26.Goodnight Music Therapy
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"Non può essere normale quello che le è successo!"
Le orecchie del giovane Will Byers non avevano sentito pronunciare altro nell'arco delle ultime due ore di quell'assurda serata.
Casa Byers quella sera di Dicembre, appena una settimana o poco più prima della Vigilia di Natale, appariva più silenziosa e vuota rispetto al solito, spogliata del consueto vociare festoso di una signora Byers sempre di buon umore, la tv perennemente accesa su qualche commedia datata e le melodie rock di qualche ultimo successo radiofonico a mescolarsi al limitare delle porte delle camere dei due fratelli meglio di due soluzioni esplosive.
Ma quella sera, tutto era silenzio, quasi sospeso, tutto era vuoto: vuota come la stanza del maggiore di casa, di turno al lavoro come tante altre sere di straordinari in quel periodo di feste, vuota come la veranda di fronte alla casa prefabbricata, dove l'auto rossa di Joyce Byers si faceva aspettare quella volta nonostante l'ora già tarda.
E per una buona specifica ragione.
Il ticchettio dell'orologio appeso sopra i fornelli riecheggiava fastidiosamente dalla cucina, rimbalzando contro i divani del salotto un po' scoloriti ed un tavolo da pranzo per una volta in ordine e perfettamente sparecchiato già da molte ore.
Eppure, eppure c'era qualcosa quella sera, solo all'apparenza uguale a tutte le altre, a turbare la pace e la quiete, a tradire la tranquillità tutt'intorno.
Un movimento, una voce, un passo conciso e svelto in tondo sul pavimento, la stessa manciata di corti frasi ripetute e ripetute mille volte:
"Dovrei essere lì con lei in questo momento: avrei dovuto insistere di più!"
"Mike…"
"In fondo è facile fare la voce grossa per lui, ma certo! Lui è il capo della polizia!"
"Mike…!"
"E intanto io sono qui fermo bloccato come un cretino, mentre tutto quello che dovrei fare a quest'ora sarebbe stare lì con lei!"
"Mike!!"
E se il giovane Byers avesse dovuto dare una definizione dell'ansia in quel momento, seduto a gambe incrociate sul suo materasso con il mento appoggiato ai suoi pugni da troppo, troppo tempo, certo non avrebbe potuto fornirne una diversa se non il nome e cognome di quella testa calda di rapa del suo migliore amico.
Lo stesso migliore amico che da ore con le mani in testa tra i ricci e le gambe che proprio non riuscivano a stare ferme per più di una manciata di secondi sembrava intenzionato a scavare un vallo con i suoi passi ai piedi del suo letto.
"Tutto questo non ha senso! Non ha il ben che minimo senso!"
"Mike…"
"Non è normale, amico! Non può essere definito normale quello le è successo….voglio dire: qualsiasi cosa fosse…è stato assurdo!"
"Mike…!"
"E il capo che mi ha detto di non ficcare il naso…mi ha praticamente detto di farmi i cazzi miei!"
"Mike!"
"Come se divertissi a ficcanasare come un bambino fastidioso! Come se non potesse capire che sono solo preoccupato esattamente come lui per lei e…"
"Mike!!"
Urlò più forte Will volgendo gli occhi al cielo con sguardo esasperato, vedendo il suo amico dai ricci neri bloccarsi sul posto appena per un secondo, volgendo verso di lui uno sguardo tutto ad un tratto più che scocciato.
"Alleluia! Ti sei fermato!"
"Che c'è?!" sbottò il paladino di fronte al suo migliore amico con sguardo di sufficienza, come quello di chi è stato appena interrotto durante una complicata esposizione metafisica.
"Okay…" prese fiato Will con un sospiro, passandosi una mano lentamente lungo il viso ed invocando ogni residuo ancora esistente della sua ben nota pace interiore.
Tanto prenderlo di peso ed imbavagliarlo su di una sedia non sarebbe stato un comportamento accettabile, seppur di certo molto, molto più utile.
Tanto valeva prenderlo con le buone, per quanto fosse stato ancora in suo potere farlo.
"Non puoi venirti a sedere, amico, e che so…darti una calmata?" Mike lo sentì sussurrare in silenzio, quasi come un reale timido ma deciso invito, incitandolo con un gesto della mano, aperta sul copriletto, a prendere posto proprio lì accanto a lui.
Ma per Mike tutta quella tranquillità quella sera poteva ottenere il solo effetto di fargli salire voglia di urlare ancora di più.
Ma come…come era possibile che lui non capisse?
"Stai tipo scavando una fossa lì sul pavimento da un'ora..."
"Will, ma mi stai ascoltando?!"
Il piccolo Byers prese un profondo respiro, scuotendo la testa lentamente e richiudendo la bocca rinunciando a replicare.
Quando appena due ore prima gli occhi attoniti dei cinque amici avevano seguito la figura di Hopper allontanarsi lentamente lungo la pista facendosi largo lungo la folla di curiosi ad offrirgli aiuto e soccorso, un ultimo sguardo arcigno ed intimidatorio ad intimare di non voler essere seguito per nessuna ragione al mondo, nessuno dei nerdini aveva osato fiatare per un buon quarto d'ora, ancora scossi, con i piccoli cuori a mille nei petti e gli occhi ancora ripieni di orrore.
E seguire il consiglio, per non dire l'ordine, del capo della polizia era stato qualcosa di silenziosamente concordato, tornandosene ciascuno tristemente a casa senza molte altre parole da aggiungere: tanto nessuno del party avrebbe più avuto molta voglia di continuare a pattinare quella sera ancora ancora a lungo...
