32.Valentine...Who?
📼🌼
"Ciao..."
"Ehm...ciao!"
Quelle erano state le uniche battute che erano riusciti a balbettare i due ragazzini l'indomani mattina, aperte timidamente le palpebre alla luce fioca del mattino, candida come la neve soffice e luminosa ammonticchiata sul cornicione della finestra al di là del vetro accanto a loro.
"Buongiorno raggio di sole..." si era ritrovato a salutarla Mike Wheeler senza nemmeno rendersene conto, sorridendo da solo rigirandosi tra le lenzuola candide del letto e stropicciandosi gli occhi caldi e pesanti dal sonno, i pugni stretti e le gambe troppo lunghe a stiracchiarsi di contro il materasso ancora caldo dei loro corpi nudi.
Dio che profumo di fiori era ancora impresso tra quelle lenzuola quella mattina: ma sarebbe mai stato possibile imbottigliare un profumo all'essenza di El?
"Mm...buongiorno!" aveva udito ancora ad occhi chiusi una piccola vocina alle sue spalle sussurrare timidamente, solo leggermente imbarazzata, avvertendo le coperte scostarsi dal lato opposto del letto ed il rumore di un paio di passi leggeri sul pavimento riportarlo in un attimo alla realtà di quel momento.
Aveva riaperto le palpebre lentamente il ricciolino, portando i capelli neri indietro sulla fronte e mettendosi a sedere su quel materasso mezzo coperto ancora dalle lenzuola, dalla vita in giù.
Ed era stato forse un bene, forse una piccola strizzata d'occhio da parte del destino per una buona volta, perché quando la sua vista ancora pigra aveva messo a fuoco la figura della piccola ragazzina di fronte a lui ai piedi del letto, china di schiena a raccogliere il suo pigiama di pelo lasciato dalla sera prima sul pavimento, ancora indosso solo il suo bianco e succinto completino intimo di pizzo, il paladino aveva deglutito poco elegantemente portandosi le mani in automatico proprio in un punto preciso in mezzo alle sue cosce, una parte del suo corpo improvvisamente destata da quella vista quasi contro la sua stessa volontà, non così certo che sarebbe stato propriamente da signore mostrarle ai quattro venti in quel modo quel quale tipo di reazione era in grado la sua vista di evocare su di lui.
Tutto per merito o per colpa sua in effetti, per colpa del suo fiorellino e di quel dannato, dannatissimo completino di pizzo...
Ma si era accorto la sera prima di quanto diamine fosse praticamente semitrasparente e così maledettamente piccolo?!
"Ehm, io...io torno in camera, Mike, d'accordo?" l'aveva vista balbettare di spalle rompendo il suo contatto visivo, rinfilandosi velocemente il pigiamone dal pelo rosa, tirando su la zip prima di rivolgersi lentamente verso di lui, le guance così rosse e visibilmente imbarazzate che se ogni elemento della sua figura non avesse già urlato quella mattina "adorabile" a gran voce, di certo sarebbe bastato quello senza dubbio.
Senza minima ombra di dubbio.
"Lucas sarà qui a momenti...io vado, Mike, okay?"
"Ma indossi sempre uno di quelli tutti i giorni sotto i tuoi vestitini, El?" Mike Wheeler era stato quasi tentato di domandarle per davvero, rimasto imbambolato a fissarla con una mano appoggiata come perno sul materasso, ed una decisamente meno elegantemente infilata sotto le lenzuola a nascondere la sua fin troppo visibile emozione di quella mattina.
"Mike?" lo aveva richiamato El con uno schiocco delle dita, un sorrisetto così stupito ma furbetto sul suo viso di fronte al quale il nerdino aveva scosso la testa imbarazzato da morire, riportando lo sguardo più in alto ad un'altezza congrua della sua figura, sul suo viso.
"Ehm...certo, certo! Sicuro!" aveva annuito Mike come una furia, muovendo la testa in su ed in giù, sentendosi un cretino ma anche il ragazzo più fortunato dell'intero pianeta terra in una singola frazione di secondo, udendola trattenere a stento una risatina, mordendosi il labbro inferiore con aria divertita.
"Beh...io vado allora!"
"...certo!" aveva ribattuto a sua volta Mike vedendola aprire lentamente la maniglia della porta con le sue dita sottili, non prima di aver benedetto quel suo risveglio con un altro grande, caldo, meraviglioso sorriso.
"A tra poco, Mike..."
"...a tra poco, El!" aveva atteso il ricciolino che la porta si richiudesse alle sue spalle, prima di rilasciarsi ricadere a peso morto tra di quei cuscini, soffocandosi dentro il suo e maledicendosi per non avere un polmone in più in ausilio, sufficiente per respirare tutto l'odore buono di fiori della sua pelle e non farselo scappare dai suoi interi sensi mai mai più.
"...giusto il tempo di farmi venire un infarto, fiorellino"
"Ciao!"
"...ciao!" erano state anche le battute che una El mai più imbarazzata ed un Lucas più simile ad uno zombie per le poche ore di sonno, ma dal grande felice sorriso, si erano rivolti sulle scale tra il primo ed il secondo piano quella mattina, fermandosi interdetti sul pianerottolo e chiedendosi le fosse necessario ed opportuno domandarsi a vicenda di più, concludendo che qualsiasi domanda sarebbe stata fin troppo imbarazzante ed inopportuna in quel momento per entrambi.
"Ehm...si, io..."
"...certo, sicuro!"
"Vado...a fare la valigia!"
"...ci si vede sul pullman, El, sì!"
Ma quando quel fiorellino aveva aperto la porta di quella che avrebbe dovuto essere la sua vera camera quella mattina, pochi passi leggeri e silenziosi lungo il corridoio del primo piano ancora deserto alle prime luci del mattino, non aveva fatto nemmeno in tempo a muovere un passo all'interno di quella stanza, tanto meno richiudere la porta di legno alle sue spalle, prima che una furia con i capelli rossi mai stati più spettinati non fosse balzata letteralmente al suo collo senza lasciarle il tempo di replicare, un urletto concitato a trapanarle i timpani riecheggiando per l'intera rampa di scale.
"Ihiiiiiiiiiiiiiii!!!!"
"Ihiiii!" aveva solo ripetuto El ridendo con lei a metà tra lo sconvolto e il divertito, giudicando saggio chiudere la porta di quella camera da letto prima che l'intera struttura acquisisse i dettagli della notte appena trascorsa dei suoi due amici, notando solo in quel secondo la mise ancora così poco congrua dell'amica.
"Porca puttana, El! Porca di quella puttana!!" aveva proseguito l'amica saltando con lei sul quello che avrebbe dovuto essere il loro letto al principio, le lenzuola ricadute sul pavimento intorno neanche si fosse trattato del campo di battaglia di una giostra medioevale.
Non sarebbe servito né un mago né un indovino per capire che cosa di tanto atteso si era compiuto all'interno delle pareti di legno di quella camera da letto quella notte, ma El era stata in un attimo quasi convinta che non lasciare alla sua migliore amica la gioia di quel racconto sarebbe stato quasi paragonabile alla più alta forma di tradimento nei suoi confronti, nonché della loro amicizia e del nome della sempiterna alleanza femminile.
"E infine devo aver perso il conto, El, oh mio dio...tra sta notte, ieri sera o sta mattina..." aveva concluso quasi confusa e sconvolta Max, muovendo le braccia come una pazza intorno al suo viso mai stato più luminoso e felice, davanti agli occhi della sua migliore amica dove "anche meno, ti prego" avrebbe potuto apparire a caratteri cubitali dipinto sulla sua fronte.
Ma decisamente non per lei, non per la sua migliore amica dai capelli rossi, non per quella mattina.
"El, dio mio, è stato..."
"Sono così felice per te, Max, davvero!"
"...incredibile! Solo incredibile!"
"Davvero, davvero felice!"
"...e tu, El? E voi?!" aveva esclamato la rossa tutto d'un tratto, spalancando gli occhi verdi e ricordandosi solo come in quell'istante di non essere stata la sola quella notte a non aver dormito appropriatamente con il suo designato compagno di stanza.
"E a te, El, com'è andata? Intendo dire, a te, a Mike...a voi?"
"Io sono..." aveva riaperto le labbra rosse la piccolina, chinando la testa verso il basso con un timido sorriso, risentendo un piccolo brivido percorrere leggero la sua schiena come una striscia di baci ancora lì sospesi sulle labbra del suo ricciolino.
Come era andata?
E chi mai avrebbe saputo dirlo?!
Che altro aggettivo avrebbe mai potuto utilizzare El per descrivere quella notte se non dannatamente felice ed incredibile?
"Io sono solo...tanto felice, Max!"
"Oddio, tesoro, lo sono anche io!" aveva visto la sua migliore amica saltarle con le braccia al collo stringendola forte forte a sé, facendola chiudere gli occhi, un sorriso in più sulle sue labbra in mezzo ai suoi capelli rossi, appena un istante prima di aver avvertito un altro brivido, questa volta più freddo, scendere in un secondo fin dentro le sue ossa.
"Quindi l'avete fatto anche voi, El? Ti è piaciuto?"
"No, noi non..." aveva scosso la testa El ritraendosi da quell'abbraccio e fissando il viso della sua migliore amica, tutt'un tratto più confuso e sperduto.
No, non l'avevano fatto quella notte, non avevano fatto l'amore, per come El credeva di aver capito dovesse essere la cosa dai discorsi di Max del pomeriggio prima, per quanto la piccola fosse stata abbastanza intelligente da capire di esserci andata con il suo ricciolino davvero, davvero molto vicino.
Si erano tolti i vestiti, si erano baciati praticamente dappertutto lungo le rispettive intere superfici corporee...e poi?
Un altro brivido freddo aveva percorso il corpo della piccolina a quel ricordo: le mani del suo nerdino, un po' timide un po' coraggiose, lungo il bordo dei suoi slip sottili di pizzo, quel piccolo gesto che era stato in grado di paralizzarla letteralmente sul posto, poche ore prima su quel materasso bianco sotto di lui, facendola passare in un istante dal lato più luminoso al più cupo della loro Luna.
Che cosa era accaduto?
Che cosa l'aveva fatto reagire così?
Quale brivido immotivato le aveva fatto perdere in quel modo il respiro, portandola a chiedergli di fermarsi, di togliere le sue mani ed allontanarle da lì?
Stava andando tutto bene, lei era felice, loro erano felici...allora perché?
