44.Halway Happy

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"Non avrei mai dovuto lasciarti andare da sola..."

Lo scalpitio di 5 paia di scarpe appartenenti a rispettivi 5 piccoli nerdini furono il solo rumore che il fitto Bosco Atro conobbe quella notte di luna piena del 1986: a cavallo tra la realtà e l'illusione, il presente ed il passato, il ricordo ed il futuro.

L'aveva sentita stringersi leggermente a sé il paladino, reggendo tra le sue braccia il corpicino leggero e fragile della sua piccola principessa, dimenticandosi perfino che fosse forse troppo pesante per lui e per quelle sue due braccia da sempre troppo sottili.
Non aveva più importanza in quel momento, tanta era l'adrenalina pompata nel suo corpo, fomentato dalla paura, dall'ansia ed apprensione, unito ad una generosa dose di, seppur motivata, incazzatura.

Non avrebbero mai dovuto lasciarla andare avanti da sola.

"Per di qua!" fece strada il mago con il suo lungo ed appuntito cappello ancora indosso, quasi ridicolo in quel momento della serata, arrivati a quel punto: come quando le loro mamma facevano irruzione nelle loro stanze o nel basement sempre sul più bello, ovviamente, accendendo di colpo tutte le luci e rivelando agli occhi del party quello che erano realmente: un branco di ragazzini da vestiti buffi e presi in giro da tutti.
Un branco di 5 amici con gli occhi ancora sognanti e con la voglia di avventure, intenti a scappare in un mondo fantastico da una realtà che non era loro mai davvero appartenuta.

I mondi fatati avevano sempre superato di gran lunga la realtà, il presente era stato vinto tante volte dalle loro fantasie, ma quella sera di luna piena e di buio, passati da poco i dodici ritocchi a cavallo tra il giorno e la notte, Mike Wheeler non avrebbe desiderato altro che essere il più presente a se stesso, il più lucido possibile.

"El, mi senti? Stai bene?"
"Mike..." l'aveva sentita sussurrare con voce piccola piccola al suo orecchio, concedendogli finalmente di tornare a respirare, di tirare un lungo e più profondo respiro.

Stava bene, era sveglia e vigile: ora era con lui, era al sicuro.
Ma nemmeno quello era sufficiente a non farlo sentire così dannatamente in colpa.
Era stato lui a lasciarla andare da sola nel bosco, sarebbe stata sua e sua sola responsabilità che lei fosse al sicuro.
Ed era ancora colpa sua, solo e soltanto colpa sua se ora il suo piccolo fiorellino giaceva immobile e in braccio a lui, in mezzo ad i suoi amici intorno a loro, battendo il bosco in cerca della giusta direzione verso l'uscita.
Solo e soltanto colpa sua.

"Non avrei dovuto lasciarla andare da sola..." udí ripetere la rossa accanto a lui per l'ennesima volta nell'arco degli ultimi 5 minuti, vedendola con la coda dell'occhio scuotere la testa, visibilmente scossa, reggendo la mano di El nella sua ed affrettando il passo per star dietro alle sue gambe lunghe.
"È stata una cazzata quella di dividerci: ma che idea stupida..."

"Già, che idea stupita!" rincarò la dose il ricciolino grugnendo tra i denti la sua incazzatura, ma pentendosene immediatamente alla vista del viso della sua amica farsi a quelle parole ancora più scuro:
"Sta bene..." la rassicurò con un sospiro, procedendo dietro alla torcia di Will tra i sentieri poco battuti e i rami e le fronde degli alberi venute giù.
Poteva sentire quasi la sua angoscia, non sarebbe stata un fondo tanto diversa dalla sua:
"Ha solo bisogno di scaldarsi un po', Max, deve aver preso solo molto freddo prima..."
"Mi dispiace così tanto...così tanto, Mike!"

"Eccoci, per di qua!" guidò la voce del nerdino senza denti la piccola comitiva, uscendo finalmente dall'ultimo banco di abeti e ritrovandosi sulla strada provinciale all'uscita del bosco, immobile, vuota e silenziosa a quell'ora della notte.

Il cielo era limpido sopra di loro, luminosa la luna e le stelle di primavera a brillare luminose: ma al primo soffio di vento freddo non più filtrato attraverso le fronde, il fiorellino si strinse attorno al collo del suo ricciolino come niente più che un piccolo pulcino intirizzito.

"Dobbiamo portarla in un posto caldo, fa troppo freddo qui!" decretò Will con aria da dottore, volgendo lo sguardo ai restanti compagni intorno a lui.
"Qual è la casa più vicina?"
"Nessuna!" allargò le braccia Lucas, scuotendo la testa con tono pratico e risoluto:
"Tutte le nostre case saranno distanti almeno 3 o 4 chilometri, e dubito che El sia in grado di farsi trasportare su una delle nostre bici in queste condizioni!"

"...alla cabin!" rispose in tono pratico il giovane Wheeler con aria decisa, di fronte alla quale nessuno degli amici aveva più osato replicare, solamente annuire con occhi incerti e timorosi.
"Alla cabin del capo, da questa parte, forza! È la più vicina tra tutte: veloci!"

"Vuoi portala a casa da Hopper, Mike? Ma sei fuori?!" tentò Will di far ragionare le spalle del suo migliore amico già in cammino alla volta della piccola radura, ma il ricciolino era irremovibile.
"Se il capo la vede in questo stato ci ammanetterà come minimo tutti quanti, e te per primo, Mike!"
"Non mi importa..." rispose tra i denti il valoroso paladino, tenendo per sé dove pensava che il capo Hopper potesse mettersi le sue manette, per quell'occasione.

Si sarebbe preso pure la sgridata del secolo per aver mentito al capo e essere uscito con El a quell'ora invece che restare a casa sua a studiare, come d'accordo, ma non gli sarebbe potuto importare di meno in quel momento.

El stava tremando come una foglia tra le sue braccia in quel preciso istante: la sentiva genere, sentiva le sue lacrime calde scorrere lungo il suo viso bagnando il tessuto leggero della sua maglietta a righe.
La sua priorità in quel momento era solo di mettere la sua principessa in luogo caldo, asciutto e al sicuro.
Quel capo baffuto della polizia, in special modo dopo il loro ultimo scontro di un mese prima, la mattina dopo il concerto, poteva andarsene decisamente a fanculo.

"Eccola! È lì!"
"Muoviamoci!"

Ma quando il gruppo di nerdini ebbe varcato la soglia di quella piccola casetta in mezzo al bosco, battendo i piedi contro le assi di legno della veranda vuota e deserta, immobile se non per gli ultimi mozziconi di sigaretta ancora fumanti dall'interno di una tazza di caffè, i 5 amici avevano subito intuito che qualcosa non dovesse andare per il verso giusto.

Perché il capo avrebbe mai dovuto lasciare la porta di casa aperta, con la luce della cucina ancora accesa?
Così poco prudente, così poco da lui...

"Il furgone non c'è!" notò Mike con uno sguardo fuori dalla piccola finestra, ancora con El stretta al suo collo, in mezzo agli amici più intenti a guardarsi curiosamente intorno:
"Quindi è più che il capo vive?!" domandò Lucas girando su se stesso in mezzo al piccolo salottino, rotto il silenzio solamente dalla tv rimasta accesa su di un canale secondario trasmettente una replica di qualche quiz a premi sconosciuto: tipico.

"Ma questo posto è davvero...davvero minuscolo!"
"Già, il giro di presentazione lo risparmiamo per dopo, che ne dite?!" sbuffò Mike trascinando stancamente le sue gambe ormai al suo limite di sopportazione, facendo strada agli amici verso la porta verde della piccola cameretta di El, appena all'inizio del corridoio, aiutato da Dustin, Will e Max a tener aperta la porta.

"Ecco...così" depose la sua piccola come un fagottino, vedendola stringersi sotto la calda coperta del suo letto tirata fin sopra i suoi ricci morbidi e le sue orecchie, non potendo fare a meno di rivolgerle un sorriso spontaneo ed apprensivo:
"Sei a casa, fiore, ci sono qui io...adesso riposati, non ti lascio più da sola"

"Si, ma il capo dov'è?!" bisigliò la rossa per non fare rumore, mentre già Dustin si affrettava a passo deciso verso la piccola cucina:
"Ha lasciato un biglietto sul frigo! Eccolo qui!" sventagliò come in trofeo il bardo declamando a gran voce, immediatamente fulminato dagli sguardi assassini dei suoi amici, riuniti attorno al capezzale della bella principessa addormentata nel suo sonno profondo.

"Shh! Dustin!"
"Non urlare così o la sveglierai!"
"Ho avuto una chiamata urgente, sono in centrale e non tornerò prima di domani mattina: chiuditi dentro e non aprire a nessuno per nessun motivo. Ricorda: non fare niente di stupido, noi non siamo stupidi! Buonanotte, kiddo"

"Beh, tecnicamente non è stata lei ad aprirci, l'abbiamo fatto da soli..." commentò Lucas alzando le mani in modo innocente, facendo volgere al cielo gli occhi azzurri della ragazza accanto a lui:
"Non possiamo lasciarla qui da sola per tutta la notte, ragazzi!"
"Assolutamente no!"

"Resto io qui!" chiarí per primo il paladino, in ginocchio il più vicino al suo cuscino, senza fermare la sua mano ad accarezzare dolcemente il ricci sulla fronte del suo piccolo fiorellino.