"Dovrei essere lì con lei…" scosse la testa il nerdino dai riccioli neri con un ultimo sospiro, ignorando palesemente le proteste dell'amico a darsi una decisa bella calmata, continuando nel suo cammino avanti ed indietro lungo il pavimento della piccola camera da letto, di fronte alla sua scrivania, nella casa avvolta del silenzio dove, neanche fosse stato dato per scontato, i due amici si erano rifugiati insieme al termine di quella serata, palesemente ancora troppo scossi per tornarsene da soli ognuno a casa propria.
Sopratutto uno dei due.
"Dovrei essere lì, lì vicino a lei…" Will lo sentì ripetere ancora, con aria sconsolata, gli occhioni neri fissi al pavimento sotto i suoi piedi meno lucidi, meno spaventati, mutati già da molte ore dalla paura alla rabbia e alla sconsolazione.
E più che restare in silenzio a lasciarlo sfogare, collezionando una lista spropositata di sospiri, improperi e uscite degne della più apprensiva delle mamme, Will Byers non avrebbe proprio saputo quella sera che altro poter fare.
"Avrei dovuto insistere, avrei…dovrei essere lì in questo momento, non qui a fare niente. Lì con lei e non qui con te, e che cazzo!" battè Mike un pugno contro l'armadio ancora una volta, facendo tremare leggermente le ante di legno, facendo rinunciare l'amico a protestare, solo a scuotere la testa sospirando di più.
Quando qualcuno era agitato, a quanto pare, non si potevano proprio sentire ragioni.
"Avrei dovuto…"
"Mike!" sbottò Will di colpo facendolo tacere, sollevando il viso di scatto nella sua direzione, occhi neri e profondi contro i suoi brillanti e verdi.
"Mike, non è stata una decisione tua, ricordi? Anche volendo non avresti potuto seguirlo…" continuò Will approfittando di quel secondo di silenzio, vedendo l'amico passare una mano lungo il viso riprendendo profondamente fiato.
Come poteva biasimarlo?
In fondo avevano visto tutti con i loro occhi ciò che era avvenuto quella sera su quella pista: avevano visto tutti il corpo di quella ragazza cadere, sostenuta nella caduta dalle braccia di Mike che al volo l'avevano presa ad un palmo dalla superficie ghiacciata, l'avevano vista tutti rimanere minuti interminabili sdraiata contro la superficie fredda scossa dai brividi, gli occhi chiusi e il corpo quasi scollegato dalla mente, incapace di rispondere a chiamate o a stimoli, nemmeno alle loro voci che chiamavano a gran voce il suo nome.
Avevano visto tutti il sangue uscire caldo e copioso dalle sue narici, dalle sue orecchie, dai lati della sua bocca, come nel peggiore dei film dell'orrore.
Avevano sentito tutti il suo grido, la sua voce quasi irriconoscibile, così piegata alla paura, quelle urla, quelle suppliche, quelle che ancora riempivano le orecchie dei due amici, così acute e terrificanti da sembrare quasi più fredde di quella lastra di ghiaccio:
"No! No! Ti prego…NO!!"
"Hopper è stato chiaro, Mike…non voleva nessuno!" sospirò Will dopo un secondo di silenzio, vedendo l'amico dai ricci neri scuotere la testa, riprendendo a camminare nervosamente davanti ai piedi del suo letto: come poteva dargli torto, in fondo non avrebbero sul serio tutti desiderato sapere che ora El stava bene?
Non avrebbe tutto il party desiderato quella sera poter fare di più?
E chi tra i nerdini di più se non quel suo migliore amico, il ragazzo che fino a pochi istanti prima la reggeva abbracciato a lei con le mani intorno ai suoi fianchi…e non solo?
"Non puoi darti la colpa per non essere lì in questo momento vicino a lei, Mike! Il capo non voleva…"
"Sì, ma tua madre ha insistito! Ed ora? Ed ora è lì con il capo a casa loro!" sbottò come una vecchia teiera in ebollizione in paladino, allargando le braccia sopra la testa ed alzando gli occhi al soffitto, più sull'orlo di una crisi di nervi bella e buona che di uno scoppio di pianto.
"Hopper ha accettato che tua madre desse loro una mano, con lei non ha osato replicare! È così ingiusto, cavolo! Così ingiusto! Per quale motivo tua madre sì ed io invece no?!"
"Forse perché mia madre è un soggetto adulto e chiaramente più in grado di gestire l'ansia in questo momento meglio di te?" chiese Will ironico alzando un sopracciglio, fulminato sul posto da uno sguardo di fuoco da parte del suo migliore amico.
"Molto divertente, Byers, davvero…"
"Sto solo dicendo la verità, Mike! Non saresti per nulla d'aiuto!" ribattè deciso il piccolo nerdino, scuotendo la testa con voce convinta.
"Il capo ha detto che El ha solo bisogno di riposo, di una bella dormita…sarà nel suo letto in questo momento, Mike, starà bene! Starà riposando finalmente, è tutto ciò che secondo Hopper le occorre…"
"E a te quello che è successo sembra normale?! Ti è sembrato davvero un semplice attacco di sonno?!" urlò in risposta Mike con fare concitato, per nulla intenzionato a placare la sua ansia ed i suoi bollenti spiriti.
L'immagine del volto della sua El ricoperto di sangue, scossa dai brividi, le sue mani fredde, la sua fronte corrugata in una così profonda espressione di sofferenza e dolore: che cosa…che cosa aveva visto quel suo fiorellino nel buio?
Che cosa…che cosa l'aveva fatta strillare così?
Deglutì Mike in silenzio, sentendo il nodo stretto intorno alla bocca del suo stomaco chiudersi di più, una morsa quasi mortale da fargli bloccare il respiro: come poteva restare tranquillo, come poteva restare in silenzio?!
Come se le immagini che aveva visto non tornassero ancora palesi di fronte ad sé ogni singola volta i suoi occhi si chiudevano sbattendo le palpebre?