Che cosa aveva fatto esplodere quella bolla di sapone, facendola precipitare così precipitosamente giù?
"El...tutto bene?" aveva chiesto Max fissando apprensiva il suo sorriso confuso, quasi incredula e sbigottita all'ipotesi che uno dei suo migliori amici avesse mai potuto non comportarsi più che da signore con la sua migliore amica.
"Cosa è successo, El? Mike si è mica comportato male...?!"
"No, no, affatto! Lui è stato..." aveva scosso violentemente la testa El con uno spontaneo sorriso, in grado di far sorridere di rimando a sua volta la rossa, respirando più leggera e più tranquilla, stringendo le sue mani più forte nelle sue.
"Allora in questo caso, El, l'importante è che Mike ti abbia fatto stare bene, qualunque cosa sia o non sia successo ieri sera, okay?" la piccola Hopper aveva visto la sua amica annuire, come a convincerla non ci fosse stato davvero niente di cui avere paura.
E forse era davvero, davvero così...
Eppure...
"Mike sarà pure sempre un imbranato il più delle volte, ma sono più che certa che a letto sia un vero autentico signore!" Max aveva strizzato un occhio alla sua migliore amica, vedendola arrossire fin sulla punta delle orecchie come ben più che sufficiente e visibile risposta.
"E se siete stati bene insieme e ti ha reso felice, per me tanto basta, El, e dovrebbe essere così anche per te! Sono semplicemente felicissima per voi, El, per tutti e due...e dovresti esserlo sul serio anche tu!"
"Lo sono, lo sono!" aveva annuito il fiorellino sorridendo ancora, scrollando dalle sue spalle il brivido di freddo ed imponendosi di non pensarci più, vedendo la sua amica dai capelli rossi rivolgerle un ultimo sorriso rassicurante, stringendo le mani tra le sue ancora di più.
"Lo sono...lo sono..." si era ripetuta lungo l'intero viaggio di ritorno sul pullman affollato di matricole, decisamente più silenzioso dell'andata ed immerse in un sonno profondo, una coppia di sedili di piccoli nerdini in particolare, troppo stanchi per le poche ore di sonno di quella notte per riuscire a carburare, tanto meno per rispondere alle battutacce dei loro due migliori amici, decisamente più svegli ed attivi di due grilli.
"Ma che succede qui secondo te, Will?!"
"Non ne ho idea, Dustin! Ma andiamo, dove è finito il vostro entusiasmo, ragazzi?!"
"Eh, si sa, caro Will, come vanno queste cose di solito..."
"...assolutamente sì!"
"La notte leoni ed al mattino..."
"...taci, Dustin, prima che ti faccia ingoiare io quelle tue perle con un pugno!" aveva boffonchiato la rossa sistemandosi più comodamente contro il petto del suo cioccolatino a mò di cuscino, facendo sorridere a loro volta l'altra coppia di nerdini in silenzio sui rispettivi sedili, troppo in imbarazzo o troppo in colpa per poter tentare di replicare a dovere quella volta contro il loro migliore amico.
Aveva accarezzato con la punta delle dita i ricci neri e lunghi di Mike sulle sue ginocchia quel piccolo fiorellino, vedendolo sorridere immerso in un sonno profondo di cui avrebbe voluto sapersi protagonista, perdendo lo sguardo al di là del vetro del pullman verso le ultime montagne ancora appuntite all'orizzonte, sentendosi ancora troppo euforica e felice per potersi imporre di smettere di sorridere.
Era felice, oh si se era felice!
Mike l'aveva fatta sentire bene, anzi, più che bene, benissimo, secondo le parole che le aveva ripetuto Max quella mattina e che la piccola non era più riuscita a togliersi dalla sua testa lungo l'intero tragitto di ritorno.
"E se ti sei sentita bene, El, beh...diglielo!" aveva aggiunto Max con aria convinta, un sorrisetto furbetto sul suo viso ed un accenno appena velato di malizia.
"Sai, ai maschi piace che gli si dicano queste cose...li fa sentire, diciamo...dei fighi!"
"...certo!" aveva annuito il piccolo fiorellino quella mattina, sorridendo tra sé e sé e credendo di avere già in mente qualcosa che facesse al caso suo.
"Grazie Mike per avermi fatto sentire bene e reso così felice!"
E quando di lì a due giorni più tardi, rientrati a scuola tra i corridoi bianchi e rossi della loro amata ed odiata Hawkins High, un giovane Wheeler, sotto gli occhi verdi curiosi del suo migliore amico, aveva cambiato il suo solito colorito da bianco latte a rosso pomodoro nel bel mezzo della lezione di francese del martedì mattina, il giovane Byers non aveva potuto perdere occasione per mettere in ulteriore imbarazzo il suo migliore amico.
"Un messaggio d'amore dalla tua bella, mon ami?" Mike l'aveva sentito domandargli con una risatina, abbastanza a bassa voce da non poter essere sentito da parte dei restanti loro amici.
"Che c'è, ti ha dato un voto alla performance, Mike? Ti prego dimmi che ti sei guadagnato almeno la sufficienza!"
"Chiudi il becco, Will!" aveva scosso la testa Mike con le guance in fiamme ed un timido sorriso, rimirando tra le due pagine del suo libro il piccolo fiore essiccato dal colore rosso e lo stelo sottile, attorno al quale le dita attente di una piccola bambolina avevano legato un nastrino bianco di pizzo sottile, di fronte al quale il ricciolino non aveva potuto avere dubbio alcuno.
"Grazie di avermi fatto sentire così bene, Mike" recitava un piccolo bigliettino, ed il giovane Wheeler si era dovuto trattenere molto quella mattina per contenere il suo entusiasmo in mezzo alla classe e circondato dai suoi migliori amici, avvertendo solo con la coda dell'occhio Will scuotere la testa accanto a lui con un sorriso, più concentrato a ripetere nella mente le sole quattro parole in francese che credeva sarebbe stato in grado di pronunciare in quel momento:
"Je t'aime, mon cheriè!"
E quando di lì a due settimane dopo, intorno al solito tavolo della sala mensa, tra i nerdini riuniti, un piccolo bardo senza denti ma dall'intrepido sorriso aveva annunciato ai presenti che la "caccia alla sua Valentina" era ufficialmente iniziata anche quell'anno, non perdendo tempo ad elencare agli amici la lista delle prede sulle quali tentare la fortuna, Mike si era quasi strozzato nel suo panino al burro di arachidi, diviso come sempre a metà, da quella mattina sugli spalti, con il suo fiorellino, quando la piccola si era rivolta verso di lui con il suo più innocente e confuso sorriso.
"Che cos'è San Valentino, Mike?"
"Una festa commerciale per vendere scatole di cioccolatini!" aveva risposto per prima Max con un'alzata di spalle, addentando una patatina dal vassoio del suo nerdino accanto a lei.
"Una giornata come un'altra nella quale i ragazzi credono di dover uccidere anni ed anni di emancipazione femminile offrendoci una stupida cena come se non fossimo in grado noi ragazze di pagarci la nostra parte di conto da sole!"
"Un'occasione in più per una bella serata di fuochi d'artificio vorrai dire!" l'aveva interrotta Dustin prendendo tregua dal suo panino, sporgendosi verso l'amica con un sorriso da schiaffi lungo il tavolo di lucida plastica rossa.
"Cenette al lume di candela, fiori, orsachiotti di peluches ed, infine, un tenero bacio dal sapore di gloss alla ciliegia come ringraziamento: secondo te per quale motivo vi si offre la cena, cara MadMax, se non perché a vostra volta voi ci offriate un biglietto omaggio per la vostra sala giochi?"
"In questo caso siete degli idioti, perché non sarebbe certo merito di una cena e di una stupida data Dusti-Bon!" aveva ribattuto Max alzando un sopracciglio rosso con aria sufficiente, rivolgendo un sorriso dolce al suo ragazzo seduto accanto a lei con un braccio intorno alle sue spalle.
"A chi se lo merita, l'ingresso per la mia sala giochi è gratis tutti i giorni dell'anno, festività incluse!"
"Oh, Sinclair, che ragazzo fortunato!" avevano riso i tre nerdini alzando gli occhi al cielo, un pugno sulla spalla da parte della zoomer per buona misura, un sorrisetto più che fiero sul sorriso bianco del ragazzino dalla pelle color cioccolatino.
"Oh sì, amico mio, puoi ben dirlo!"
"Non sai...non sai cos'è San Valentino, El?" aveva balbettato Mike abbassando la voce e volgendosi verso il suo fiorellino, vedendola tentennare con in aria ancora il suo panino, scuotendo la testa con un sorriso timido:
"È un giorno nel quale si va in sala giochi tutti insieme...tipo all'Arcade?"
"Ehm...no, El, no...non era proprio questo che quel cretino di Dustin aveva intenzione di dire..." aveva scosso la testa Mike trattenendosi dallo scoppiare a ridere, vedendo Will al suo fianco tirargli una gomitata invitandolo a proseguire, uno sguardo dei suoi occhi verdi come ad ordinargli di non essere per una volta il solito cretino.
"Quello che intendevo dire è che..."
"...quello che Mike intendeva dire è che non vede l'ora di mostrarti lui stesso che cos'è San Valentino, El! Non è vero, Mike?" il giovane Byers aveva risposto per il suo migliore amico, rivolgendo uno sguardo ad El ed uno all'amico rosso rosso accanto a sé, facendogli maledire l'ennesima volta il bel mattino all'asilo nel quale aveva creduto necessario farsi un amico.
"Il nostro Mike in condo è tutta la vita che aspetta di trovare una Valentina per il 14 febbraio, non è forse vero, Mike?"
"Io e te facciamo i conti più tardi, Will..." aveva grugnito Mike tra i denti di fronte all'amico, girandosi verso la sua El e vedendola immobile con gli occhioni aperti ed ancora più confusi, un improvviso luccichio nel triangolo di pelle nuda in mezzo alle sue clavicole a catturare la sua attenzione in una frazione di secondo.
Il suo stesso regalo di Natale dell'anno prima per lei, la collana il cui ciondolo El non provava nemmeno a togliere per un secondo, che fosse per l'ora di educazione fisica, per una doccia o per andare a dormire.
...ma certo!
Ma che idea geniale, assolutamente incredibile!
Sarebbe stato decisamente perfetto!
"Perfetto per farti espellere da scuola vorrai dire!" aveva esclamato un piccolo nerdino occhialuto sulla sua spalla sinistra, tentando di catturare la tua attenzione agitando un libro tra le sue mani in bella vista.
