a lui, ritirando la mano in tasca con aria per nulla sorpresa.
"Non deve preoccuparsi, il mio capo è un uomo di parola, non deve avere dubbi in merito: noi faremo la nostra parte e nessuno si farà male questa sera"
"Questo sarà tutto da vedere..." ringhiò silenziosamente Hopper, allungando lo sguardo su un secondo individuo, con indosso un camice bianco ed il sacco di tela stretto in braccio, mentre con una mano reggeva un ombrello nero a proteggere entrambi dalla pioggia.
Hopper alzò un sopracciglio nella sua direzione, indicando il sacco con un gesto della mano e un'aria riluttante.
"È tutto?"
"È tutto quello che il dottore ci ha dato" rispose inespressivo il tizio vestito di bianco.
"Non aveva bisogno di molte cose qui da noi"
"E lei dov'è?" chiese Hopper guardandosi attorno, cercando di nascondere il tremolio della voce mentre il suo cuore accelerava leggermente il battito.
"La porteranno fuori non appena avremo confermato il nostro accordo" rispose con un sorriso l'uomo in nero, guardandolo fisso negli occhi sotto il cappuccio nero tirato fin sopra la fronte.
"Ho già firmato tutte le scartoffie che il vostro capo mi ha messo davanti" rispose spazientito Hopper, ruotando gli occhi al cielo con aria esasperata.
"Di cosa avete ancora bisogno?"
"Il dottor Brenner vuole avere la certezza che lei abbia compreso appieno le condizioni del nostro accordo.." rispose calmo il suo interlocutore con un sogghigno:
"Lei sarà qui ogni pomeriggio, a partire da domani. Limiterà allo stretto indispensabile i contatti con il mondo esterno. Le spese di istruzione, cibo, vestiti ed eventuali sono tutte a carico suo, il laboratorio non se ne assume nessuna responsabilità"
Hopper annuì, guardando fisso l'uomo di fronte a sé, sentendo crescere più forte l'ansia dentro di sé.
"E, ovviamente.." aggiunse l'uomo vestito di nero alzando un sopracciglio,
"..nessuno deve sapere chi realmente lei è"
"Io farò la mia parte se voi farete la vostra" rispose Hopper con un passo avanti, avvicinandosi all'uomo con aria dura e i pugni stretti lungo i fianchi.
"Non cercatela e non seguiteci, intesi?"
"Naturalmente" sorrise l'uomo con un cenno di consenso.
"Possiamo procedere"
Hopper lo vide tirare fuori dalla tasca del cappotto nero una ricetrasmittente dorata, avvicinare le labbra al microfono e pronunciare due parole con tono deciso e concitato:
"Portatela fuori"
Immediatamente le intere luci del portico fuori dal laboratorio si accesero all'unisono illuminando il parcheggio intorno a loro, mentre dal tetto alcuni fari venivano puntati nella loro direzione dall'altro, illuminando la piazzola di una luce così intensa che il capo dovette ripararsi il viso con una mano per proteggersi gli occhi.
In mezzo a quella luce accecante, Hopper vide due uomini con indosso camici bianchi, uscire dalla stessa porta laterale da cui erano usciti i primi individui, l'uno reggendo un ombrello nero grande abbastanza per coprire entrambi e l'altro reggendo nelle braccia di fronte a sé un fagottino avvolto in una coperta fin sulla testa dal quale spuntavano due gambe magre e nude dal ginocchio in giù.
Hopper sentì il cuore perdere un colpo e deglutì nervoso, tentando di nascondere la tensione, vedendo i due uomini avanzare nella loro direzione, portando verso di loro quel fagottino, seguito da una decina di militari alle loro spalle con in braccio fucili e le tute mimetiche.
"Era proprio necessario tutto questo?" ringhiò Hopper in mezzo ai denti, stringendo i pugni nervoso.
"Misure di massima sicurezza, credo che lei possa comprendere..." sogghignò l'uomo in nero di fronte a lui, volgendosi verso il gruppo in avvicinamento che in breve fu loro di fronte, davanti all'auto della polizia.
L'uomo che reggeva in braccio il fagottino si mosse verso la macchina ma Hopper lo precedette, portandosi di fronte a lui ed allungando le braccia verso nella sua direzione.
"Faccio io".
Il capo prese in braccio quella piccola creatura, sorprendendosi di quanto fosse leggera nonostante la pesante coperta che l'avvolgeva fin sulla testa, dalla quale si potevano intravedere poche ciocche di capelli chiari tagliati a zero.