"Devo solo sapere che sta bene, Will…devo solo sapere cosa le è successo…"
"Non c'è molto che possiamo fare noi due, Mike, non questa sera…" scosse ancora la testa sospirando Will, seguendo con lo sguardo l'amico avvicinarsi più vicino ai piedi del suo letto, lasciando infine cadere a peso morto e sconfitto sul bordo più estremo del suo materasso.
"Se anche insistessi ancora, Hopper non ti darebbe mai il permesso di raggiungerli fino a lì, non questa notte per lo meno..." continuò il ragazzo dagli occhi verdi, facendosi più vicino e sedendosi accanto a lui, vedendolo sperso nei suoi pensieri con i ricci ricaduti ai lati del viso, lo sguardo fisso alle converse bianche ai suoi piedi sul cui tessuto di tela ancora troneggiava una scritta solo leggermente più sbiadita: M+E.
In fondo, il comportamento del suo amico, per quanto esagerato e privo di ogni logica e buon senso, non era forse invece il più normale e condivisibile?
"Mike…" prese fiato Will appoggiando una mano sulla sua spalla, vedendolo ancora scuotere in silenzio la testa, potendo quasi sentire nelle sue orecchie strillare l'eco dei suoi pensieri in quel momento.
"Tutto quello che possiamo fare ora per aiutare El è restare al nostro posto qui, rimanere calmi e fiduciosi e lasciare davvero che si riposi, come il capo dice che le occorre! Stara bene, è in ottime mani! Il capo e mia madre sapranno cosa fare, qualsiasi cosa le occorra! Capisco come tu stia, anche io sono preoccupato, anche ero lì, ma non c'è niente che possiamo fare questa sera per lei! Niente! Che dici…magari domani mattina chiediamo a mia mamma di accompagnarci fino a lì? Andiamo insieme a trovare El e ad assicurarci che stia…?"
"Per quale motivo non hanno ancora chiamato?!" esclamò improvvisamente Mike dal nulla, rialzandosi con un baldo in piedi, facendo trattenere al giovane Byers una più colorita imprecazione, repressa sulle sue labbra strette tra i denti dall'esasperazione.
No, a quanto pareva no: l'amico del suo discorso non aveva prestato ascolto nemmeno ad una singola maledetta parola.
"Ma sei sicuro che il tuo telefono funzioni di nuovo, Will?"
"Mike…"
"Non si era cimito con un fulmine durante l'ultimo temporale?!"
"Mike!"
"E la rice non prende…ma sarà sicuramente un problema di ricezione!" saltò su Mike con l'espressione più calzante della pura paura sul viso, ancora più pallido se possibile del solito, gli occhioni scuri spalancati in un'improvvisa sconvolgente rivelazione:
"Sicuro! Anche quella sera in bici andando fin nel bosco da El la linea saltava, ti ricordi?!"
"Mike…"
"E se mi stesse provando a chiamare ed io non la sentissi…?!"
"Mike!!!"
Un nuovo urlo più acuto mise a tacere l'angoscia dell'amico, voltandosi in direzione del nerdino dagli occhi verdi e l'espressione di una serial killer sull'orlo di un vero e proprio istinto omicida:
"Ti sto ufficialmente per tirare un pugno, cazzo!"
"Devo andare da lei!" scattò Mike all'improvviso, un'espressione più decisa e convinta che mai ora impressa sul suo viso, raccogliendo lo zaino da terra e portandosi verso la porta della camera senza una parola di più, bloccato lungo la strada da un noto nerdino, precipitatosi giù dal suo letto a quella parole come una furia:
"Oh no, Mike, io non credo proprio!"
"Lasciami passare, Will! E che cazzo!" ribattè Mike con occhi seri e decisi, vedendo l'amico scuotere la testa, un'espressione altrettanto concentrata ed irremovibile sul viso.
"Che cosa vuoi fare, Mike?! Vuoi farti uccidere?! O peggio, vuoi che il capo ti ammanetti?!" il paladino sentì l'amico esclamare viso a viso, sentendo le mani tremare intorno bretelle del suo zaino: cosa gli poteva mai importare di Hopper in quel momento?!
Cosa di passare anche dei guai se era per starle vicino anche solo per un minuto, per assicurarsi che lei stesse veramente bene?
Will non poteva capire, nessuno poteva capire. Nessuno dei suoi amici aveva mai tenuto così a qualcuno.
"Hopper ha detto…"
"È una mia scelta, Will, stanne fuori!" l'amico lo sentì intimargli di spostarsi, una mano già sulla maniglia, bloccando la porta con il suo peso ancora di più: quella zucca vuota del suo migliore amico avrebbe fatto più danni che altro con la sua irruenza quella sera.
Ma davvero era così difficile per lui capire che lo stava trattenendo lì con lui solo e soltanto per il suo bene?!
"Cosa vuoi che me ne importi se Hop.."
"Ah sì?! Ma certo, Mike, ma certo! E allora quale sarebbe il tuo geniale piano, sentiamo?!" ribattè Will incrociando le braccia al petto con aria di sfida, vedendo il paladino fare un passo indietro a quelle parole, i ricci tremare di nervoso sulla fronte pallida:
"Il mio…piano?"
"Già, il tuo piano! Sentiamo!" ripeté Will a metà tra l'ironico, lo scocciato ed il deciso, tenendo la posizione con aria di attesa di fronte all'amico improvvisamente più confuso.
"Quando il capo ti chiederà per quale motivo hai disubbidito al suo ordine, quando ti chiederà che diavolo ci vai in casa sua e perché sei arrivato fino a lì che cosa gli dirai?! Sentiamo, Mike, che cosa gli dirai?!" il piccolo Wheeler aprì le labbra per replicare, ma non trovando invero le giuste parole per cominciare, alzando una mano ma lasciandola ricadere tristemente lungo il fianco, sentendo l'amico sospirare ancora, in piedi a lui di fronte davanti a quella porta.