"Resto io qui con lei e parlerò con il capo domattina, gli spiegherò tutto!"
"Oh no! Qui non ci resti solo tu, Wheeler! Ci resto anch'io!" scosse la testa Max con tono altrettanto deciso, sedendosi più vicino al capezzale dell'amica, guardandolo fisso con sguardo che non era disposto a lasciarsi intimidire così.
"È il minimo che possa fare dopo sta notte, Mike...faremo a turni!"

"Bene!" aggiunse il nerdino dalla pelle color cioccolato con aria pratica, apparentemente più che felice di non rischiare una denuncia per violato domicilio: nella stessa casa del capo della polizia per lo più.
"Direi che in due ve la potete cavate più che bene, ragazzi! A questo punto direi che noi altri potremmo perfino levare il disturbo..."
"Il solito cuor di leone, stalker, non c'è che dire..."

"Perché invece non ci fermiamo tutti?" propose Will con un tono risolutore, levandosi finalmente il cappello a punta dalla testa ed il pesante mantello viola decorato a stelle.
"Possiamo dire al capo di aver improvvisato un pigiama party una volta saputo che El sarebbe stata da sola! Non potrà dire niente a nessuno in quel caso, non potrà prendersela con nessuno di noi! In fondo l'abbiamo fatto per non lasciare da sola sua figlia..."

"Direi geniale, Byers! Sessione tutta la notte!" esultò Dustin urlando a gran voce, immediatamente trucidato dallo sguardo del suo migliore amico dai capelli neri e ricci:
"Dopo tutto quello che è successo sta sera questa è la tua idea migliore, Dusti-Bon?!"
"Okay...Scusa, DM, hai ragione..."
"Propongo un giro di chiamate per avvisare casa...ho visto un telefono al muro giusto all'ingresso, credo..."
"Mia madre mi ammazzerà per star chiamando a casa a quest'ora...che idea stupida!"
"...zitto, Lucas!"

"Resto io qui con lei..."
"No, resto io!" il giovane Wheeler vide la rossa replicare con tono timido ma deciso, prendendo il suo posto sul pavimento vicino al letto di El e rivolgendogli uno sguardo che solo un idiota non avrebbe riconosciuto come dispiaciuto ed in colpa.
"Resto io qui con lei, Mike...tu vai a riposarti di là per un po', l'hai portata fino a qui!"
"Max, sei sicura?"

"Non la lascio più da sola..." abbozzò una battuta la ragazza con un piccolo sorriso timido, di fronte al quale il giovane Wheeler non poté non annuire, a sua volta con un sorriso.
"Le preparo un thé caldo allora, d'accordo? Per qualunque cosa chiamami, Max, va bene?"

"Va bene..." annuí la nerdina deglutendo rumorosamente, vedendo l'amico sparire dietro la porta verde della camera richiusa alle sue spalle silenziosamente, mentre già dal salottino le prime telefonate dei suoi amici rompevano il silenzio e la quiete della piccola cabina:
"Pronto, mamma, ciao, sono io! Si, so esattamente che ore sono...non urlare così, per favore!"

"Non avrei mai dovuto lasciarti andare da sola, El..." scosse la testa la rossa davanti al cuscino dell'amica, osservando il suo respiro leggero ed appena appena percettibile, i suoi ricci color miele sparsi ed arruffati intorno al suo viso.
Non ricordava l'ultima volta che si era sentita così terribilmente in colpa: i ragazzi, e Mike sopratutto, erano stati fin tropo gentili con lei in fin dei conti.

"Scusami..." bisbigliò Max scuotendo la testa e chiudendo gli occhi, appoggiando la testa sul cuscino, vicino al suo viso, giusto un tempo per non poter scorgere la fronte della sua amica corrugarsi per la prima volta, le sue ciglia muoversi improvvisamente più veloci.
"È colpa mia, El e mi sento così stupida! Scusami, scusami, amica mia..."
"...Max?"

"El!!!" la piccola Hopper udí la sua migliore amica esclamare con voce fin troppo forte per le sue povere orecchie ancora mezze intontite, aprendo lentamente le palpebre mai sentite più pesanti di così, mettendo a fuoco gli occhi azzurri, le lentiggini ed i capelli rossi della ragazza in ginocchio di fronte al suo letto, accanto al suo cuscino.
E dallo sguardo quasi commosso ed in lacrime della sua amica, doveva essersi concessa un bel sonno nell'arco di quell'ultima ora: quale era l'ultima cosa che si ricordava di aver visto prima di svenire?

"El! Che bello sei sveglia!! Come ti senti? Ci hai fatto prendere un colpo!!"
"Dove...dove mi trovo?" corrugò la fronte la piccola con una smorfia di dolore, chiudendo gli occhi ma riuscendo finalmente a mettere a fuoco, attraverso le sue narici, un familiare e delicato profumo di fiori:
"Sono...sono a casa, Max?"

"Sei svenuta in mezzo al bosco, El! Dopo che ci siamo...cioè, che io ti ho lasciato da sola..." la voce di Max si fece via via più piccola, in tono colpevole:
"Mi dispiace davvero, davvero tanto, El..."
"Non ti preoccupare, Max, davvero..." scosse la testa El mettendosi faticosamente dritta, puntando i gomiti sul suo materasso e guardandosi lentamente intorno.

Sentiva la testa pesante, ma allo stesso tempo così dannatamente leggera, cose se nessun pensiero coerente riuscisse a scalfire la profondità dei suoi sensi legati tutti al suo "qui ed ora".
Cosa era successo?
Perché era svenuta?
Si ricordava di aver urlato dentro quel bosco, tanto e a lungo: glielo suggeriva la sua gola ancora in fiamme e, ancora di più, l'eco ancora presente nelle sue orecchie di un grido, di un urlo di paura, di una voce, carica di disperata ed incontenibile angoscia.

"Aiuto...aiuto!"

Erano suoi ricordi?
Erano suoi pensieri?
Apparteneva davvero a se stessa quella voce?

"...mi hai portata tu qui da sola, Max?"
"Oh no! Gli altri sono di là, El, stanno usando il tuo telefono per dire alle nostre famiglie che restiamo qui per la notte con te!" spiegò la rossa con un sorriso più vivo e felice, volgendo finalmente lo sguardo alle pareti della camera intorno a loro:
"Tra l'altro, è la prima volta che vengo in camera tua, El: è fighissima! Sembra di stare in una cavolo di serra qui!"

"Restare a dormire qui, Max?" domandò la piccola aggrottando la fronte e portando una mano alla sua tempia dolorante e sfinita: troppe informazioni per poterle processare così rapidamente:
"E papà dov'è? Vi ha aperto lui, Max? E Mike? Dov'è Mike?!"

"Il capo non c'è e ha lasciato la porta aperta ed un biglietto: è stato chiamato in centrale con urgenza e non tornerà prima di domani mattina.." spiegò la rossa con tono più lento e gentile, portando una mano alla fronte dell'amica, muovendo una ciocca di ricci dietro il suo orecchio, lontano dal suo viso:
"E Mike è di là in cucina a preparare qualcosa di caldo per te, El: ci hai fatto prendere un bello spavento, amica mia, eravamo tutti stra preoccupati per te!"

"Cosa...cosa mi è successo?" scosse ancora la testa El con sguardo confuso, mettendosi a sedere sul suo materasso ed appoggiando le spalle stanche alla parete dietro di sé, vedendo l'amica fare lo stesso, sedendosi accanto a lei senza staccare gli occhi dal suo viso: dal suo sguardo così preoccupato ed apprensivo doveva essere successo ben altro rispetto ad un piccolo colpo di sonno che aveva mosso i suoi amici a riportarla di peso fino a lì.
Se questa era la preoccupazione di Max, non voleva immaginare lo sguardo di Mike al di là della porta verde della sua piccola cameretta...
Ma per quale motivo non riusciva a ricordare più niente?
Che cosa le era successo dentro quel bosco quella sera?

"Perché...perché eravate tutti così preoccupati per me, Max?"
"Sei svenuta, El...non ti ricordi più?" la piccola la vide domandarle con sguardo nuovamente più apprensivo, vedendola abbassare lo sguardo alle ginocchia con aria colpevole:
"Non dovevo lasciarti da sola nel bosco, è stata un'idea davvero, davvero stupida! Stupida come l'idea di Dustin e Will di fare quella stupida sessione nel bosco, mannaggia anche loro!"

"Svenuta..." ripeté la piccola quella parola confusa, fissando lo sguardo in un punto imprecisato del pavimento davanti a sé, mentre i pensieri ed i ricordi cominciavano a farsi strada nella sua mente e nei suoi sensi: tutti insieme, tutti vorticosi, tutti in confusione.

Il suo libro di chimica aperto sul letto di Mike qualche ora prima...
Le dita fredde del suo ricciolino, tremanti suoi suoi fianchi nudi sopra le sue ginocchia, il respiro caldo tra i suoi ricci...
E la corsa in bici nel silenzio della notte...
Il costume buffo di Dustin ed il cappello a punta di Will...
E poi la corsa con Max, quel bivio, quegli alberi tutti dannatamente uguali, tutti identici i sentieri nel buio intorno a lei nel fitto del bosco...

