33.Bad Liar
Now you know,
you're free to go
🌼📼
"Ho lasciato il polpettone sul ripiano più alto del frigo! Le patate arrosto come contorno sono solo da scaldare e la crostata di lamponi è ancora in forno a raffreddare! Dovrebbe essere pronta da qui ad una decina di minuti"
"...sì, mamma!"
"E non dimenticate di passare la polvere almeno una volta ogni 2 giorni! Non voglio che al mio ritorno questa casa assomigli ad un porcile!"
"...sì, mamma!"
"Ah! E vi prego, vi supplico...i cespugli del giardino! Uno di voi due ragazzi si prenda la briga di annaffiarli almeno per 5 minuti ogni sera! E se poi voleste spruzzare anche un po' di insetticida all'occorrenza sulle foglie del biancospino laggiù..."
"...mamma! Abbiamo capito! Starai via solo per una settimana non per un mese intero!"
Betty Jackson, in fede, Betty Wheeler, era un'arzilla quanto attempata vecchia megera sull'ormai settantina, proprietaria terriera di una tenuta di stalloni da corsa in uno dei più prestigiosi ranch del Tennesse.
Da quando ne aveva mai avuto memoria il giovane Mike, la famiglia Wheeler aveva trascorso l'ultima settimana di febbraio, a cavallo delle vacanze scolastiche per i festeggiamenti di Carnevale, pigiati nella vecchia utilitaria di suo padre a litigare con Nancy su quanti minuti fossero già trascorsi dall'ultimo pit-stop all'autogrill per fare pipì o su quale canale musicale ascoltare alla radio ad intermittenza, percorrendo più di 400km ad andata e ritorno lungo l'autostrada nazionale, pur di visitare quella vecchia lontana parente di casa Wheeler e ricordarle al mondo dei suoi "adorabili e da sempre molto devoti piccoli nipoti".
E chissà mai per quale motivo, Karen Wheeler sembrava quasi più scocciata che felice nell'apprendere ogni anno che la proverbiale salute di ferro della vecchia zia non accennava a venir meno nemmeno in quell'occasione.
Anno dopo anno e un viaggio della speranza dopo l'altro.
"Dobbiamo proprio, cara?" chiedeva ogni anno più come formula di rito un ormai rassegnato Ted Wheeler al termine di ogni mese di febbraio, chiudendo il bagagliaio della sua macchina rossa e allacciando stretta la cintura della piccola Holly sul sedile posteriore, sentendo la moglie sbuffare per l'ennesima volta, prendendo posto sul sedile anteriore con la sua proverbiale crostata di lamponi ancora fumante sulle ginocchia.
"Sì che dobbiamo, Ted! La tua vecchia zia è così anziana, avrà bisogno di aiuto!" ribatteva ogni volta mamma Karen con fare premuroso, ignorando il fatto che, con molta probabilità, sarebbe stata la vecchia zia a prendersi infine cura di loro per il resto del fine settimana.
E c'erano voluti diversi anni e diversi pantaloni prima che anche al piccolo di casa Wheeler divenisse chiaro il vero obbiettivo di quei viaggi nel Tennessee a scadenza annuale: il conto a 8 zeri della vecchia megera senza parenti o affetti stabili ad accezione dei suoi beneamati stalloni da corsa.
"E, inoltre, Ted, non capisco proprio perché tu non voglia approfondire il tuo rapporto trascurato con la tua povera zia Betty! In fondo è innegabile, è una donna così piacevole, così di compagnia..."
"Non è vero! È una gran palla!" ribatteva una giovane Nancy incrociando le braccia sul petto con aria scocciata, guardando fuori dal finestrino nel vano tentativo di smaterializzarsi ovunque ma non lì su quel sedile.
"Ed è pure una gran stronza..." commentava un piccolo Mike dai capelli neri più lisci ed umore altrettanto cupo, scocciato che per quel sabato sera nessuna sessione di D&D si sarebbe potuta tenere nel suo basement.
E non c'era nemmeno speranza che il suo supercomm avesse ricezione fino a quello stato sperduto del centro America meridionale.
"E puzza di cacca di cavallo!" concludeva infine la piccola Holly, facendo ridere di gusto i fratelli maggiori su quel sedile posteriore ed alzare gli occhi al cielo alla povera signora Wheeler, non prima di aver fulminato con lo sguardo il consorte intento a soffocare a sua volta una risatina al posto del guidatore.
"Ragazzi, piantatela! Non voglio più sentire questioni!" strillava ogni volta Karen con tono autoritario, ponendo fine alla discussione.
"La nostra visita alla zia Betty è di importanza fondamentale nonché una consolidata tradizione! La zia ci starà già aspettando, non vedrà l'ora di rivedere i suoi 3 nipotini preferiti!"
"Ne dubito molto, molto seriamente, mamma..."
"...silenzio!"
"Andate a dormire entro le 10:30 e non tenete il volume della tv troppo alto!" aveva raccomandato Karen Wheeler alla sua primogenita ormai sul vialetto al numero 11 di Maple Street quell'anno, mentre un mai più felice e sorridente Mike si dava da fare con il padre nel bagagliaio dell'auto di vernice vinaccia, incastrando le ultime valigie come in una partita a tetris.
"E se i vicini dovessero fare domande, Nancy, tesoro, dii loro che è stato un caso di forza maggiore e che..."
"...e che io ho compiró 18 anni alla fine del mese prossimo, che non devono preoccuparsi e che siamo perfettamente in grado di cavarcela da soli!" aveva concluso per lei la figlia il discorso provato e riprovato almeno una ventina di volte, vedendo la donna sospirare con tono lamentoso.
"Ancora non sono convinta sia stata una buona idea lasciarvi qui, tesoro...e se aveste bisogno di...?"
"Mamma? Staremo bene! È solo per pochi giorni!" aveva assicurato la giovane di casa Wheeler stringendosi nel suo golfino di lana nel vento di fine inverno sul vialetto di casa in un sabato mattina nuvoloso, non riuscendo ancora a credere nemmeno lei stessa che dopo 18 anni di vita, quello fosse finalmente stato il primo febbraio nel quale le proteste sue e del suo fratellino avevano finalmente ottenuto l'effetto tanto sperato e tanto atteso.
Era stata sul serio sul punto di abbandonare le speranze ed arrendersi al suo perpetuo destino un'altra volta, eppure, "cause di forza maggiore" quell'anno avevano avuto la meglio sulla questione.
Infondo, Mike era ormai al liceo e lei sarebbe stata ufficialmente maggiorenne di lì ad appena un mese!
Non era proprio il caso che entrambi i maggiori di casa Wheeler perdessero preziosi giorni di lezione, ma, quanto alla piccola Holly...nemmeno un miracolo sarebbe mai potuto venire in aiuto alla piccola dai codini biondi.
"Mi dispiace tanto, Holly, vedrai che prima o dopo riusciremo ad evitare anche a te questa legalizzata forma di tortura!" aveva abbassato la voce abbastanza da non essere udito dalla madre Mike quella mattina, fingendo di chinarsi per aggiustare la cintura del seggiolino della sorellina ancora per un secondo, vedendo i suoi grandi occhi azzurri da bambina ricambiare il suo sguardo con aria perplessa e confusa.
"Ma, ancora per quest'anno, divertiti sui pony di zia Betty, okay? E non mangiare troppi mirtilli o ti verrà tutta la lingua viola come l'altra volta!"
"Tu non vieni, Mike?" aveva chiesto la sorellina con uno sguardo triste quella mattina, facendo scuotere al fratello maggiore una cascata di riccioli neri sulla fronte:
"No, piccola, quest'anno no!" aveva risposto il nerdino tentando di nascondere almeno in parte l'entusiasmo della sua voce:
"La scuola non ha dato giorni di vacanza quest'anno e sarò costretto a restare a fare un sacco di compiti...fidati di me, Holly, ti divertirai molto di più tu!"
"...e a proposito di questo, Michael!" aveva interrotto la conversazione mamma Wheeler con tono serio e concentrato, facendo trattenere il figlio dai ricci neri dall'alzare gli occhi al cielo un'ultima volta, solo più per una manciata di inutili secondi:
"Niente pigiama party non autorizzati, nessuna festa o uscita serale che non sia stata concordata! Fai tutti i compiti, segui tutte le lezioni e studia per la verifica di chimica di lunedì! Da solo..."
"Ehm...certo, mamma! Hai la mia parola!" aveva annuito il nerdino come una macchinetta, vedendo gli occhi della madre indugiare un ultimo secondo sul suo viso ricoperto di lentiggini, come per studiare l'onesta ed integrità di quelle sue promesse.
"Non fatemi pentire di avervi dato fiducia, ragazzi!" aveva scosso la testa di ricci biondi tinti la signora Wheeler rinunciando infine ad indagare di più, aprendo il portellone dell'auto già in moto con Ted Wheeler già alla guida, lanciando un'ultima occhiata alla figlia maggiore ancora sul vialetto di casa in attesa.
"Bada a tuo fratello, Nancy!"
"Ehi! Ho quasi 16 anni, mamma! Non ho più bisogno della baby-sitter!"
"Fate buon viaggio, mamma e papà! Ciao Holly!" aveva bloccato le sue proteste Nancy facendosi più vicina, pestandogli un piede come ad intimarlo di non insistere e sfoderando il suo più innocente ed angelico sorriso, sventolando la mano a mò di saluto finché l'auto della famiglia non era stata sufficientemente lontana da loro, svoltando verso sinistra all'incrocio tra Mirple e Maple.
"Wow...finalmente soli!" Mike aveva sentito la sorella commentare con un sospiro incredulo, gli occhi ancora fissi alla strada deserta come non potesse ancora crederci nemmeno lei per davvero.
"E chi l'avrebbe detto che li avremmo mai convinti per davvero, Mike?"
"Già!" aveva annuito Mike annuendo sollevato, un sorriso sghembo quanto stupito sul viso: ce l'avevano davvero fatta davvero quell'anno, ce l'avevano fatta per davvero, cavolo!
Fino a qualche anno prima, una settimana a casa Wheeler senza i suoi genitori avrebbe significato solo e soltanto una cosa per lui: party riunito e sessione di Atari e D&D tutti i giorni a tutte le ore.
Eppure, per quella specifica occasione, Mike si era ritrovato a non avere dubbi su che tipo di programmi attuare da lì alle future manciate di ore.
Quando si suol dire "un cambio di priorità" a tutti gli effetti, parola di paladino innamorato!
Non che i suoi amici fossero stati messi a conoscenza della cosa, nemmeno per sogno!
Sarebbero andati di sicuro su tutte le furie per quell'inutile spreco di occasioni...
Ma per Mike, per quella mattina di sabato di fine febbraio, non avrebbe potuto immaginare migliore tipo di programma e di compagnia.
"Ho il compito di chimica lunedì mattina! Ho chiesto ad El di venire a studiare qui, spero non sia un problema...sará qui a momenti!" aveva boffonchiato tra sé e sé il paladino, scostandosi una ciocca di capelli dal viso, prima di voltarsi verso la sorella maggiore vedendola incamminarsi a passi svelti sul vialetto di casa fin sulla loro porta.
"Un momento, ma dove staresti andando così di corsa? Nancs?!"
"Mi trasferisco da Jonathan per il weekend, ci si rivede quando mamma e papà tornano!" Mike era rimasto impietrito ad occhi spalancati di fronte alla sorella maggiore, vedendola reggere il suo sguardo per un secondo ad occhi seri, prima di scoppiare a ridere letteralmente davanti a lui.
"Stai...stai scherzando, vero?"
"Certo che sì, Mike, non ho intenzione di abbandonarti o di farti morire ancora di fame!" aveva trattenuto una smorfia il ricciolino, udendo un clacson fin troppo famigliare alle sue spalle al di là del vialetto e sua sorella prendere a spalle una borsa sul ciglio della loro porta prima di correre via.
"Torno sta sera tardi, ma dovrei trovarti ancora sveglio! Fai tutti i compiti, prepara la verifica...e puoi invitare El a fermarsi a pranzo se vuoi!"
"Ehm...sì, ci farò un pensierino!" aveva annuito Mike con tono un po' sperso e stupito, cercando di carburare le informazioni troppo rapide ad inseguirsi nella sua mente in quella folle ed inaspettata mattina.
Era già stato parecchio eccitato all'idea di liberarsi dell'ingombrante presenza dei genitori per tutto il resto del weekend ed ora...perfino Nancy batteva in ritirata lasciando sul serio tutta la casa solo per lui?!
Beh, per lui...e per El?!
Mike aveva tentato inutilmente di ignorare la quantità spropositata di lampadine accese nella sua mente in quel rapido secondo di realizzazione.
"Oh porca di quella putt...!"
"Fai il bravo, Mike, non farmi pentire di averti lasciato davvero a casa tutto il giorno da solo!" aveva aggiunto Nancy con un'ultima occhiata rivolta al fratellino minore, muovendo le labbra come per trattenersi appena, lanciando uno sguardo furtivo tutt'intorno.
"Hai ancora la scatola che ti ho dato, non è vero, Mike? Non l'hai già consumata tutt...?"
"...sono a posto, Nancs, grazie infinite!"
"...divertiti!" aveva udito la maggiore salutarlo con la mano un ultimo secondo, già di corsa incontro alla macchina della famiglia Byers al termine del loro vialetto, giusto in tempo perché un altro veicolo targato "Hawkins Police" facesse il suo ingresso nella sua via annunciato da un clacson che il piccolo Wheeler credeva di aver già imparato a riconoscere a memoria.
E il sorriso imbambolato e luminoso alla vista del suo piccolo fiorellino vestito di margherite e di sole, saltata giù dal furgone della polizia dopo aver lanciato un sorriso a sua sorella ed uno a Jonathan Byers già a sfrecciare lungo la via, era stato qualcosa solo in grado di accendere il suo entusiasmo già alle stelle in quel momento ancora di più, adrenalina pura in circolo frammisto ad una famigliare sensazione di calore.
"Ciao Nancy! Ciao Jonathan!"
"Ciao El, a dopo! Buono studio!"
"Oh sì..." Mike aveva sorriso al suo personale raggio di sole quella mattina, vedendola rivolgersi infine verso di lui, occhi solo per lui, vedendola correre con il suo zaino bianco in spalle lungo il vialetto della sua Maple Street finalmente sgombra, libera e silenziosa.
Sarebbe stato il più assurdo dei weekend della sua intera vita, qualcosa di grosso sarebbe successo, Mike ne era più che sicuro quel sabato mattina, lo percepiva come nell'aria improvvisamente elettrica intorno a loro,
"...e vedrai che bel, bel weekend di studio, fiorellino!"
"Gli elementi chimici possono essere classificati in due grandi categorie: metalli e non metalli"
Le nuvole minacciavano pioggia sopra i tetti della cittadina di Hawkins nell'Indiana quel sabato mattina di fine febbraio, facendo filtrare attraverso la finestra della camera al primo piano di casa Wheeler timidi e pallidi raggi di luce, supportati da due lampade accese accanto a due libroni di chimica adagiati uno sulla scrivania ed uno sul cuscino accanto al comodino, aperti alla stessa identica pagina da una buona manciata di interminabili minuti: capitolo 8, la nomenclatura chimica.
"Vuoi leggere ad alta voce un po' tu, Mike?"
"No no, El, ti seguo...continua pure!"
"...I metalli danno luogo ad una serie basica di composti, mentre i non metalli danno luogo ad una serie acida..."
La luce gialla della lampada della sua scrivania rimbalzava pigra di contro le pagine patinate del suo libro di chimica, aperto sulla superficie di legno incasinata di fogli da disegno appallottolati, bozze di cartine di mondi fantastici e tabelle dei punti ferita, una pila di libri ancora in attesa di essere risposti nella sua libreria con cura, al termine di una lunga ed estenuante settimana di scuola appena conclusa.
Ma per Mike Wheeler, ormai da tempo, tentare di dare una parvenza di ordine a quella scrivania come al resto della sua camera dalle pareti blu scuro era divenuta un'impresa più che impossibile alla quale rinunciare ancora prima di cominciare.
E, d'altronde, alla sua speciale ospite di quella mattina quel familiare disordine sembrava stare andando a genio anche così, come per tutte le altre sue visite dopotutto.
"Per quanto riguarda la serie basica: un metallo più un O2 darà luogo ad un ossido! Un ossido a sua volta con una molecola d'acqua darà luogo ad un idrossido...semplice fino a qui, no?"
Mike annuì in automatico sovrappensiero alla voce di El nelle sue orecchie, distogliendo lo sguardo al foglio scarabocchiato distrattamente dalla sua matita per un secondo, portandolo più in alto sul suo letto dalla trapunta blu di Ritorno al Futuro di fronte a lui, sopra il quale una piccola ragazzina dal vestitino nero ricoperto di piccole margherite era intenta a leggere ad alta voce le pagine lisce del suo libro, aperto e teso dalle sue braccia sopra il suo viso, i ricci sparsi sul cuscino sotto la sua testa come spighe di grano su di un campo, un ginocchio accavallato sull'altro, il piede a ciondolare debolmente per aria al termine di una gamba liscia e nuda.
Mike sorrise nel silenzio, abbassando lo sguardo nuovamente sulla sua matita e sentendola prendere fiato al termine del paragrafo prima di proseguire, tentando di contenere l'immensa luce sul suo viso che avrebbe inevitabilmente reso chiaro quanto di quella lezione non ne stesse ascoltano davvero neppure una riga.