"Quando ti chiederà cosa intendi fare, che cosa gli risponderai?!" continuò Will facendo un passo in avanti e portandosi più vicino, vedendo l'amico abbassare lo sguardo ai suoi piedi più sconsolato e sconfitto, quasi più piccolo ed impotente nel suo maglione di lana a righe, come un bambino che non si riesce ancora a spiegare un argomento difficile, troppo da grandi per i suoi pochi anni.
Ed era proprio così che Mike si sentiva quella sera: piccolo, impotente, stupido.
Aveva ragione Will, aveva ragione come sempre del resto! Che cosa aveva lui da offrirle? Cosa da offrire alla sua principessa per guarirla, se ancora non sapeva nemmeno da che cosa avrebbe dovuto salvarla, che cosa l'aveva presa e trascinata via con sé in quei minuti di buio?
Forse aveva ragione Dustin e quello era stato davvero un semplice attacco epilettico…o forse aveva ragione il capo, la sua piccolina era solo stanca, sfinita, aveva solo bisogno di molto riposo..
E cosa in ogni modo Mike avrebbe potuto fare per lei quella sera? Cosa se non restarle vicino, ad ogni buon conto?
In fondo…in fondo non era forse tra le sue braccia che quello scricciolo si era addormentata sorridente e serena poche sere prima, come una bambina?
Come se non sul suo petto come cuscino, poche settimane prima?
"Beh, io…"
"Quando ti chiederà in che modo sei lì per aiutare El, cosa risponderai al capo, Mike?!"
"Io…io un'idea ce l'avrei!" Will lo sentì ribattere all'improvviso cogliendolo di sorpresa, facendo morire la sua espressione di sgomento sul fior delle sue labbra.
Fece un passo indietro il piccolo Byers, scrutando il viso del suo amico improvvisamente più attento, più luminoso, come colto da un'improvvisa intuizione.
E seguendo con gli occhi il suo sguardo, Will non poté fare a meno di trattenere il fiato, vedendolo puntare dritto e fisso ad una pila di cassette una sopra l'altra impilate ai piedi del suo letto, quelle con i nomi degli artisti o degli album in bella vista scritti a pennarello su di un pezzo di scotch sulla copertina
"Oh no..no no e poi no!"
"Will…"
"Mike.."
"'…tuo fratello ha ancora in camera sua quello stereo che usava l'anno scorso per incidere sul nastro i nuovi pezzi?"
"Mike, no, toglietelo dalla testa!"
"E tu hai ancora delle cassette vuote su cui registrare, Will?"
"Mike.."
Il nerdino dagli occhi verdi vide quelli neri del suo migliore amico brillare di emozione di fronte ai suoi, in quella camera di fronte alla sua porta dove, improvvisamente, era lui quello a sentirsi tutto d'un tratto con le spalle al muro.
Razza di un testone, impulsivo e scriteriato di un Wheeler…
"Mike, è una pessima, pessima idea!"
"Will!" il giovane Byers lo sentì ribattere più deciso, aprendo le labbra rosse in un grande, largo sorriso, facendo sospirare ancora, un'ultima volta, sentendo in cuor suo che tanto, in fondo, non avrebbe davvero potuto resistere ancora a lungo: tanto non era sempre stato così?
Se quella testa calda e ricciuta del suo migliore amico si impuntava su di una decisione, c'era mai stata forse speranza di farlo desistere o arrendersi prima di averla avuta vinta?
"Will, fammi provare…"
"Ti piazzerai nei guai fino al collo, amico…credi a me!"
"Lo so bene!" Mike sorrise con un sorrisetto sghembo e furbo, facendo scoppiare a ridere il suo migliore amico con espressione finalmente accondiscendente sul viso: in fondo, Mike non era mai stato tipo da arrendersi facilmente nè Will ub amico da negargli il suo aiuto troppo a lungo.
"Ma quando il capo mi sbatterá dentro dichiarerò che eri contrario a questa idea e che ti ho costretto con la forza, d'accordo? Chissà...magari in concorso ad atto criminoso questo ti varrà pure come attenuante per un piccolo sconto di pena!"
*
"Joyce, ti avevo detto di.."
"Risparmia il fiato, Jim, io non sono una ragazzina! A me non puoi fare paura solo usando un po' di voce grossa!"
Il capo della polizia di Hawkins aveva sospirato pesantemente a quelle parole, aperta di appena i centimetri necessari la porta d'ingresso della sua casa quella sera, per impedire al freddo di dicembre di entrare e ai curiosi arrivati fin laggiù di ficcanasare.
D'altronde l'aveva mandato al diavolo dal primo trillo quel maledetto campanello, lo stesso che lo aveva fatto imprecare a fior di labbra accorrendo dalla camera della figlia fino al salotto, ripetendo nella mente un solo ipotetico nome, il solo che mai avrebbe potuto immaginare spingersi fino a quel punto del bosco contro i suoi divieti, le sue intimidazioni: quella testa vuota e ricciuta di Mike short for Michael Wheeler.
"Wheeler…" aveva sospirato il capo senza ombra di dubbio, aprendo come una furia i numerosi lucchetti intorno alla porta, sentendo il campanello trillare insistente ancora ed ancora, pregando che quel suono acuto non risvegliasse dalla camera la sua piccolina dal suo sonno finalmente profondo.
Mannaggia a quel piccolo nerdino cocciuto!
Ma non era stato chiaro nell'ordinargli…?!
"Mike, ti avevo detto di non…Joyce?!" aveva invece balbettato un Hopper più confuso ed impalato che mai di fronte alla porta d'ingresso aperta di fronte a lui, ritrovando davanti ai suoi occhi stanchi una figura molto diversa da quella che in cuor suo si era immaginato: sempre famigliare, ma di una buona spanna più bassa, certo allo stesso modo intirizzita, ma di gran lunga più gradita.