"...davvero sono svenuta, Max?"
"Ti abbiamo trovata poco lontano da dove ci eravamo separate..." sentí l'amica deglutire incapace di concludere, mordendo le sue labbra rosse e stringendo le mani più forti sulla sua coperta sotto di loro:
"Eri sdraiata a terra nei pressi di un vecchio rudere: eri immobile, non rispondevi...ho avuto quasi paura...ma davvero non ti ricordi nulla, El? "

"Un rudere?" domandò la piccola con tono improvvisamente più preoccupato, volgendo lo sguardo in direzione dell'amica, vedendo i suoi occhi azzurri reggere il suo sguardo indagatore:
"Un rudere...che rudere, Max?"

"Eri vicino alla vecchia cascina degli Hess..." El sentí la voce dell'amica raggiungerla da lontano, da molto più lontano di quanto potesse sentirla, mentre la sua mente prendeva a girare in un vortice ancora più veloce ed impazzito.
Tutto al suo di quel nome così sconosciuto, ma anche così improvvisamente familiare per lei in quel momento.
Hess.
"È un vecchio casolare abbandonato, credo fosse un tempo una fattoria...ma perché me lo chiedi, El? Ti ricordi qualcosa?"

Ma El non la stava già più a sentire.
Il piccolo fiorellino improvvisamente ricordava, ricordava tutto.
E a tratti avrebbe perfino preferito che tutti quei ricordi sparissero, non ricordare più nulla.

I due ragazzi per mano lungo i sentieri di quello stesso bosco buio...
Le assi di legno di quella vecchia stalla con sopra dipinto lo stesso numero sul suo polso: 011
E il sorriso di quella ragazza dai lunghi capelli biondi, di sua madre, tramutato in un secondo in un grido di orrore..
E gli occhi di ghiaccio di suo padre, freddi, spietati, privi di misericordia...
Le sue mani strette intorno ai suoi polsi, il buio della notte a nascondere la scena, ma il vento tra le fronde incapace di coprire le grida:
"Ti prego, basta...fermati! Per favore! Aiuto!"

"...El?" sbatté le palpebre la piccola alla voce preoccupata dell'amica, ritrovando accanto a sé il suo viso ricoperto di lentiggini ed i suoi capelli rossi, i suoi occhi azzurri ben aperti ed attenti fissi nei suoi:
"El, che ti prende?" scosse la testa Max vedendola deglutire ancora ed ancora, con il fiato corto, cercando di mettere in fila parole e domande nella sua mente troppo dolorose.
Cosa le prendeva?
Che cosa aveva visto?
Non avrebbe saputo dirglielo a Max nemmeno lei stessa, ad essere precisi...
Eppure El credeva di voler sapere, credeva di voler davvero capire...
Ma come fare a poter spiegare qualcosa di così orribile alla sua migliore amica?

"Sei...sei pallidissima, El...vuoi che chiami i ragazzi e ti faccia preparare qualcosa?"
"Io...io credo di aver ricordato qualcosa, Max..." mormorò El parole che uscirono da sole dalle sue labbra rosse.

Si sentiva tremare come una foglia, freddo lungo le sue braccia, le sue gambe, la sua spina dorsale, le veniva solamente da rimettersi a piangere ancora, seppur le palpebre pesanti le suggerissero che lo avesse fatto già un bel po' dopo prima di allora.
Come faceva a spiegare?
Come avrebbe potuto Max capire?
E, sopratutto, sarebbe stato saggio per lei parlare proprio di...?

"Max, io credo di aver visto..."
"...cavolo, El! Ma sei sveglia! Che sollievo, cazzo!"

Gli occhi scuri della piccola si mossero veloci da quello chiari dell'amica alla porta di legno della sua cameretta dietro di loro, al di là della quale, la vista di una chioma nera e ricciuta non poté non farla istantaneamente sorridere di cuore.

"Mike!"
"Buonasera, piccolo fiore!" sorrise il paladino alla sua principessa, varcando la soglia della sua porta verde con un vassoio tra le mani ed una tazza fumante bene in bilico, richiudendo alle sue spalle urla di sollievo e curiosità, mescolate insieme e confuse:
"El si è svegliata?!"
"Finalmente, cazzo!"
"Come sta?"
"Come si sente?"
"Le puoi chiedere se posso mangiare uno dei suoi eggos in forno?"

"Un visitatore per volta, ragazzi! Fatela respirare!" la piccola rise vedendo la rossa scattare in piedi come una furia, richiudendo la porta in faccia ai suoi amici e vedendo il suo piccolo nerdino appoggiare il vassoio al suo comodino, inginocchiandosi ai piedi del suo letto e prendendo le sue mani fredde nelle sue calde davanti al suo viso.

E già a quel così semplice tocco, la piccola sentí come per magia come se qualcuno avesse riacceso improvvisamente l'interruttore della luce: via ogni nuvola, per un secondo, non ci sarebbe stato mai buio abbastanza profondo da venire oscurato del tutto dal suo personalissimo raggio di sole.

"Come ti senti, fiore? Ero così preoccupato...tu non ne hai davvero idea, cazzo..."
"Sto bene, ragazzi, davvero..." scosse ancora la testa El con un piccolo ma sincero sorriso, muovendo lo sguardo dal suo ricciolino in ginocchio di fronte al suo materasso, alla sua migliore amica rimasta in piedi, in disparte, ma ancora con due occhi ben aperti e preoccupati puntati su di lei.

"Mi dispiace di avervi fatto preoccupare tanto, scusate..."
"Chiedi scusa tu a noi, El?!" rise Mike portandosi più in alto verso il suo viso lasciandole un dolce bacio sulla fronte e facendola sorridere ancora di più:
"Sono io che devo chiederti scusa, El...non avrei mai dovuto permetterti di andare avanti nel bosco da sola...piuttosto, come ti senti ora? Niente di rotto vero? Ti ricordi nulla di quello che ti è successo?"

"Nulla..." scosse la testa la piccola Hopper deglutendo in silenzio ed a fatica, lanciando un rapido sguardo in direzione dell'amica, vedendola annuire con un movimento della testa appena percettibile, restando in silenzio, in disparte e senza aggiungere nulla.
"Non ricordo...nulla, Mike...nulla"

"Non ha importanza, l'importante è che ora tu stia bene e che tu ti bevi tutto questo, ti farà sentire meglio!" sorrise Mike portando tra le sue mani la tazza ancora fumante ed avvolgendovi le sue dita intorno, rivolgendole un altro sguardo caldo e vedendola rivolgergli a sua volta uno carico di gratitudine:
"Tremavi come una foglia prima quando ti abbia portato qui, qualcosa di caldo ti farà sentire meglio subito! E ora devi solamente riposarti e farti un bel sonno: domani mattina ti sentirai come nuova, ne sono sicuro!"

"Grazie, Mike..." sorrise la piccola accarezzando il suo viso dolce con le sue dita e con il suo sguardo, tentando di non sentirsi in quel momento così dannatamente in colpa: non voleva nascondere qualcosa al suo ragazzo, non temeva neppure che Mike non potesse capire...ma era qualcosa che non si sapeva spiegare, un discorso che con lui non sarebbe riuscita ad affrontare, non ancora: forse non voleva semplicemente farlo preoccupare ancora di più o, forse, quel discorso riguardava invece vecchie chiacchierate tra amiche di mesi e mesi prima, in circostanze e serate molto più felici di quella appena trascorsa.

"Mi sento già meglio, davvero!"
"Forse era meglio restare a casa mia a studiare per davvero, El, non credi?" sorrise El agli occhi innamorati del suo ricciolino, annuendo a sua volta con un piccolo tuffo al cuore:
"Su questo non c'è dubbio, Wheeler...di sicuro!"
"...e questo è il momento nel quale io esco a farmi un giro..."

Gli occhi dei due ragazzini si mossero all'unisono in direzione dell'amica, intenta a scuotere la testa, con aria divertita, dirigendosi ad ampi passi verso la porta della cameretta:
"Vi lascio un po' di privacy, piccioncini: è vedrò di tenere a bada le 3 belve feroci lontane dal frigo.."
"Max...no, aspetta!" la voce della piccola protestò debolmente con tono timido, facendo voltare verso di lei i due sguardi interdetti dei suoi amici.

"Si, El?" domandò Max con tono confuso, scambiando uno sguardo con il piccolo Wheeler, confuso quanto il suo.
"Posso fare qualcosa per te?"

"Mike...Puoi lasciare me e Max da sole per un minuto, per favore?" domandò la piccola agli occhi scuri e dubbiosi del suo piccolo paladino, vedendolo esitare quasi ferito per un istante, ma della durata appena di un secondo:
"Per favore..."
"Sicuro, El, certo!" annuí Mike senza esitazione, vedendo la rossa tornare al suo posto seduta sul letto, accanto all'amica, scambiandosi con lei uno sguardo veloce, ma che non avrebbe avuto bisogno di spiegazioni.

"Vi lascio da sole allora...ma tu, El, bevila tutto!" il fiorellino lo udí continuare già con un piede sulla porta, in direzione della tazza ancora fumante tra le sue dita:
"E cerca di riposarti, davvero: è l'unica cosa di cui hai bisogno! Torno tra un po' a vedere se ti senti meglio!"

"D'accordo..." sorrise El un'ultima volta, sentendo la porta di legno chiudersi delicatamente alle loro spalle, restando le due amiche un secondo nel silenzio, interrotto solo dalle voci degli amici provenienti dal salotto, al di là delle pareti di legno troppo fino.

Sentiva lo sguardo della sua amica su di sé, paziente e timido, senza volerle mettere fretta ma senza riuscire ad intuire nemmeno lontanamente quello che le stava per dire.
E la piccola, da parte sua, non sapeva da dove avrebbe potuto cominciare nemmeno se quel discorso se lo fosse preparato ed imparato a memoria come una lezione.