Era un pigro sabato mattina di un'altrettanta pigra mattina di nuvole: qualunque cosa intorno a lui gli avrebbe suggerito di chiudere quel libro e di catalogare quel tentativo di studio come inutile, da quella luce soffusa al di là della finestra a fargli venire solamente un grande sonno, alla figura della sua ragazza sdraiata comodamente sul suo letto con tanta disinvoltura, a fargli chiedere per quale motivo non avesse ancora gettato la spugna alzandosi da quella scrivania per stendersi su quel materasso accanto a lei in un ben più interessante modo di occupare quel sabato pomeriggio uggioso.
Erano ormai passato diversi giorni da quella mattina di San Valentino di sole, dalla corsa in bici attraverso i cancelli della scuola, dalla visita della serra e del mondo dei fiori, dall'invito audace di Mike a restare, dal rifiuto inspiegabile di El che aveva insistito invece di tornare, spegnendo ogni entusiasmo dal viso di quel ricciolino e ogni luce dai suoi occhioni scuri.
"Mi dispiace, Mike, davvero..."
"Ti riporto a scuola, El...non dovevo insistere, scusami..."
Per quanto la scuola non avesse chiamato a casa Wheeler per denunciare l'accaduto ed i suoi genitori non avessero mangiato la foglia sulla sua poco ligia condotta scolastica dell'ultima settimana, Mike aveva sentito come un gusto dolce-amore fin dentro la gola per tutto il termine delle lezioni, ricordando con piacere come il suo fiorellino fosse stato entusiasta alla vista di quegli esemplari di rari fiori della signora Karol, ma non potendo tuttavia dimenticare anche l'ombra sui suoi occhi mutati di espressione in un nanosecondo, qualcosa di fronte alla quale il giovane Wheeler ancora non si era riuscito a capacitare.
"Noi...noi dobbiamo tornare, Mike...scusami"
E il ricciolino avrebbe voluto indagare, chiedere di più di quel comportamento ingiustificato che lo aveva indotto a chiedersi se avesse fatto sul serio qualcosa di sbagliato.
Era stato vero fin dall'inizio: i pomeriggi misteriosi della sua ragazza erano sempre stati un off-limits, avrebbe dovuto saperlo prima ancora di starle a proporre di prolungare la loro visita, eppure...
"Un non metallo + O2 darà una molecola di anidride; un anidride + H2O darà luogo ad una molecola di acido..."
Eppure, Mike non si era arreso di fronte a quell'ennesimo rifiuto, facendo crescere in lui giorno dopo giorno in quella settimana come la consapevolezza che quel misterioso sfuggire da parte del suo fiorellino non sarebbe stato eterno, che la sua insistenza presto non si sarebbe rivelata vana: magari stava sbagliando semplicemente approccio, modalità, bisogna che lui ripartisse semplicemente dalle basi!
"I sali, che possono essere sali binari o ternari, sono ottenuti facendo reagire un composto della serie acida con un composto della serie basica..."
"Quando vorrà parlartene sarà lei a farlo, Mike!" aveva concluso il piccolo paladino al termine di mille e più riflessioni quella settimana, ritrovandosi a comporre al telefono della sua cucina lo stesso numero di telefono conosciuto ormai a memoria da parecchi mesi,
"E allo stesso modo quando vorrà fermarsi di più in tua compagnia un pomeriggio lo farà! Verrà normalmente da sé, non è così? In fondo, Mike, non ha senso insistere...non sarebbe che una mossa controproducente da parte tua, non è così? L'unica cosa che tu puoi fare, Wheeler, è solo farla sentire in ogni occasione a suo agio ed al sicuro..."
"Salve, capo! Sono Mike! Mi può passere El per favore? Mi stavo domandando se potessimo ripassare insieme questo weekend per il compito di chimica di lunedì! Facciamo da me questo sabato mattina?"
Ma qualcosa suggeriva al piccolo Wheeler all'interno delle pareti blu della sua cameretta, illuminate dalla luce tenue e sospesa di quel sabato mattina, che quella volta non ci sarebbe stato poi davvero neppure da insistere.
"La nomenclatura tradizionale si basa sull'uso di determinati prefissi e suffissi..."
Erano davvero soli in casa, in un sabato mattina un po' troppo uggioso, un paio di ultimi rintocchi all'ora di pranzo ed un capitolo di studio decisamente ancora troppo lungo per poter sperare di finire in tempo per non restare in sua compagnia ancora per un paio di ore di più.
Mike aveva sapientemente fatto focus un paio di volte su come i suoi genitori fossero partiti quella mattina, in viaggio per recarsi in visita ad una vecchia zia lontana: Nancy era a casa di Will, il signore e la signora Wheeler fuori gioco in via definitiva, e forse non era stato poi davvero un caso che la sua ragazza avesse deciso proprio il suo letto come suo luogo di studio, lì distesa a pancia in sù con quel libro aperto sul viso che Mike aveva voluto credere fosse per lei come per lui soltanto una pura formalità, niente meno che una scusa...non era forse vero?
Quanto ci avrebbero messo ancora entrambi ad arrendersi a quel ridicolo tentativo di studio e a concentrarsi nel riprendere un "discorso" che, sotto la neve di montagna, non era stato tra di loro altro se non riinviato?
"La nomenclatura IUPAC invece utilizza opportuni prefissi moltiplicativi e...Mike? Ma mi stai ascoltando?"
"...sì, ma certo! Ogni parola!" la piccola Hopper alzò lo sguardo dal suo libro, muovendolo in direzione di quella scrivania dove il suo ragazzo era appoggiato con un gomito al suo libro, i ricci ricaduti morbidi lungo i contorni del suo viso.
"Uh, ma davvero, Mike?" sorrise la piccola senza riuscire a trattenersi, vedendolo allargare le labbra di ciliegia in un sorrisetto adorabilmente colpevole:
"Sul serio? Parola per parola? Posso davvero essere tranquilla in questo caso, Wheeler...il compito di lunedì sarò io questa volta a copiarlo da te?"
"In realtà credo di essermi distratto solo per un secondo, El..parola per parola!"
Mike la vide ridere, scuotendo i ricci dal viso come raggi di piccoli soli, sospirando sul suo cuscino e tirandosi sù seduta su quel materasso con un movimento fluido, appoggiando il pesante libro alle ginocchia incorniciate sotto di sé.
"Ti vedendo un po' perso per i campi, Mike!" la vide sorridere scuotendo la testa con tono comprensivo, ringraziando il cielo che non potesse tuttavia leggergli dentro la mente i suoi reali pensieri di quel momento: lei come protagonista, a luci decisamente rosse.
"Da che riga vuoi che ricominci a leggere, Mike?"
"In realtà pensavo più ad una pausa, El! Tu non hai fame?" El lo vide saltar sù dalla sua sedia di fronte alla scrivania con un balzo degno delle sue gambe lunghe ed ossute, facendo sbattere le palpebre alla piccola con sguardo interdetto:
"Una pausa?"
"Sì, esatto! È quasi ora di pranzo! Vuoi una spremuta d'arancia o magari un bicchiere di latte tiepido? Mamma ha preparato la sua crostata questa mattina, è ancora calda in forno...dovresti provarla, El, è semplicemente squisita!"
"Mike...abbiamo il compito in classe lunedì mattina, dobbiamo studiare!" protestò El senza successo, indicando il libro di fronte a sé con un gesto delle dita.
"Non possiamo permetterci di perdere tempo!"
"Non è tempo perso, El! È tempo investito in futura produttività!" El trattenne una piccola risata voltando gli occhioni al cielo, vedendolo sparire al di là della porta della sua cameretta prima che lei potesse nemmeno tentare di protestare o trattenerlo dentro di più.
"Cibo per la mente, ci aiuterà di sicuro a studiare meglio avere qualcosa di caldo dello stomaco! Conta fino ad 11, principessa, sarò subito di ritorno da te!"
"...11!" ridacchiò tra sé e sé El una volta rimasta da sola all'interno di quella camera dalle pareti dipinte di blu.
Si guardò un po' intorno la piccolina, passando con lo sguardo da parete a parete, le stesse visitate tante volte e tante sere nel buio del vuoto della sua mente, senza che il suo piccolo ricciolino potesse averne la ben che minima percezione.
Non troppe volte, solo le necessarie, solo quelle sere nelle quali si era sentita particolarmente triste e sola.
Come la sera di San Valentino di pochi giorni prima in effetti, tanto per citarne una...
El sospirò.
Non aveva parlato molto con il suo papà adottivo da quella sera, saltando la cena come punizione per aver usato i suoi poteri contro di lui e la loro auto, restando chiusa dentro le quattro mura della sua cameretta e uscendovene in punta di piedi per sgattaiolare in bagno a farsi una doccia solo quando ogni rumore era scomparso al di là della porta sul soggiorno, compreso quello della tv.
Quella doveva essere stata una lunga giornata non soltanto per lei dopo tutto...
Aveva fatto un po' più fatica del solito ad addormentarsi il piccolo fiorellino quella sera, spenta la luce nella cameretta del suo nerdino e dopo essersi chinata a sfiorare i ricci neri sul suo cuscino nel vuoto della sua mente, senza mai riuscirci nemmeno quella volta, nemmeno quella sera nella quale di lui ne avrebbe avuto davvero un gran bisogno, accontentandosi invece di accarezzare con la punta delle dita i boccoli di quei bei tulipani dai mille colori, a farle ora compagnia dentro un piccolo vaso di vetro sul suo comodino.
Era stato strano accorgersi, anche al termine di una giornata così meravigliosa ma allo stesso tempo così incredibile, di quanto in fondo si sentisse enormemente fortunata e felice.
Aveva realizzato di esserlo sul serio nel momento in cui aveva chiuso gli occhi tentando di dormire, ripetendo a se stessa che, di lì a poche ore, avrebbe potuto finalmente rivederlo tra i corridoi di scuola, stringerlo forte forte a sé per ringraziarlo di quei bei fiori e di tutto: quella semplice piccola realizzazione era stata in grado già così di scaldarle il cuore.
Rimbombavano ancora nella mente della piccola Hopper le parole del suo papà di quella sera, spilli appuntiti nella sua carne nuda, perché così tremendamente vere da farle perdere il respiro.
"Non sto dicendo che non devi più frequentare Mike, kiddo, o almeno, non per il momento..."
"Per quanto potrai ancora mentirgli, El? Per quanto potrai ancora tenerlo al sicuro?!"
"E cosa succederà, El, quando scoprirà finalmente chi sei? A quale rischio deciderai di esporlo infine dicendogli finalmente chi sei tu?"
Ma finché fosse stata certa di poterlo rivedere al di là delle poche ore di una notte, finché "a domani" fosse rimasto per loro non solo una formula di rito, quanto piuttosto una reale promessa, El si sarebbe sentita per sempre al sicuro.
Non era disposta a rinunciare a Mike nella sua vita, al solo raggio di sole in grado in quei mesi di squarciare la sua coltre di tenebre con la sua luce.
Non era di disposta a rinunciare a lui, non ancora.
Ed El era certa, non ne sarebbe stata disposta davvero mai in vita sua.
Sapeva che il suo papà parlava solo e soltanto per il suo bene, ma si sbagliava, si sbagliava di grosso: El non era mai stata una stupida, sapeva benissimo il rischio che stava correndo e che stava facendo correre a tutte le persone a lei intorno.
Ma, almeno per il momento, non era di sicuro ancora sufficiente per permettersi di poter rinunciare a tutto.
Avrebbe trovato un modo, come sempre aveva fatto in quei mesi e negli ultimi anni di vita.
Era andato tutto bene fino a quel momento, per quale motivo doveva credere di star per far crollare tutto da un momento all'altro di fronte ai suoi occhi?
"Ma arriverà un giorno nel quale inizierà a chiederti il perché delle tue assenze, dei tuoi ritardi, della tua stanchezza...il perché di quel tuo numero, El, di tutti quei lividi, di tutte quelle tue cicatrici..."
Deglutì la piccola a quelle parole della sua mente, tirando giù con un gesto secco delle dita le maniche del suo vestito lungo le sue braccia fini, ancora viola nelle ultime sere dei lividi delle iniezioni e delle flebo nelle sue vene sempre più sottili.
Era tutta questione di essere attenta, scrupolosa, concentrata a non far trapelare alcuna più piccola paura o emozione.
In fondo poteva farcela, non era vero?
Ne era sicura?
Annuì la piccola a se stessa come per rispondersi da sola, tornando con lo sguardo al suo libro ed avvertendo una piccola fitta di stanchezza provenire dalla sua tempia sinistra.
Avrebbe dimostrato al suo papà che si sbagliava, che non poteva avere ragione sempre su tutto!
Avrebbe tenuto a tutti i costi il loro segreto al sicuro, non sarebbe stata stupida ed avrebbe...
Il ticchettio dell'orologio della sala al piano di sotto la fece trasalire seduta su quel letto come una piccola scarica elettrica lungo la sua sottile figura, perdendosi a contare i rintocchi con il cuore in gola.
10...11...12
Merda.
Era già veramente trascorsa un'intera mattina?
Era già arrivato più veloce di un fulmine un altro dannatissimo pomeriggio?
"Merda, papà sarà qui a minuti..." boccheggiò la piccola in un improvviso spasmo di apprensione del suo povero cuore, chiedendosi per quale motivo Mike non fosse ancora tornato dal piano di sotto e da quella cucina, chiedendosi per l'ennesima volta con che cuore gli avrebbe detto, ancora un'altra volta, ancora un'altra mattina, di dover andare a momenti via.
Non aveva avuto cuore di farlo fino a quel momento, i suoi occhioni scuri e tristi di quella mattina alla serra erano stati il suo incubo ricorrente di quelle ultime notti di poco sonno.
Eppure, doveva farlo, era giunto il momento: attendere ancora, in fondo, sarebbe stato soltanto inutile...
"Eccomi di ritorno, fiore! Mi perdonerai per l'attesa!" un raggio di sole di nome Mike fece il suo più trionfale ingresso attraverso la porta rimasta aperta della sua cameretta al primo piano della casa deserta, reggendo tra le braccia un grande vassoio dove due bicchieri di succo d'arancia e due esagerate fette di crostata fecero sorridere la piccola senza potersi trattenere di più.
Pareva quasi impossibile non riuscire a sorridere con Mike Wheeler intorno, era questa una delle prime sensazioni che aveva provato a stare con lui, il primo sabato mattina di studio per la loro ricerca sulle lucciole proprio tra le pareti di quella piccola cameretta in perenne disordine.
"Assaggia una fetta della famosa crostata di mia mamma e vedrai che non ne resterai delusa, El, parola mia! D'altronde non per niente è la mia preferita!"
"Mi corrompi con il cibo, Mike? Davvero astuto!"
"Deve essere un vizio della famiglia Wheeler, temo!" la piccola lo vide sorridere ponendo il vassoio ai piedi del suo letto e sporgendole un piattino, il dolce profumo di dolce appena sfornato in grado di farle venire un'immediata acquolina in bocca.
"Riuscirò mai a farti visita in casa tua senza rimediare una seconda colazione con i dolci di tua madre, Mike?"
"Temo...proprio...di no!" rise Mike scuotendo la testa e portando un boccone di crostata alle labbra con sguardo compiaciuto, vedendo il suo fiorellino fare lo stesso con un largo sorriso, prima di spalancare gli occhi di sorpresa all'altro capo del letto.
"Accidenti...ma è buonissima!"
"Te l'avevo detto, El, la mia preferita!" la piccolina lo sentì decretare con voce felice, facendo rallentare di un battito il suo piccolo cuore al pensiero di star per rovinare quel momento di semplice gioia e allegria con l'ennesima negazione.
Il clacson del furgone del suo papà al di là della via sarebbe sopraggiunto di lì a pochi minuti per portarla via, doveva dirglielo prima che fosse troppo tardi e non avesse nemmeno a disposizione una manciata di minuti per abituarsi all'ennesima delusione.
Eppure, eppure...con che cuore la piccola Hopper, anche quella mattina, avrebbe potuto uccidere quel bel sorriso di gioia dal suo viso?
"Stai ascoltando la cassetta che avevo fatto per te, El?" la voce del suo ricciolino sopraggiunse al suo orecchio in una frazione di secondo, facendola tornare in sé dai suoi pensieri lanciando uno sguardo tutt'intorno, non accortasi neppure che il suo interlocutore si era alzato da quel letto già da un mezzo, intento a trafficare in un cassetto della scrivania con fare misterioso.
"Oh...sì, certo!" rispose prontamente El tornando in sé a quelle parole, vedendo il suo nerdino alzare verso di lei un'espressione felice e compiaciuta, prima di rituffarsi alla ricerca dell'oggetto misterioso.
"Ti sono piaciute le canzoni? L'hai ascoltata davvero qualche volta?"
"Praticamente tutte le sere, Mike!" sorrise El mordendosi il labbro inferiore, cercando di distogliere lo sguardo dalla sua figura piegata in avanti davanti al cassetto più basso quella sua scrivania, un più piccolo strappo leggero al di sotto del suo ombelico.
"Anzi...dovrei restituirti il tuo walkman! Immagino lo rivoglia indietro tu!"