"Stai scherzando, Mike, non è vero? È solo una battuta la tua, solo uno scherzo innocente...non è vero?"
"Non dare retta a questo mammalucco, ci sarà un motivo per il quale è sempre così noioso, poverino..." aveva ribattuto di contro un più intrepido e spavaldo paladino sulla sua spalla destra, battendogli un colpetto in segno di approvazione.
"La fortuna premia gli audaci, Mike, e che vuoi che sia! Per una mattina su mille odiosi giorni di scuola...siamo qui ancora a discuterci sopra, ragazzi?!"
Il sorriso del giovane Wheeler in un battito di ciglia sul suo viso sarebbe stato sufficiente ad illuminare l'intera caffetteria della sala mensa quella mattina, in mezzo ai suoi chiassosi amici.
"Ben detto, Will! Sarà proprio così!" aveva ribattuto Mike con tono convinto, la sua mente già al galoppo a carburare idee, immagini, informazioni, davanti ad uno sguardo più fiero del suo migliore amico e quello più confuso che mai del suo fiorellino.
Sarebbe stato perfetto, ma per quale motivo non ci aveva mai pensato prima?!
Sarebbe stato fantastico, l'avrebbe fatta semplicemente impazzire!
Forse aveva fatto bene a non poterla lì prima, quale occasione migliore se non San Valentino?
"Vedrai, El, ti piacerà!" aveva fatto in tempo a rassicurarla il suo ricciolino con un ultimo sorriso, prima che il suono più acuto della campanella facesse scattare all'unisono cento e più adolescenti dalle loro sedie all'unisono, ponendo fine alla misteriosa discussione e lasciando la piccolina ancora più interdetta ma emozionata di prima.
"Come una sorpresa?"
"Già, El, come una sorpresa!" aveva annuito Mike sentendosi di poter scalare la montagna più alta del mondo quella mattina, vedendo illuminarsi i suoi occhioni grandi e scuri di un ultimo profondo sorriso.
"Una sorpresa di San Valentino bella come te, amore mio!"
*
"Ehi! Ciao fiore!" salutò Mike quel lunedì mattina del 14 febbraio 1986, di fronte all'antina metallica di un armadietto mezza aperta ed una corta gonnellina a margheritine a spuntarvi da sotto coprendo fino al ginocchio due gambine sottili.
"Oh! Buongiorno!" rispose al saluto la piccola Hopper con entusiasmo, richiedendo lo sportello davanti a sé, un po' troppo velocemente per non poter notare il sorrisetto imbambolato del suo ricciolino alla sua vista, gli occhi ben puntati alle sue gambe fin sotto la sua gonnellina dove il ricciolino oramai sapeva che cosa mai avrebbe potuto trovare.
E fosse passata una singola occasione che quel preciso pensiero non gli fosse frullato sotto la testolina ricciuta per poco meno di un imbarazzante secondo.
"Buon...buongiorno!" si impegnò a ridarsi un contegno il giovane Wheeler con un mezzo sorriso, stringendo più forte le bretelle del suo zaino sulle spalle e vedendola di sottecchi sorridere divertita.
Era divenuta quasi ancora più bella da quella notte di neve nella baita in montagna della loro prima gita, più profondi i loro sguardi, quasi più sicuri, e per la prima volta nella sua intera vita Mike aveva sorpreso se stesso fermo ad ammirare la sua stessa immagine riflessa nello specchio di camera sua con occhi diversi, a tratti più gentili, meno criticoni, quasi più compiaciuti, ripetendosi che se quella era la vista di fronte alla quale la sua piccolina aveva sorriso con così tanta dolcezza, non doveva poi essere stato un così totale disastro come aveva creduto di essere per tanti, troppi anni della sua vita.
E sperava in fondo che il suo piccolo fiorellino stesse pensando lo stesso di lui anche in quel momento.
"Buongiorno a te, Mike...di nuovo!" rise El con una risata cristallina, ammirando con occhi innamorati la figura del suo ragazzo quella mattina, la tshirt bianca e nera a spuntare di sotto il maglione di lana scuro, quella a strisce sottili, quella delle grandi occasioni, la stessa scelta dal suo ragazzo come porta fortuna nella vita così come per le più importanti interrogazioni.
Oltre a stargli davvero da dio e a ricordargli quanto fosse decisamente il ragazzo più bello di tutto il suo mondo, quella piccola consapevolezza non poté fare a meno di travolgerla come un treno in corsa fino a farle schizzare il cuore in gola.
Era il 14 febbraio, il misterioso giorno di San Valentino era finalmente arrivato, e per quanto El avesse tentato di scucire alla sua amica che cosa avesse preparato il suo paladino per lei per tutto il weekend, la rossa da vera amica leale aveva tenuto la bocca cucita.
A doppio filo.
"Scusami, El, ma non potrei mai e poi mai rovinarti la sorpresa!" si era limitata a rispondere Max mimando il gesto di chiudersi a chiave le labbra con un lucchetto e buttarne via la chiave.
"Ti basterà sapere che Wheeler sarà anche un vero imbranato la maggior parte del tempo...ma un imbranato davvero geniale quando vuole esserlo!"
"Allora, sei pronta?" chiese Mike ammiccando in direzione del suo viso con un sorriso, vedendola annuire seguendo i suoi passi più vicini a lei.
"Sì, certo! Se solo non fossi l'unica ancora ignara di quello che stai tramando, Wheeler!" alzò un sopracciglio El con aria divertita, facendo Mike scoppiare a ridere appoggiandosi con un braccio al suo armadietto chiuso accanto al suo.
"E che sorpresa sarebbe stata altrimenti, El?" la piccola lo vide rivolgerle uno di quei sorrisi sghembi assolutamente irresistibili, facendole stringere più forte le dita intorno al suo libro di chimica tra le sue braccia, già pronto per la prima ora di lezione.
Sarebbe stato decisamente più difficile del solito quel lunedì mattina riuscire a seguire la professoressa Leen nella sua spiegazione.
"Tanto per cominciare...questo lo posiamo qui dentro, El, che ne dici?" El udì Mike cominciare prima ancora che potesse rendersene conto, vedendolo sfilare dalle sue braccia quel pesante libro di chimica e riporlo con cura all'interno del suo armadietto, rigirandosi verso di lei con un sorrisetto furbo, non prima di aver fatto scattare definitivamente il lucchetto di chiusura.
"...cosa?" si lasciò sfuggire El passando con gli occhi dal suo armadietto chiuso al suo viso con aria confusa, vedendo intorno a loro gli ultimi studenti allungare il passo verso le proprie aule di lezione, il suono di una campanella sopra le loro teste segnare l'inizio della prima ora di lezione.
"Ma...ma..." tentò di replicare la piccola muovendo appena le labbra e vedendo il suo ricciolino chinarsi più veloce di lei a terra, prendendo a spalle la sua borsa prima che lei potesse in alcun modo opporre resistenza, sorridendo ogni secondo di più di fronte alla sua espressione sempre più confusa.
"Ma...faremo tardi, Mike!"
"Non se non sai ancora dove stiamo per andare, El!"
"Che cosa?!" esclamò El a voce un po' troppo acuta, portando le mani sul viso per tapparsi la bocca e lanciando uno sguardo preoccupato al corridoio ormai deserto intorno a loro.
"Dove...dove mi vuoi portare?!" Mike non poté fare a meno di sentir crescere l'adrenalina al tono sconvolto della sua voce, lo stesso sentitogli rivolgere da Will, Max, Lucas e perfino Dustin stesso, quando senza tanti giri di parole ed inutili complimenti, il giovane Wheeler aveva spiegato al resto del party quella mattina per quale motivo lui ed El non avrebbero fatto loro compagnia in sala mensa quel lunedì mattina.
Che cosa era saltato in mente a quel ricciolino?
Non avrebbe saputo dirlo per l'esattezza nemmeno lui stesso...
Aveva sentito dire che l'amore era in grado di rendere folli, incoscienti, quasi pericolosi, e dopo aver rischiato di essere silurato niente meno che dal capo della polizia sotto la finestra di sua figlia quell'autunno, fare sega a scuola gli sembrava in quel momento decisamente una passeggiata di salute.
La lotta all'ultimo sangue tra il paladino innamorato ed il diligente piccolo nerdino aveva visto quella volta la vittoria schiacciante del primo sul secondo, senza alcuna ombra di dubbio.
"Non te lo posso ancora dire..." scosse la testa Mike lanciando un ultimo sguardo lungo il corridoio di fronte a sé, avvertendo un'ansia piacevole di pura adrenalina mai provata prima infondergli coraggio come un'iniezione di autostima liquida.
Gli occhi spalancati e così belli della sua piccolina di fronte al suo viso non avrebbero potuto essere altro che pura benzina per il suo fuoco, portandolo a sorridere felice ancora di più.
Doveva essere pazzo sì, solo completamente pazzo e fuori di sé.
Ma il giovane paladino avrebbe dovuto infine ammettere che quella nuova versione di sé non gli dispiaceva, non gli dispiaceva davvero affatto.
Proprio per nulla, cazzo!
"...sennò quale sarebbe il bello, fiorellino?"
"Mike...ma è appena suonata la prima ora...siamo già in ritardo!" tentò debolmente di insistere El allungando una mano in avanti in direzione della sua borsa ma vedendolo arretrare con aria di sfida, lungo quel corridoio non in direzione della loro aula all'ultimo piano di chimica, ma verso le porte a vetri alle loro spalle, quelle d'uscita.
"E sai che la professoressa Leen odia i ritardatari!"
"E allora? Temo non saremo in aula per sentire la sua ramanzina questa mattina, El..." gli occhi della piccola si fecero ancora più enormi a quelle sue parole, vedendolo prenderla per mano prima che potesse lei stessa rendersene conto, lasciandole un ultimo sguardo dolce ed un sorriso sghembo che avrebbe potuto farla liquefare su di quel pavimento proprio lì come un budino al sole.
"Ti fidi di me, signorina Hopper?"
"...no!" scosse la testa El facendolo ridere, fissando per un secondo la mano aperta di fronte a sé come soppesando attentamente la questione.
"Finiremo nei guai, Mike, non è vero?"
"Molto probabile!" annuì Mike con aria pensierosa, facendola scoppiare a ridere a sua volta senza potersi trattenere di più.