"Che cosa hai visto?" spezzò infine per prima il silenzio la rossa con voce sottile, portando una mano sul materasso sopra a quella dell'amica, vedendola deglutire.
"Hai visto qualcosa nel bosco, El? Prima di svenire?"
"No, non era qualcosa di reale..." scosse la testa la piccola con il capo chino, lo sguardo fisso alle loro mani unite come forza per proseguire:
"Era più tipo..."

Una delle mie visioni.

"...più tipo un sogno, Max...un incubo"
"E cosa hai visto?" domandò ancora l'amica facendole coraggio e guardandola fisso, lasciando che le sue parole uscissero da sole dalle sua labbra ridotte a due fessure sottili:
"Puoi fidarti, di me, non lo dirò a nessuno, te lo prometto: nemmeno a Mike se non lo vuoi tu!"

"Ho visto...una donna..." cominciò El con voce fina, sentendo già le guance arrossarsi e gli occhi pizzicarle ancora di più.
"Una donna, ed era..."

Mia mamma.

"...era con un ragazzo...con il suo ragazzo, almeno credo..."
"La conoscevi?" domandò Max a sua volta in punta di piedi, vedendola scuotere ma testa lentamente, a capo ancora chino.
"L'avevi mai vista prima?"
"No..." mentí la piccola senza riuscire a guardarla in viso, raccontando all'amica solo una parziale parte di bugia: era vero che non l'avesse mai vista prima, ma non era vero che non la conoscesse in fondo.
Era bastato un solo sguardo per sentirsi legata in modo indissolubile a quella ragazza, a quell'ombra, a prescindere da quale tempo e luogo ora lei fosse.
E al come muoversi per ricercarla e trovarla, El avrebbe rivolto i suoi pensieri dopo...

"Non l'avevo mai vista prima..."
"E che cosa faceva?" incalzò Max facendosi più vicina, vedendola prendere un sorso del thé dalla tazza stretta tra le sue dita:
"Hai detto che era con il suo ragazzo? Magari è una scena che hai visto in un film in TV e lo hai trasportato in un tuo sogno?"

"Non so cosa stesse facendo...erano insieme dentro una grande stanza, era buio, non riuscivo bene a vedere..." scosse la testa El evitando i dettagli sulla cascina ed il segno sul muro, deglutendo ancora una volta e proseguendo ancora:
"Era come la scena di Ritorno al futuro, Max, te la ricordi?"
"Quale scena di Ritorno al futuro, El?" scosse la testa la rossa confusa, vedendo l'amica affrettarsi a proseguire, per nascondere in parte la sua tensione:

"Forse hai ragione tu, Max: ho preso parte di quella scena e l'ho riportata dentro il mio sogno: non è niente di importante, credo, non abbia davvero importanza..."
"Che scena, El?" scosse la testa la ragazza guardandola fissa, non cedendo o cascando dentro al suo timido tentativo di evasione.
La piccola le rivolse un sguardo più timoroso.
"El, puoi fidarti di me, davvero..." vide ancora Max sorriderle per incoraggiarla, intravedendola attraverso uno strato liquido di lacrime nei suoi occhi.

Se non con lei, con la sua più cara amica, con chi avrebbe potuto parlarne in fondo?
A chi altro mai avrebbe potuto chiedere di dare una nome a ciò che aveva visto?

"Quale scena era El?"
"Era come...come la scena del parcheggio..." sussurrò infine El rialzando lo sguardo su di lei lentamente, cogliendo nei suoi occhi azzurri il suo stesso brivido di paura:
"Come nella scena di Ritorno al futuro nel parcheggio alla serata del ballo della scuola: erano un ragazzo ed una ragazza...e la ragazza...urlava"

"Oh..." annuí lentamente Max divenendo le sue gote più pallide a sua volta, sbattendo le palpebre un paio di volte di fronte al viso della sua migliore amica: El era certa che improvvisamente anche Max avesse finalmente capito.
"Quella scena, El...ma certo, cazzo..." El la vide abbassare lo sguardo al materasso sotto di loro a sua volta, non sapendo come proseguire.
E fu la piccola Hopper allora a proseguire, stringendo forte la tazza di thé tra le sue dita.

"Io credevo...tu mi avevi detto...che quelle cose succedevano solo quando un ragazzo ed una ragazza si amano e vogliono stare insieme, Max..."
"Che tipo di urla erano, El?" domandò ancora Max sperando di non aver ben capito, di aver frainteso, vedendo lo sguardo dell'amica farsi all'improvviso più confuso:
"Perché, quanti tipo di urla esistono, Max?"

"Beh...quando un ragazzo ed una ragazza stanno insieme ci sono urla ed urla..." alzò le spalle Max rossa in viso, alzando gli occhi al soffitto con aria imbarazzata:
"Ci sono urla anche belle, sai...urla di gioia, urla felici!
"...urla felici?!"

"Massi, El!" scosse la testa Max ormai rossa quanto i suoi stessi capelli, guardando ovunque tranne che in faccia alla sua amica:
"Non le hai fatte anche tu, El, quando Mike ti ha, ehm...insomma...quando ti ha toccata lì sotto?"

"Queste erano diverse..." scosse la testa El senza la minima ombra di dubbio, risentendo vive e penetranti le urla di sua madre ancora presenti nelle sue orecchie: quelle non erano state urla felici, non avrebbero potuto esserlo mai, nella maniera più assoluta.
"Non erano affatto urla felici, Max...anzi, tutto il contrario a dire il vero..."

"Okay..." annuí Max lentamente, mordendosi il labbro inferiore con sguardo decisamente più scuro,
"Allora era davvero come la scena di Ritorno al futuro, El..."

"Io...io non capisco..." trattenne un singhiozzo il fiorellino chiudendo gli occhi e proseguendo a fatica, non credendo di essersi mai sentita così piccola ed inesperta del mondo intorno a lei più di così.
Cosa era successo alla sua mamma?
Cosa le aveva fatto il suo stesso papà quella notte?
E perché Max esitava così tanto nel dirglielo?

"Io credevo che solo quando un ragazzo ed una ragazza si amano potessero fare l'amore..."
"Quello non era fare l'amore, El..." scosse la testa Max con un sospiro, rialzando lentamente gli occhi azzurri nei suoi scuri:
"Quello che hai visto non era fare l'amore...era uno stupro, El"

"Un...che?" domandò El boccheggiando e non riuscendo a mettere insieme le lettere di quella nuova parola, bloccata da un brivido profondo lungo la sua schiena, fino alle sue radici.
Perché il suo corpo reagiva ancora così, senza che lei stessa lo potesse controllare?
"Che cosa...che cosa vuol dire questa parola, Max?"

"È una cosa orribile, El, non è niente che dovrebbe esistere in un mondo giusto e civile..." continuò la ragazza dal capelli rossi con un sospiro, alzando lo sguardo al soffitto per trattenere le lacrime dai suoi occhi ora anche per lei lucidi:
"Non è una bella cosa di cui parlarne, non so davvero come spiegartelo...diciamo che, quando un ragazzo si sente dire di 'no' da una ragazza, se è così vile e meschino, e stronzo e schifo, e non so quale altro orribile aggettivo, può decidere di, insomma...agire comunque, prendersi quello che crede debba essere suo...con la forza"

"E fa male..." aggiunse El non come una domanda ma piuttosto come un'affermazione, vedendo la testa dell'amica annuire da sola, senza osare aggiungere di più:
"Ecco perché quelle urla..."
"Fa male, molto male, El, malissimo...non è qualcosa che può essere cancellato, nemmeno in tutta una vita..."

"E non c'entra nulla l'amore?" domandò ancora la piccola, sentendo un ghiaccio profondo e freddo avvolgere completamente i suoi sensi, i suoi interi pensieri, la sua pelle, fin dentro, nel profondo del suo cuore.
Cominciava infine a capire, cominciava infine ad intuire.
Non era sempre stato soltanto un meraviglioso dono dell'amore: non era come era successo per Lucas e Max, non era nemmeno come stava per succedere quella sera a lei e a Mike o per qualunque altra coppia innamorata del mondo: non era così che era successo per lei, per sua madre e per suo padre, non era così che lei era venuta al mondo.
Lei non era nata dall'amore, non era nata dalla gioia, non era nata da qualcosa di bello, di meraviglioso, da un gratuito e semplice gesto d'amore.

Lei non era nata dalla luce né dalla gioia, solamente dal buio, dal freddo, dalla sofferenza della quale si era sentita sempre fare parte ed appartenere fin nel midollo.
E quella sera, quel povero piccolo fiore, aveva avuto solamente la conferma ad ogni suo dubbio e timore.

E la voglia di abbracciare quella ragazza, la sua mamma, appena poco più di un'ombra in quella sua visione, fece scendere due lacrime dolci ed amare allo stesso tempo lungo le sue gote.

"No, El..." vide l'amica scuotere la testa ancora una volta, stringendo la sua mano nella sua ancora più forte, vedendola asciugarsi una piccola lacrima da sotto gli occhi a sua volta.
Non c'era un modo carino per dirlo, non ci sarebbe stato mai.
"Quello non è amore, El...quello è solamente odio"

*

"

Ehi ragazzi, venite qui! Venite a vedere!" le urla di Dustin irruppero al di là del muro del silenzio della piccola cameretta nel bosco, facendo sospirare quasi all'unisono le due amiche, come dopo una lunga e profonda immersione.
A quel piccolo fiorellino pareva quasi di essere rimasto paralizzato, congelato, immobilizzato sul posto, mentre sentiva lo scalpiccio dei passi dei suoi amici al di là della porticina della sua piccola camera da letto, la sua migliore amica ancora lì con lei a guardarla come se dovesse cadere in pezzi da un momento all'altro davanti ai suoi stessi occhi.