"Sciocchezze! Io ho il mio vecchio e funziona ancora benissimo!" riemerse infine il piccolo Wheeler con un'onda di capelli scuri rimettendosi dritto, sotto gli occhi attenti di un piccolo fiorellino, intento ad interpretare i gesti misteriosi della sua figura ancora di spalle.
"Che stai facendo, Mike?" domandò El allungando lo sguardo come per cogliere un più piccolo indizio, vedendolo poggiare sul ripiano di legno della sua scrivania l'involucro di plastica di una cassetta dove un pennarello nero a punta fine aveva scritto con calligrafia sbilenca tra le righe: Brian Adams, 1984.
"Non toccavo il mio vecchio walkman da quando i miei non mi hanno regalato quello nuovo al termine della Middle!" si affrettò a spiegare Mike con un sorriso e rapidi movimenti delle dita, districando il cavo nero di un paio di cuffie d'intorno ad un walkman solo leggermente scolorito sui bordi.
"E quando l'altra sera l'ho ritrovato al fondo del cassetto aveva ancora dentro il nastro di questa canzone! Mi sembra incredibile che me la sia dimenticata, io e Will l'ascoltavamo di continuo l'anno della terza media appena uscita, credevo di aver consumato il nastro del tutto!"
El non poté impedirsi di sorridere al tono emozionato della sua voce, il solito ben noto e sempre ugualmente adorabile ogni volta, ogni volta che il suo ricciolino si perdeva a parlare di canzoni, testi, melodie, della sua beneamata musica.
"Quando l'altra sera l'ho riascoltata, El, beh...mi sembrava avesse acquisito come tutto un altro sapore!" El lo vide sorridere tacendo per un secondo, quasi a se stesso quasi a lei sola, uno sguardo un po' sognante un po' innamorato, un po' perso nei suoi pensieri di musica, prima di avvicinarsi a passi lenti fin davanti al letto di fronte a sé, dove la piccola ancora stava seduta guardandolo fisso, il cuore in gola e tremolante di emozione.
"Mike, io dovrei andar..."
"E non so davvero come io abbia potuto non inserirla nella tua cassetta, El, sarebbe stato di sicuro il pezzo più bello di tutti!" Mike scosse la testa sorridendo come un cretino, rialzando attraverso i ricci neri due occhi grandi e profondi come pozzi.
"Perché, sul serio, El...questa canzoni potrebbe essere stata scritta apposta per te!"
El aprì le labbra per rispondere qualcosa, ma le parole morirono nella sua gola senza osare rompere il silenzio pregno d'amore e tenerezza intorno a loro.
"Mike, devo andare via..." no, non erano sicuramente quelle le parole che quel fiorellino avrebbe desiderato pronunciare in quel momento per il suo paladino, vedendo i suoi occhi incastrarsi nei suoi con dolcezza, una mano tendersi di fronte al suo viso come invito a seguirlo in un viaggio della sua fantasia.
"Ti va di ascoltarla, El?"
"...ora?"
"Sì, certo, sicuro! Ora!"
"...io..." deglutì il fiorellino portando lo sguardo fisso sulla sua mano tesa di fronte a lui, avvertendo ogni forza di volontà residua abbandonare la sua intera persona in una fugace frazione di secondo.
"...okay" Mike la udì sussurrare in modo appena percettibile, scambiando per timidezza ed emozione il suo tentennamento e la sua paura, invitandola ad alzarsi ai piedi del suo letto, appoggiando le cuffie sui suoi ricci e sistemandole una ciocca di capelli dietro un orecchio con un sorriso.
"Tu non l'ascolti, Mike?" la udì sussurrare stupita un ultimo secondo, porgendole il vecchio walkman nella sua mano e vedendola sorridere leggermente rossa in viso.
"Oh no, non ne ho bisogno, El, la so davvero a memoria!" El lo vide sorridere di fronte a sé, avvertendo un ennesimo sfarfallamento del suo cuore.
E quando la distanza tra loro si fu fatta in un secondo ancora più minima, vedendolo muovere un passo in avanti fino a far battere tra di loro i loro petti, vedendolo portare le sue braccia intorno alle sue spalle più in sù e le dita del suo ricciolino sui suoi fianchi più in giù, ad El sembrò in un secondo che il resto del mondo fosse sparito da quella camera da letto come per incantesimo in un battito di ciglia, sentendolo appoggiare dolcemente il suo orecchio alla sua tempia, più vicino al suo orecchio ed alle sue cuffie in posizione.
C'erano solo, solo loro.
"Tu premi play al mio 3, okay?"
"Okay..."
"Uno...due...tre"
E quando le prime note dolci di una sconosciuta melodia ebbero sfiorato con la stessa delicatezza di un bacio i timpani delle sue orecchie, ad El parve di venire scossa da un piccolo brivido di piacere lungo l'intera superficie del suo corpo, non avrebbe saputo dire se per quella melodia, per l'emozione o per il fiato caldo e dolce del suo ricciolino direttamente tra i suoi ricci, a cantare al suo orecchio al di là di quelle cuffie le stesse parole al tempo con la musica, a ritmo con la media.
Quelle parole che, come lui stesso aveva detto, parevano essere state scritte quella mattina appositamente per lei, per lui.
Per loro.
Oh thinkin' about all our younger years
There was only you and me
We were young and wild and free
"Now nothin' can take you away from me..." El lo sentì sussurrare con voce dolce ed appena percettibile, avvertendo i suoi piedi muoversi a tempo con i suoi, sospinti da quella dolce melodia in grado di farli ondeggiare silenziosi e leggeri sul pavimento della sua camera come su di una pista da ballo semibuia, dove nessuno dei due pareva conoscere a memoria passi di cui non sentivano poi di averne neppure un gran bisogno.
Bastava in fondo ondeggiare un po' più vicini tra di loro, al ritmo di quella dolce canzone.
We've been down that road before
But that's over now
You keep me comin' back for more
Era già sufficiente chiudere gli occhi per un secondo e niente di più perfetto avrebbe mai potuto comparire nell'intero mondo, più perfetto delle braccia di lei strette più in alto intorno al collo di lui, le mani di lui a stringere i fianchi di lei contro i suoi, i loro cuori all'unisono nei rispettivi petti, nelle orecchie la medesima canzone.
La medesima dichiarazione d'amore.
Baby, you're all that I want
When you're lyin' here in my arms
I'm findin' it hard to believe
"...we're in heaven" sussurrò Mike stringendo più forte le braccia intorno alla figura sottile del suo piccolo fiore, affondando il viso nei suoi ricci e respirandone a pieni polmoni il profumo dolce di fiori, sentendola a sua volta farsi più vicina a sé, sollevandosi sulle punte delle converse bianche ai suoi piedi un pelo più sù.
Sarebbe stato difficile esprimere con altre parole se non con quelle cosa sentiva dentro il suo petto perfino in quel momento, quale danza stesse tenendo in movimento il battito del suo cuore, dei suoi interi sensi, il suo fiato, la sua volontà, il suo stesso amore, in quella stanza che per attimo avrebbe anche potuto non avere più pareti per loro, perché lui ed El in quel momento avrebbero semplicemente potuto essere ovunque, qualsiasi posto sarebbe stato perfetto per loro.
Qualsiasi e nessuno, perché di perfetto sarebbero bastati solo loro.
And love is all that I need
And I found it there in your heart
It isn't too hard to see
"We're in heaven..." questa volta fu anche El a muovere le sue labbra rosse insieme con lui, sentendo le sue ciglia inperlarsi di piccole lacrime di commozione senza che lei stessa ne conoscesse la ragione, perché mai canzone era stata più bella, mai parole più semplici e più immediate, più vere, mentre affondava le dita nelle spalle del suo ricciolino fino quasi a perdere il respiro.
Che cosa era il Paradiso per loro in quel momento?
Null'altro in più se non quel secondo di pura magia, niente di più delle sue braccia strette intorno alle sue con tutta la delicatezza, niente se non la consapevolezza che entrambi non avrebbero voluto essere in nessun altro luogo in quel momento se non lì, insieme, solo loro.
Niente di più se non le labbra di quel ricciolino in un secondo sopra quelle del suo fiorellino, mosso un passo indietro senza tuttavia osare allontanarsi da quella stretta, solamente lasciando che quel bacio esprimesse senza ausilio di parole tutte le loro più vivide emozioni.
E in un attimo, El si era scordata che cosa gli doveva dire, Mike di chiederle timidamente di restare, perché in un solo istante era solo e semplicemente impossibile che quel piccolo momento di magia non fosse destinato semplicemente a durare tra loro fino all'infinito, fino ai confini del loro Paradiso.
Oh once in your life you find someone
Who will turn your world around
Bring you up when you're feelin' down
Si muovevano le dita di El tra i ricci di Mike sopra di sé, si muovevano le dita di Mike sopra il tessuto di fiori del suo vestitino a margherite, stretto di tanto in tanto quasi come un bisogno, passionale quanto vero, quasi come una supplica, ricambiato ogni volta da una più forte stretta da parte del suo fiorellino tra i suoi capelli neri sulla nuca, non in grado nemmeno per sbaglio di riuscire a frenare le sue più acute fantasie.
Erano da soli, Mike lo sapeva, ed era come convinto che anche lei ora l'avesse finalmente capito, lasciata aperta la porta di quella camera da letto senza che nessuno dei due si curasse minimamente della cosa in quel momento.
Avevano tutto il tempo del mondo quel pomeriggio, o, almeno, per uno dei due ragazzini era così, e quando i passi di Mike si furono mossi da soli più in avanti verso il termine del suo letto, vedendola muoverli all'indietro insieme con lui fino a farla cadere più in basso sotto di lui, perfino El parve dimenticarsi della paura di star per infrangere tutto come in una delicata bolla di sapone.
Nel suo mondo in quel momento non esisteva niente di quello che ogni giorno le faceva più paura, non esisteva alcun laboratorio, non esisteva alcun esperimento, non esisteva nemmeno il suo papà e le sue paure, nessun motivo al mondo che mai avrebbe potuto portarla di lì lontana dal suo ricciolino, intento a sollevarla delicatamente su di quel materasso, sotto di lui, portandola più in sù e facendole appoggiare la testa sul suo cuscino con tutta la delicatezza del mondo, mentre la canzone ancora viaggiava leggera attraverso le cuffie e le pareti di quella camera intorno a loro.
Yeah nothin' could change what you mean to me
Oh there's lots that I could say
But just hold me now
'Cause our love will light the way
"El..." la piccola lo udì sussurrare per un secondo riaprendo gli occhi sopra di lei nei suoi semichiusi, ansimando poco poco entrambi in un secondo di attesa, quasi come a chiederle un silenzioso segno di assenso o di permesso, come per chiederle se ne fosse sicura.
Ma quando la piccola ebbe ripreso un timido ma intenso e nuovo assalto alle sue labbra rosse e gonfie, portando le sue mani al bordo della sua t-shirt alla ricerca disperata di un lembo pallido della sua pelle, fu Mike stesso a soffocare una risata di emozione e felicità, allungando lui stesso le mani e sfilando dalle sue braccia la sua t-shirt in un secondo, tornando alle sue labbra con lo stesso urgente bisogno delle dita di quella piccola bambina, in un secondo ad affondare contro le sue spalle come per non lasciarlo più andare.
"Ti prego non lasciare che me me vada più da qui..."
"...ti prego non andartene mai più da qui"
And baby, you're all that I want
When you're lyin' here in my arms
I'm findin' it hard to believe
We're in heaven
E le labbra di quella piccola si mossero veloci dalle labbra di Mike sopra di sé lungo il suo mento, la sua mandibola, giù lungo il suo collo, il suo petto, come per contare, sfiorare e baciare ad uno ad uno i suoi più piccoli puntini, sentendo il suo ricciolino sospirare leggero sopra di sé, stringendo più forte la federa del suo cuscino sotto di sé intorno al suo viso.
"El..."
"...si?" tornò al suo viso la piccolina vedendolo riaprire sopra di sé due occhi meravigliosi e pieni d'amore, schiudendo le labbra rosse di baci per un secondo, come alla ricerca delle giuste parole.
"Vorrei solo...solo provare una cosa..." lo udì sussurrare con occhi fissi nei suoi, facendole stringere le dita nelle sue spalle nude ancora di più.
"Ti fidi di me?"
"Sì..." annuì El con il fiato corto, sentendo una sua mano allontanarsi lentamente dal cuscino accanto al suo sito, sfiorando appena il suo fianco con gesti lenti e portandosi più in giù, al bordo della gonna del suo vestito e più delicatamente sù sopra la sua coscia nuda, facendole percepire come in una scarica di adrenalina dove dovesse trovarsi il suo punto di arrivo.
Ma invece che farla impallidire, quella volta, l'istinto di quel fiorellino non fece altro che farle allargare le gambe sotto di lui ancora di più, avvertendo un gemito di stupore da parte del suo ricciolino ad un passo dal suo viso.
"Se non vuoi mi allontano, okay?"
"Okay..." deglutì El chiudendo gli occhi ed avvertendo le dita fredde di Mike solcare leggere la radice delle sue coscie, facendole stringere le dita intorno alle sue spalle ancora di più.
Un piccolo brivido di freddo percorse come una scheggia la sua spina dorsale, ma non era niente se paragonato al terrore e alla paura dell'ultima volta.
Ad El in quel momento pareva quasi stupido ed illogico avere paura, di fronte agli occhi di quel ragazzo mai stati più attenti e timorosi, come se tra tutte le meraviglie dell'universo lui avesse scelto proprio lei come la sua più bella, la più preziosa.
"El..."
"...sì?"
"...posso?"
Ma quando il rumore acuto di un clacson ben noto al di là della via fu risuonato attraverso le pareti vuote di casa Wheeler quel sabato pomeriggio, la bolla di sapone di quei due ragazzini si infranse su di quel letto ancora più violentemente delle altre volte.
Schiantata a terra dopo una caduta libera.
"Non...non è la macchina di tuo padre questa, non è vero, El?" balbettò come chi non vuole ammettere a se stesso l'evidenza il piccolo Wheeler in un primo momento, deglutendo un brivido di passione voltato via con la velocità di un fulmine.
"Non...non te ne devi già andare via...vero?" la piccola lo vide balbettare in modo confuso, muovendosi sotto di lui e mettendosi a sedere su di quel letto con il cuore in gola ed il fiatone, stringendo le dita più forti sulle sue ginocchia e vedendo la sua vista appannarsi di lacrime in un secondo.
"È papà, sì..." Mike la vide sussurrare di spalle sul materasso dalla trapunta blu di Ritorno al Futuro, chinando la testa in avanti e raccogliendo il libro di chimica ricaduto ai piedi del suo letto:
"Io..." la udì ancora balbettare scuotendo la testa come a non crederci nemmeno lei stessa quella volta, prima di voltarsi lentamente verso di lui incrociando il suo sguardo incredulo e cupo.
"Io...io devo andare, Mike...devo andarmene via"
"È uno scherzo, vero?" furono le prime parole che al piccolo Wheeler vennero da dire quel pomeriggio, ancora a torso nudo e senza fiato nei polmoni, vedendo il suo fiorellino scuotere la testa di tutta risposta a capo chino, stringendo più forte il suo pesante libro tra le sue dita.
"Mi dispiace, Mike, davvero...ma io devo..."
"Ma è sabato pomeriggio, El! E il compito di chimica?!" saltò sù Mike dal suo letto come a non volersi dare per vinto almeno per una volta nella sua vita, rinunciando ad arrendersi quella volta senza aver lottato prima, senza aver insisto con lei perché rimanesse con lui come mai prima.
Non credeva di averlo mai fatto, nemmeno una volta in tutti quei mesi, eppure, quella volta sentiva quasi di averne il diritto.
"Ed io, io e te...noi...El, cazzo, noi stavamo..."
"Mi dispiace, davvero, mi dispiace..." scosse la testa El con un singhiozzo, muovendo passi veloci verso la porta di quella camera da letto, non prima di vederlo scattare precedendola sulla porta, bloccandole la via d'uscita.
"El, ti prego, per quale motivo ti comporti così?" domandò Mike con le lacrime agli occhi vedendola scuotere la testa in silenzio di fronte a sé, il capo chino ai suoi piedi come un bocciolo ferito.
"El, per favore...aiutami a capire..." El lo sentì sussurrare con voce fina, sentendo ogni frammento della gioia di pochi istanti prima rovinare sul pavimento come una valanga sospinta dalle rapide di un fiume.
"Normale"?
Ma chi?!
Non di sicuro lei, non di sicuro in questa vita.
Forse aveva avuto sempre e solo ragione il suo papà fin dall'inizio: non c'era mai stato niente di normale in lei, non ci sarebbe stato mai.
Mai fino a quando avrebbe dovuto continuare a mentire all'unica persona alla quale avrebbe voluto rivelare tutta quanta la sua verità, mai finché non avesse potuto risparmiargli tutte quelle lacrime e tutto quel dolore ogni maledettissima volta.
Mai fintanto che quello che voleva e desiderava lei sarebbe rimasto per sempre solo in secondo piano, in coda ai doveri e agli obblighi che qualcun altro aveva scelto per lei, fin dal principio.
"Ti prego, Mike, perdonami, ma io...devo andare, per favore...lasciami andare via..."
"È stato per qualcosa di sbagliato che ho fatto io?" El lo udì sussurrare appoggiando una mano al legno della porta, stringendo gli occhi di più e scuotendo la testa con forza, muovendo un passo in avanti contro il suo petto pallido e nudo, appoggiandovi la fronte e lasciandosi andare in un singhiozzo più acuto.