Il capo avrebbe volentieri voluto nascondere il colpo che aveva subito il suo povero cuore nel petto a quella vista, alla vista della donna dagli occhi scuri, la pelle tirata e una sciarpona calda e rossa intorno al collo, l'ultima davvero che si sarebbe aspettato di trovare in quel momento, la sola di cui forse avrebbe avuto realmente bisogno.
Doveva…doveva forse davvero lasciarla passare?
Doveva davvero forse permetterle sul serio di entrare?
Poco prima tuttavia aveva detto…oh, al diavolo quello che aveva detto! Joyce Byers era arrivata fino a quel punto del bosco nel cuore della notte e contro i suoi divieti ed ora era lì, era lì davvero!
Era lì davvero solo per lui!
Cioè…no, non per lui…per lei!
Per lei, ma certo, per lei!
Per la sua piccolina nell'altra camera che aveva fatto prendere uno spavento enorme a tutti…
Eppure…
Ma Hop non aveva fatto in tempo a ragionare su ciò che sarebbe stato giusto o sbagliato fare quella sera, restando immobile a bocca aperta di fronte a quella porta un secondo più a lungo, un secondo di troppo, sufficiente alla mamma Byers per forzare appena la presa, aprendo la porta quel tanto sufficiente, quel tanto di più per riuscire a passare.
E quando il capo aveva realizzato infine di avere la sua amica di fronte ai suoi occhi stupiti, intenta come nulla fosse a posare la giacca intirizzita intorno alla sedia della sua cucina, Hopper aveva sospirato, chiudendo gli occhi e protestando un'ultima volta più per abitudine che per convinzione, sapendo che ormai, a discapito di ogni suo possibile ordine, quella donna non se ne sarebbe mai andata via di casa sua quella sera così facilmente.
Non senza prima avere ottenuto delle risposte.
"Joyce…"
"Dov'è lei?" aveva ribattuto la signora Byers con tono deciso, attraversando di volata la cucina come si trovasse realmente in casa sua, facendo quasi sorridere il capo della polizia nella sua incazzatura, perché mai in fondo in vita sua avrebbe mai potuto nominare donna più cocciuta e tenace quanto tenera e dolce di quella sua vecchia e così cara amica.
E che la cosa lo commuovesse o lo facesse uscire dai nervi era ancora tutto, tutto da dimostrare per quella sera…
"Joyce, avevo detto che non era il caso! Che non avevo bisogno di aiuto!" aveva sospirato inutilmente lo sceriffo, alzando una mano di fronte a sé e vedendo la donna dirigersi decisa verso la porta di legno dipinta di verde della cameretta di El, apparentemente nemmeno raggiunta né scalfita dalle sue proteste e dal tono minaccioso della sua voce.
"Non lo faccio per te, Hop! Lo faccio per lei!" il capo l'aveva solo sentita ribattere a voce bassa un ultimo istante, voltandosi indietro verso di lui e vedendolo ammutolire sconfitto sul colpo.
E quando l'aveva vista sparire in un batter di ciglia dietro la porta della cameretta di sua figlia, Hopper non aveva potuto in cuor suo fare a meno di sorridere, avvertendo il suo cuore già scaldarsi irrazionalmente, di fronte alla sola donna che lui avrebbe mai potuto immaginare accanto alla sua bambina, il più possibile vicino ad una madre.
"Sono in diritto di essere preoccupata io per lei esattamente come lo sei tu!"
E quando, appena due ore più tardi, molti abbracci di conforto e strette di mani dopo, una bottiglia di Chianti al retrogusto di ciliegia mezza vuota e mezza piena sul tavolo della cucina, il tempo pareva avere perso, tutto d'improvviso, il suo reale e concreto valore quella notte, appeso come ad un filo sottile come la luce flebile del lampadario sopra le loro teste, ancora accesa ad illuminare due amici con più sonno in corpo che sospiri, le mani ancora unite strette su di quel tavolo e sotto quella luce bianca come la luna.
E su chi dei due stesse ormai dando sostegno e supporto a chi, non sarebbe stato poi più così tanto facile riuscire a stabilirlo.
"Sembra un angioletto, un angioletto che sogna…" sospirò Joyce con gli occhi fissi al suo bicchiere ed espressione rapita, vuota, identica fotocopia a quella sotto i baffoni biondi del viso di fronte a sé.
"Sembra che stia solo sognando…che stia facendo un bel sogno…"
"Magari è così!" si sforzò di sorridere Hopper dissimulando il flebile tremore della sua voce, alzando con la coda dell'occhio lo sguardo sulla sua interlocutrice dall'altra parte del tavolo e vedendola sospirare, più sconsolata che arresa, ancora semplicemente confusa.
E quando avrebbe voluto Hop quella sera non avere già pronte tutte le risposte, per non sentirsi così terribilmente in colpa di non poterle raccontare un'altra volta a nessuno.
Di non poterle raccontare all'amica sua e di sua figlia che pur era corsa fin da loro quella notte solo per verificare che la sua piccolina stesse bene.
"Chissà, magari lo è davvero…sta facendo davvero un bel sogno, Joyce!"
"Come è possibile..? Non ha la minima logica!" il capo la vide sussurrare, più a se stessa che a lui, tra sé e sé, gli occhi persi in un punto imprecisato del tavolo di legno della cucina, appena al di là del vetro della bottiglia.
"Un minuto prima erano lì tutti felici, lei ed i ragazzi..erano lì tutti insieme a pattinare ed un istante dopo lei era sdraiata a terra così, ricoperta di sangue e…" la vide scuotere la testa con occhi più lucidi, portando una mano sulle labbra e nascondo un piccolo singhiozzo di paura.