"Ma cosa è una sorpresa senza un pizzico di rischio? E, in fondo...l'obbiettivo non era che questo tuo primo San Valentino fosse indimenticabile?"
"Sarai la rovina della mia carriera scolastica, Wheeler..."
"Questa te l'ho già sentita dire, El..."
"...ed è sempre più vera!" rise El con un ultimo sospiro, appoggiando infine il palmo della sua mano stretto nel suo, vedendo il suo viso illuminarsi come per mille fuochi d'artificio.
"Ma per una mattina credo che la professoressa Leen riuscirà a spiegare la nomenclatura anche senza di noi!"
"Parole sante, fiorellino! Ma ora diamoci una mossa!" El si sentì tirare per la mano lungo il corridoio, correndo insieme con lui, lanciando uno sguardo di tanto in tanto alle pareti deserte dietro di loro, ridendo come due cretini nella corsa con l'aria nei capelli e l'adrenalina fin dentro le ossa.
"E preghiamo che siano già tutti a lezione in questo momento, El..."
"Ehi! Voi due! Ma che state facendo?!"
"...stavi dicendo, Mike?"
Ma nemmeno quando la voce del bidello dalla finestra della portineria li ebbe raggiunti con le sue grida al di là del parcheggio vicino al posteggio delle bici, i due ragazzini poterono trattenersi dallo scoppiare insieme a ridere, saltando in sella Mike in una frazione di secondo, facendo salire El dietro di lui sulle sue pedaline, le sue braccia immediatamente a cingere le sue spalle, appena un piccolo respiro prima di correre via pedalando nella luce bianca della mattina, lasciandosi alle spalle le urla e le proteste di quel bidello scorbutico.
"Tornate immediatamente qui, ragazzi! Le vostre famiglie lo verranno a sapere!"
"Provi a chiamare in centrale il capo della polizia!" urlò alle sue spalle El ridendo felice, stringendosi più forte alle spalle del suo ricciolino e vedendolo prendere velocità al di là dei cancelli di ferro rossi ancora aperti della Hawkins High School.
"Gli dica di arrestarci e sbatterci in cella! E di buttare via la chiave se lo ritiene opportuno!"
"L'hai presa bene, El!" udì Mike sotto di lei urlare nel vento, facendola sorridere tra i suoi ricci sotto il suo viso ancora di più.
Si sentiva bene, si sentiva libera, si sentiva viva. Sorrideva la piccola reggendosi più forte alle spalle di quel suo ricciolino, sentendo il vento sferzare deciso contro il suo viso, come una notte di metà autunno di cui ancora forte sentiva il ricordo sulla sua pelle quella mattina.
Oh sì, l'amore rendeva pazzi, folli, ignari del rischio e del pericolo, e così la piccola Hopper si sentiva in fondo quella mattina.
Semplicemente lì, così, sulla cima del mondo, senza una sola nuvola nel suo cielo all'orizzonte ed il suo personalissimo tappeto volante a portarla lontano lontano via da lì, dove solo lui avrebbe mai saputo condurla senza che lei mai ne avesse paura.
"Stai bene?" sentì il suo ragazzo chiederle contro il vento sotto di sé, facendola annuire quella mattina con le lacrime agli occhi, e non solo per il freddo del vento contro il suo viso e le sue gambe nude di sotto la sua gonna.
"Sì, oh sì..." sussurrò El sentendosi tutto d'un tratto completamente felice, semplicemente così enormemente libera come non credeva di essersi davvero mai sentita prima di allora nell'arco della sua intera vita.
Stupidi adolescenti per una volta, non era forse sempre stata quella la loro prima giustificazione?
"...mai stata meglio di così in vita mia"
*
"Salve signora Karol!"
"...Michael? Michael Wheeler? Ma sei...sei davvero tu, ragazzo mio?!"
El aveva perso il conto di quanta strada avessero percorso lei e Mike su di quella bici quella mattina, chiudendo gli occhi per la maggior parte del tragitto e godendosi l'aria fredda di febbraio a scuoterle i boccoli dei suoi capelli ricci, il profumo buono del suo ragazzino sotto di sé, riaprendoli di lì a un paio di chilometri dopo in uno scenario completamente nuovo al suo sguardo, un paesaggio che la piccola credeva sul serio di non avere mai visto prima.
Non credeva di essere mai stata in quel lato della città prima di quella mattina, percorrendo viuzze poco asfaltate sulle pedaline posteriori della bici del suo nerdino, in mezzo ad ampie cascine e piccole fattorie, larghi e lunghi distese di granturco e spaventapasseri a tener lontano i corvi.
"Eccoci, siamo arrivati!"
"...qui?!" esclamò El con voce interdetta, vedendolo infine frenare posando le converse bianche sulla ghiaia sotto di loro, di fronte ad una piccola casetta circondata da un ampio giardino da perdere la vista ed un cartello dipinto: Cascina Karol-Wilson.
"...ma cosa ci siamo venuti a fare fino a qui, Mike?!"
"Un attimino di pazienza e adesso lo vedrai!" la prese per mano Mike con un misterioso sorriso, appoggiando la bici allo steccato vicino ed allungando lo sguardo verso la distesa di verde e piccoli alberi da frutto di fronte a loro, come a cercare in quel luogo ameno e sconosciuto qualcuno di famigliare e ben noto già da molto, molto tempo.
"...Whisky!" El lo vide esclamare aprendo le labbra rosse in un largo sorriso, seguendo la traiettoria del suo viso e vedendo un piccolo cocker dalle orecchie lunghe a penzoloni correre forsennato e con la lingua lunga verso di loro, fino al limite dello steccato oltre il quale il giovane Wheeler sporse la mano per farsela leccare tutta dal cucciolo come da un vecchio e caro amico.
"Whisky! Ehi amico! Ne è passato di tempo, non è vero, piccolo?"
"...Whisky?" domandò interdetta El non potendo impedirsi di sorridere a quella vista, vedendo il suo ricciolino accarezzare dolcemente il pelo morbido di quel cucciolo dall'altra parte dello steccato, concludendo che, almeno per lui, quel luogo non dovesse poi essere poi così sconosciuto come lo era per lei.
Ma per quale motivo al mondo Mike aveva pedalato con lei fino a lì quella mattina?
"Mike...ma cosa?!"
"...sì?" i due ragazzini alzarono lo sguardo all'unisono di fronte ad una vecchietta in avvicinamento verso di loro lungo il ciottolato, un paio di grosse forbici da giardino in una mano ed un cestino pieno di fiori di lavanda nell'altro, un sorriso stanco ma amichevole lungo il suo viso rugoso.
"Desiderate, ragazzi? Vi siete mica persi, per caso?"
"Salve signora Karol...mi riconosce?" El aprì la bocca per replicare ma Mike la battè sul tempo con un ampio sorriso, vedendo la vecchietta strizzare gli occhi al di là degli occhiali dalla montatura spessa, soppesando il volto del ragazzino dai ricci neri al di là del suo steccato, per aprire infine il suo sorriso sdentato, come colpita da un improvviso lampo di memoria ed intuizione.
"Oh buon dio, ragazzo, ma sei proprio tu?!" la piccola Hopper sempre più interdetta e stupita vide le mani della vecchia raggiungere quelle del suo ricciolino al di là del recinto di legno, stringendosi forte e con due ampi sorrisi, come una nonna ed il suo nipotino ritrovati dopo molto tempo vicini vicini.
"Michael Wheeler...ma sei veramente tu, ragazzo mio?!"
"Sì, signora Karol, sono proprio io!"
"Mi venisse un colpo!" continuò la vecchietta sorridendo felice, allungando uno sguardo tra le sue gambe al piccolo cocker intento a saltare in mezzo ai due, abbaiando forte, quasi fosse stata quella una festa e lui l'addetto ad accogliere gli ospiti più graditi.
"Hai visto, Whisky caro, chi è venuto a trovarti qui? Dii un po', vecchia canaglia, lo hai riconosciuto subito tu, non è vero? Guarda un po' come si è fatto grande e bello il nostro piccolo Michael!"
"...Mike...?" balbettò El con sguardo confuso, muovendo un passo in avanti e vedendo Mike annuirle con un sorriso, come un piccolo invito a farsi più vicino.
"Giusto, giusto, scusami, El...signora Karol..." riprese Mike prendendola per mano con un grande sorriso, vedendo la vecchietta muovere gli occhi al di là degli occhialoni spessi fin su di lei, sorridendole con un entusiasmo così contagioso che El non poté fare a meno di sorridere a sua volta con aria timida ma più sicura.
"Signora Karol, lei è..."
"Ma guarda che piccolo bocciolino di rosa che abbiamo qui!" sporse una mano al di là dello steccato la vecchietta prima ancora che potesse finire, prendendo la mano di El e stringendola forte forte a sé.
"È una tua amica, Michael caro? Devo dire che è davvero tra le fanciulle più graziose che io abbia mai visto in vita mia!"
"Lei, signora Karol, è El..." sorrise Mike rivolgendosi verso il suo piccolo fiorellino, vedendo El sorridere, solo a tratti ancora leggermente confusa, ricambiando la stretta della vecchietta con altrettanto calore, rivolgendole uno sguardo di ringraziamento timido ma luminoso.
"E questa, El, è la signora Karol...una cara, carissima amica di famiglia"
"...oh, bando alle cerimonie, Michael caro! Puoi chiamarmi anche nonna, mia cara!" concluse per lui la vecchietta, facendo ridere El con un sorriso dolce:
"Piacere mio, signora!"
"Mi chiedevo se potessimo fare...una visita!" la piccola Hopper vide il suo ricciolino continuare con tono misterioso, vedendo gli occhi azzurri della vecchietta volgersi verso di lui con altrettanta attenzione.
"Una visita, caro? Intendi dire..."
"...sì, esatto!" la bloccò Mike lanciando uno sguardo verso la ragazzina con aria misteriosa.
"Vede lei...lei non ne ha mai vista una!"
"Oh, ma certo, ma certo! Entrate!" la vecchietta sorrise ai due ragazzini indicando il cancello poco distante con un cenno del capo nella loro direzione, facendo aggrottare la fronte alla piccola Hopper con aria ancora più confusa.
"Fidati di me, okay?"
"...okay" annuì El deglutendo con un piccolo sorriso, vedendolo prenderla per mano con aria sicura, precedendola lungo il confine nello steccato verso il portone di ingresso, dietro la schiena curva di quella vecchia signora ed il suo cestino di lavande viola.