E forse davvero sarebbe stato così, di lì a pochi minuti.
El sentiva in quel momento anche il suo stesso cuore battere troppo forte e troppo veloce per non aver paura che gli uscisse fuori dal petto in un battito o due, così come quelle lacrime che non sapeva con quale forza fossero ancora lì appese alle sue ciglia, non ancora venute giù.

"Venite a vedere! Venite a vedere che cosa ho trovato qui!"
"Dustin, porca puttana! Vuoi abbassare quella dannata voce?!"

Sentiva dentro di sé una gran voglia di mettersi a gridare, ad urlare, a crollare a piangere affondando la sua testa nel cuscino, senza cercare la forza per riemergere mai più.
Sentiva una voglia immensa di restare da sola e, allo stesso tempo, il bisogno di avere tutti i suoi amici intorno.
Avrebbe voluto chiedere a tutti loro di andarsene subito, con gentilezza ma, allo stesso tempo, anche di non lasciarla mai più da sola quella notte.

Si sentiva piccola, si sentiva impotente, aveva paura.
Non tanto di quello che vi era al di fuori di quella cabina, non tanto per i pericoli che il mondo poteva tenere ancora in serbo per lei, no: dopo quella sera, El credeva che nulla avrebbe mai potuto ferirla di più.
No.

Non era di quello che aveva paura in quel momento: El aveva paura solo più e soltanto della sua testa, di se stessa.
Sentiva la rabbia montarle dentro il petto, l'elettricità scorrere veloce in ogni fibra del suo corpo, fin attraverso le sue dita.
Sentiva la sua testa continuare a ruotare più veloce, sempre più veloce, una cavallina di immagini, domande, dubbi e scenari presentarsi di fronte a sé, violando la sua volontà che avrebbe semplicemente voluto mettere a tacere tutto.

Sapeva che, una volta rimasta da sola, sarebbe crollata, non avrebbe potuto resistere di più.
Smaniava, ed allo stesso tempo aveva paura, di restare da sola con i suoi stessi pensieri, con quei nuovi pezzi del suo passato confuso troppo ingombranti per poter essere scartati ed allo stesso tempo troppo oscuri per non poter cozzare con tutto quello che tanto faticosamente aveva costruito fino a quel momento, facendo precipitare tutto inesorabilmente giù.

Sapeva che sarebbe arrivato il momento di chiedere il conto, di chiedere di più, ma non era quello il modo, non erano quelle le persone a cui chiedere giustizia.
Sapeva che vi era solamente più una persona alla quale domandare la più semplice delle domande, ma la più importate e preziosa: perché, solo e semplicemente perché?

Ed era qualcuno che la piccola già sapeva avrebbe rivisto di lì a poche ore, come ogni altro giorno, come ogni altro pomeriggio da quando lei era venuta al mondo.
Il suo papà.

"Cavolo, il capo si tratta bene, però! Guardate qui!"
"Dustin, ma che cazzo?!"
"Wow, ecco perché mia madre viene sempre così volentieri a far visita ad Hopper qui..."

"Max..." mosse lo sguardo veloce la piccola come una supplica, afferrando più forte le mani dell'amica e vedendola rivolgere uno stesso sguardo preoccupato e confuso.
"Non lasciarmi da sola, okay? Per favore!"
"No, El..." la vide scuotere la testa con aria decisa, muovendo lo sguardo dalle sue mani improvvisamente più tremanti ai suoi occhi mai stati più sconvolti di così:
"Non me ne vado da nessuna parte, resto qui! Ma che ti prende ora? Stai bene? Vuoi che richiami Mike qui?"

"Dustin, rimetti tutto subito a posto!" le due amiche sentirono la voce del ricciolino farsi più alta su quelle dei restanti amici,
"Aspettate!" replicò quella del nerdino senza denti con un urlo di esultanza, facendo sbuffare la rossa con uno sguardo rivolto al soffitto, facendola saltare giù dal letto come una furia:
"Ora mi sento quei 4 deficenti..."
"Mi è venuta un'idea, amici!"

"Dustin! Chiudi quel becc...!" cominciò Max urlando fuori dalla piccola cameretta, vedendo i suoi amici fare irruzione in quel preciso istante attraverso la porta finalmente aperta.
Primo fra tutti, Dustin con un sorriso sdentato soddisfatto sul viso e, stretto tra le mani, due bottiglie di vetro dal trasparente liquido scuro.

"Ho trovato la riserva di alcolici personale del capo, signorine!"
"Dustin, ma ti sembra questo il giusto momento, deficiente?!" lo aggredí Max muovendo le mani sulle sue spalle, spingendolo di peso verso la porta, davanti allo sguardo confuso del piccolo fiorellino, ancora seduto immobile sul suo letto.

"El, stai bene?!" domandò Mike al di là della porta sopra le teste degli amici, la piccola annuí.
Ringraziava il cielo che avesse chiesto a Max di parlarne con lei e non a lui: Mike non si sarebbe mai arreso dal porle altre domande e dal voler sapere di più.

"Fuori di qui, subito!" ringhiò la rossa come un mastino da difesa addestrato e minaccioso, spingendo l'amico facendo tintinnare le bottiglie di vetro tra le sue mani di fronte a sé.
"El ha bisogno di riposo e non di queste vostre idee del cazzo! Andate tutti fuori di qui, subito, ora!"
"Un momento! E non volete neppure sentire la mia proposta?!"

"...che proposta?!" gli sguardi dei nerdini si mossero veloci in direzione del piccolo letto nella cameretta rivestita di fiori, uno sguardo pieno di stupore Max, pieno di soddisfazione Dustin.

"Ma...El!" sentí la rossa provare a farla ragionare ancora una volta, ma El scosse la testa con sguardo più deciso.
"Che proposta?" ribatté la piccola ignorando le proteste dell'amica.

Non me importava di riposare, non le importava di restare in silenzio a riflettere ancora: desiderava solamente che tutti intorno a lei smettessero di farle quelle domande, di preoccuparsi che lei stesse bene e di che cosa le fosse realmente accaduto, cercando da parte sua delle risposte che non sapeva dare più in quel momento nemmeno a se stessa.

Voleva solo non restare più sola.
Voleva solo resettare tutto quello che di orribile aveva visto quella sera senza che quelle immagini continuassero a girare impazzite nella sua testa.
Voleva solamente smettere di pensare, anche solo per una manciata di stupide ore.

"Grazie, my lady! Almeno tu mi vuoi stare a sentire!" vide l'amico senza denti rivolgerle un sorriso riconoscete, facendo tintinnare le bottiglie di fronte a sé con sguardo furbetto e da intenditore.
"So io come far dimenticare a tutti il piccolo incidente e concludere la serata in modo fotonico!" la piccola Hopper lo vide continuare, prendendo un lungo e più profondo respiro e deglutendo fino in fondo alla sua gola nuove lacrime, rinviate per momenti peggiori.

In fondo forse non sarebbe stata poi una così brutta idea...
In fondo poi, cosa aveva da peggiorare o da perdere ancora di più?

"Allora, che ne dite...D&d alcolico, signorine?"

*

El non sapeva quello che stava facendo.
E, per dirla davvero tutta, aveva rinunciato già da un bel pezzo a cercare di capirlo.

Sentiva il suo corpo leggero come un petalo di quei fiori primaverili a lei tanto cari, i più variopinti, rossi come le rose piantate dal suo papà sotto la sua finestra nel loro giardino o gialli come i girasoli in grado di trasmetterle da sempre tanta allegria.
Ed al pari di un piccolo petalo di fiore, tirato, spinto e mosso dal vento più impetuoso, anche quello stesso piccolo fiorellino era semplicemente, infine precipitato...caduto.

Spezzato, reciso, perduto.

Volteggiava leggera El, come tutte le cose più belle della vita, le più effimere, quelle che non durano oltre la lunghezza delle 24 ore, non oltre un giro di orbita del sole.
Cadeva, spinta dal vento, lo stesso che l'aveva sferzata con più forza del solito quella volta, con più cattiveria e quasi con intenzione, quello stesso vento che ora la sorreggeva, la gonfiava facendola salire più in alto per poi farla ricadere più in basso, ancora più giù.

Quella piccolina non attendeva più il suo peggio, non attendeva più di ferirsi, la sua rovina, perché sapeva di esserci già arrivata quella sera, sapeva che null'altro di peggiore avrebbe potuto ferirla quella volta di più.

E quella era, seppur piccola, la sua ultima unica consolazione.

Si muovevano leggeri i passi della piccola Hopper nel suo salottino, sulle punte tese dei suoi piedi nudi come un passo di danza, leggeri come quelli di una piccola ballerina, come in piuma in bilico ad un metro da terra, sorretta e sospinta dalle braccia dei suoi amici intorno a lei, dalle loro gambe intente a muoversi all'unisono insieme con le sue.

A passo di danza, a tempo di musica.
A tempo con la canzone passata dalla vecchia radio del suo salotto in quel momento, sparata a tutto volume.