E il capo prese un più profondo, ancora più profondo respiro, chiudendo gli occhi a sua volta come a pregare di non sentirselo ripetere più, di non riviverlo più: di non ritrovare ancora tra le pieghe della sua mente evocate quelle immagini, quei ricordi, quelle grida, le stesse che lui aveva già visto, che conosceva da tanto tempo e da tanto orrore, quelle che mai avrebbero dovuto essere mostrate al resto del mondo, non in quel modo, non così…
Ma come, come…come era stato possibile?
"…e quelle grida, Jim, il modo in cui gridava…"
"Joyce…ti prego" affondó il viso nel palmo delle mani lo sceriffo, stringendo di più le palpebre e i palmi contro le orecchie, sentendo il suo cuore pesante come fatto di piombo, freddo come il vento di dicembre al di là del vetro spesso della finestra.
E cosa avrebbe dovuto dire?
E chi mai avrebbe capito?
Non era logico, non era comune, non era per tutti: anche se avesse voluto svelare al resto del mondo il suo segreto, il suo, il loro, chi mai avrebbe potuto lontanamente immaginare, capire, metabolizzare la cosa, chi?!
E non era forse questa la loro più cupa e dolorosa condanna, l'essere rilegati come topolini in gabbia contro l'angolo di una parete? Non era forse questo il senso, questo il più pesante dei destini, in comune tra di lui e quel piccolo scricciolo che ora riposava serafica con l'aspetto di un piccolo angelo al di là della porta della sua camera?
"Jim…"
E quando una mano leggera e sottile ebbe raggiunto la sua sulle sue orecchie, sfiorandone appena il palmo largo e ruvido per l'incuria ed il freddo, toccandolo con delicatezza, protezione, gentilezza, amore, il cuore del capo Hopper fece un ruzzolone giù, ai piedi di quella scalinata sociale di fredde e scivolose responsabilità.
Erano passati anni, due e più anni, due anni da quando la sua vita, la loro vita, era stata ribaltata dalla reciproca presenza.
Due anni da quando il destino aveva concesso a quelle due anime sperse una seconda opportunità, due da quando il Destino li aveva fatti incontrare uno di fronte all'altra sullo stesso cammino.
Due da quando, una sera di pioggia e di buio non molto diversa da quella di dicembre, la porta della sua casetta sperduta nel bosco era stata varcata dalla sua alta figura, esattamente come quella sera, con quella piccola fagottino nelle sue braccia, tremante di paura e di freddo come un piccolo pulcino, esattamente come quella sera.
Due anni che aveva promesso, aveva giurato, aveva mantenuto fede al suo patto.
Due anni che le loro vite, finalmente degne di tale nome, avevano brillato, ma sempre e solo così: per metà.
"Jim…tu devi fidarti di me…"
Hopper riaprì gli occhi di colpo a quelle parole, ritrovando di fronte a sé come risvegliato da un sogno, gli occhi scuri di Joyce Byers, stanchi, esattamente come i suoi, dall'altra parte del tavolo della cucina.
E in quei due anni di isolamento, rinuncia, sospensione, non era forse stata lei la sola amica da lasciare in punta di piedi silenziosamente entrare, senza mai fare rumore?
Chi se non lei l'aveva aiutato senza fare domande, rispondendo solo e semplicemente di sì, fino a rendere quella piccolina preziosa ad i suoi occhi così come lo era ai suoi, pur senza mai osare chiedere o domandare di più?
"C'è…c'è qualcosa che non mi stai dicendo, Jim…io lo so"
"Mmm…" grugnì il capo Hopper tirando sù con il naso rumorosamente, scuotendo appena la testa per risvegliarsi dal suo torpore, vedendo la donna a sé di fronte irrigidirsi a quel gesto, quasi avesse messo il piede in fallo su di una mina inesplosa, in attesa.
L'attesa di un'imminente possibile esplosione.
"Jim, io…"
"Io ti sarei tanto grato se tu non facessi domande, Joyce, te ne prego…" prese fiato lo sceriffo alzando gli occhi al soffitto, al lampadario dalla luce fioca, al lavello della cucina: ovunque pur di riuscire a sfuggire a quegli occhi scuri e rivelatori, da sempre in grado di leggergli dentro un po' di più, un po' troppo.
Un po' di più di quanto il capo potesse permettere a sé stesso in quel momento.
"Ti ringrazio, Joyce, davvero, per tutto, ma…"
"Non è normale quello che le è successo…non è vero?" sentì la voce femminile raggiungerlo ancora, immutata e decisa, solo leggermente più tremante dietro una coltre di dubbi e paure, ma non meno decisa per quello ad arrivare fino alla fine, ad arrivare fino in fondo.
"Dio benedica le donne cocciute e caparbie come Joyce Byers…"
"Joyce, non è…"
"Jim…"
"Sul serio, ti prego, non…"
"Jim, El non sta bene…" sussurrò Joyce senza una punta di tentennamento, senza una punta di timore, vedendo il capo trattenere il fiato a quelle parole, interpretandolo come un timido assenso a proseguire,
"El non sta bene, non è normale quello che le è successo questa sera, non può essere solo un accumulo di stanchezza…" il capo della polizia sentì la schiena percorsa da un brivido, la mano gentile stringersi più forte su quel suo dorso ruvido.
Ma chi voleva prendere in giro?
Non ci credeva nemmeno lui: a chi voleva darla da bere tutta quella storia, come continuare a schivare le occhiate curiose o le domande, anche di chi non aveva mai voluto altro se non aiutarlo?