"Non hai fatto niente di sbagliato, Mike, credimi, mi dispiace...sono solo, solo..."
"Ehi ehi ehi, El! Ti prego, non fare così!" le mani di Mike si mossero rapide ai lati del suo viso, tirandolo verso l'alto con estrema delicatezza ma anche un pizzico di decisione, facendole riaprire gli occhioni rossi nei suoi, un ultimo secondo.
"Non c'è niente che tu non possa non dirmi, El, niente..." sussurrò Mike guardandola fissa, vedendola boccheggiare in un istante di silenzio, leggendo come in una frazione di secondo nei suoi occhi come se avesse avuto sul serio qualche cosa da dire.
"Mike, io..."
"Qualunque cosa, El, te lo assicuro..."
"Io..."
Ma quando un altro colpo di clacson più deciso fu risuonato attraverso i muri della casa e quel piccolo nerdino ebbe imprecato a fior di labbra ancora di più, la piccola si mosse rapida accanto a lui fin sulle scale, lasciandolo sbigottito e colpo di sorpresa in un singolo battito di ciglia.
"El, aspetta...El!" corse Mike giù per le scale fino al suo salotto insieme con lei, vedendola voltarsi di spalle verso di lui per un ultimo secondo.
"Devo andare, Mike, davvero, scusami..." lo supplicarono i suoi occhioni scuri un'ultima volta, vedendolo scuotere la testa, afferrando il libro di chimica dalle sue braccia e cogliendola di sorpresa.
"Lascialo a me, okay? Fingi di averlo dimenticato qui!" El schiuse le labbra per replicare ma Mike fu più veloce, bloccando ogni sua più piccola protesta o reazione.
"Ti prego, El, torna qui, dopo...quando vuoi" El si morse il labbro esitando per un ultimo secondo, vedendo i bordi dei suoi occhi curvarsi leggermente verso giù, un'espressione che credeva di conoscere bene, che aveva vissuto e rivissuto mille volte in tutti i suoi incubi.
"Ti prego, El, per favore..."
"...d'accordo" annuì la piccola abbassando lo sguardo ai suoi piedi e frenando l'impulso di tornare indietro e farsi abbracciare da lui, mettendo un passo davanti all'altro ancora una volta, l'ennesimo pomeriggio, non voltandosi verso di lui nemmeno un'ultima volta, nemmeno quando la porta di casa Wheeler si fu richiusa alle sue spalle spegnendo anche l'ultimo residuo raggio di luce.
"Allora...a dopo, El!"
"A dopo, Mike..."
"...perdonami" pianse quel fiorellino a capo chino correndo con tutte le sue forze lungo quel vialetto di Maple Street, sentendo ogni passo della sua corsa affondare in basso un poco di più, come in un abisso di sabbie mobili aperte sotto di lei ad ogni suo movimento.
E quando El avrebbe voluto quella volta lasciarsi semplicemente affondare giù così.
Da sola.
"Perdonami, Mike...perdonami"
*
"Pronto Will? Mi ricevi?
Sono io, sono Mike..."
"...Mike?!"
"Volevi vedermi, Martin?"
"Sì, Sam, entra pure..."
Le nuvole correvano rapide nel cielo ormai grigio di quel sabato pomeriggio di fine febbraio sopra la città di Hawkins, minacciando quello che aveva tutte le carte in regola per essere l'ultimo temporale invernale, o meglio ancora, il primo acquazzone primaverile della stagione.
L'aria era elettrica quella sera, al pari dei capelli lunghi delle bambine dopo un buffo esperimento con un palloncino per dimostrare l'esistenza dell'invisibile energia elettrostatica, e per un attimo a Mike Wheeler, quel pomeriggio, fermo nel salotto della sua casa di Maple Street, ancora a torso nudo e con il librone di chimica di El stretto tra le dita, non pareva di essere molto altro se non quello.
Un palloncino sfregato con troppa forza contro un tappeto, percorso da invisibile scariche di energia elettrostatica.
"Ti ho portato le più recenti analisi aggiornate all'ultima settimana" aveva sospirato un uomo basso e tarchiato dagli ispidi riccioli grigi ed un lungo camice bianco aperto sulla pancia fin troppo abbondante, lasciando cadere il fascicolo che teneva in mano con fin troppa veemenza sulla scrivania lucida e pulita di fronte a sé, non interrompendo nemmeno per un secondo con l'altra mano di torturare la pallina rossa anti-stress nella tasca anteriore.
Il suo interlocutore doveva averlo chiamato per un ben preciso motivo: non era mai stato un uomo di molte parole, fin dagli anni d'oro del loro collage biomedico passati sempre insieme, fianco a fianco.
Geniale, assolutamente geniale e visionario, ma altrettanto pazzoide e terrificante.
Non ci sarebbe mai stato aggettivo migliore per poter descrivere l'allora studente ed ormai dottore Martin Brenner, il dottor Sam Owens l'aveva sempre saputo, fin da allora, fin da quando i suoi capelli ricci vantavano ancora sfumature ramate e non bianche e grigio perla, quando le rughe del suo viso erano ancora poco marcate e le occhiaie dovute alle poche ore di sonno sui libri e non ai suoi incubi ed alla miriade di sensi di colpa.
Eppure, c'era stato qualcosa che neppur il brillante studente di medicina avrebbe mai potuto predire, mai nella sua vita, mai fin da allora, qualcosa di oscuro che avrebbe tanto desiderato rivelare a quella sua fotocopia più giovane ed ancora piena di sogni di gloria e di onori.
Era sempre stato un visionario quel suo schivo e silenzioso compagno di corsi, forse era proprio per questo che negli anni aveva sempre preferito la sua compagnia a quella degli altri studenti.
Eppure, era proprio nel silenzio e nell'oscurità che si era andato negli anni a creare lui, il mostro.
E questo il dottor Owens avrebbe voluto saperlo fin da allora, allora che non sarebbe stato ancora troppo tardi per tornare indietro sui suoi passi, come in quel pomeriggio di fine febbraio di pioggia.
"Cazzo, cazzo...cazzo!" aveva stretto tra loro i denti Mike fino a farsi venire quasi le lacrime agli occhi dal dolore, ripercorrendo le sue scale fino al piano superiore 3 gradini alla volta, lasciando cadere il libro di chimica sul suo materasso accanto alla sua persona, afferrando il cuscino e soffocandovici dentro un grido di rabbia e rassegnazione.
Non capiva perché l'aveva fatto, per quale motivo l'aveva lasciata andare via un'altra volta?
Senza un briciolo di spiegazione, uno straccio di risposta...perché le concedeva ogni volta di continuare a comportarsi così?
"Martin, credo tu faresti davvero meglio a darvi un'occhiata..." aveva continuato il dottor Owens alla figura del suo interlocutore ancora di spalle di fronte alla sua finestra, la luce grigia del pomeriggio di fine febbraio a donare ai suoi capelli bianchi e lisci come la neve sfumature grigie funeste e lugubri quanto la sua persona.
"Credo che sia meglio prenderle in considerazione e parlarci chiaramente per una buona volta..." aveva proseguito il dottore già sapendo di stare parlando da solo, appoggiando le nocche sul piano di legno della scrivania, senza attendere la ben che minima reazione da parte del dottore in piedi di fronte a lui immobile come una statua di cera ad una mostra dell'orrore.
"I dati parlano chiaro, sono i peggiori registrati fino ad ora..." aveva annunciato Owens scuotendo la testa in segno di disapprovazione, chiedendosi per un secondo in cuor suo quale fosse stata la prima delle scelte sbagliate ad averlo fatto scivolare fino a quel punto lungo le pendici di quel burrone.
"Le stiamo facendo una trasfusione a sera, Martin, le sue ultime analisi del sangue non hanno più nemmeno un valore a posto! Creatinina, albumina, ferritina...quella bambina è un miracolo che stia ancora in piedi con le sue forze!" aveva alzato la voce il camice bianco per un ultimo secondo, giurando di aver avvertito un piccolo sussulto lungo le spalle rigide del suo interlocutore ancora di schiena.
O forse, invero, se lo era solo immaginato.
"Non so cosa tu stia cercando di ottenere da quella bambina, ma i segnali che il suo corpo ci sta lanciando sono chiari, Martin, limpidi e cristallini..." aveva deglutito lo studente di medicina tra i più brillanti del suo corso, quello che anni dopo, non sapeva nemmeno lui come, dal sogno di salvare una vita si era ritrovato fino a lì: a distruggerne una più piccola giorno dopo giorno nel silenzio e nell'omertá di quelle mura dell'orrore.
"Il suo EEG, il suo tracciato elettrocardiografico, la sua TC encefalica, tutto, Martin, tutto, bontà divina! La sua cartella clinica potrebbe essere paragonata a quella di una malata terminale!" aveva scosso la testa abbassando lo sguardo a quella cartella, ancora chiusa di fronte a sé, dalla cui pagina principale la piccola foto di una bambina dai capelli corti rasati e due grandi occhioni scuri sembravano poterle urlare "pietà" anche in quel pomeriggio di nuvole buie.
"Martin, tu devi fare qualcosa" aveva pronunciato quelle parole molto lentamente, tentando almeno in parte di caricarle di tutta l'enfasi necessaria e richiesta, pregando che almeno quelle potessero essere sufficienti a sentirsi meno terribilmente complice di così.
Meno complice di un omicidio annunciato da molto tempo, ormai da molti mesi.
"Ti prego, Martin, ti supplico: è tutto nelle tue mani qui dentro, e tu lo sai! Non te ne farai niente di lei una volta che il suo corpo griderà a gran voce di non farcela più! Non potrai più trarne alcun vantaggio una volta che l'avrai definitivamente uccisa!"
"...basta" una voce lugubre come dall'oltretomba aveva interrotto a metà la sua frase ed il suo accorato discorso, facendo alzare al dottor Owens la testa di scatto dalle sue carte, sentendosi percorrere da capo a piedi da un familiare brivido di orrore, di freddo e di paura.
Di freddo come quegli occhi color ghiaccio conosciuti da molto tempo e da molti anni, gli stessi puntati su di lui in quel momento di fronte a quella finestra e alle nuvole grigie e minacciose all'orizzonte.
"Basta.." aveva ripetuto il dottor Brenner quel pomeriggio di fronte al suo socio e co-direttore di studi, lo stesso che si era imbarcato con lui anni addietro in quel progetto folle ed ambizioso, non conoscendo nemmeno la metà dei rischi che lo avrebbe portato a correre.
Lo stesso che ora lo supplicava, con sguardo arreso e disperato, di rinunciare al suo progetto per cui tanto duramente avevano lottato.
"Non tollererò più discorsi di questo tenore, dottor Owens: la ragazza continuerà le sue attività come da concordato. Siamo troppo vicini dai nostri risultati per pensare di desistere proprio ora..."
"Martin, ti prego..." aveva scosso la testa il dottor Owens quel pomeriggio ancora una volta, prima che un palmo della mano alzato di fronte a lui ponesse fine a qualsiasi tipo di negoziazione.
Era terminato il momento delle preghiere e delle suppliche, era arrivato quello solo più degli ordini e delle azioni.
E il dottor Martin Brenner pareva sapere come agire anche in quella occasione, come sempre del resto.
"Voglio che lei ritorni lì, oggi...non mi interessa in che modo e con quali mezzi otterremo questo scopo"
"...che cosa?!"
"Will? Will, mi ricevi?" aveva sospirato Mike nel suo supercomm appena un paio di ore prima, dopo aver lasciato che i suoi pensieri fluissero neri quanto i suoi ricci nel silenzio pesante della sua caretta per un buon quarto d'ora.
Era solo, completamente solo: quello non era proprio il sabato pomeriggio di un weekend che avrebbe avuto tutte le carte in regola per essere definito "speciale".
Si sentiva addosso una gran voglia di urlare, di mettersi a piangere, di tentare di addormentarsi sul suo cuscino sperando di risvegliarsi una manciata di ore più tardi con ancora il suo fiorellino ad aspettarlo lì accanto a lui, due occhi felici, senza nuvole e luminosi, molto diversi da quelli nei quali erano mutati improvvisamente i suoi, facendolo spaventare come mai prima e stringergli il cuore.
"Puoi dirmi qualsiasi cosa, lo sai, vero?"
"Mike ti prego...devo andare"
E come in tanti altri momenti di sconforto e solitudine, quando le nuvole correvano più veloci all'orizzonte minacciando di soccombere in un tumulto di fulmini e tuoni, c'era stata solo una persona alla quale i pensieri di Mike avevano fatto ritorno, anche in quel momento di confusione, al pari di un pilota automatico senza nemmeno fermarsi a domandarsi se fosse giusto o lecita quella richiesta.
"Will, ci sei? Per favore, rispondi..."
"Mike? Sei tu? Che succede, amico?"
"Tutto questo tono stupito..."
"È da un po' che non ti fai sentire in effetti, qual buon vento ti porta su questa linea?"
"Ho bisogno di parlarti, Will...oggi. Il prima possibile. Tra quanto riesci ad essere lì?"
"Lì...al solito posto, Mike? Anche subito!"
"Ti raggiungo anche io lì..."
"A tra poco!"
"Ah, Will?"
"...sì?"
"...grazie, amico!"
"Che intendi fare?" aveva domandato il dottor Owens con voce tremante in quello studio dalle pareti candide e luminose, al pari dei capelli bianchi del suo interlocutore, un ghigno minaccioso sul suo viso a non promettere nulla di buono all'orizzonte.
"La legherai, la torturerai? Che ne so io...la immobilizzarai sulla sedia elettrica o con l'elettro-shock?!"
"Per quanto siano proposte allettanti le tue, Sam, temo proprio non sia arrivato ancora il giusto momento di dare spettacolo così..." lo aveva interrotto il dottor Brenner con un ghigno, ignorando la sua protesta silenziosa.
"Martin, io stavo scherzando, le mie erano solo provocazion...!"
"Che ne dici dell'adrenalina?" la pallina anti-stress era stata stretta così forte da far perdere sensibilità alle sue dita, sbattendo le palpebre degli occhi azzurri per un secondo, tentando di ritrovare lucidità, mentre un campanello d'allarme urlava "pericolo" senza sosta nelle sue orecchie.
"Che cosa ne dico? Dico che il suo cuore non reggerà!" aveva ribattuto il dottore con voce calma e pacata, vedendo il suo interlocutore portare lo sguardo più in alto al di là della finestra con fare pensieroso.
"E penso lo sappia bene, Martin, anche tu..."
"Molto bene allora, procedete"
"Mi ha sorpreso un po' la tua chiamata, amico, se devo proprio dirtela tutta..." Mike aveva udito Will sussurrare quella sera dopo un imbarazzante minuto di silenzio in mezzo a loro, le altalene del parchetto di fonte alla loro vecchia scuola materna a cigolare debolmente sotto il loro peso, le gambe più lunghe tese di fronte a loro ed i piedi da elefanti puntati nella terra polverosa di ciottoli e ghiaia.
"Davvero? E per quale motivo?!" aveva chiesto Mike buttandola sul ridere, stringendo più forte appena le dita bianche lunghe e sottili intorno alla catena di ferro freddo ed umido, vedendo l'amico scuotere la testa appena, sorridendo insieme con lui di una risata triste.
"Beh...è sabato pomeriggio, Mike, ed i tuoi genitori sono fuori per il weekend...non so, ma non credevo di essermi sbagliato nell'immaginare che avresti passato l'intero fine settimana con El!"
"Mi auguro tu stia scherzando, non è vero?" aveva strillato Owens senza più riuscire a tener a freno la sua rabbia, sbattendo un pugno sul legno rigido della scrivania in mezzo a loro, non ottenendo dall'altra parte alcun minimo segno di reazione.
"Quella piccolina non sopravviverá a lungo, Martin! Non se continui con lei in modo sconsiderato così!"
"Sappiamo perfettamente tutti e due quanto ha dimostrato di essere forte fino ad ora..."
"È forte sì, ma non come pensi tu!" aveva scosso la testa il dottore un'ultima volta, vedendolo voltarsi verso di lui un'ultima volta, la tipica espressione di chi, a quel punto, aveva già preso la sua decisione.
E non ci sarebbe stato più molto da aggiungere in quel momento, per nessuno.
"Martin, ti prego...lei è così piccola, così fragile...non sopravviverá a pomeriggi come quello di ieri ancora a lungo e tu lo sai!"
"Solo così ci porterà dove stiamo cercando di arrivare..."
"Ma..."
"...basta" aveva ordinato il dottor Brenner con occhi di ghiaccio e tono fermo, facendo indietreggiare il suo interlocutore di un passo all'indietro, come percorso da un più profondo brivido di orrore.
Papà in fondo sapeva essere molto persuasivo da tempo, non era mai stata di nessun altro se non sua l'ultima parola:
"Legatela, immergetela e portatela di nuovo laggiù, da lui. Non m'interessa quante iniezioni dovrete farle, quanta adrenalina vi occorrerà per non farla morire, ma voglio che lo trovi, lì, oggi, ora. Sono stato sufficientemente chiaro, dottor Owens?"