In mezzo ai sorrisi più larghi, gli occhi chiusi ed i loro visi ebeti e sorridenti rivolti al soffitto di legno della piccola cabin nel bosco.
Le loro voci stonate, le risate sguaiate ed il tintinnio del liquido trasparente contro le pareti delle loro bottiglie, strette nelle loro mani e volte verso il cielo un'altra volta, ancora una, ed ancora una di più.

La piccola non capiva più quello che stesse facendo, si ricordava solo di imporsi di ridere e di non fermarsi, di continuare a ballare in mezzo ad i suoi amici ignorando tutto il resto intorno.
Ignorando la voragine sempre più profonda nel suo petto, ancora più presente ed ancora lì, sempre lì, quella che nemmeno l'alcool stava riuscendo ad anestetizzare, non quella volta, non per quella ferita.
Cercando di ignorare il suo mal di testa, le sue povere tempie che le avrebbero supplicato pietà, riposo, quiete, non tutto quel rumore, quel casino, quel volume.
Ignorando gli sguardi inizialmente preoccupati di ciascuno dei suoi amici, quelli che uno dopo l'altro l'avevano infine seguita a ruota in quella sua assurda danza della follia.

"Io ci sto!"
"...cosa?!" era stata Max la prima a guardarla con gli gli occhi fuori dalle orbite, appena una buona mezz'oretta prima, ancora nella sua camera da letto, vedendo Dustin esultare accanto a lei in segno di vittoria.

"Tu si che ci sai fare, principessa! Sapevo di poter contare su di te!"
"El dovrebbe solamente riposare!" aveva tentato di replicare ancora la rossa, vedendo l'amica balzare giù dal suo letto seguendo l'amico senza denti fino in corridoio, vedendola sfilargli dalle mani una delle due bottiglie portandosela velocemente alla bocca.

"Oh, andiamo..ma fai sul serio?!" l'aveva ignorata El deglutendo il primo sorso, pulendosi le labbra con il dorso della sua mano e sentendo un sapore agrodolce scendere bruciando lungo la sua gola.

Sapeva già non sarebbe bastato quello a renderla felice.
Ma le bastava oramai essere felice anche solo a metà.
E non per molto, davvero, le bastava per appena un'ora, o forse due.
Non sarebbe stata quello l'ultimo errore della sua vita, né l'ultimo errore del mondo.

E quando, dopo un paio di sbuffi da parte della ragazza dai capelli rossi, il party di piccoli nerdini si era seduto per terra a gambe incrociate intorno al tappeto del suo salotto, tutti tranne uno, nessuno di loro era stato in grado di ricordare più le regole del gioco già al primo giro di bottiglia completo.

"Scusa, Dusti-Bon, non mi ricordo: devo bere quando mi chiami MadMax, scassinatrice, stronza...o in quale altro modo?"
"Ma chiamala un po' come vuoi, Dustinuccio! Basta che mi ripassi quella bottiglia, cazzo!"
"...e il mago Will lancia il suo incantesimo contro quel cespuglio: lancia i dadi, amico!"
"Non li trovo più, Dustin..."
"Ma come non li trovi più Will?! Erano gli unici che mi ero portato dietro, holy shit!"
"Mi sa che mi ci sono seduto sopra io, Byers.."
"Oddio che schifo! Puoi tieniteli tu!"
"Ma qualcuno qui si ricorda come cazzo si gioca a questo gioco del cazzo? Cazzo!"
"Perché quella bottiglia non arriva mai a questo lato del cerchio, ragazzi?!"
"Vi ho mai detto che siete tutti speciali, amici? Vi voglio davvero tanto bene...mi amo tutti!"
"Will!"
"Dustin!"
"...principessa!"

"Oddio, fermi tutti!" aveva cacciato un urlo il piccolo Byers in mezzo al gruppo di amici, facendo fermare i gesti inconsulti di tutti e voltare gli sguardi all'unisono nella sua direzione.
"Alzate il volume di quella radio, presto! Dio mio, adoro questa canzone!"

Darling, you got to let me know
Should I Stay or Should I Go?

"If you say that you are mine..." aveva seguito Lucas l'amico balzato in piedi per primo intorno al cerchio di nerdini, unendosi alla sua voce stonata e bevendo a sua volta un altro sorso dalla bottiglia.
La rossa era scoppiata semplicemente a ridere a quella vista, e con lei l'amica sollevata dalle spalle dagli amici in meno di un secondo, chiudendo gli occhi e lasciando che i suoi piedi iniziassero a muoversi da soli, in mezzo alle urla ed agli schiamazzi dei suoi migliori amici.

Sentiva la testa leggera, i pensieri lontani, ma quella voragine scavata nel suo pezzo sempre più profonda, ogni battito del suo cuore di più.
Ma non aveva la forza di starsi a sentire in quel momento: le veniva solo da ridere e da piangere allo stesso tempo, ed ancora da ridere, ignorando il resto del mondo intorno.

Ignorando lo sguardo del suo ricciolino, fisso su di lei fin dall'inizio, muto ed in disparte in un angolo della stanza.

Dov'era il suo Mike, in quel momento?
Mike era in disparte e la stava osservando, in silenzio, perdere il controllo e cadere in pezzi davanti ai suoi stessi occhi.
Un pezzo alla volta, uno per uno, sempre più giù.

So you got to let me know
Should I stay or should I Go?

"Eddai, Wheeler, lasciati andare!" Mike sentí il suo migliore amico rivolgergli un caloroso invito, dall'altra parte del salotto e da sopra il frastuono della musica, vedendolo agitare le braccia sopra di sé saltellando su di un piede solo.
"Non fare il guastafeste, eddai, Mike! Se non vuoi farlo per noi, fallo almeno per la tua piccola rosellina!"

"Il mio piccolo fiorellino, casomai..." alzò gli occhi al cielo il ricciolino con sguardo esasperato, di fronte agli amici intenti a piegarsi in due in un limbo improvvisato e un eccessivo ed immotivato attacco di riso.
"E tutto quello di cui avrebbe bisogno El in questo momento sarebbe di farsi una bella dormita, Will, non certo di stare qui con voi a fare..."

"Eddai, Mike, lasciati andare!" udí la sua principessa in persona ripetere saltellando e barcollando fino a lui, prendendolo per la mano e tirandolo debolmente per il braccio:
"Mi sento bene, davvero! Beeeenissimo! Mai stata meglio in vita mia! Anzi, amore mio, lo sai che sei proprio il più bello del mondo questa sera?"

"El..." scosse la testa il giovane Wheeler urlando per contrastare il rumore della musica, tirandola dolcemente per il polso e trattenendola vicino a sé:
"El, sei ubriaca, per favore...non voglio vederti di nuovo svenire da qualche parte: hai già bevuto abbastanza, posso portarti a letto?"

"Ma tu puoi portarmi a letto quando vuoi, Mike!!!" rise El urlando in modo scomposto, facendo scuotere la testa al ragazzo alzando gli occhi al soffitto.
"Anche in questo momento se vuoi, anche subito!"
"El, ti prego...ti supplico..."

"Lascialo andare, principessa!" intervenne Dustin muovendo i fianchi a tempo di musica verso di loro, passando un braccio intorno alle spalle della piccola, nell'altra mano per stretta una bottiglia.
"È solo un paladino vecchio e noioso che non si sa divertire!"
" Mi hai chiamato 'principessa', Dusti-Bon! Un altro sorso per me!"

"Come se non avessi mai bevuto prima anche tu, Wheeler!" rise a sua volta Max prendendo posto accanto all'amica, vedendola tracannare un altro lungo sorso direttamente dalla bottiglia, alzando le braccia al cielo in segno di vittoria, in mezzo alle urla di esultanza degli amici.
"Come se non ti fossi mai ubriacato pure tu!"

"Ed è proprio per questo che vorrei evitare che voi continuaste a fare gli idioti!" urlò in risposta Mike sentendo i suoi ricci neri vibrare dal nervoso sulla sua fronte.
Si ricordava l'ultima volta che lui stesso aveva alzato un po' troppo il gomito, alla festa di Carnevale di qualche mese prima, una settimana dopo che El lo aveva lasciato nel bel mezzo della sua via.
E ricordava anche come era andata a finire quella festa e perché aveva ripromesso a se stesso di non toccare alcool mai più: aveva quasi baciato una sconosciuta, lui ed i suoi amici avevano rischiato di essere sbattuti fuori da quella festa, e lui era stato così ubriaco da non riconoscere El sotto il suo costume e ballare con lei credendola una perfetta sconosciuta.

Oh no, per lui no.
Lui con l'alcool aveva chiuso.
Non finivano mai bene serate come quella, lui ora ne era sicuro.

"L'ultima volta che ci siamo ridotti così, ragazzi, non è finita bene!"
"Ma se l'ultima volta che hai bevuto poi hai concluso la serata chiuso con El nel tuo basement!" rise Will reggendo El intenta a ridere barcollando contro di lui, facendo diventare le orecchie del povero ricciolino color rosso fuoco in un secondo.
"Non mi pare ti fosse andata così male quella volta, Mike! Puoi smettere di fare il nonno e farci la paternale?!"

"E va bene d'accordo! Solo un sorso!" urlò infine Mike con tono esasperato afferrando la bottiglia dalle mani dell'amico e portandola alle sue labbra in meno di un secondo, in mezzo alle urla di esultanza dei suoi amici ed ai loro applausi di approvazione.
"Ecco, contenti?"