"E da come hai reagito questa sera, Hop, non posso non pensare sia successo altre volte…"
"Basta, per favore…" sussurrò l'uomo scuotendo la testa ed ingoiando il silenzio appuntito come chiodi, chiudendo gli occhi e riaprendoli lentamente di fronte a sé come a sperare che quell'immagine sparisse, che quella figura di fronte a sé se ne andasse, forse che lo lasciasse, forse invece che rimanesse, non l'avrebbe saputo dire nemmeno più lui.
Come un suicida in piedi sul mancorrente percorso da un ultimo brivido di vita, indeciso se afferrare o meno la mano tesa alle sue spalle come aiuto, come soccorso.
Eppure, che avesse pregato che sparisse o che non se ne andasse invece mai più, ogni volta che riapriva gli occhi da due anni a quella parte in quella vita, il viso gentile di quella donna, di quell'amica, era sempre rimasto ancora lì.
"Jim…" sussurrò ancora Joyce con occhi fissi, allungando una mano lungo il tavolo verso la sua, stringendole entrambe su di quella superficie, al di sotto della luce pallida e flebile della cucina.
"…ho solo bisogno che tu ti fidi di me"
"E se non dipendesse da me?" sussurrò Hopper di tutta risposta, lo sguardo fisso su quelle loro mani uniti al di sopra del legno sbeccato del suo tavolo della cucina,
"E se non dipendesse solo da me e da una semplice mancanza di onestà e fiducia?"
"Come?" udì sussurrare la sua interlocutrice, con voce così flebile e sottile da poter essere appena percepibile,
"Come…come può non dipendere solo da te, Jim? Come può…?"
"Hai mai l'impressione che la tua intera vita stia come scivolando da sotto le tue dita?" sorrise di un sorriso amaro il capo della polizia, scuotendo la testa e non osando alzare lo sguardo, sentendo però quelle dita stringersi alle sue ancora un po' più, senza bisogno di ulteriori parole,
"Continuamente…" sentì quella donna sussurrare, rialzando gli occhi su di lei e sul suo sorriso, solo un po' più timido, non per questo meno bello, meno luminoso.
No, Dio non doveva benedire le donne cocciute come lei: Dio avrebbe dovuto benedire solo e soltanto lei!
"…continuamente"
"Bene, prendi quella sensazione e moltiplica all'infinito fino a desiderare che il cervello ti esploda un giorno sì e l'altro pure, fino alle porte di un'altra dimensione…" aveva riso Hopper con tono ironico e mesto, sciogliendo una mano da quella stretta e facendo come per riportarla di fianco a sé sul collo di quella bottiglia, ma venendo raggiunta ancora in movimento da un'altra altrettanto forte, più che mai decisa, quella di quella donna che ora lo guardava con sguardo fisso, svanito il suo sorriso: solo più due occhi attenti ed indagatori, non più così inclini a concedere sconti di pena, non per quella volta.
E il capo Hopper era semplicemente stanco, stanco di essere stanco in quella vita e di dover affrontare tutto da solo.
"Io ti posso aiutare, Jim, credimi...ho solo bisogno che tu ti fidi di me, che tu mi dica…"
"Nessuno ci può aiutare, Joyce, tu non capisci…" sospirò il capo riabbassando lo sguardo con fare mesto, sentendo la sua interlocutore sospirare ancora un'ultima volta, ma solo per un ultimo secondo:
"È qualcosa che pensi che io non possa capire, Hop? Hai parlato con dei medici, con dei professionisti? È qualcosa di troppo difficile e complesso che pensi io possa…?"
"Non è per questo…" scosse la testa il capo Hopper,
"E allora cosa?!" esclamò Joyce con voce più decisa, vedendolo aprire le labbra come per replicare e richiudendole un secondo più tardi.
"Hop, El non sta bene…e tu neppure" la sentì un'ultima volta sussurrare, avvertendo il suo cuore prendere la rincorsa, come un secondo prima di lasciarsi cadere giù, sicuro di schiantarsi, come contro una superficie fredda e dura.
Eppure, il capo avrebbe quasi potuto scommettere quella sera che una mano piccola ma forte non l'avrebbe davvero lasciato cadere, trattenendolo lì ad un centimetro dalla superficie, un secondo prima dello schianto.
"…non sarò certo un dottore, ma sono sicura di poter capir…"
"Mi crederesti anche se ti stessi per raccontare la storia più folle ed assurda mai sentita nell'arco della tua intera vita, Joyce?"
Ma la signora Byers non aveva fatto in tempo a rispondere di sì quella sera, né il capo Jim Hopper a concedere a sé stesso, per una volta, di non poter continuare ad affrontare tutta quella vita da solo.
Perché in quella piccola casetta nel bosco, in una fredda sera di dicembre, improvvisamente, qualcuno al di là della porta d'ingresso aveva premuto con foga il campanello.
*
"Non ci posso credere…" aveva sussurrato mesto il capo della polizia.
"Mike?!" aveva esclamato confusa ed accigliata la signora Byers dietro le sue larghe spalle,
"Ma come ci sei arrivato fino a qui da solo?!"
"Buonasera, capo!" aveva risposto un ragazzino dai folti ricci neri, un tono deciso e incurante del pericolo o, almeno, deciso a mostrarne la parvenza della cosa.
Non che non fosse a conoscenza del fatto che quella notte avrebbe avuto tutte le carte in regola per trasformarsi nell'ultima notte della sua intera esistenza…
"Posso…posso entrar…?"
"Wheeler…" aveva sospirato lo sceriffo con voce più che mai seria e decisa, senza muovere nemmeno un passo all'indietro dallo stipite ben fisso della sua porta d'ingresso, facendo deglutire il giovane ragazzino ancora con nelle orecchie l'eco di un'altra vocina altrettanto scettica e a dir poco disfattista:
"Ti metterai nei guai, amico, parola mia…e in ogni caso, tu non mi hai mai visto!"