Il cuore dello sceriffo di Hawkins tremò al primo contatto con quella piccolina, grande poco più di una bambina, tremante per il freddo lungo le sue gambe sottili e piedi nudi.
"Hai freddo?" sussurrò Hopper mettendola seduta sul suo braccio e facendo appoggiare la sua piccola testolina pelata ed avvolta nella coperta sulla sua spalla, senza ottenere risposta.
Era talmente silenziosa, il suo respiro appena percettibile a tal punto che per un attimo Hopper si chiese se non fosse morta: da quegli uomini malvagi si sarebbe potuto aspettare di tutto.
Scosse la testa, aprendo la portiera posteriore dell'auto, tenendola in bilico e cercando di proteggerla dalla pioggia: quella ragazzina era troppo importante per quel laboratorio, non le avrebbero mai fatto del male se non necessario.
l loro piccolo esperimento era da custodire a qualsiasi costo e Hopper lo sapeva più che bene.
"Non ti preoccupare piccola..ti sto portando via da qui, ti sto portando via da questo schifo..." pensò Hopper nella sua mente, sporgendosi dentro l'abitacolo e stendendola delicatamente sul sedile posteriore, coprendo le sue gambe nude con il resto della coperta.
"Non permetterò ti facciano ancora del male, non permetterò tu viva altro orrore..."
Richiuse la portiera dietro di sé, facendo il giro dell'auto e aprendo la portiera al posto del guidatore, pronto a risalire e ad allontanarsi da lì.
"Non fallirò anche con te"
"Allora a domani pomeriggio, capo, come d'accordo!" lo salutò con la mano il tizio vestito di nero con un ultimo sorriso.
Hopper di tutta risposta tirò sù con il naso, richiedendo la portiera alle sue spalle e girando la chiave nel cruscotto.
Con un rombo di motore, la macchina della polizia si accese, riempiendo l'abitacolo della musica della radio al solito volume alto.
"Merda" sussurrò Hopper maledicendosi ed affrettandosi a spegnere la radio con un rapido gesto della mano per non svegliarla.
Il fagottino non si mosse, come non avesse percepito nessun rumore e il capo tirò un sospiro di sollievo, riportando lo sguardo dallo specchietto retrovisore al parabrezza dove le goccioline ora erano spazzate via dal tergicristallo veloce sul vetro.
"Ti porto via da qui piccola, ti porto via..." continuò a ripetere ingranando la retromarcia ed uscendo dal parcheggio, seguito dallo sguardo da quegli uomini e dai militari ancora fermi nello stesso punto dove li aveva lasciati.
Svoltò a destra appena al termine del sentiero che portava a quell'inferno, guidando veloce lungo le strade di Hawkins, attraverso le vie del centro buie e deserte nel cuore della notte, sentendo le mani tremargli di paura ed emozione strette intorno al volante di pelle fredda e scura.
Forse la vita davvero gli stava dando davvero una seconda opportunità, gli stava concedendo davvero l'occasione di fare ancora del bene, di ribaltare la sua prospettiva, di essere di nuovo felice e di rendere qualcuno altro felice.
A che altro scopo sarebbe stata degna di essere vissuta una vita?
Svoltò nuovamente a destra imboccando una stradina laterale in mezzo al bosco, lanciando attraverso lo specchietto sguardi concitati al fagottino sdraiato sul suo sedile che non accennava minimamente a muoversi, immersa nel suo sonno profondo.
Hopper sorrise, vedendo infine comparire nel buio e nella pioggia le familiari calde luci di una piccola casetta di legno al limitare di una piccola radura in mezzo alla fitta boscaglia fuori dalla piccola città.
"Eccoci piccola, ci siamo..." sorrise procedendo piano fino al prato davanti a quella casa dal piccolo portico di legno e strette finestre illuminate dal caldo fuoco del camino all'interno.
"...benvenuta a Casa".
📼🌼
Salvee!
Il capo della polizia Jim Hopper dà a tutti voi un caloroso, (un po' scorbutico) ma cordiale BENVENUTO in
Let me Love you!🎉
Sono veramente emozionata per questo nuovo inizio e non vedo l'ora di farvi leggere di più😍
Riguardo questa storia?
Vi dico solo che vorrei fosse una boccata d'aria fresca per voi e per me dopo i drammi a cui vi ho abituati con Never Enough! Perciò...mettete da parte i fazzoletti perché non serviranno (per ora🙊)!
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Non terrò un giorno fisso di pubblicazione e vi avviso che saranno capitoli più brevi rispetto a quelli a cui siete abituati, ma spero che comunque vi piaceranno e vi terranno compagnia🤗
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A presto!
Ari🌻
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