"Come sapevi che i miei sono via per il weekend, Will?" chiese Mike quel pomeriggio corrugando la fronte con tono confuso, appena una ventina di chilometri in linea d'aria da quel luogo dell'orrore ed una corsa in bici più tardi con il fiato corto, lanciando uno sguardo triste alle loro bici abbandonate sul prato accanto a loro e alle restanti panchine vuote di quel parchetto spazzato dal vento preannunciate poggia.
Le strade erano deserte quel pomeriggio, e come avrebbero potuto non esserlo d'altronde?
Quei nuvoli non preannunciavano nulla di buono, era stato quasi da pazzi pensare di uscire sperando di non venir sorpresi d un acquazzone.
Ma per Mike Wheeler ed il suo migliore amico, quel pomeriggio, quella pareva proprio essere stata l'ultima delle preoccupazioni.
"Mike...tu e la tua famiglia andate in visita a tua zia Betty nelle vacanze di carnevale da quando ho memoria!" rispose Will con un'alzata di spalle a quella risposta più che ovvia, facendo sorridere il ragazzino dai ricci neri annuendo piano a quella richiesta sciocca, come se si potesse ancora stupire di essere letto come un libro aperto sotto gli occhi del suo migliore amico.
"Giusto...giusto..."
"Ma non ci hai detto che te ne andavi via quest'anno e la scuola non ci ha concesso giorni di vacanza senza lezioni! Ed, inoltre, credo che tua sorella abbia tipo piantato la tenda in camera di mio fratello per il resto del fine settimana o qualcosa di simile...me la sono filata prima che anche alzare al massimo il volume dello stereo si rivelasse non essere più sufficiente, se capisci cosa intendo dire..."
"Decisamente da Jonathan per studiare, di sicuro..." ripeté Mike tra sé e sé le parole di sua sorella di quella mattina, facendosi nota mentale di non mancare occasione per prenderla per il culo, almeno per una volta, non potendo fare a meno di avvertire un fastidioso sentore come d'invidia alla bocca del suo stomaco.
"Beh, almeno qui qualcuno si sta divertendo in questo weekend di schifo..."
"...e avevo immaginato che tu ed El avreste semplicemente optato per...progetti simili!"
"Già...lo credevo anche io, amico..."
"Sai, nemmeno più Max e Lucas si sono fatti più molto vivi negli ultimi giorni dopo la gita: sarò pure un mago di livello 12 ma non credo occorra un veggente per immaginarne la ragione..."
"Ho bisogno di parlarti di una cosa, Will" prese fiato Mike chiudendo gli occhi con un sospiro, avvertendo un cigolio dall'altalena accanto alla sua, segno evidente che Will aveva iniziato a spingersi più forte, come ad invitarlo a fare lo stesso in quel gioco da bambini.
"Ed è per questo che siamo qui, Mike, mi pare ovvio, non trovi?"
"Sì, esatto! Il punto è che..."
"...ma prima di drammi ed arrotolamenti di budella, Mike...questa è per te!"
Il giovane Wheeler fece appena in tempo a rialzare gli occhi di fronte a lui dalle converse bianche ai suoi piedi, appena in tempo per muovere le mani e prendere al volo tra i suoi palmi aperti una cassetta lanciata dal suo migliore amico accanto a sé, il nastro nuovo e perfettamente arrotolato, una scritta a pennarello sull'etichetta bianca, la stessa calligrafia di metà delle sue tapes collezionate sulla sua scrivania: Queen, The Works Tour 1986
"Ci ho inciso sopra il concerto di apertura di Capodanno di New York, quello di Dallas, Detroit e pure quello di Philadelphia della settimana scorsa!" annunciò Will con un sorriso, rallentando di poco la sua spinta, osservando il viso semicoperto dai ricci neri del suo migliore amico:
"Pensavo che ti sarebbe piaciuto darci una passata! In fondo forse saranno davvero queste le date del loro ultimo tour!"
"Will, grazie, io..." deglutì Mike con un sorriso colpevole, rigirando la cassetta tra le sue dita e non potendo evitare di sentire una piccola puntura di colpevolezza al fondo della sua gola.
Registrare i concerti in diretta dalle loro radio sulle cassette era sempre stato qualcosa per loro di sacro, un impegno più che irrinunciabile, quasi un patto di sangue imprescendibile, e a Mike sembrava semplicemente impossibile quel pomeriggio non ricordarsi l'ultima volta nella quale si era seduto sul lettone in camera del suo migliore amico, la radio da una parte e lo stereo con il tasto "rec" acceso dall'altra, sognando le canzoni, le note e gli assoli che in fondo al loro cuore entrambi sapevano avrebbero sentito insieme dal vivo almeno una volta nella loro vita, prima o dopo.
"...io, non me l'aspettavo, non so cosa dire..."
"Non dire niente, Mike, promettimi solo che la prossima data del tour la registreremo insieme, come ai vecchi tempi!" il paladino vide il suo chierico strizzargli un occhio verde con un sorriso, facendogli tremare il cuore per un secondo ed avvertendo l'esigenza di prendere un'altra profonda boccata d'ossigeno.
Quanto tempo era trascorso dall'ultima volta che si era concesso una chiacchierata come quella da solo con il suo migliore amico?
Da quanto tempo si era dimenticato del resto del mondo ancora in movimento intorno a lui, troppo concertato a trovare un senso e un po' di pace nel suo?
"Mi mancano le nostre serate musicali, Wheeler...ma non montarti per questo la testa!"
"Non lo farò!" rise Mike scuotendo la testa con occhi lucidi, provando nostalgia come mai prima di allora per quei momenti nei quali l'ultima esibizione della loro band preferita era la sola cosa che avesse avuto importanza da commentare per giorni e giorni.
Quando era finita per lui tutta quella magia?
"Ti ho visto un po' troppo occupato ultimamente per venirti a disturbare con queste faccende..."
"Come sta andando il tour?" domandò Mike ignorando la leggera frecciatina e vedendolo frenare puntando i piedi per terra di colpo, un piccolo fragore di ghiaietta e sassolini sparsi intorno a loro.
"È debole...è palese davanti agli occhi di tutti ogni concerto che passa..." sussurrò Will con voce triste, quasi stessero parlando in quel momento sul serio di un loro caro e vecchio amico.
"Ma la sua voce regge, porca puttana se non fosse così! Fidati, quegli acuti di Who want to live forever non li ha sparati nemmeno nel World Tour dell'82, parola mia, cazzo! Sembra quasi che quella canzone sia il suo testamento di addio, porca puttana..."
"Già..." sorrise d'entusiasmo Mike lanciando uno sguardo alla sua destra e vedendolo esitare, accorgendosi solo in quell'istante di non aver notato prima la maglietta targata Queen sotto la giacca di jeans del suo migliore amico, identica alla sua.
"Ti farò senz'altro sapere il mio parere il prima possibile, Will, ci puoi contare!"
C'era stato davvero un momento nella sua vita nel quale il suo unico sogno era stato quello di partecipare ad un concerto dal vivo della sua band preferita di sempre, in prima fila accanto al suo migliore amico di una vita.
Cosa era accaduto nella sua vita per far ribaltare le sue priorità ed i suoi obbiettivi così?
Quale magia o maledizione aveva rimescolato le carte con la stessa forza di un tornado o di un ciclone, facendo cadere in secondo piano quello che fino ad un'istante prima non aveva mai visto nulla di più importante?
"Mike...che succede?" udì Will sussurrare al suo fianco con voce calma e tranquilla, occhi verdi attenti e rassicuranti, facendolo sospirare chiudendo gli occhi un secondo di più.
A qualcuno doveva pur parlarne o sarebbe di certo impazzito, e non poteva essere nessun altro dei ragazzi se non Will.
Solo lui avrebbe capito senza ridere di lui, Mike ne era più che sicuro quel pomeriggio.
"Ho...ho un problema, Will"
"E questa era l'unica cosa che avevo già capito!" abbozzò una risatina il giovane Byers per alleggerire la tensione,
"Hai una faccia, amico, che si potrebbe quasi credere ti abbiano avvelenato il gatto o peggio... lasciatelo dire!"
"Con El le cose...le cose non stanno andando molto bene ultimamente..."
"E anche questo l'avevo già capito da me, amico...anche se, lasciatelo dire, da come vi cercate di mangiare la faccia contro gli armadietti peggio di due sanguisughe tutte le mattine non si direbbe proprio..."
"Will, ti prego..." scosse la testa Mike alzando gli occhi al cielo con aria scocciata, facendo ritornare il giovane Byers immediatamente più serio e composto.
"Va bene, va bene, Mike...scusami!" scosse la testa Will con un ultimo sorriso, rialzando nuovamente su di lui due occhi verdi più seri e concentrati di prima:
"Ti ascolto"
"Ho paura El mi stia nascondendo qualcosa..." sussurrò Mike senza nemmeno rendersene conto, provando un morso alla bocca dello stomaco a quella piccola realizzazione.
"Che intendi dire?" chiese Will con tono serio come per invitarlo a proseguire, fermi immobili sulle loro altalene in mezzo al vento più freddo annunciate una pioggia imminente sopra di loro.
"Qualcosa...qualcosa di grosso?"
"Qualcosa ma non so cosa...non lo so, Will, cazzo!" deglutì sconsolato Mike tornando con lo sguardo alle converse ai suoi piedi, tremando appena nella sua giacca di jeans troppo leggera.
"So solo che ho questa sensazione addosso da settimane, costante! Non riesco a togliermela dalla testa! Tutto questo mistero nei confronti di che cosa fa, di dove sparisce, del perché deve sempre scappare via di corsa senza spiegare mai niente tutti questi dannati pomeriggi..."
"Tutti i pomeriggi? Sul serio?!" Mike lo vide alzare un sopracciglio con sguardo confuso, facendolo voltare lentamente di lato verso di lui:
"Wow...e io che credevo che fosse una scusa vostra per rintanarvi tutti i pomeriggi voi due da soli come Max e Lucas..."
"Avrei preferito, amico, credimi...ma temo non sia proprio così!"
"Hai provato a chiederle spiegazioni, non è vero?"
"Certo che ho provato, Will, ma..."
Mike boccheggiò in cerca di parole per completare, vedendo scorrere in un secondo davanti agli occhi della sua mente il viso del suo piccolo fiori così perso, così impaurito, i suoi occhi che avrebbero quasi voluto sul serio chiedere aiuto, per quanto le sue labbra rimanessero serrate e chiuse, incapaci di spiegare.
"Ma ogni volta El scappa, correre via...è sempre evasiva, sfuggente...è più che chiaro che non vuole farmi sapere qualcosa"
"Ti sei fatto un'idea di cosa che cosa potrebbe trattarsi, Mike?" domandò Will con voce attenta e decisa.
Mike sospirò mordendosi il labbro inferiore per un secondo.
"All'inizio avevo pensato ad impegno sportivo o qualcosa di simile: sai lei a quanto sembra è portata per qualsiasi genere di sport possibile..."
"Sì, certo, avrebbe avuto senso!"
"Ma non si spiegherebbe tutto questo mistero: per quale ragione non potrebbe dirmelo?!"
"Magari semplicemente si vergogna, Mike?"
"Poco credibile..."
"E quindi?"
"E quindi..." prese fiato Mike riportando le mani sulle catene fredde vicino al suo viso,
"Quindi sono arrivato a pensare potesse essere un appuntamento costante con Hopper, sai tipo "pomeriggi padre-figlia" o qualcosa di simile...qualcosa di così imbarazzante che il capo non vuole si sappia in giro!"
"Plausibile!"
"Ma non sono più sicuro nemmeno si tratti di questo.."
"E di che cosa allora, Mike?"
"Non lo so, Will, io...." deglutì il giovane Wheeler un ultimo istante con voce cupa, prima di pronunciare quella frase che a lui stesso faceva tra tutte di più paura.
"Io temo...temo che stia frequentando qualcuno...sai tipo come un altro ragazzo, tutti i pomeriggi...qualcuno che, ovviamente, beh, non sono...io"
"...dimmi che stai scherzando, non è vero, Mike?"
Mike non seppe per un secondo se offendersi sul serio o no per quella sua esclamazione, vedendolo scoppiare a ridere alzando lo sguardo al cielo gonfio di nuvole sopra di loro, fulminandolo con lo sguardo.
"Ma grazie tante, Will, tu si che mi riesci sempre a far sentire meglio!"
"Perdonami, Mike, ma questa è la cosa più stupida che io abbia sul serio mai sentito!"
"Mi stai prendendo per il culo, amico?!"
"Niente affatto, Mike, davvero, solo..."
Mike lo vide scuotere la testa riprendendo fiato davanti ai suoi occhi scuri inviperiti, riaprendo i suoi verdi tranquilli e sereni:
"Solo, Mike...sul serio?! Sul serio pensi che El stia uscendo segretamente con un altro ragazzo tutti i pomeriggi, senza dirtelo?!"
"...sarebbe poi così assurdo, Will?"
"...Mike" scosse la testa Will con un sorriso, vedendo il suo viso distendersi dalla tensione:
"Ho visto come tu ed El vi guardate tutti i giorni in mensa, nell'intervallo, davanti agli armadietti o all'uscita da scuola..." Mike lo vide continuare scuotendo leggermente la testa, come se stesse rivelando la cosa più scontata e banale del mondo:
"Siete fin noiosi ma assolutamente adorabili, devi credermi! Non c'è nessun motivo al mondo per il quale tu dovresti dubitare che El non sia sincera con te..."
"Sono sempre da quelli che non ti aspetti che arrivano le batoste migliori..."
"...Mike!" lo fulminò Will con lo sguardo manco si fosse trattato di un bambino, facendo mordere la lingua al ricciolino senza obbiettare di più.
"Capisco come ti senti, deve essere davvero una gran, gran brutta sensazione, amico, ma è immotivata! O, almeno, non giustificata a questo punto se ti porta ad avere questi pensieri o questo tipo di reazioni!"
Mike aprì le labbra rosse per replicare ma Will scosse la testa con tono deciso:
"Hai provato a chiederle ancora una volta di parlarne? Le hai chiesto di raccontarti il perché di tutte queste fughe e del suo atteggiamento?"
"L'ho fatto giusto un paio di ore fa a casa mia questa mattina, Will..." sospirò Mike alzando le spalle e lasciandole ricadere pigramente giù, una ben nota morsa alla bocca dello stomaco più intensa a quel ricordo.
"E non mi sembra io abbia ottenuto grandi soddisfazioni..."
"Forse il punto è che ti poni male, Mike! Di qualunque cosa si tratti sono certo che per El non sia facile parlarne, magari neppure ammetterlo con se stessa, o l'avrebbe fatto già da tempo, alla prima occasione!" annuì Will come a dar peso alle sue parole, vedendo gli occhi scuri del suo migliore amico saettare di stupore.
"Che intendi dire?"
"Dico...che qualunque approccio deciderai di prendere con lei, devi farle capire che il suo segreto con te sarebbe al sicuro!" continuò Will con tono chiaro e deciso, vedendo il viso di Mike corrucciarsi in modo pensieroso.
"Falla sentire a suo agio, non giudicata e totalmente al sicuro! Solo così, di qualsiasi cosa si tratti, troverà il modo di parlatene sinceramente!"
"Ma io credo di averci già provato molte volte, amico..."
"E provaci ancora per una volta, Mike! Non sarà mai un tentativo perso!"
Mike rialzò lo sguardo lentamente su di lui, avvertendo il suo cuore battere più veloce di emozione, vedendo le labbra di Will aprirsi leggere in un piccolo sorriso, non molto diverso dal primo di vera amicizia scambiato da quei due piccoli bambini sulle stesse altalene del loro asilo molti anni prima:
"Tu la ami, Mike, non è vero?"
La ami?
Che strane parole quelle, parole sulle quali il giovane Wheeler non credeva di essersi mai fermato a riflettere nemmeno per un secondo in quelle ultime folli settimane di passione.
Era stato così ansioso di trovare a sua volta lui per primo il vero significato di quella semplice parola, di scoprire lui per primo quello che i suoi amici credevano di aver già sperimentato, chi prima chi dopo, ognuno a suo modo, da non domandare nemmeno a se stesso, una volta caduto con entrambi i piedi dentro l'occhio del ciclone di quel tornado, se fosse infine davvero quello il punto di arrivo della sua ricerca, di quella piccola parola.
Amore.
Forse perché, in fondo, quella parola non aveva mai avuto solo e soltanto una sola definizione.
Si poteva definire amore se ogni notte, chiusa la chiamata con lei al suo supercomm, si ritrovava a contare le ore, i minuti, i secondi necessari per rivederla e risentire il suono della sua voce l'indomani mattina a scuola?
Era amore se le idee più pazze e folli per renderla felice si accavallavano nella sua mente spintonando per essere le prime, non facendo più differenza se fossero assurde o rischiose, tanto tutto si sarebbe sciolto insieme ad ogni paura di fronte ad un suo sorriso di gioia e stupore?
Era amore se anche in quel momento avrebbe solo voluto stringerle le mani più forte nelle sue dicendole di non avere paura, che di qualunque natura fosse stato il suo segreto lui mai ne avrebbe avuto paura, mai sarebbe scappato, nemmeno di fronte alla più inaspettata delle verità sul suo conto?
"Io credo...credo di sì, Will" annuì Mike con un sussurro, rispondendo una volta per tutte a tutte domande e a quell'unica sola, la più preziosa.
L'amava?
Oh sì...ma certo.
Ma certo che l'amava.