"Siii! Io e Mike quella sera ci siamo fatti un tatuaggio uguale!!" rise a scoppio ritardato la piccola saltellando incontro al suo ricciolino, gettandogli le braccia al collo, non prima di essersi rivolta al restare gruppo di amici, portando le mani al bordo della sua gonna.
"Anzi, volete vederlo?!"

"Okay, questo magari la prossima volta! Che ne dici?!" andò quasi di traverso il suo sorso al povero paladino, tirando giù in fretta la gonna dalle mani del suo piccolo fiorellino in mezzo alle risate di tutti.
"Credo sia il giusto momento per andare a dormire, El, che ne dici?"

"No, aspetta, Mike, ti prego!!!" piagnucolò El strascicando le parole, con la lingua impastata ed il cuore a mille, reggendosi barcollante a lui e rivolgendogli un largo sorriso.
"È troppo presto, Mike, non ho ancora sonno! Però ci sarebbe un'altra cosa di cui avrei davvero voglia..."

"Okay..." scosse la testa Will con aria disgustata la divertita, allontanandosi di corsa dal gruppo di amici:
"Qui inizia la parte di discorso che non credo di voler più sentire..."

"Mi fai di nuovo quella cosa con le dita, Mike?!" il giovane Wheeler sentí il suo povero cuore schizzare dal suo petto a quelle parole, diventando le sue guance rosso fuoco di fronte alla sua piccolina e ai restanti suoi amici, reggendola per le braccia perché non cadesse di nuovo giù, tentando di ignorare le risate imbarazzate del resto del party intorno a loro.
"E qui si scoprono le virtú nascoste del nostro Wheeler..."

"El, ti prego smettila!" le parole di Mike giunsero lontane alle orecchie della piccola Hopper, nella sua mente in confusione, facendola ridere improvvisamente ancora di più, buttando la testa all'indietro, retta dalle braccia di Mike, con il rischio di scivolare giù.
"Ma se non ti va con le dita anche con la lingua va bene, Mike...anzi, anzi ci ho riiiipensato: facciamo così! Con la lingua è meglio: è la mia risposta definitiva! Poi ti prometto che lo faccio anche io a te!"

"Okay, ora basta: questo è troppo, El!" scosse la testa Mike imbarazzato, ma a quel punto anche incazzato da morire, reggendola per i gomiti e tirandola a sé un po' più forte:
"La festa è finita: ora ce ne andiamo a letto, a dormire!"
"No dai ti prego, no! È troppo presto!" scosse la testa El senza più ridere, guardandolo negli occhi con sguardo fisso.

E in questi stessi occhi il giovane Wheeler in quel momento non riuscì a cogliere nulla se non ansia, angoscia e disperazione.
"Non farmi dormire, Mike! Non voglio ti prego! Non voglio dormire, non voglio fare un altro incubo!"
"...cosa?!"

"Facciamolo, Mike! Facciamolo!" scosse la testa El come se avesse avuto improvvisamente un'idea folle, prendendo le mani nelle sue e guardandolo fisso con sguardo che avrebbe anche potuto apparire convincente, in un'altra occasione.
"Facciamo l'amore, Mike! Dai, per favore!"
"Basta!!" scosse la testa Mike tentando di farla star zitta, in mezzo agli amici ancora più intenti a ridere, a ballare al ritmo di un'altra canzone alla radio, più lontani da loro.

"Basta così, El, davvero! Stai esagerando ora!"
"Perché, Mike? Non ti va più?!" piagnucolò El con tono improvvisamente ferito ed occhi lucidi, vedendo il suo ricciolino scuotere la testa di fonte al suo viso:
"Non ho detto questo, El, ma voglio che tu la smetta di fare così! Sei ubriaca e stai urlando. Abbassa quella voce!"

"Non sono ubriaca, Mike! Sono peerrrrfettamente lucida!!!" rise improvvisamente El di nuovo prendendolo per mano e tirandolo in direzione degli amici, di nuovo su di giri, di nuovo felice, di nuovo a barcollare davanti a lui incapace di mettere due passi uno davanti all'altro senza rischiare di cadere giù.

"Non sono ubriaca, davvero! Chiedilo anche agli altri non lo sono! Vediamo cosa dicono loro? Vediamo se secondo loro dovremmo fare o no l'amore?!"
"Okay, ora basta: l'hai voluto tu!"

Le mani di Mike si mossero veloci sui fianchi della piccola veloci come una furia, prendendola al volo di forza e reggendola in braccio davanti a sé.
A mali estremi, estremi rimedi.
Mike non credeva di essere mai stato così arrabbiato con lei prima di quel momento.

"Dove mi porti, Mike?" rise El al suo orecchio reggendosi a lui, dimenandosi ancora appena un poco, vedendolo percorrere a rapidi passi il corridoio aprendo la porta verde della sua camera con uno strattone.
"Mi stai portando in camera mia, Mike? Allora lo facciamo davvero l'amore?!"

"Si si, come dici tu..." rispose secco Mike richiudendo la porta con un calcio dietro di loro, allontanando per un attimo il rumore della musica e le risate degli amici, con poca voglia ancora di scherzare, anzi, senza averne proprio più.

Aveva sentito e visto troppo per quella sera.
Ora basta.

"Come dici tu, El, sí: facciamo l'amore"

*

"

Davvero facciamo l'amore, Mike?!" aveva esclamato emozionata la piccola, ricadendo di peso sul letto lasciata andare dal suo ricciolino insieme ad un sospiro e ad uno sguardo decisamente cupo.
"No, El!" aveva scosso la testa Mike l'ennesima volta, bloccando le mani della ragazza contro il cuscino, già intente a sfilargli di dosso la sua maglietta a righe, ridendo e scuotendo la testa come una bambina capricciosa sotto di lui.

"Perché no?! Ti prego!! Deve essere così bello, Mike! Trooooppo bello! Max mi ha detto che lei e Lucas..."
"...non voglio saperlo!" la zittí Mike bloccandola per i polsi, vedendola sporgersi verso di lui allungando il collo verso il suo viso, lasciando una scia di piccoli baci al margine della sua mandibola.
"Ti prego, Mike! Ti prego, ti prego, ti prego!!" la udí sussurrare ad un passo dal suo orecchio, facendo chiudere gli occhi al povero ricciolino invocando tutta la sua concentrazione e forza interiore.

Era un solo no, categorico ed irremovibile no, non in quelle condizioni.
Ma sembrava proprio che il suo tutt'altro che innocente piccolo fiore si fosse proprio messo d'impegno per farlo impazzire quella volta.

"El..." la richiamò Mike stringendo il suo labbro tra i denti e le dita nel suo cuscino, sentendola scendere con le sue labbra lungo la vena del suo collo al limite della sua maglietta, mandando in pappa la sua forza di volontà per un secondo.
Ma solo per un secondo.

"Non me la stai rendendo per niente facile se fai così, El...per favore"
"Eddai, Mike! Dimmi di sì!" sorrise la piccola contro l'incavo del suo collo, soffiando fiato caldo contro la sua pelle sensibile e sentendolo tremare sopra di lei.
"Sono sicura che in fondo lo vorresti anche tu...io lo so che ti piaaaaccio!"

Mike la vide allontanarsi dal suo viso in un secondo, riaprendo nuovamente gli occhi nei suoi e vedendoli tutto d'un tratto tristi ed impauriti:
"O, forse...sono io invece che non ti piaccio, Mike?!"

"El, non dire cazzate, per favore..." scosse la testa Mike vedendola dimenarsi sotto di sé con più forza, il sorriso sparito dal suo viso e le sue braccia ancora bloccate ai lati del suo viso dalle sue mani sui suoi polsi.
"Non ti piaccio, Mike, non ti piaccio!" scosse la testa El piagnuccolando sotto di lui, facendo scuotere la testa al ricciolino ancora di più.
"Ma certo che mi piaci, El! Ma cosa ti viene in mente?!"

"È perché sono troppo strana per te, Mike?!" chiese El riaprendo gli occhi pieni di lacrime sotto di lui, muovendo le braccia per liberarsi dalla sua presa:
"Perché non ti ho mai potuto dire la verità? Perché non è colpa mia, Mike, davvero! È colpa di papà!!"

"La verità?!" ripeté Mike vedendola finalmente liberarsi dalla sua stretta, mettendosi a sedere sul materasso davanti a lui, prendendo le mani nelle sue, lo sguardo ancora perso nell'alcool ma la presa più rigida.
"Di quale verità stai parlando, El?!"

"È colpa di papà, è tutta colpa sua!" ripeté El guardandolo fisso, troppo ubriaca per rendersi conto di cosa stesse dicendo, per starlo a sentire:
"Io...io non vorrei ascoltarlo e fare quello che dice, ma lui...lui mi costringe, Mike, mi costringe qui!" Mike la vide battere energicamente una mano sulla sua fronte, così forte da potersi far uscire un livido in quel punto.
"Lui mi parla qui, Mike, qui! Nella mia testa!"

"Che cosa fa Hopper?!" ripeté Mike più confuso di prima, bloccando nuovamente le sue mani per impedirle di prendersi a schiaffi ancora:
"Stai ferma, El, basta: ti farai male così!"

"Non Hopper, Mike...papà!" scosse la testa El muovendo allora le sue gambe ed agitandole in tutte le direzioni, sentendo il suo corpo fuori controllo scosso da piccolo brividi di pura elettricità lungo le sue fibre corporee.
"Non Hopper, Mike, l'altro! L'altro mio papà!"