"I figli di Karen sono sempre i benvenuti nel mio giardino, questo è sicuro! Purtroppo è ancora stagione di gelate, Michael caro, ma credo potrete trovare ancora qualcosa di interessante lá sotto...ma, un momento, ragazzi: non dovreste essere a scuola a quest'ora voi due?!"
Mike ed El deglutirono all'unisono a quelle parole, lanciandosi un'occhiata preoccupata per una frazione di secondo:
"Ehm...gita scolastica autogestita fuori porta?" abbozzò Mike con una mezza risata, vedendo la vecchietta ridere di una risata allegra quanto il suo viso, scuotendo la testa e facendo loro cenno di proseguire, fin davanti al cancello di ferro battuto.
"Oh, non badate a me, ragazzi! Fate come se non avessi detto nulla! Oh, Karol, Karol, vecchia impiccciona...quando mai imparerai in vita tua a farti gli affari tuoi?!"
"Grazie, signora Karol...come sempre!" sorrise Mike precedendo El al di là del portone aperto in un secondo di fronte a loro, vedendo la piccola muovere un paio di passi incerti in avanti dietro di lui con sguardo confuso,
"È tutto al suo posto, così come l'ultima volta che sei venuto a trovarmi, Michael caro!" sorrise l'anziana signora con un gesto della mano di fronte a loro, verso un sentierino di ciottoli e ghiaia fin dietro la cascina.
"Prendetevi pure tutto il tempo che volete, miei cari! I primi clienti non arriveranno che ad ora di pranzo ed anche allora, non sarete di alcun disturbo! Sai, ragazzo mio, è San Valentino oggi! Giornata di grandi vendite qui!"
"Naturalmente, signora Karol! Per quell'ora saremo già andati via!"
"Tutto il tempo del mondo, mio caro! Se avete bisogno di me mi troverete qui!" concluse l'anziana signora muovendo un braccio in segno di saluto, il piccolo coker dalle orecchie lunghe saltellarle intorno abbaiando forte.
"Come foste a casa vostra, carissimi!"
"Suppongo che tu sia un po' confusa, non è vero?" il piccolo fiorellino udì Mike domandarle precedendola su di quel vialetto, udendo il suono dei loro passi mescolarsi al rumore della ghiaia sotto le loro converse bianche identiche.
"Ti starai chiedendo perché diavolo ti ho portato fino a qui, non è vero, El?"
"In effetti...sì!" sorrise El lanciando un'occhiata alle loro spalle al profilo della vecchietta rimasta indietro dietro di loro, posato il cestino davanti ad un cespuglio variopinto, intenta a tracciare piccoli mazzetti di lavanda viola dentro il suo pagnerino.
"Lei è molto...gentile!" Mike annuì vedendola sorridere confusa ma felice, stringendo d'istinto la sua mano più stretta nella sua.
"E profumava di lavanda e biscotti al forno!"
"E quanto di più simile ad una nonna che io abbia mai avuto!" sorrise Mike annuendo con infinita tenerezza, seguendo insieme con lei il vialetto, costeggiando il lato della cascina verde di edera rampicante e rigogliosa.
"Mamma ci portava spesso qui da piccoli, quella signora mi ha praticamente visto crescere per davvero!"
"E perché, Mike?" chiese El interdetta allungando il passo e vedendolo voltarsi con un sorriso di fronte a lei, facendole alzare la vista fin sul suo viso, gli occhioni scuri a brillare come due stelle luminose.
"Beh...c'è un motivo per cui ti ho portato qui, El..."
"Questo l'avevo intuito anche io, Wheeler..."
"La mamma portava me, Nancy e Holly qui quando...quando veniva a comprare i fiori per il nostro giardino!" mosse un passo di lato Mike come ad aprire il tendone rosso di un palcoscenico di fronte a lei, vedendo i suoi occhioni spalancarsi di meraviglia di fronte a quella vista, illuminati dai mille e più raggi riflessi del sole.
El non credeva di aver mai visto prima uno spettacolo simile, eppure, lei credeva di saperne già dire il nome.
"Questa, El, è..."
"...è una serra, Mike?!"
"Esatto! annuì Mike facendosi più vicino ed ammirando con lei lo spettacolo di fronte a loro.
Il giovane Wheeler avrebbe potuto giurare di aver avvertito un piccolo brivido di gioia nella sua mano stretta nella sua.
"È una serra, El...una serra di fiori!"
El non riusciva a credere ai propri occhi.
Davanti a loro, al termine di quel vialetto ciottoloso, una distesa di pannelli e pannelli di vetro lucido, riflettenti la luce del sole, si perdeva a vista d'occhio riempiendo l'intera superficie dell'ampio giardino, creando un gioco di luci e riflessi luminosi tali da rimanere quasi folgorati da quella vista di fronte a loro.
El non aveva mai visto niente di simile in vita sua, ma aveva letto di un posto simile in uno dei tanti libri che il suo papà le aveva regalato per esercitarsi nella lettura anni prima, non appena era stata messa chiaramente in luce la predisposizione alle piante e ai fiori della piccola.
Il fiorellino quella mattina non riusciva a credere alla sua vista.
"È bellissima..."
"Sì lo è, El, è incredibile..." annuì Mike sentendo il cuore esplodere di gioia ed emozione, muovendo un passo in avanti e tirandola dolcemente per la mano più vicino a sé:
"E vedrai dentro che meraviglia! Dimmi un nome di fiore e stai pur certa che la signora Karol ne possiede almeno un bocciolo!"
"Vuoi dire che possiamo...possiamo entrarci dentro per davvero, Mike?!" chiese El allargando le labbra rosse in uno smisurato sorriso, vedendolo annuire con aria felice, invitandola a seguirlo con un cenno del viso.
"Ma certo che possiamo, fiorellino! Che cosa stiamo aspettando?!"
"...oh mio dio!"
Lanciò un urletto emozionato El saltandogli al collo, cogliendolo di sorpresa ma ricambiando immediatamente la stretta con un grande sorriso, affogato nei suoi ricci già profumati per lui di fiori e d'amore.
"Grazie, Mike...è incredibile!"
"Tu...tu sei incredibile, El!" ribattè Mike stringendola più forte a sé, vedendola allentare la presa, letteralmente non più nella pelle, non potendo pensare di farla attendere un secondo di più.
"Entriamo? Adesso?"
"Dopo di lei, my lady!" El lo vide rispondere con un mezzo inchino e facendola ridere, muovendo un paio di passi in avanti fino ad una tendina trasparente e sottile di fronte all'ingresso al termine di quel vialetto, scostandolo con una mano e muovendo un primo passo all'interno di quel capannone, avvertendo immediatamente sulla sua pelle il calore e nelle sue narici un intenso odore di terriccio fresco e di fiori.
"Da dove vuoi cominciare a dare un'occhiata, El?"
"...da...ovunque!" rispose El saltando dalla gioia, non potendo trattenersi dall'allungare il passo verso un primo mucchio di cestini sparsi su di un tavolo di legno e ripieni di piccoli fiorellini viola.
"Ma questi sono ciclamini, Mike! Oddio, sono meravigliosi e del tutto fuori stagione!"
"Sono bellissimi, hai ragione!" annuì Mike allungando il passo nella sua direzione, ma non facendo in tempo a raggiungerla che la sua piccolina, più veloce di una saetta, era già corsa via in direzione opposta.
"E guarda questi gerani, Mike!! Mai visti di questo colore!"
"Non avevo dubbi ti avrebbero fatto impazzire, El!" sorrise Mike infilando le mani in tasca e vedendola correre, saltare e ridere felice, al pari di una bambina il giorno di Natale di fronte al suo regalo più prezioso.
Ma non serviva nulla invece alla sua piccolina se non quella semplice meraviglia: il cuore del suo fiorellino era sempre stato semplice come il più piccolo dei boccioli di rosa, così piccolo e semplice da passare quasi inosservato, da non fare rumore, ma così potente agli occhi dei più pazienti da rivelarsi una meraviglia, con la stessa forza della primavera a far germogliare e fiorire la sua natura.
"E guarda laggiù quelle peonie! E quelle orchidee, ma sono meravigliose! E quei bulbi là in fondo...ma non saranno mica tulipani, Mike?!"
"Sono meravigliosi, El, proprio come te, piccolo fiore..." sorrise il giovane Wheeler avvicinandosi a lei con passi lenti e meticolosi, quasi come per non svegliare la sua bambina dentro un bel sogno, seguendo il suo sguardo carico di meraviglia muoversi tutt'intorno.
Nessuno di quei germogli, nemmeno uno, nemmeno il più bello o dal colore più raro e prezioso avrebbe mai potuto essere stato paragonabile alla bellezza del suo, così piccolo, così prezioso, così bello da morire che Mike parve quasi che fosse stata lei quella a fare un regalo a lui quella mattina, donandogli uno dopo l'altro mille e più sorrisi dei più dolci e meravigliosi che il giovane Wheeler credeva di avere mai visto ad illuminarle il viso.
"...il mio fiore più bello di tutti, El: tu"
"È questo che si fa di solito a San Valentino, Mike?" chiese la piccola volgendosi infine verso di lui con un immenso sorriso ed occhi lucidi, vedendo il suo ragazzo avvicinarsi piano trattenendo il respiro, sfiorando con la punta delle dita la curva del suo sorriso.
"Forse, non lo so, El...in realtà non lo so nemmeno io!" El lo vide ammettere con un sorriso, avvicinandosi alle sue labbra con un gesto lento ma non più timido.
"Vedi...in realtà nemmeno io avevo mai festeggiato un San Valentino prima di questa mattina!"
"Beh, in questo caso, Wheeler, per me sei un 10+!" sorrise El tirandosi più in sù sulle sue punte e vedendolo sporgere anche l'altra mano fino ai lati del suo viso, vedendo i loro sorrisi più felici mescolarsi all'unisono insieme in uno ancora più grande e luminoso.
"Si dice 'Buon San Valentino', Mike?"
"Sì, El, si dice...Buon San Valentino, fiorellino!"
"Buon San Valentino, oh mio paladino!"