"Credo di sì, Will...la amo"
"E allora sì che è un bel casino, amico..."
"Sono davvero irrecuperabile, non è vero, Will?"
"Temo proprio di sì..."
I due migliori amici risero di gusto a quelle parole, sciogliendo ogni residuo di tensione e volgendo gli occhi vispi al cielo grigio sopra di loro, annunciante tempesta ed un imminente acquazzone, facendo loro intendere come quel colloquio potesse definirsi sul serio più che concluso.
"Non avere paura, Mike, sul serio...non ne avresti ragione!" concluse Will con un sorriso d'orgoglio verso il suo migliore amico, vedendolo sorridere di un sorriso sghembo ed imbambolato a sua volta sul viso, non credendo di averlo mai visto più felice e con la testa tra le nuvole di così.
Così euforico e terrorizzato allo stesso tempo, un ossimoro che solo la parola amore può mettere sotto comune denominatore.
E chi non l'ha mai provato non potrebbe mai spiegarlo, ma chi l'ha già vissuto non può che riconoscerlo negli occhi di chi gli sta intorno.
"Anche lei ti ama, Mike, ne sono sicuro!
Vedrai, andrà tutto, amico: tutto bene"
*
"Stai bene?"
"...no"
"Te la senti comunque di entrare?"
"Credo...credo di sì"
"Molto bene allora, cominciamo"
Profondi e lontani tuoni avevano iniziato nelle ultime ore di sole di quel pomeriggio di fine febbraio a rimbombare lontani alle prime luci della sera, confondendosi tra i rombi dei motori delle ultime macchine intente a mettersi a riparo al sicuro nei rispettivi garage, prima dell'ormai imminente ed inevitabile acquazzone alle porte.
E a giudicare dai tuoni cupi e profondi all'orizzonte, preceduti da sporadici lampi luminosi, pareva proprio che qualcuno avesse avuto tutta l'intenzione da lassù di aprire i rubinetti del cielo quella sera.
Non restava che riintanarsi in casa sotto un più caldo piumone, aspettando pazientemente la fine dell'uragano, ringraziando silenziosamente di poter contare su di un tetto sopra la testa e vetri spessi alle finestre.
Ma non per tutti gli abitanti della cittadina di Hawkins quel pomeriggio sarebbe andata così.
"A tutta l'aria di star per venir giù un bell'acquazzone!" aveva scherzato il dottor Owens pochi minuti prima, precedendola lungo l'ultimo corridoio dotato di finestre sulla superficie, indicando con la sua cartellina stretta nella mano destra una finestra del corridoio, al di là della quale, attraverso il vetro lucido, nuvoloni grigi e carichi di pioggia parevano abbassarsi sulle cime degli alberi quasi a sfiorarne le chiome.
"Già, già...davvero il finimondo..." la piccola Hopper avvolta nel suo accappatoio bianco e con il suo costume color perla indosso l'aveva visto rallentare davanti all'ultimo spiraglio di luce lungo quel corridoio, perso nei suoi pensieri dei quali non riusciva a scorgerne il contorno.
Non che le importasse molto ad essere sincera, non che le importasse molto di quell'uomo dal lungo camice bianco fino alle ginocchia, l'unico che le avesse mai rivolto la parola trattandola nel modo più simile ad una persona, in quegli interi anni passati all'interno di quelle mura.
Era solo un altro camice bianco il cui scopo era sempre stato quello di distruggere la sua vita, per quale motivo avrebbe mai potuto far differenza se l'avesse fatto con un sorriso o con la più impassibile delle espressioni?
"A te piace la pioggia, Eleven?" l'aveva visto domandarle con tono quasi cordiale, volgendosi di spalle verso di lei con quello che aveva avuto tutta l'aria di essere un timido sorriso, congelato come un piccolo bocciolo dalla più inclemente delle gelate, alla vista del viso impassibile e muto della ragazzina a sé di fronte.
"Come non detto..." sentì balbettare tra sé e sé quell'uomo gentile, battendo un colpetto di nocche sulla sua cartellina e riprendendo a camminare davanti a lei in silenzio, oltre le porte scorrevoli del piccolo ascensore in direzione dei sotterranei del laboratorio.
El avrebbe potuto quasi essere gentile con quell'uomo dalle guance rosse ed il sorriso da sempre cordiale, l'unico che prima di bucarle il braccio ogni pomeriggio le dicesse di prendere un lungo respiro ed il solo a chiederle dopo se le avesse fatto male quella volta o se avesse provato molto dolore.
L'unico dalla quale si era sentita chiamare per nome almeno una volta, il solo nome che loro riconoscessero come il suo, ma almeno in parte in grado di farla sentire non come un oggetto, quasi perfino al pari di una vera persona: Eleven.
Sì, la piccola avrebbe potuto essere gentile almeno con lui, avrebbe potuto credere sul serio, anche solo per finta, di aver trovato dentro quelle mura un amico.
Ma alla piccola, quel pomeriggio di nuvole e pioggia, pareva non importare a dire il vero molto di tutto il resto del mondo intorno.
"Procediamo, da questa parte...ci staranno già aspettando"
El aveva sempre odiato la pioggia, ma non le era sembrato carino rispondere proprio con quelle parole alla inutile domanda del dottor Owens.
Non che odiasse la pioggia di sé per sé, le goccioline d'acqua ad infrangersi sui prati e sulle foglie, a far fiorire i boccioli ed irrigare le zolle: odiava molto di più quello che portava con se la pioggia o i temporali come quello in arrivo.
Tuoni, lampi, saette, in grado di farla avviluppare nel suo piumino nascondendo la testa sotto il suo cuscino nella sua cameretta, piangendo a dirotto tutte le volte, prima che il suo papà irrompesse nella sua stanza abbracciandola e ripetendole sempre di non avere paura:
"È solo la pioggia, kiddo...solo la pioggia!"
Ma quel pomeriggio, El avrebbe quasi preferito quel rumore terribile al posto del silenzio irreale e mostruoso di quei sotterranei del laboratorio di Hawkins che riusciva a fare nelle sue orecchie quasi più rumore di qualsiasi tuono.
Avrebbe quasi preferito l'odore odioso della pioggia e dei vestiti zuppi, piuttosto che gli odori acri e fastidiosi del cloro di quella vasca alta e già illuminata e pronta per lei al lato del muro, il ticchettio delle gocce contro il vetro della sua finestra piuttosto che il bip fastidioso dei monitor, l'unico ritmato rumore ad interrompere il silenzio denso e spesso all'interno di quelle pareti dell'orrore.
"Spero tu ti senta in forze, Eleven, perché ci aspettiamo tutti grandi cose da te oggi!" il piccolo fiorellino udí il suo accompagnatore sussurrare ancora tra sé e sé, giunta di fronte al portellone della vasca alla medesima postazione, vedendo già altri camici bianchi più o meno noti posizionarle ventose ai lati delle tempie, delle clavicole e del petto, stendendole le braccia per bucarle i gomiti ed infilare una flebo alla volta.
La piccola aveva quasi imparato a non battere ciglio a quei piccoli dolori, non lasciando più trasparire la ben che minima emozione.
Quasi.
Ci stava ancora lavorando sopra, ad essere sinceri.
"Oggi è un giorno speciale, Eleven, ti daremo un aiutino..." El allargò lo sguardo lungo le pareti sulla balconata al di là del vetro, dove il viso del suo papà fu il primo a far capolino nel buio illuminato dai monitor, appena accanto a quello dell'altro suo papà, in piedi a braccia conserte con i suoi occhi glaciali puntati nella sua direzione.
Il brivido di freddo che la percorse da capo a piedi a quella vista no...quella era qualcosa alla quale mai, mai avrebbe potuto abituarsi nella sua intera vita.
"Questo ti aiuterà a...a rimanere con noi, diciamo..." lo sguardo di El tornò improvvisamente al dottor Owens in piedi di fronte a sé, vedendolo estrarre dalla sua custodia un ago spesso e molto lungo, prelevando dalla sua boccetta un denso liquido scuro.
"Non appena avrai bisogno di un aiuto, noi ecco...tac!" aggiunse il dottore dando un colpetto allo stantuffo e facendo fuoriuscire appena uno zampillo di piccole gocce, facendo deglutire il fiorellino in piedi di fronte a lui, già imbrigliata nei sensori e cavi attaccati ai monitor intorno a lei, intenta a domandarsi in cuor suo se di quell'aiutino avrebbe potuto sul serio fidarsi, se mai ne avesse avuto realmente bisogno.
Bisogno di che cosa, poi?
In che modo avrebbe dovuto interpretare quello specifico "bisogno d'aiuto"?
"Ecco, così...ci vorrá solo un secondo..." sussurrò il dottor Owens avvicinandosi al suo petto, contando le sue costole dal basso al di sopra del tessuto sottile del suo costume.
"Questo potrebbe farti un po' male, ti avverto..." lo udì mormorare con fiato corto, ma prima che la piccola potesse sussultare o anche solo avere paura, un piccolo colpo più deciso alla sinistra del suo petto le fece perdere fiato e capacità di parola in una piccola frazione di secondo.
"Ahi...dio..!" sussultò El stringendo le dita e chiudendo gli occhi, alzando la testa in alto e tirando i muscoli pur di non imprecare e di non guardare giù: non le sarebbe servito un dottore per accorgersi di dove il dottor Owens aveva piantato quell'ultima siringa nel suo corpo quel pomeriggio, non era necessario nemmeno aprire gli occhi per avere conferma le avessero piantato quello grosso ago nel centro del suo sterno, a due centimetri dal suo cuore.
"Siamo pronti a cominciare, tutti in posizione"
Prese fiato El con le lacrime agli occhi, allentando la stretta delle sue unghie nel suoi palmi e roteando per un secondo i suoi polsi, deglutendo silenziosamente ancora una volta, aprendo le palpebre appena appena per poter avanzare di un passo alla volta fino al bordo superiore di quella vasca, trascinando con sé i cavi dei monitor attaccati ai suoi sensori e alle flebo ai suoi polsi: l'ultimo, il più spaventoso, pendente dalla siringa al centro del suo petto ad un passo dal suo cuore.
"Partiamo, signori, conto alla rovescia per favore"
El udì due ultime mani posizionarle la mascherina d'ossigeno sopra il naso e la sua bocca, chiudendo gli occhi e già avvertendo il buio soccomberla, l'acqua fretta bagnarle rapidamente la pelle, le gambe, le braccia, inzuppando il suo costume, quell'inconfondibile odore di cloro percepibile intorno a lei anche al di là della sua maschera da respirazione.
"Cinque.."
Preso fiato El un'ultima volta, lasciando che le sue dita scorressero leggere lungo le pareti lisce di vetro si quella vasca dell'orrore, l'ultimo contatto con la realtà, l'ultima percezione consapevole del mondo.
"Quattro.."
Prese un ultimo lungo e profondo respiro El tentando di non accelerare il battito e concentrandosi sulla sua respirazione, ripetendo a se stessa che se avesse fatto tutto per il meglio e secondo gli ordini sarebbe presto potuta uscire via da lì: via da quel posto dimenticato da Dio, via da quello schifo, correndo fino alla casa del suo ricciolino come una banale ragazza di 15 anni in un banale sabato sera, facendosi avvolgere da quelle braccia forti che davvero la facevano sentire protetta come nessun'altra cosa al mondo.
Protetta dai mostri.
"Tre..."
Ma in un piccolo barlume di coscienza residua, fu El a perdere fiato un po' prima del tempo quel pomeriggio, come se una scarica elettrica le avesse attraversato il corpo da cima a fondo quel pomeriggio, immersa in quella vasca di deprivazione sensoriale.
Mike, sì...
E se dopo quella mattina fosse stato Mike il primo a non volerla più vedere?
Il primo ad essersi stufato dei suoi giochetti, il primo ad aver deciso di non voler più stare in silenzio di fronte all'ennesima sua fuga?
"Due..."
E se proprio quella sera fossero stati di nuovo quelli cupi e tristi gli occhi ad attenderla ad di là della porta di quella casa al termine di quel vialetto?
E se per l'ennesima volta El non avesse saputo che cosa rispondere, non avesse saputo con che parole giustificare, con quale ennesima bugia rispondere a quella sua più semplice richiesta, quella di fronte alla quale perdeva il respiro ogni volta, accorgendosi come di stare per perderlo ogni volta di più?
"Perché, El...perché?"
"Uno..."
Per quanto ancora avrebbe perdonato a se stessa di essere lei la responsabile di quei suoi occhioni grandi e tristi, per quanto ancora avrebbe sopportato di mentire alla sola persona alla quale sentiva di voler bene come a nessun altro nel mondo?
Anzi, molto più che ormai semplice volere bene...
Quale era stata sempre quella parola, assente nei libri di scuola ma ben nota tra le pagine di ogni sua più bella storia d'amore...?
Amore.
Sì, amore.
Proprio a lui che El credeva potesse essere il suo primo, l'unico, il solo per il quale "voler bene" non sembrava più sufficiente, quanto piuttosto molto più appropriato e bisognoso utilizzare quel verbo all'infinito, "amare"?
Amore?
"Via"
E in un attimo, tutto era un'altra volta buio.
Vuoto.
*
In un sabato pomeriggio di nuvole e di pioggia, alle prime ombre della sera sopra i tetti delle case di Hawkins, Mike Wheeler tornava a casa da solo in silenzio quella sera, svoltando nel vialetto della sua Maple Street deserto ed illuminato dai lampioni, dopo aver salutato all'ultimo incrocio la bicicletta con in sella il suo migliore amico.
"Ci sentiamo dopo, Will!"
"Sicuro!" si era allontanato alzando il braccio in segno di saluto il nerdino, pedalando veloce lungo la via, fintanto che gli occhi del suo migliore amico erano stati in grado di seguire il suo profilo all'orizzonte.
"Appena in tempo, cazzo!" si era affrettato a posare la bici all'interno del suo garage vuoto, lanciando un'occhiata al di là della saracinesca di ferro e vedendo le prime gocce di pioggia infrangersi sul marciapiede del vialetto di casa sua, tirando un sospiro di sollievo allo scampato acquazzone che di certo lo avrebbe sorpreso ancora in giro appena una manciata di minuti dopo.
Non aveva saputo nemmeno lui come, il suo pensiero era andato alla vista di quelle nuvole immediatamente a lei, al suo piccolo fiore.
Alla sua El.
"El..."
Non sapeva dove si trovasse in quel momento, non aveva idea di dove avrebbe potuto immaginarla in quel preciso istante, e a quel solo pensiero Mike aveva scosso la testa, potendo quasi immaginare il viso di Will stesso guardarlo in cagnesco, come ad intimarlo di smettere con quelle inutili paranoie.
In qualunque posto lei si trovasse, Mike sperava almeno che fosse protetta dalla pioggia, che fosse al sicuro, aveva concluso il piccolo Wheeler chiudendo la saracinesca del suo garage con un rumore sinistro, aprendo la porta di casa su un salotto buio e fin troppo silenzioso.
In qualunque luogo lei si trovasse sperava almeno non fosse stata sorpresa a piedi e senza ombrello sotto la pioggia.
Ma in quel preciso momento, dall'altra parte della città, la piccola Hopper stava urlando con quanto fiato aveva ancora a disposizione dentro le pareti di vetro di quella vasca.
"Basta...basta, vi prego!!" morivano le sue parole nella montagna d'acqua a sovrastarla come la lapide di una tomba, dimenandosi e battendo calci e pugni lungo le pareti di vetro come una furia, gli occhi chiusi e le braccia tese come una croce, portando la testa all'indietro ed incapace di tornare indietro da quel buio.
La membrana di quella parete di vetro pareva così sottile, così sottile quella volta, il mostro al di là di essa così reale quella sera, così profondo il suo ruggito, quasi le stesse chiedendo sul serio di aiutarlo, quasi le stesse chiedendo lui stesso di toccarla, quasi come se una strana e misteriosa forza attrattiva la stesse spingendo da sola un po' di più sempre più vicina contro la sua stessa volontà, mentre le forze nel suo corpo l'abbandonavano ancora una volta ed ancora una volta El si sentiva solo svenire sospesa in quella vasca senza più aria nei polmoni.
"Vi prego, basta, per favore, fatemi uscire...basta, basta!"
"Legatela, è un ordine" rinbombarono le parole del dottor Brenner quella sera al di là quel monitor, facendo scattare in contemporanea il dottor Owens e il capo Hopper nella sua direzione: medesimo il movimento ma differenti le espressioni.
"Vorrà scherzare, dottore, non è vero? Devo aver sentito male, non è così?!"
"Martin, ti prego, ascoltami..."
"Le ho dato degli ordini precisi, dottor Owens, credevo di essere stato sufficientemente chiaro in merito"
"Martin, sul serio, io..."
"Procedi" gli occhi di ghiaccio del dottore Brenner penetrarono quelli azzurri del dottor Owens senza concedere repliche o discussioni quella sera, rivolgendosi infine ad un capo Hopper decisamente fuori di sé e non altrettanto misericordioso.
"E quando a lei, capo Hopper, credo non serva ricordarle che né me né nessun altro è qui a prendere ordini da lei nel mio laboratorio"
"Lei, lurido figlio di...!"
"Procedete" ripetè il dottore con un cenno di assenso al di là del vetro a sue guardie già poste al limite superiore di quella vasca in posizione.