"...okay, ora stai davvero delirando, El!" sbatté le palpebre il piccolo Wheeler per un secondo, scuotendo la testa e non provando più nemmeno a mettere in ordine dando un senso a quelle sue parole.
Voleva solo che El si calmasse, che smettesse di agitarsi così: che cazzo di serata era stata quella?!
Proprio quella era la conclusione che si era meritato, porca di quella puttana?!

"El, ti prego, calmati, adesso...non sai quello che dici!"
"È papà, è papà!!!" urlò più forte El come un singhiozzo, portando le mani sul suo viso a coprirsi gli occhi.
"È colpa sua, è tutta colpa di papà! Io lo odio, Mike, io odio papà!"

"El, ti prego, non piangere..." scosse la testa ancora Mike facendosi più vicino, prendendo le mani nelle sue ed allontanandole dal suo viso lentamente, molto lentamente.

Ed al di là delle sue mani e delle sue dita, il viso rosso di El aveva già cambiato nuovamente espressione, il tutto nell'arco di appena un millisecondo.

"Oppure il problema non è questo..." Mike vide i suoi occhi illuminarsi come per una nuova intuizione, vedendola balzare in ginocchio sul suo materasso nuovamente tornata in sé: o quasi.
"Il vero problema è che non sono abbastanza sexy per te, non è vero, Mike?!"

"Che cosa?!" fu quello il turno di Mike di urlare incredulo di tutta risposta, non potendo credere alle sue stesse orecchie e vedendola agitare nuovamente le braccia impazzite verso di lui.
"Si è questo! È questo il problema, non è vero?!"
"El, stai dicendo una cazzata dopo l'altra, ti prego!" ribatté Mike esasperato, bloccando ancora le sue mani nelle sue, nell'inutile tentativo di togliergli di dosso la sua maglietta.
"Non ti piaccio perché non sono abbastanza sexy, non è vero, Mike?! Vorresti che fossi come Lucy o come le sue amiche o come quelle stupide cheerleader della scuola?! Perché loro si che sono sexy, loro lo sono per davvero!!"

"Gesù, dammi la forza..." imprecò Mike non sapendo più nemmeno cosa risponderle, portandosi le mani nei capelli esasperato per un istante, sufficiente per lei per salirgli velocemente in braccio sulle ginocchia.
"Perché ti assicuro che posso essere più sexy di così!" annuí El fuori di sé con un sorriso stupido, portando le mani sulla zip della sua schiena ed iniziando a tirarla giù.

"Posso impegnarmi, sai? Posso provarci ad esserlo di più, sai, Mike? Così magari ti posso piacere di più!"
"El, così non sembri più sexy..." la bloccò Mike ancora una volta con sguardo esasperato, vedendola improvvisamente fermarsi di colpo, lo sguardo fisso su di lui, occhi negli occhi.
Due sguardi tristi e disperati come non si erano mai visti prima.

"Così non sembri più sexy, El, sembri solo...disperata" sussurrò Mike riprendendo fiato lentamente e senza staccare gli occhi dal suo viso, vedendola respirare piano a sua volta finalmente ferma, finalmente zitta.
Finalmente un barlume della El che fino a quel momento il ricciolino non aveva più visto né riconosciuto.

"Disperata..." ripeterono le labbra della piccola da sole, il fiato corto nei suoi polmoni ed il cuore a mille, sentendo improvvisamente di nuovo freddo, tanto freddo, nonostante la pelle delle sue guance a bruciare fino quasi a farle male sul serio.
Vide Mike deglutire di fronte a lei, senza osare staccare il suo sguardo dal suo viso, lasciando andare lentamente le sue mani dai suoi polsi e portandole con estrema dolcezza ai lati del suo viso.

"El..." si sentí chiamare il piccolo fiorellino con voce dolce, gentile, innamorata, ma anche così immensamente preoccupata che quasi lì per lì le fece paura: che cosa aveva fatto? Che cosa aveva detto?
Perché la stanza ruotava ancora così veloce intorno a lei facendole venire voglia di mettersi a piangere e a gridare forte?

"El...che succede?" domandò piano Mike accarezzandole i ricci dietro le orecchie, vedendola abbassare il viso rosso pieno di vergogna:
"Perché...perché ti comporti così?"

"Io..." iniziò la piccola con ma voce rotta da un singhiozzo, sentendo le braccia forti del suo nerdino stringerla ancora più forte.
"Io non voglio semplicemente...pensare, Mike...non voglio più pensare a niente!"

"Ma perché? Che cosa ti è successo?!" scosse la testa Mike cercando di capire le sue parole, ma sentendo la sua voce ancora impastata sussurrare appena appena, la voce ridotta ad un filo:
"A che cosa non vuoi più pensare, El?!"
"Ci sono così tante cose che non sai ancora di me, Mike..."

"El..." ripeté Mike sollevando il suo viso più in alto verso il suo, vedendo due lacrimoni scendere lungo le sue guance rosse:
"Io non so da cosa tu stia scappando..." la piccola lo sentí ripetere piano, direttamente ai suoi occhi, sentendo il suo corpo tremare ancora di freddo come una foglia, stretto ancora più forte da lui:
"Non so quali siano questi pensieri ai quali non vuoi più pensare, El...ma ti assicuro che non ci riuscirai facendo così! Non così, El..."

"Io...io non so più come fare, Mike..." pianse El portando una mano al suo viso, nascondendosi a lui per la vergogna, per la tristezza, mentre nuove lacrime, ed altre ed altre ancora scorrevano veloci lungo le sue guance, finalmente dando libero sfogo a quella serata decisamente troppo lunga.
"Io non so più come fare, Mike, davvero! Mi sento solo così impotente, così..."

"Puoi dirmi qualunque cosa, questo lo sai, vero?" riprese Mike asciugandole le lacrime e vedendola scuotere la testa di tutta risposta:
"Qualunque cosa, El, qualunque cosa..."
"Non posso, Mike, non posso..." la vide piangere ancora, scuotendo la testa e i ricci color miele sulla sua fronte:
"Non mi guarderesti mai più allo stesso modo, Mike..."

"Che intendi dire?!" sussurrò Mike guardandola fisso in viso, improvvisamente ancora più spaventato, ancora più confuso.
Non credeva di aver capito praticamente nulla delle frasi confuse che erano uscite dai deliri dell'alcool di El quella sera, ma vederla così disperata e scossa era qualcosa contro cui non poteva combattere.

Quali erano mai quelle cose così terribili che lei mai avrebbe potuto dirgli, così brutte da fargli cambiare completamente la sua idea su di lei?

"El, per favore...mi stai facendo paura così..."
"Io...io non avrò tutto il tempo, Mike..." sussurrarono le labbra rosse di El con gli occhi ormai chiusi, come se provenissero già da un mondo più distante, un mondo nel quale a lui non era dato di seguirla, non ancora.
"Io...io non so per quanto tempo ancora potrò restare qui..."
"...El?"

E quando un singhiozzo dal petto di quel piccolo fiorellino ebbe messo fine alle sue residue capacità oratorie, un povero piccolo paladino confuso non poté fare altro che accogliere la sua principessa tra le sue braccia ancora un'altra volta, facendo riposare il suo viso sul suo petto e sentendola singhiozzare senza più freni sulla sua spalla.

"Lo odio, lo odio..." la sentí ancora sussurrare stringendolo forte, stringendola a sé a sua volta ancora di più, mentre la sua mente già vagava tra le sue domande non dette, le sue risposte non ricevute, ancora una volta, un'altra volta ancora.

Mike Wheeler ancora non poteva sapere che tutte le sue domande avrebbero trovato presto una risposta, ma non nel modo in cui né lui né nessun altro avrebbe mai potuto immaginare in quel momento.

"Lo odio, lo odio...io odio papà!" sussurrò El ancora una volta, sentendo le sue forze abbandonarla ancora una volta, stanca, sfinita, distrutta, abbracciata a lui.

Era stato quell'uomo a dare origine a tutto.
Era stato lui per primo ad iniziare con lei quel gioco, ed ora era il suo turno di riprendersi la rivincita una volta per tutte.

Sentiva di sapere già che cosa doveva fare.
L'aveva già fatto una volta, in fondo, non sarebbe stato così difficile farlo ancora.

Quello che la legava al suo papà non era mai stato amore: era sempre stato solo e soltanto odio, lo stesso odio con il quale lui aveva distrutto per sempre il suo futuro: la sua vita, i suoi sogni, la possibilità per lei di vivere una vita felice, una vita normale, una vita non perennemente appesa ad un filo.
Una vita non a metà.

El già sapeva che cosa doveva fare: ora era chiaro perfino per lei, perfino in quel preciso momento.
Da lui era partito tutto e, da lui, avrebbe avuto tutto la sua conclusione.

"Io lo ucciderò, Mike, lo prometto...io ucciderò papà"

📼🌼
MOOOOLTO bene fiorellini!
Direi che questo capitolo è stato un po' diverso da quello che tutti si sarebbero immaginati...non è vero? 😅
Quanto su Ig vi dicevo che "la El di lmly avrebbe incontrato quella di NE" non avevo tutti i torti, vero? Ora avete capito in che senso? 🙈
In ogni caso, dopo questo capitolo, il nostro povero Mike è ancora più confuso (e presto lo sarà ancora di più), e la nostra El ha deciso come agire (o, almeno, come tentare di agire).
Cosa succederà nel prossimo capitolo?
IL DELIRIO.
Aspettatevi di tutto, io vi ho avvertiti.
-6 capitoli alla FINE

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