E quando le loro labbra si furono sfiorate appena per un secondo prima di schiudersi come il bocciolo di un fiore benedetto dal sole, Mike non seppe più se era il profumo di El a mandarlo in estasi o quello di quella miriade di piccoli fiori intorno a loro, le sue labbra calde e morbide sulle sue, le sue dita ancorate come sempre intorno ai suoi ricci, le sue mani lente lungo la sua vita stretta, la sua schiena, le sue spalle, fino ad incontrare un po' per caso un po' per fortuna il tessuto di pizzo del suo reggiseno sotto il suo tocco, di sotto il tessuto leggero del suo vestitino, facendo partire lungo le fibre del corpo di quel piccolo paladino mille e più fantasie, sufficienti a farlo stringere il suo fiore ancora un po' più forte contro di sé, sentendola sospirare senza più fiato contro il suo petto, desiderando con tutte le sue forze che potesse essere già pelle vera quel contatto tra di loro.
"Possiamo restare qui anche tutto il pomeriggio se vuoi..." sussurrò il giovane Wheeler appoggiando dolcemente la sua fronte alla sua, avvertendo un brivido percorrere l'intero corpo della piccolina contro di lui, un brivido che mai avrebbe potuto immaginare non essere di vero calore quanto piuttosto di paura ed orrore.
"La signora Karol fa degli ottimi biscotti al cioccolato se non mi ricordo male, e potremmo stenderci per un po' in uno dei prati verdi qui intorno! Ho detto agli altri ragazzi che se non ci vedono tornare in tempo dicano loro ad Hopper che subito dopo scuola ti ho portato..."
"...non possiamo fermarci, Mike...dobbiamo tornare!" lo bloccò El con il fiato corto, muovendo un passo all'indietro e sciogliendosi da quella sua stretta, lasciando il suo nerdino interdetto, le labbra ancora rosse e gonfie di baci e l'ombra della delusione allungarsi in una frazione di secondo sul suo bel viso di neve.
"Perché no, El? Per una volta..." chiese Mike con voce sinceramente dispiaciuta, facendo scuotere la testa alla piccola Hopper con un groppo in gola, giurando di aver avvertito in un secondo il rumore secco e muto del suo piccolo cuore spezzarsi sotto la sua t-shirt a strisce e al suo maglione.
Non era una scelta sua, non lo era mai stata nella sua intera vita, nemmeno una volta, trattenne le lacrime quel fiorellino quella mattina, limitandosi a scuotere il capo in silenzio, lo sguardo basso improvvisamente appannato ai suoi piedi di fronte ai suoi.
Lo sguardo del suo ragazzo attraverso i suoi riccioli ricaduti sulla sua fronte pallida non sarebbe potuto essere tanto diverso da quello di un bambino ferito, lo stesso cuore semplice e sincero che l'aveva portata per quel giorno speciale fino a lì, solo e soltanto per renderla felice.
Cosa non avrebbe dato per poter restare quel pomeriggio lì con lui, cosa non avrebbe dato per restare lì con lui tutti i pomeriggi della sua intera vita!
Che cosa le serviva essere speciale, se speciale voleva dire diversa, misteriosa, mai come tutte le altre ragazze della sua età, libere di trascorrere semplicemente il giorno di San Valentino con chi desideravano di più, mai "normale" per quanto da mesi e mesi non si sforzasse altro che di fingere di esserlo con tutte le sue energie?
"Ti prego, El, è solo...solo per un pomeriggio!" tentò con un ultimo filo di voce Mike ed occhi stretti, vedendola scuotere la testa in silenzio pregandolo di desistere.
"Ti prego, Mike, non insistere..." scosse la testa El stringendo più forte i pugni ed imponendosi di non lasciarsi andare ancora: non in quel momento, non lì davanti a lui.
Lui non avrebbe potuto capire, lei non avrebbe potuto spiegare...
Che cosa mai ci poteva essere di normale in lei e nella sua vita se le era impedito anche di trascorrere un semplice pomeriggio in compagnia del solo ragazzo che mai l'avesse resa così felice e non smetteva ogni volta di stupirla con la sua magia?
"Io devo...devo tornare, Mike, scusami..."
"......okay" annuì infine Mike annuendo lentamente, non riuscendo a fingere comprensione quella volta, solo uno sguardo sinceramente ferito lungo il suo viso.
E quel piccolo fiorellino avrebbe così tanto voluto urlargli che non era per lui, che lui non aveva colpa e che non c'era niente che avrebbe desiderato di più che restare con lui per sempre sotto di quella campana di vetro, lontana da tutti gli orrori, gli affanni e le paure che lui non avrebbe potuto nemmeno immaginare essere presenti nella quotidianità del suo piccolo fiorellino.
Ma non poté sussurrarglielo El in quel momento, nemmeno quella volta, nemmeno quella mattina, limitandosi a prendere la sua mano sporta timida verso di lei, stringendola forte seppur debolmente, già sapendo che niente avrebbe potuto consolare il sorriso triste del suo ricciolino di più.
Quel fiorellino era in fondo ancora solo un bocciolo di rosa intirizzito, schiacciato e soffocato dalla neve sopra di lui, a capo chino.
"Mike...io...scusami"
"Ti riaccompagno a scuola, El, non ti preoccupare...scusami tu"
*
"Dobbiamo parlare, kiddo.
Subito.
Ora!"
El quella sera si sentiva svenire.
Era uscita dalle spesse mura di cemento di quel laboratorio più morta che viva quella sera, e quella non era certo stata una novità, benedicendo con le sue narici l'aria pura e fredda di quella notte di metà febbraio limpida di stelle, avvertendo ossigeno puro e liquido penetrarle attraverso la trachea fino ai suoi polmoni umidi d'acqua.
Aveva tossito un po' più forte del normale quella volta, uscendo da quella vasca alta e stretta come tutte le altre sere, avvertendo mani intorno a sé afferrarla di peso come tutte le altre volte, dita poco delicate e fin troppo decise infilarle senza troppi complimenti la solita flebo nel braccio, l'ennesimo livido da coprire, la voce del dottor Owens sempre presente accanto a lei.
"Staccate tutto, per oggi abbiamo finito...lasciatela respirare".
Avrebbe decisamente dovuto ricordarsi di indossare un vestito a maniche lunghe l'indomani mattina per coprire tutti quei lividi.
Le orecchie le fischiavano, la testa le faceva male da impazzire, e mentre veniva trasportata dai sotterranei del laboratorio alla stanza fredda e luminosa per l'ennesima sacca di trasfusione, come troppo spesso succedeva sempre più di frequente, El credeva di aver chiuso le palpebre stanche appena per un secondo, respirando profondamente ed avvertendo un sapore metallico e ben noto dai suoi bronchi risalire lungo la sua gola.
Se stavano tentando di ucciderla tanto valeva che lo facessero presto, perché ampliare così enormemente quell'agonia?
Queste erano state le parole che si era ripetuta nella sua mente quella sera, mentre l'ennesimo camice bianco le suggeriva di stringere ad intervalli regolari un palloncino nella sua mano per favorire il processo di trasfusione, mentre lei sentiva così poca forza in ogni fibra del suo piccolo corpicino che non sarebbe riuscita a schiacciare nemmeno una formichina.
Quelli erano stati i pensieri che avevano affollato la sua mente quella sera uscendo da quella vasca con la pelle cotta dalle troppe ore sott'acqua e i polmoni così bisognosi di aria ed ossigeno da sembrar quasi sul punto di spaccare la sua gabbia toracica.
Se quella era la morte, se quella doveva essere quella la sua fine, perché ci mettevano tutto quel tempo?
Perché non ponevano fine a tutte quelle sue agonie?
Ma che cosa volevano quelle persone da lei e dalla sua vita?
Perché ancora la tenevano in ostaggio e sotto tortura ogni pomeriggio così?
"Kiddo...mi senti? Stai bene?"
Questi erano stati i pensieri nella sua mente quella sera, al termine dell'ennesimo esperimento e fuga dal nero del suo vuoto: ogni sera, ogni singola sera, prima che la voce forte ma flebile del suo papà raggiungesse sempre più da lontano il suo orecchio, scuotendola da quel torpore ed avvertendo la sua mano grande e rugosa appoggiarsi dolcemente sulla sua spalla nuda, con una delicatezza che nemmeno il capo della polizia aveva mai creduto di possedere.
"Papà..." era stata la prima parola che la piccola Hopper aveva pronunciato anche quella sera, ancora ad occhi chiusi e con il bip ritmato dei monitor a confondersi con il fischio acuto nelle sue orecchie, sempre più flebile e sfumato contro i suoi padiglioni.
"Sono qui, kiddo, sono qui..." aveva ripetuto il capo Hopper come ogni altra volta, sfiorando la sua spalla nuda sotto il suo costume color perla con la stessa delicatezza con la quale si maneggia qualcosa di estremamente fragile e sul punto di rompersi davanti ai suoi stessi occhi.
"Sono qui, kiddo, sono qui..." aveva trattenuto come ogni volta un grido di rabbia e di paura il capo della polizia, sapendo che se c'erano ruoli ben precisi e stabiliti perché tutto funzionasse a dovere, in quel bilico precario, il solo che fosse possibile in quella loro vita, era quello che fosse lui a dare forza a lei, non viceversa, seppur ne avrebbe avuto davvero un gran bisogno lui per primo in quel momento.
Erano soli, erano loro soli contro tutti quei mostri, contro il buio, il freddo, l'orrore.
"Sono qui, kiddo, sono qui...ti porto a casa"
"Dobbiamo parlare, kiddo.
Subito.
Ora"
Il cielo era sereno il 14 febbraio 1986 sopra la piccola cittadina di Hawkins quella sera, e per un attimo il piccolo fiorellino si era concessa di sorridere seppur nella sua schiacciante stanchezza, allungando lo sguardo al di là del parabrezza dell'auto della polizia, ammirando le stelle luminose nel cielo sopra di loro.
Avrebbe potuto essere ovunque in quel momento, la sera di quel giorno che le era stato descritto come più che speciale, ad ammirare quelle stesse stelle magari sopra una coperta sulle pendici di qualche collina, il vento freddo a trasportare fino alle sue narici odore di glicine e gelsomini notturni, un piccolo brivido a scuoterle la pelle e un bacio sulla sua tempia a guarire almeno in parte quel senso di vuoto, nausea e mal di testa come una morsa contro le ossa della sua scatola cranica.
Avrebbe potuto essere ovunque in quel momento, avrebbe potuto essere ovunque seppur con lui, ancora sotto i vetri di quella sera dove, El avrebbe potuto giurarci sul serio quella volta, lui l'avrebbe stretta stretta forte a sé senza fare domande, semplicemente accettando il suo silenzio e facendosi carico di quel suo sconosciuto dolore.
Avrebbe potuto, sì, ma non in quella vita, non in quella sera e non per quel piccolo fiorellino.