"Legatela, subito, ora"
Ed in un attimo la piccola Hopper si sentì tirare all'interno di quella vasca da due braccia forti verso l'alto, verso la superficie, verso la sua liberazione.
Doveva aver urlato davvero molto forte quella volta, perché le sue preghiere erano state esaudite molto in fretta quella sera, e a parte la sensazione familiare ed opprimente di stanchezza, El non si sentiva affatto in fondo così distrutta, affatto così allo stremo delle sue forze, come tutte le altre volte.
"Mike...posso andare da Mike?" le sembrò quasi di riuscire a sussurrare nel buio, muovendo le palpebre appena appena come a prepararsi a riemergere da quel mondo, dall'acqua, dal buio.
Ma quando ai suoi polsi indolenziti avvertì avvolgersi un materiale ruvido più stretto e più robusto, quasi fino a farle male contro i contorni delle sue ossa, ancora immersa in quella vasca dell'orrore, El non ebbe fatto il tempo a dimenarsi verso la superficie ancora una volta, il portellone richiuso sopra la sua testa e le sue braccia bloccate verso l'alto sopra la sua testa, bloccandole ogni movimento e possibilità di fuga.
"No! No! Noo!" scosse la testa El dimenando le braccia in ogni direzione, il solo effetto di avvertire più caldo e più copioso il sangue dalle sue narici colare in una nuvola rossa spargendosi intorno, avvertendo le sue forze residue sul punto di lasciarla andare di nuovo, la sua voce sempre più flebile e meno veloci i battiti del suo cuore.
"Pressione in diminuzione!"
"...aiuto"
"Bpm 50 battiti al minuto!"
"Mike...aiuto"
"Procedete, ora!"
Ma quando con un piccolo click proprio al limite della siringa posta al centro del suo petto ad un passo dal suo cuore, quel liquido scuro fu spinto all'interno del suo ventricolo sinistro, sparando in circolo l'adrenalina con la potenza di una piccola esplosione, ogni fibra nervosa del suo corpo fu percorsa da un'ondata di elettricità al pari della scossa di un fulmine e alla potenza di un tuono, facendola ansimare come dopo un'apnea di una manciata di minuti, riaprendo gli occhi di colpo davanti a sé come paralizzata dall'orrore.
No, non era svenuta, non quella volta.
Non l'avevano riportata in superficie da quella vasca priva di sensi come tutte le altre volte, era ancora lì, nel buio, bloccata nel vuoto, di fronte quella mostruosa e sconosciuta creatura al di là della parete di membrana sottile spessa niente di più di una pellicola.
"Fatemi uscire di qui, vi prego, fatemi..." pianse El chiudendo gli occhi e allontanando lo sguardo piegando in basso la testa, lasciando che pesanti lacrime scorressero veloci mescolandosi all'acqua intorno.
Che cosa volevano da loro quelle persone?
Che cosa voleva da lei quella creatura?
Perché ruggiva così a lei e a lei sola?
Perché non poteva uscire da sola da quella parete sottile ed impenetrabile?
"Che cosa volete da me?!" urlò El alzando gli occhi al buio intorno a sé, pregando con tutte le sue forze di poter svenire, di poter morire, tutto pur di non sentire più nelle orecchie quel ruggito mostruoso e davanti agli occhi quei denti bianchi ed aguzzi al posto della faccia di quella creatura.
Quanto forte doveva urlare perché qualcuno potesse sentirla in quel buio?
Quanto forte perché qualcuno potesse soccorrerla in quel vuoto?
"Mike...dove sei? Ti prego, aiutami..."
"Che cosa vuoi da me, papà?!" urlò El con quanto fiato aveva in gola, tappandosi le orecchie nel vuoto al rumore del suono stesso della sua voce, a tratti più mostruoso del ruggito stesso di quella creatura, disperato, strozzato, amplificato dalla forza dell'adrenalina nelle sue vene a renderla più sveglia ed attiva di prima.
Voleva solo svegliarsi, credere che tutto quello fosse ancora solo un brutto incubo.
"Papà! Papà!! Papaaaaa!"
"Voglio che lo liberi, Eleven, che lo tiri fuori da lì" la voce glaciale del suo papà lo raggiunse nel buio del vuoto, facendo tacere il suo grido e gelare in un singolo battito il suo cuore.
"Che cosa?" balbettò El confusa, voltandosi intorno in cerca di quella voce, scorgendo una piccola luce in fondo a quel buio.
"Papà? Sei...sei tu?"
"Voglio che lo liberi, Eleven, che lo tiri fuori da lì..." avanzò di un passo in avanti l'ombra del dottor Brenner affiorando nel buio, facendo scuotere la testa al piccola tremante di paura, un passo all'indietro di schiena a quel muro, di schiena di fronte a quella creatura.
El non credeva di aver mai sentito il suo cuore battere più forte nel suo petto di puro, autentico orrore.
"No..."
"Tiralo fuori, Eleven, tiralo fuori da lì!"
"Noooo!" scosse la testa El stendendo un braccio in avanti nel buio del vuoto, ma il suo papà fu in un secondo più veloce, muovendo la mano tesa di fronte a lui e facendola sbattere contro la parete alle sue spalle, di fronte a quella buia creatura.
E il ruggito direttamente nelle sue orecchie dietro le sue spalle fu l'ultima percezione che la piccola Hopper ebbe della realtà quella sera, mescolate all'ultimo grido con l'ultima forza nei suoi polmoni, frammisto a quell'ultimo terribile ordine.
"Tiralo fuori, Eleven...tiralo fuori da lì"
"...NOOO!"
E poi, improvvisamente, di nuovo buio.
Fuori dal vuoto.
*
Mike aveva atteso che la luce flebile del tramonto svanisse del tutto dietro le tende del suo salotto per accendere definitivamente la luce.
Poteva essere ufficiale: restare da solo a casa si stava rivelando un noia mortale, ed anche se sapeva che sua sorella lo aveva lasciato solo da quella mattina credendo di fargli un favore, il minore di casa Wheeler non aveva mai desiderato così ardentemente che sua sorella fosse lì in casa con lui in quel momento.
E il che era davvero tutto dire per lui.
Erano passati da molto tempo gli anni nei quali aveva avuto paura dei tuoni, ed ormai non svegliava più i suoi genitori nel cuore della notte con indosso il suo pigiamino a righine e Rory ben stretto tra le braccine, insistendo che era troppo triste e spaventato per tornare a dormire da solo nella sua cameretta.
Eppure, quella sera di un sabato cupo di fine febbraio, restare da solo nella sua casa vuota e troppo grande, sotto la pioggia sempre più insistente al di là delle finestre, si stava rivelando davvero la cosa più deprimente del mondo.
Nemmeno il polpettone di sua mamma lo avevano aiutato a stare meglio, fatto scaldare con uno o due giri del microonde, sedendosi da solo al suo tavolo del soggiorno, senza nemmeno apparecchiare, infilando la cassetta datagli da Will nello stereo del suo salotto e sperando di ricavarne dalla sua amata musica almeno un minimo conforto.
Ma il solo effetto che il piccolo Wheeler credeva di aver ottenuto quella sera era stato ricordarsi di che ben altro tipo di musica aveva ascoltato quella stessa mattina, nella sua camera da letto al piano superiore.
Con lei.
Baby you're all that I want
When you're lyin' here in my arms
I'm findin' it hard to believe
We're in heaven
Aveva sospirato il giovane nerdino, rinunciando a finire il suo avanzo di polpettone e lanciando il piatto nel lavandino con poca grazia e delicatezza, accostandosi alla finestra del suo salotto e scostando appena la tenta, il librone pesante di chimica ben stretto tra le sue braccia, come una promessa.
Era una serata da lupi, non si vedeva quasi ad un palmo dal naso fino alla fine della via: la pioggia batteva sempre più inesistente e non accennava a smettere, creando piccoli rigagnoli ai lati del sentiero di pietre del suo giardino, accanto ai gerani della sua mamma a capo chino all'ingiù.
Almeno lui e Nancy non avrebbero dovuto ricordarsi di dare un'annaffiata alle stupide piante di sua madre per quella settimana...
"Ha promesso che sarebbe passata, Mike, datti una calmata! Insomma, gli hai fatto lasciare qui il suo libro di chimica! E allora perché ci mette così tanto?!" sospirò il nerdino portando una mano tra i suoi ricci, rinunciando a seguire la folle corsa di una gocciolina d'acqua di contro il vetro della sua finestra ormai zuppa.
El non poteva non passare, glielo aveva promesso quella mattina!
Non importa quanto sarebbe arrivata tardi e quanto lo avrebbe fatto attendere ancora, Mike si sarebbe fatto trovare in ogni caso ancora sveglio, pronto, in attesa di lei.
E se mai avesse avuto le palle per chiederle di restare lì con lui per il resto della notte, Mike Wheeler si sarebbe ben presto rilevato essere il ragazzo più felice e fortunato dell'intero pianeta terra.
E allora, per quale motivo continuava ad avvertire in ogni fibra del suo corpo, come una brutta sensazione?
Schioccò la punta della lingua contro il suo palato un paio di volte, prendendo un profondo respiro reso ancora più pesante da quel librone di chimica ben stretto al suo petto neanche si fosse trattato di vita o di morte, come se il solo fatto che lo stesse conservando lì in ostaggio tra le sue braccia fosse da solo sufficiente a farla materializzare come per magia lì all'interno del suo salotto.
Will gli aveva detto di non aver paura, glielo aveva ripetuto per tutto il pomeriggio: doveva parlarle chiaramente, chiederle cosa c'era che non andava una volta per tutte.
Ma, ancora prima di questo, Mike doveva farle capire sul serio che poteva fidarsi di lui, che avrebbe voluto sempre e solo essere certo che stava bene e tenerla al sicuro.
Che aveva capito che l'amava?
Sì, forse sì...anche quella sarebbe stata sul serio una bella frase ad effetto da dirle, non c'era dubbio alcuno.
Ma qualcosa nei pensieri dentro la sua testolina ricciuta gli suggerivano con insistenza a quella finestra di non mettere troppa carne al fuoco per quella sera.
In fondo, se mai fosse arrivata, non poteva sapere di che durata e tenore sarebbe stata la loro conversazione.
Se mai fosse arrivata, appunto, primo punto della questione...
Ma sicuro che sarebbe arrivata, era questione ancora di minuti!
Questo Mike Wheeler pensava quella sera di pioggia, contando le gocce al di là delle finestre del suo soggiorno come tante lacrime fini ad infrangersi contro il marciapiede di pietra al fondo del suo vialetto, perdendone ogni volta il conto: le stesse lacrime sottili che la piccola Hopper aveva smesso di contare già da tempo, in caduta libera a ripetizione lungo le sue guance rosse e rigate di singhiozzi.
"Piccola, mi dispiace così tant..."
"...shhh" scosse la testa El l'ennesima volta sul suo sedile, portando d'istinto i palmi aperti sulle sue orecchie, stringendo appena i suoi ricci ancora grondanti e zuppi in un piccolo gesto di protezione.
Ogni più piccolo suono rimbombava dentro la sua testa quella sera come un petardo scagliato in ogni direzione, acutizzando ancora di più il suo mal di testa, mai stato più potente e sordo di così, a premerle con insistenza come una morsa intorno alle tempie, lungo il confine della sua mandibola, la fronte, gli zigomi, i bulbi dei suoi occhi.
"Ti fa ancora molto male, non è vero?" sussurrò il capo Hopper ancora una volta, abbassando il tono della sua voce fino a ridurlo un sussurro flebile e gentile, portando una mano delicatamente dal cambio del furgone, allontanandola lentamente dal suo orecchio e prendendola nella sua.
"Ti fa ancora molto male, vero, El? Piccola...dove ti fa più male?"
"Qui..." singhiozzò El con una smorfia di dolore, portando la mano libera lungo l'intera superficie del suo viso.
Avrebbe fatto prima sul serio quella sera a riferire dove non le facesse male da morire, in quale frammento di superficie del suo corpicino non martoriato dai lividi, dai colpi battuti contro le pareti rigide di quella vasca, agitandosi impazzita, in quale centimetro delle sue braccia non offeso e bucato dagli aghi delle flebo e martoriati dalle cicatrici, in quale porzione dei suoi polsi ancora violacei, dove i profili di quelle corde strette ancora si intravedevano di sotto le maniche lunghe del suo vestitino a fiori.
"Qui, qui...e qui"
Il capo strinse più forte la mano nella sua in silenzio, vedendola con la coda dell'occhio portarsi lentamente una mano sul petto, nel punto preciso, nel mezzo del suo sterno, dove lo spesso ago di adrenalina aveva lasciato quella sera l'ematoma più visibile di tutti, coperto da un cerotto grande più o meno quanto il palmo della sua mano in mezzo al suo piccolo seno.
Hopper avrebbe tanto voluto trovare qualcosa da dirle quella sera, ma di parole di conforto credeva di non averne lui per primo davvero più.
"Sei tornata laggiù, El? L'hai raggiunto di nuovo? L'hai visto?"
"Sì..." boccheggiò El stringendo la mano nella sua con estrema debolezza, riaprendo lentamente i suoi occhioni gonfi e sfiniti, distrutti.
"Sì, l'ho rivisto e poi...e poi ho visto anche papà, anche papà era laggiù...e poi lui, lui..."
"...lui?" insistette Hopper alzando il volume della voce con tono sostenuto, vedendo la sua piccola scuotere la testa chiudendo gli occhi come in una supplica.
"Che cosa ti ha fatto laggiù? Che cosa ti ha detto?"
"Papà, scusami, ora...ora non me la sento" scosse la testa El tirando sù con il naso ed abbandonando la testa all'indietro, contro il poggiatesta del suo schienale, lasciando che le lacrime scorressero ormai inarrestabili e più copiose sul suo viso.
"Voglio che lo tiri fuori, Eleven...voglio che tu lo tiri fuori da lì!"
"Nooo!"
"Ma certo, piccola, d'accordo..." annuì Hopper con un sussurro, portando il palmo della mano della sua piccola ancora stretto nella sua fin sotto i suoi baffoni, lasciandovi un bacio leggero con estrema delicatezza, prima di lasciarlo cadere cambiando marcia ed accelerando lungo la strada buia e bagnata di pioggia.
"Ora ti porto a casa e ti preparo un bel bagno caldo, vedrai, con questo tempo è quello che ti occorre e ti farà stare immediatamente meglio! E che ne dici se per cena non ti preparo dei begli eggos dorati?
Al diavolo per una volta la nostra regola, che ne dici? Per una volta la cena può essere essa stessa il dolce, che te ne pare, kiddo?"
"Papà, io..." sussurrò El debolmente, voltando lentamente il viso sul suo schienale verso di lui, sperando che quello sforzo davanti agli occhi azzurri del suo papà fosse in grado di essere sufficiente, sufficiente a trasmettergli tutta l'urgenza di quella sua richiesta.
"Prima di tornare a casa, io...io devo passare a casa di Mike, papà...per favore"
"Di Mike, El? Adesso?!" rispose quasi urlando dentro l'abitacolo di quel furgone il capo della polizia, avvertendo un gemito soffocato provenire dal sedile accanto al suo a quella sua reazione.
"El è fuori discussione, non se ne parla!" la piccola udì un'altra lacrima scorrere leggera lungo la sua guancia ormai zuppa, deglutendo saliva lungo la sua gola secca.
Il suo papà non capiva che quella sera la sua non era più solo una semplice richiesta, il suo era quasi molto più simile ad un reale bisogno.
Doveva vederlo, anche solo per pochi minuti.
Glielo aveva promesso quella mattina, non poteva pensare di non mantenere la sua parola, non con lui, non con il suo Mike.
Non quella sera nella quale sentiva che la sola ragione per mantenersi ancora in vita e continuare a respirare era un piccolo adorabile ricciolino ad attenderlo al termine del suo vialetto di casa.
"Papà, ti prego, io...io gliel'ho promesso, io ne ho bisogno..."
"Non questa sera, kiddo, è escluso" ribattè secco il capo Hopper con tono sicuro, stringendo più forte le dita conto il volante di pelle del suo furgone, come ad annunciare che mai, per quella sera, avrebbe potuto cambiare il suo verdetto sulla questione.
"Non ti reggi quasi in piedi, El, quello di cui hai bisogno tu è di riposo! Potrai telefonare a Mike domani mattina e scusarti di non essere passata a salutarlo come era stato accordato, ma per questa, kiddo, è fuori questione: non ti porterò da Mike in questo stato e sotto questa pioggia, te lo puoi scordare!"
"Ho lasciato il mio libro di chimica da lui questa mattina..." sussurrò El con poca convinzione, più che certa che non sarebbero sicuramente state quelle le parole in grado di far cambiare idea al suo papà sull'intera questione.
Forse, in fondo in fondo, aveva perfino ragione.
"Papà, per favore..." insistette per un ultimo secondo El con voce più simile ad un gemito o ad un guaito, sentendo un sospiro grave e profondo partire dal petto del capo della polizia.
"Anche solo un paio di minuti, io...io gliel'ho promesso...mi stará aspettando e sarà questione di un momento...papà, gli amici...gli amici non mentono!"
"Ne ho abbastanza di queste puttanate, El, basta! Smettila d'insistere!" il pugno sferrato contro il parabrezza del veicolo fu così intenso e così inaspettato da far vibrare i finestrini e il sedile di El, fino dentro la sua calotta cranica.