Non per quella volta, non per quella prima, e nemmeno per quella futura.
E in men che non si dica, i pensieri dolce-amari di quella piccolina erano stati spazzati via come un colpo di spugna su di una lavagna nera e scura.
"El, mi senti? Posso avere la tua attenzione?" udì il suo papà adottivo cominciare piano con voce pacata e gli occhi puntati all'asfalto illuminato dai fari del furgone sotto di loro, le dita strette intorno al rivestimento di pelle del volante a tradire la sua ansia e tensione.
Ed El temeva già di sapere la natura di tutta quella sua rabbia repressa ed imminente incazzatura, al pari di una pentola a pressione sul punto di esplodere davanti ai suoi stessi occhi.
"Papà sono davvero...davvero stanca questa volta..." sospirò El con tono supplichevole, vedendo i profili degli alti pini sdoppiarsi davanti ai suoi occhi stanchi e appoggiando la testa allo schienale dietro di sé.
"Possiamo parlarne a casa dopo una doccia...ti prego"
"Ho paura che questa volta tu debba fare uno sforzo, El" ribattè secca la voce di Hopper senza voltare lo sguardo nella sua direzione, facendo gemere il cuore della piccola deglutendo profondamente la sua tensione.
Oh sì, sapeva già di certo che cosa il suo papà gli stava per dire quella sera...
"Ha chiamato la scuola in centrale questa mattina, El..." udì il suo papà continuare con tono pacato ma decisamente più sostenuto, senza attendere da parte sua la ben che minima reazione.
"Flo ha passato la chiamata nel mio ufficio: ero preoccupato, El, molto preoccupato. Ho pensavo ti fossi sentita male dopo lo stato nel quale ti ho riportata a casa ieri sera, o peggio..."
El udì le parole morire sulle labbra del suo papà con un soffio appena percettibile, sforzandosi di aggrottare la fronte per trattenere un conato di nausea e di vomito, le palpebre ancora troppo pesanti per poter pensare di riaprirle di fronte a sé in quel momento.
"Non avevo mai ricevuto telefonata da parte della tua scuola, El..."
"...forse perché lì dentro sono praticamente invisibile?" ribattè El lasciando che le sue labbra si muovessero da sole, accorgendosi solo troppo tardi del tono decisamente più sarcastico del dovuto, decisamente poco adatto a quella conversazione e alla sua posizione.
Strinse le gambe al petto con un profondo respiro, chiedendosi per quale dannato motivo ne stessero parlando proprio in quel momento.
Se rischiava la morte come ormai credeva di star ormai facendo sul serio ogni pomeriggio, che diavolo poteva mai essere stata una mattina di sega a scuola al confronto?!
"...o forse perché sono sempre stata la studentessa modello che tu hai sempre voluto che fossi?"
"Ti conviene cambiare questo tono finché sei in tempo, signorina!" la piccola udì il suono della pelle del volante stretta tra le dita del suo interlocutore più forte di prima, voltando debolmente la testa dal lato del finestrino, un gemito strozzato dalla sua gola a ricordarle quanto dannatamente le facesse ancora male respirare più profondamente di quanto avrebbe dovuto.
"Dove sei stata questa mattina, El?" chiese Hop tagliando corto a tutti i convenevoli ed arrivando dritto al punto,
"...a scuola?" tentò El di rispondere con tono ironico, avvertendo un pugno ben assestato far vibrare il cruscotto dell'auto di fronte a loro.
"Ho scritto forse 'fesso' in faccia, El? Dimmi un po'?!" sentì il suo papà ribattere con forza, prendendo un profondo respiro ed avvertendo lacrimoni caldi arrivare ai suoi occhi ancora chiusi in una frazione di secondo.
"Kiddo, ti prego, sono stanco anche io, è stato un pomeriggio lungo..." riprese Hopper con tono più calmo, facendola quasi scoppiare a ridere di una risata triste ed amara.
"Sono che sei stanca, El, so come ti senti..."
"No, tu non hai idea di come mi sento..." ribattè secca El scuotendo debolmente la testa, avvertendo un sospiro provenire dal sedile accanto al suo.
"Dove sei stata, El, questa mattina? Per favore..."
"Te l'ho detto, papà! A scuol..."
"Non mentire a me, Eleven, cazzo!" la piccola udì un grido giungere dritto dritto ai suoi padiglioni ipersensibili, facendola accucciare contro quel sedile come un cucciolo ferito.
La testa le faceva male, male da morire, mille pensieri si rincorrevano alla rinfusa e solo più un'immagine si presentava nitida di fronte a sé in quel momento di confusione: gli occhioni grandi, tristi, delusi e dispiaciuti del suo ricciolino di fronte a sé di quella mattina.
"Dimmi la buona verità una volta per tutta, El, porca puttana!"
"Se la conosci già perché ci tieni tanto che io la dica?!" ribattè El tentando di urlare a sua volta, ma producendo solo un gemito più simile a quello di un cucciolo ferito direttamente dalla sua gola.
"El, per l'ultima volta..." chiese ancora il capo con voce tremante dalla rabbia e sguardo fisso sulla strada di fronte a sé.
"...dove sei stata questa mattina?"
"...con Mike"
"E questo l'avevo capito anche io, El, ma dove?!"
"Non era questo quello che volevi sapere?" sospiro El riaprendo debolmente lo sguardo di fronte a sé, avvertendo la strada ad unica carreggiata farsi doppia e poi tripla di fronte a sé.
Non sapeva se si sentiva più sul punto di vomitare o svenire su di quel sedile sotto di sé.
"Non sono andata a scuola e ho passato la mattina di San Valentino con Mike, non era questo quello che volevi sentirti dire, papà?!"
"San Valentino...cristo santo..." scosse la testa il capo della polizia con un altro profondo sospiro, invocando in un solo istante tutta la forza interiore ancora a sua disposizione.
"Che fossi con chi o senza di chi non è questo il punto, El, in questo momento..." la piccola lo udì continuare con tono pacato seppur ancora sostenuto,
"Dove sei stata, El, questa dannatissima mattina?"
"In una serra"
"...una serra?"
"Una serra sulla collina"
"...una sera sulla collina?"
"La serra di una signora gentile..."
"...la serra di una signora gentile, El?!" balbettò il capo della polizia con tono confuso.
"Mi stai...mi stai prendendo in giro?"
"Niente affatto, papà..." sospirò El con tono esausto, portando le mani sul viso e tirando indietro i riccioli ancora bagnati.
"Ora possiamo parlare più tardi per favore? Papà, non mi sento...non mi sento..."
"E non hai pensato che qualcuno potesse vederti? Non hai pensato che fosse pericoloso?!" continuò il capo con tono sempre crescente della voce così come del rombo del motore sotto di sé,
"Non hai pensato che questa fosse decisamente una cosa stupida da fare, El?! E che ne è stato della nostra regola del non essere stupidi?!"
"Ti preoccupi per il mio rendimento scolastico, papà?" chiese El con tono sarcastico, ridendo di una risata triste appena percettibile sulle sue labbra.
"Perché in quel caso vorrei che ti ricordassi che ho i voti più alti di tutti i miei compagni di cors..."
"Non sono gli stupidi voti che mi interessano, kiddo, ma non lo vuoi capire?!" sbottò Hopper con tono esasperato ed un urlo forte, facendo portare d'istinto le mani della piccola sulle sue orecchie.
"Papà, per favore...ho un gran mal di testa, non urlare così..."
"Non sono i voti il punto, El..."
"...e allora qual è?!" urlò El con quanto fiato aveva in gola, stupendosi perfino lei di se stessa e di essere dotata ancora di una così grande forza nella sua gola.
"Qual è il problema, papà?! È perché ho rotto la nostra stupida regola del non essere stupidi?"
"Hai fatto una cosa decisamente, decisamente stupida, El, sì..." annuì il capo con tono triste, nel quale nemmeno in quel momento la piccola poté evitare di percepire un tono deluso e ferito.
"Sei andata in un luogo sconosciuto senza parlamene prima e senza chiedermene il permesso...hai tagliato la scuola e mi hai mentito, e, come se tutto questo non fosse già più che sufficiente, eri con Mike, El...come tutte le altre volte..."
"Ah, quindi adesso è Mike il problema, non è vero?!" sbottò El allungando le braccia sopra di sé.
Finalmente avevano centrato il punto.
"È perché non ti piace, non è vero? Per qualche assurdo motivo a te non è mai piaciuto..."
"Ti stai compromettendo troppo con Mike, El, dovresti fare molta più attenzione..." sospirò Hopper con voce pacata ma tesa e risoluta, intuendo stessero raggiungendo il punto più delicato di tutta la questione.
Ma glielo doveva dire, era giusto che glielo dicesse.
Meglio in quel momento che aspettare che qualcuno dei due si facesse male sul serio...
"E cosa c'è che non va in lui, papà? Per quale motivo sempre e soltanto lui non deve essere..."
"Il problema non è Mike, El, porca di quella puttana!!"
La piccola spalancò gli occhi increduli di fronte al suo papà capo della polizia, vedendo i suoi baffoni folti tremare di rabbia e tensione sopra il suo faccione.
"Il problema è che ti stai compromettendo troppo con lui, El, non hai mai pensato che tutto quello che c'è tra di voi possa diventare un giorno pericoloso?" chiese Hopper con tono serio e minaccioso, facendo sentire ogni fibra del corpo della piccola come percorso da un fiume di rabbia e tensione.
"Non hai mai pensato che il tuo Mike possa iniziare a farsi delle domande sul tuo conto, El? Che possa iniziare a domandarsi ad esempio chi sei, da dove vieni, qual è la tua storia...o magari, anche solo più semplicemente, come passi tutti i tuoi pomeriggi da quando ti conosce, El?"
"Quindi il problema non è nemmeno Mike, papà...il problema sono io!" singhiozzò El senza potersi trattenere di più, portando le ginocchia più strette al suo petto e il palmo della sua mano sulle sue labbra per trattenere un gemito di più.
Si sentiva stanca, arrabbiata, ferita, ma più di ogni altra cosa, immensamente triste e delusa.
I soli momenti di libertà ed autentica gioia di quegli ultimi mesi avevano sempre portato con sé il nome del suo adorabile piccolo ricciolino, il solo raggio di luce in grado di penetrare anche la più spessa coltre di buio ed orrore.
Che cosa poteva capirne il suo papà?