Strinse più forte le palpebre la piccola e i pugni sulle sue gambe, avvertendo una forza incontrollabile salire lenta dal suo petto lungo le sue braccia, potente ed inarrestabile.
No, non poteva permettersi che accadesse di nuovo, non lì, non con lui, non con il suo papà.
Eppure El doveva andare, lui non capiva...perché era il suo papà a star rendere tutto ancora più difficile?
"Che "gli amici non mentono" o qualsiasi cosa sia glielo ripeterai a Mike domani al telefono o lunedì mattina a scuola, kiddo...per questa sera ti porto a casa con me e ti costringeró al riposo. E credimi, El, ti sto facendo un favore..." scosse la testa Hopper con gli occhi fissi sul parabrezza dell'auto, dove goccioline di pioggia picchiettavano insistenti a ritmo sempre più sostenuto, spazzate via dal tergicristallo fino al parabrezza.
"Cosa ti direbbe Mike se ti vedesse in questo stato, ci hai pensato, El? Che cosa gli risponderesti, El, se ti chiedesse chi o cosa ti ha ridotto così? Continui a comportarti da stupida, da incosciente e da sconsiderata! Ma credimi, El, per il tuo stesso bene, non ti permetterò di mandare a puttane la tua, la mia, la nostra vita solo per mantenere una stupida promessa con il primo ragazzo che capita!"
"Svolta da quella parte papà...subito"
Il capo della polizia di Hawkins impiegò più di un manciata di secondi per capire da dove provenisse quella stessa medesima voce, nel silenzio calato in un secondo dentro l'abitacolo della sua auto della polizia, il buio della notte intorno a loro mai stato più denso, profondo e minaccioso di così.
"Che cazz...?!" fece in tempo a protestare il capo della polizia, voltandosi alla sua destra e ritrovando di fronte a sé uno spettacolo che mai si sarebbe immaginato.
"Non starai facendo sul serio, non è vero, kiddo?" El lo vide sorridere ma con il volto teso, passando con lo sguardo dal suo viso rivolto ora completamente verso di lui, dalla sua testa leggermente piegata in avanti al suo braccio teso e minaccioso di fronte a lei, in direzione del volante del veicolo.
"Stai...stai scherzando?"
"Se non lo fai tu, papà, sarò costretta a farlo io" ribattè secca El con una forza di volontà che non credeva di avere, avvertendo come mille scariche elettriche partire a ripetizioni lungo le fibre nervose del suo braccio teso contro il suo papà indifeso e sbigottito, pregando che le desse ascolto almeno così, prima che accadesse quello che non era certa di riuscire a controllare ancora a lungo.
"Portami da Mike, papà, ora"
"Mi auguro questo sia uno scherzo, El..." ribattè lentamente il capo Hopper con tono serio e sguardo fisso, vedendo le dita della sua mano tesa tremare impercettibilmente accanto a lui.
"Non oseresti, El, non oseresti usarli contro di me..."
"Che dici? Vuoi che proviamo, papà?"
"El, questa bravata di costerà cara, molto cara, signorina..." concluse mesto il capo della polizia, impassibile nell'espressione e nel tono della sua voce, svoltando all'ultimo e lentamente all'ingresso di una ben nota Maple Street, frenando con altrettanta lentezza al di là della strada di fronte al numero civico 11.
"Ti concedo 3 minuti per suonare dai Wheeler, recuperare il tuo libro di chimica e salutarlo come si deve, perché, dopo questa bravata, signorina, sarai tenuta in punizione per il resto della tua vita..." la piccola Hopper abbassò lentamente il braccio teso di fronte a sé con un singhiozzo, sentendo l'energia abbandonare in un secondo la sua intera piccola figura, nuove lacrime più calde ed amare grondare a ripetizione dalle sue ciglia.
"Papà...scusami..." sussurrò El sentendo il suo cuore farsi piccolo piccolo, di fronte a quell'uomo di profilo con lo sguardo fisso di fronte a sé, non più scocciato, nemmeno arrabbiato, quanto infinitamente triste, deluso.
"Scusami, papà, non...non volevo..."
"Risparmiamelo, Eleven, avrai occasione di riflettere sulle conseguenze delle tue azioni più tardi" ribattè Hopper con voce atonale e sguardo fisso, ignorando i singhiozzi più acuti provenienti dal sedile anteriore di fronte al suo.
Sapeva che quella piccolina non avrebbe mai usato i suoi poteri contro di lui, ma quel gesto...
Hopper credeva di non essersi mai sentito in vita sua più deluso di così.
"Ora muoviti prima che cambi idea: ho detto 3 minuti, non uno di più"
"Okay..." annuì El strizzando gli occhi e volgendosi lentamente verso la portiera, cercando a tentoni la maniglia di apertura.
Credeva che nessuna più piccola parte del suo cuore potesse ancora resiste in bilico dallo schiantarsi al suolo infrangendosi di più di quella serata di pioggia.
"Gr...grazie"
"Non uno di più" udì il suo papà ripetere ancora un secondo prima che la portiera si richiudesse e la pioggia iniziasse a precipitare sulla sua intera figura, sui suoi ricci già bagnati, sulle sue gambe nude, confondendosi con le sue lacrime mai state più dolorose.
Non avrebbe mai fatto del male a nessuno, men che meno al suo caro papà, ma che cosa le era preso?
Non seppe nemmeno con quale forza di volontà le sue gambe stanche e distrutte, la sua schiena curva, piegata dalla pioggia e dalla stanchezza, ebbero raggiunto il marciapiede a sé di fronte, dal lato opposto della carreggiata di quella amata Maple Street, sentendo gocce scorrere leggere lungo la sua intera figura, non sufficienti tuttavia a lavare via le sue colpe.
Stava vedendo crollare a terra tutto, un pezzettino alla volta, tutto quanto di più prezioso aveva sempre avuto in quel suo piccolo mondo, ma perché non riusciva a far altro che a ferire quanti di più erano vicini a lei e che lei di più amava?
Cosa c'era di sbagliato in lei, perché continuava sempre di più ad inciampare, a mettere tutti in pericolo con le sue scelte, le sue bugie, le sue debolezze?
Che cosa continuava ad esserci di così sbagliato in lei?
"El!!!" il piccolo fiorellino udì una voce chiamarla a gran voce al di là del vialetto lastricato al numero 11 di quella via, facendole alzare due occhi rossi, gonfi, stanchi e sfiniti di fronte a sé, riuscendo a distinguere abbastanza chiaramente attraverso la patina liquida delle sue lacrime e della pioggia battente contro il suo viso, una figura scura in avvicinamento di corsa lungo il vialetto, un ombrello nero aperto sopra una massa di capelli ricci.
"El! Finalmente! Ti aspettavo da un pezzo!" udì la voce allegra di Mike farsi più vicina in un batter di ciglia, udendo un sospiro da parte del suo ricciolino quasi di sollievo, quasi di gioia ed avvertendo in un secondo la pioggia interrompersi di colpo, almeno sopra di sé.
"Ho pensato perfino ad un certo punto te ne fossi dimenticata, davvero!" sorrise Mike con un sorriso dolce ed allegro, sporgendole il librone di chimica dalle sue braccia fino alle sue mani tremanti zuppe di pioggia sotto il suo ombrello scuro.
"Ma sapevo saresti passata, non potevi essertene dimenticata, El, non è vero?" la piccola a capo chino lo vide continuare con tono gentile, stringendo più forte le due dita tra le pagine del libro stretto stretto al suo petto come un rifugio.
Non poteva farcela, se lo sentiva.
Era stata troppo lunga quella giornata, troppo lunga e terribile.
Stava per crollare, di fronte a lui, stava per mandare in fumo tutto.
Era troppo supplicarlo semplicemente di abbracciarla stretta stretta per un secondo e farla infine scappare via senza aggiungere una parola di più?
"In fondo, El..." udì Mike sussurrare con un ultimo sorriso, udendo la sua mano portarsi leggera fino alla sua guancia muovendo il suo viso più in sù, un secondo prima che i loro occhi si incrociassero per un secondo sotto la poggia battente intorno a loro: mai stati più innamorati quelli di lui, mai stati più disperati quelli di lei.
"In fondo, El...me lo avevi promesso"
E fu quella semplice parola a dare il colpo di grazia a quella piccolina quella sera, al termine di quel lungo, terribile giorno di fine febbraio di nuvole e di pioggia, avvertendo ogni sua volontà residua cadere a terra frenando sull'asfalto sotto le sue converse bianche e zuppe, ogni ultima barriera di protezione abbattersi alla furia dei suoi singhiozzi come argini troppo deboli contro la furia di un fiume, ogni speranza, ogni luce, ogni barlume di sole spegnersi all'unisono intorno a sé come il filo tagliato di un interruttore: solo più buio, silenzio, vuoto, interrotto solo dai suoi più inarrestabili singhiozzi.
"El, El! Ehi, che succede?!" balbettò Mike come se si fosse reso conto lui stesso solo in quel secondo dello stato in cui il suo piccolo fiore gli stava di fronte: zuppi i suoi vestiti, le sue scarpe, i suoi riccioli biondi attaccati ai lati del suo viso, curve le sue spalle all'ingiù, tremanti le sue braccia e le sue mani intorno al suo libro di chimica, rigate le sue guance non più per la pioggia, ma per le lacrime ad uscire copiose dai suoi occhi chiusi.
"El! Che ti prende? Stai tremando..." balbettò Mike muovendosi un passo più vicino a lei ed avvertendola singhiozzare di più, le sue spalle sussultare senza più controllo.
"I tuoi vestiti sono fradici...lascia che ti faccia entrare anche solo per un minuto..." El lo udí proseguire con il fiato corto, portando le mani sulle sue guance, sulle sue spalle, scostandole i ricci fradici ricaduti ai lati del suo viso.
"Entra un attimo, El, per favore...in questo stato e con questa pioggia ti prenderai di sicuro qualcosa!"
"No, io...io devo andare..." scosse la testa El ancora ad occhi chiusi, sorprendendosi perfino da sola di quanto spezzata e disperata potesse apparire in quel momento la sua voce.
"Papà ha detto...3 minuti"
"El, ti prego, resta qui, resta con me...ti supplico!" scosse la testa Mike sotto il suo ombrello nero, avvertendo il cuore prendere la rincorsa battendo più forte fino in gola:
"I miei non torneranno questa notte, inventa una scusa con Hopper, per favore...resta qui con me, El, ho bisogno di chiederti tante cose...ho bisogno che tu resti, per favore...che tu resti qui con..."
"Devo andare, Mike, per favore..." scosse la testa El riaprendo gli occhi di fronte a sé, pentendosi di averlo fatto alla vista degli occhioni grandi e tristi di Mike di fronte a sé, in grado solo più loro di spezzarle ancora una volta il cuore.
Quanto poteva ancora fargli del male?
Quanto poteva ancora scappare via?
Quanto poteva ancora aspettare perché fosse lui quello ad essere messo in pericolo proprio da lei e dalla sua furia?
Dai suoi segreti, dalle sue bugie, dalla sua vera natura?
Dal mondo di cattivi e di mostri nel quale lo stava trascinando con sé ogni passo di più?
"Lasciami andare, Mike, per favore..."
"No questa volta non ti lascio andare via un'altra volta, El, cazzo!" l'afferrò per un polso Mike con sguardo deciso, facendo contrattare il viso di quel fiorellino in una vivida espressione di dolore.
"Non se prima non mi dici che succede, El, per quale motivo non vuoi che io ti aiuti?"
"Mike, ti prego...il polso..." strinse le palpebre El come una supplica, sentendo la mano del suo ricciolino portarsi immediatamente all'indietro, quasi terrorizzato da quella sua reazione.
Ma quando con l'altra mano Mike ebbe sollevato i bordi zuppi delle maniche lunghe del suo vestito a fiori, scoprendo i lividi viola ed ancora freschi delle corde suoi suoi polsi, gli occhi di El scattarono di fronte a sé e così fecero i suoi, incrociandosi a metà strada in un secondo di sgomento ed incredulità, impossibile riuscire a stabilire tra i due chi fosse di più rimasto sbigottito e senza parole.
"El, cosa...?" balbettò per primo Mike vedendola ritratte immediatamente il polso, un'espressione sul suo viso pallido così sgomenta e confusa, facendo battere il suo cuore nel petto come una furia ed un campanello di pericolo.
No, quello no...non così, non ora!
"Che cosa...? Chi...? Chi ti ha fatto questo? Chi ti ha ridotto in questo stato?"
"Mike, ti prego...devo andare..."
"Oh no, col cazzo! Tu non te ne vai da nessuna parte, El, mi dispiace!" scattò in avanti Mike come una furia, vedendola indietreggiare un passo all'indietro ma facendosi più vicino a lui, facendole partire una fitta nel petto proprio al di sotto del grande cerotto sul suo sterno.
Ad El girava solo la testa in quel momento, impazzita.
Più veloce di una trottola.
"È stato Hopper? È stato lui?"
"Che cosa?! No!!" scosse la testa El con tono sconvolto, vedendo Mike appoggiare una mano più delicatamente sul suo gomito, facendosi più vicino con sguardo torvo.
"E allora chi diavolo è stato, El? Chi ti ha ridotto così? El ti prego, dimmelo, io devo sapere che cosa mi nascondi, per favore..."
Gli occhi larghi di El si spalancarono di terrore, alla vista del viso del suo ricciolino mai stati più pallido e più sconvolto di così, in contrasto con il nero di quell'ombrello ancora sopra le loro teste.
El non l'aveva mai visto così fuori di sé.
"Chi è stato allora, El? Dimmelo!" lo vide continuare con sguardo fisso, un singolo istante d'esitazione nella sua voce:
"È stato l'altro tuo ragazzo con il quale mi tradisci tutti i pomeriggi? Il motivo per il quale scappi via ogni singola volta come se ti facessi nient'altro che schifo?"
"Cosa?! Io...NO!" scossa la testa El più forte che poté, sentendo un nuovo tuono rimbombare più forte sopra le loro teste, questa volta molto, molto più vicino di prima.
El non poteva credere che Mike avesse potuto immaginare quelle cose di lei anche solo per un secondo.
"E allora cosa succede, El? Dimmelo!" strinse più forte la presa Mike contro il suo braccio vedendola muovere un passo all'indietro, piegando lo sguardo ai suoi piedi e mutando infine il suo tono arrabbiato con uno immensamente triste e deluso.
"Ti prego, El, ti prego..." lo supplicò ancora una volta Mike con occhi triste e voce da bambino, facendole scuotere la testa nei singhiozzi ancora di più.
Doveva farla finita una volta per tutte con quella storia, per quanto ancora avrebbe potuto perdonare a se stessa di continuare a farlo soffrire così?
"Diglielo, El, diglielo..."
"Ti prego, El, ti prego..."
"È molto semplice, El, non sono che poche semplici parole..."
"El, per favore...per favore"
"Diglielo, ora, El, devi dirglielo subito...ora!"
"Mike, io...non posso..."
"Che cosa non puoi, El? Che cosa non puoi?!"
"Non posso, io...non posso!" scosse la testa El un'ultima volta, alzando quanto più poté il tono della sua voce quella notte, in mezzo ai lampi di luce, al fragore dei tuoni, al rumore della pioggia battente intorno a loro.
E per un istante anche Mike rimase fermo immobile di fronte a lei, in attesa, senza emettere parola e senza produrre alcun rumore, rimanendo solo con quegli occhioni belli e scuri di fronte ai suoi, belli e stupiti come il loro primo incontro il primo giorno di scuola lungo quel corridoio, ma così tristi, disperati e cupi come El non credeva avrebbe mai più voluto vederli in vita sua.
Mai più.
Era stata lei ad averli ridotti così, era stata lei ad aver spento dai suoi occhi quella stessa luce che per mesi l'aveva fatta avanzare come una guida nei buio, inghiottendo infine anche lui in quel pozzo di orrore che era la sua vita e che era lei, lei sola, intrappolandolo nella ragnatela dei suoi silenzi, delle sue bugie, delle sue colpe.
Forse non era mai stata lei il fiore, lei era sempre stata solo e soltanto la spina.
E quando in quel secondo di silenzio davanti a quei suoi occhioni, le sue labbra si furono mosse da sole a pronunciare quelle semplici parole che la sua mente stava già gridando a gran voce, la piccola poté avvertire, quella volta ancora più chiaramente, le due parti più grandi del cuore del suo ricciolino spezzarsi in due di netto, in tronco, davanti ai suoi stessi, stanchi, rossi lucidi occhi.
Ogni rosa aveva sempre avuto le sue spine ed i suoi fiori, ma lei, lei no: lei era nata davvero solo per uccidere e pungere chi le si avvicinava di più.
"Io non posso...non posso farlo, Mike, non posso: io non posso più stare con te, Mike, "insieme insieme", no...non posso!
Per favore, ti prego...lasciami andare via.
Adesso.
Non posso, Mike, perdonami...non posso più stare con te".
🌼📼
.....salve amici🙈
Ehm, beh...che dire?
Direi che come inizio di casino ci siamo, non trovate?🙊
Potrei promettervi che le cose miglioreranno ma, già lo sapete, non posso fare promesse che non posso mantenere...🙈
QUESTA NON È LA FINE DELLA STORIA Amici!!!
Wait for new aggiornamento soon!! 😉
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