Che cosa poteva saperne di quanto immensamente Mike la facesse sentire bene, di quanto enormemente avesse bisogno di lui?
"Non ho detto questo, kiddo..." scosse la testa Hopper con un sospiro, allungando una mano accanto a sé per stringere la sua, ma vedendola scansarsi al suo tocco.
"Tu non sei un problema, El, non lo sei stata mai e non lo sarai mai...hai tutto il diritto di vivere una vita normale per quanto ti è stato concesso, kiddo...ho lottato tanto in tutti questi anni per permetterti di vivere tutto questo..."
"E pensi che questa si possa considerare vita, papà? Pensi che questa sia a tutti gli effetti la vita normale che avrei voluto?!" scattó El più velocemente di lui, sentendo la rabbia e la delusione fluire dalle sue fibre nervose, gli occhi delusi di Mike fissi nella sua mente di fronte a sé ed i fari dell'auto a vibrare d'intensità sotto di loro.
"Pensi che questo sia normale?! Che pomeriggi come questo siano quelli di una ragazza normale?!"
"Tu non sei normale, El, nessuno ha mai preteso che tu lo fossi!" urlò Hopper prima di rendersi conto del rumore delle sue stesse parole, volgendo lo sguardo lentamente accanto a sé e ritrovando la sua piccolina fissarlo con sguardo triste e sbigottito.
"Non intendevo dire questo, El, ti prego..."
"Lo so cosa volevi dire..." si lasciò ricadere sul sedile El sentendo lacrime calde bagnarle il tessuto del vestito.
"Io non sono normale, papà, io sono un mostro...solo uno stupido esperimento, solo e soltanto un mostro! E dovrei tenere tutti lontani da me per evitare che tutti si facciano del male prima o poi per colpa mia, non è così?"
"Tu non sei pericolosa, El, non lo sei..." scossa la testa Hopper sentendola singhiozzare senza più controllo, provando ad allungare un'altra volta la mano nella sua direzione ma desistendo all'ultimo verso il cambio del furgone.
"Quello che intendo dire è che dobbiamo fare attenzione, kiddo, tutti e due...non sei tu ad essere pericolosa, ma loro! Non tu, El, ma loro! Quegli uomini sono malvagi e questo è sempre stato chiaro per tutti e due: più le persone sanno cose su di te, con me, con noi, più cose scoprono sul tuo conto e più potrebbero in futuro non essere più al sicuro!
E questo vale per Mike, per la tua amica Maxine, per Will, per Joyce..."
"...ti preoccupi della tua nuova fidanzata ora, papà?" sputò fuori El con tono velenoso,
"Io non posso stare con Mike ma tu con Joyce sì, non è vero? E se fosse lei invece ad iniziare a fare delle domande a te? Che ne diresti, papà, se non fossi io quella a rovinare tutto qui, ma tu?!"
"Abbassa quel tono, signorina! Non mi piace per nulla questo tuo atteggiamento!" ribattè Hopper arrossendo e stringendo i pugni sul volante ancora di più.
"Il punto non è Joyce, non sono io e nemmeno Mike in questo momento, El, ma perché non ci arrivi?!"
"Papà, ti prego, basta..." suppliccò sentendo la testa sul punto d'esplodere dal dolore, vedendo i fari dell'auto spegnersi ed accendersi a ripetizioni, le ruote svoltando nel sentiero verso la loro casetta in mezzo al bosco.
"Non sto dicendo che non devi più frequentare Mike, kiddo, o almeno, non per il momento..."
"Basta, ti prego..."
"Ma arriverà un giorno nel quale inizierà a chiederti il perché delle tue assenze, dei tuoi ritardi, della tua stanchezza...il perché di quel tuo numero, El, di tutti quei lividi, di tutte quelle tue cicatrici..."
"Basta, basta, per favore...basta"
"Per quanto potrai ancora mentirgli, El? Per quanto potrai ancora tenerlo al sicuro?!" alzò per l'ultima volta il tono della voce il capo della polizia, ignorando le sue suppliche e le sue mani strette sulle sue tempie sul punto di esplodere lì di fronte a lui.
"E cosa succederà, El, quando scoprirà finalmente chi sei? A quale rischio deciderai di esporlo infine dicendogli finalmente chi tu sei?"
"...BASTAAA!!"
L'urlo di dolore di quella piccolina ruppe il silenzio della notte placida di luna intorno a loro, facendo bloccare di colpo il motore del furgone sotto di loro, le cinture scattare contro i loro petti trattenendoli contro i sedili, due gemiti strozzati uscire dalle rispettive labbra semichiuse: di stupore uno, di viva disperazione l'altra.
"El, torna qui!" urlò il capo Hopper aprendo la portiera con un colpo secco, vedendo la sua piccolina saltare giù dall'auto più velocemente di lui, correre a per di fiato senza voltarsi indietro, lungo i pochi metri rimasti da percorrere in mezzo agli alberi alti, già da lontano la luce flebile del loro salotto brillare debolmente nel buio della notte.
"El, torna qui, subito!" la piccola lo sentì ancora chiamarla a gran voce, sentendo le lacrime colare copiose dalle sue guance in fiamme, non accennando nemmeno per un secondo a frenare la sua corsa.
Lui non capiva.
Non capiva e non l'aveva mai fatto.
Non era lui a sapere che cosa si provava ad essere costretti a vivere da diversi, da soli, perennemente con la paura di essere scoperti o di fare del male a qualcuno.
E la paura del venire accettati, la gioia di aver finalmente trovato chi poteva essere sul serio in grado di farlo per davvero, per una volta...e adesso?
Aveva il coraggio davvero di dirle che era tutto sbagliato? Che avrebbe dovuto sul serio rinunciare a tutto quello che di più bello la sua vita negli ultimi mesi le aveva regalato?!
"El, torna qui, ora! Eleven!!!"
Corse in casa la piccolina, non badando alle sue lacrime nè alle gocce di sangue dalle sue narici, colate sul suo vestito a fiori ed in parte sul pavimento nella corsa, chiudendo la porta della sua cameretta con la mente come una furia, lanciando un ultimo profondo grido e vedendo un paio di libri volteggiare in aria impazziti sbattendo contro le pareti intorno a lei ed un vaso piccolo di vetro esplodere sulla sua scrivania, spargendo acqua e cocci di vetro tutt'intorno sul pavimento.
"No, no, no, e poi no..." pianse El appoggiandosi debolmente all'anta dell'armadio alle sue spalle, stringendo più forte le ginocchia al petto ed affondandoci dentro tutte le sue lacrime ed il suo dolore.
Il viso bello del suo ricciolino sopra di sé, il suo sorriso dolce, luminoso, le sue labbra morbide e leggere sopra le sue, le sue dita fredde e sottili sfiorarla dappertutto, la sua pelle, i suoi ricci, i contorni del suo viso, delle sue labbra, del suo cuore...i suoi occhi tristi e dispiaciuti di quella mattina, il suo sguardo confuso, ferito, quell'impotenza di non poterglielo dire, di non poterlo rendere partecipe del suo dolore.
Nemmeno a lui che era il solo che potuto sapere cosa dirle, nemmeno a lui che era il solo al mondo che avrebbe potuto consolarla e farla sentire protetta ed al sicuro.
"Mike...io...mi dispiace"
"No, El...temo questa volta dispiaccia di più a me"
Che cosa c'era di sbagliato in lei?
Perché non le era concesso di sentirsi semplicemente felice ed al sicuro?
E aveva forse davvero ragione il suo papà?
Sarebbe forse per sempre stato quello il suo destino?
Il non potersi legare mai a nessuno senza avere paura di ferirlo, il dover allontanarlo da sé e dalla sua verità più triste e cupa, il dover allontanare chi più amava nella sua vita per il loro stesso bene, per tenerli al sicuro?
Un miagolio più acuto e deciso fece alzare il viso rigato di lacrime delle piccola in direzione nel suo lettino e della finestra accanto a sé.
Al di là del vetro pulito, una zampina ben riconoscibile nel buio la fece sorridere almeno un pochino, tirandosi sù in piedi e passando il dorso della sua mano sotto il naso sporco di sangue e lacrime.
"Ehi piccolino!" sorrise la piccola in direzione del suo micino, sporgendo le mani contro il vetro della sua finestra per aprirla, prima che qualcosa catturasse la sua attenzione.
Era come un filo, un filo appena visibile ma spesso e robusto, dal chiodo di ferro della sua finestra giù giù nel buio, lungo la parete della sua casetta fino ad un piccolo cestino appeso nel vuoto sotto di sé.
"...cosa?" balbettò la piccola con tono confuso, tirando il filo con entrambe le mani e portando il cestino di vimini più in alto fino ad essere illuminato dalla luce della sua cameretta.
All'interno di quel piccolo cestino, avvolto dalla carta bianca e nera di un giornale leggermente umida, le testoline colorate di un mazzetto di tulipani fecero capolino nel buio facendole schiudere le labbra di meraviglia ed amore, affrettandosi ad afferrare il cestino finalmente sotto tiro e ad estrarne con cura il bouquet di fiori deposti per lei nel buio.
Un piccolo bigliettino era annodato intorno al gambo di un tulipano giallo, il suo preferito, ma El non aveva quasi bisogno di leggerlo quella sera per avere conferma su chi potesse mai essere l'autore di quella sorpresa.
"La signora Karol ha insistito che fossero troppo belli perché tu non li avessi, El. Ho detto lei che sono i tuoi preferiti e non ho potuto resistere.
Spero tu li metta nel vaso del tuo comodino, quello più vicino al tuo cuscino.
Sarà un po' come se ci fossi anche io lì con te, El, piccolo fiorellino.
Buon San Valentino, con tutto il mio cuore, Mike"
Quel piccolo fiorellino quella sera non avrebbe potuto sentirsi molto diversa da un piccolo bocciolo di rosa nel buio, benedetto da un singolo raggio di luce del suo Sole.
📼🌼
Salve amiciii
Allora, questa giornata di San Valentino vi ha fatto un pochino sciogliere?❤
Spero di cuore di sì perché, sul serio, questo capitolo era l'ultima boccata di ossigeno per voi!
Drama is coming, guys, e io credo che voi tutti già possiate iniziare ad intuire da dove inizierà...
Tenete a mente le parole di Hopper, vi serviranno!
Un bel respiro in cima alla montagna russa e...si va giù!
P.s. vi avviso fin da ora che il prossimo capitolo sarà molto, molto lungo!
Che siate preparati!
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