"Mike, ti avevo ordinato di no…"
"Ho una cosa per lei!" aveva tentato il nerdino, cocciuto ed ostinato com'era a non lasciarsi intimidire da così poco, pur sé di fronte alla massa alta e minacciosa di un capo della polizia più rosso in viso di rabbia ed incazzatura.
Che quel capo fosse poi pure il padre della sua ragazza, non avrebbe potuto essere nient'altro che una meravigliosa ciliegina sulla torta…
"Ho una cosa per lei…per El!"
"Jim…" aveva mosso un passo in avanti la donna, poggiando delicatamente una mano sulle spalle dell'uomo ancora immobile di fronte alla porta,
"Jim…fallo almeno entrare almeno un momento! Fa freddissimo fuori…" aveva sussurrato Joyce con occhi apprensivi, allungando lo sguardo al di là delle spalle del ragazzino, fin sotto il portico di legno della piccola casetta in mezzo al bosco:
"E…ma quella è la bici di mio figlio?!"
"Ti avevo ordinato di startene al tuo posto, Wheeler, di tornatene a casa e di rimanerci fino a nuovo avviso…" aveva concluso il capo stringendo più forte i pugni lungo i fianchi, sentendo le orecchie prendere fuoco dall'incazzatura e dal nervoso, complici i pochi o troppi bicchieri di vino di poche istanti prima a renderlo meno lucido e con meno filtri.
Non che per quel piccolo ragazzino ne riservasse molti di solito...
"No Jim, calma…calma. Se lo appendi al muro per le orecchie in questo momento non potrebbe passare come legittima difesa, non ci crederebbe nessuno…come violazione di proprietà privata però? Mmh, si…quello si potrebbe fare!"
"Jim…"
"…ma a quanto pare è troppo difficile seguire anche un semplice divieto per te, Mike…"
"Jim!"
"Devo darle una cosa! Un minuto soltanto! Potrebbe farla star meglio! Davvero!" aveva provato un ultimo tentativo il paladino, portando davanti al viso il suo personale piccolo scudo di quella sera, la missione per la quale si era spinto contro il freddo sulla sella della bici di Will fino a lì, il suo piccolo lascia passare che sperava gli avrebbe permesso di vederla, almeno di vederla per un minuto soltanto, per assicurarsi che stesse davvero bene.
O, almeno, così aveva sperato quella sera con tutto il suo impavido, intrepido cuore…
"L'ho…l'ho fatta io…solo per lei"
"Holy shit…"
Ma nel vociare concitato di lì sulla porta d'ingresso del piccolo soggiorno di quella casetta, tra le battute concitate dei due ragazzini dalla diversa età ma dal medesimo temperamento burrascoso, cocciuti come due muli a scornarsi come due caprette, tra le proteste della donna a fare piano, ad abbassare la voce, per l'amor del cielo per non svegliarla, nessuno, inizialmente, se non dopo qualche secondo, fece caso alla piccola vocina, flebile come un sottile filo di seta, al di là della porta di legno socchiusa di una piccola camera da letto in fondo al corridoio.
"Mike…Mike…"
Ed El, ad occhi chiusi e con il viso abbandonato sul suo cuscino, i ricci spettinati in disordine sul tessuto e la pelle più pallida ed accaldata, come neve caduta ed immediatamente sciolta al suolo, incapace di attecchire, stava sbattendo le lunghe ciglia a palpebre chiuse, chiamando e cercando a gran voce qualcuno o qualcosa, anche se non avrebbe saputo nemmeno lei dire bene che cosa.
"Mike…Mike?"
Sentiva caldo la piccola, caldo lungo la pelle nuda del suo corpicino e caldo sulle guance morbide del suo viso, ma non un caldo interno, tipico di chi è scosso dai brividi o febbricitante per l'elevata temperatura, no, El sentiva calore intorno a sé, ma non era lei a produrlo, proveniva da qualche altra parte, proveniva da qualcun altro.
Ed era strana, era molto, molto strana quella sensazione, quasi illogica, quasi immaginaria, perché El, per quanto confusa ed ad occhi chiusi fosse, era pur certa di trovarsi in quel momento da sola nel buio.
La sua mente mandava flebile segnali di accensione, piccoli input che si perdevano dello spazio buio e vuoto tutt'intorno a sé, e, cogliendone i frammenti, le immagini confuse, i frame in movimento di quella giostra impazzita della sua memoria, il fiorellino credeva di ricordarsi abbastanza lucidamente di essersi trovata una manciata di secondi prima sulla pista di pattinaggio del mall, in piedi sui suoi pattini su quella superficie di ghiaccio.
E se la stava cavando piuttosto bene quella piccolina, ricordava il sorriso orgoglioso di Max per mano con lei intorno a quell'abete gigante posto nel centro della pista, gli applausi felici dei suoi amici intorno, le sue risate di gioia, i baci d'amore con Mike, così caldi, le sue mani a tenerla stretta così…
Già, Mike…
E perché proprio il viso pallido e ricoperto lentiggini di Mike era l'ultima cosa che ricordava di aver visto, un secondo prima di sentirsi come la terra mancare di sotto i piedi, come se ad un tratto qualcuno avesse interrotto l'alimentazione alla sua centralina, facendo saltare in corto circuito tutte le connessioni?
Perché si ricordava di aver sentito le gambe così deboli da non riuscire più a reggere nemmeno il suo piccolo e leggero peso, perché aveva avvertito la stretta della mano di quel ragazzino sulla sua farsi pian piano meno intensa, più debole e meno decisa, vedendo le sue palpebre chiudersi alle luci e alle immagini intorno, facendola immergere contro la sua volontà nel buio più profondo?
"Mike…" si ricordava di averlo ancora chiamato con un piccolo impercettibile tremore delle labbra, come a pregarlo di non abbandonarla in quel momento, di non permettere che se ne andasse, che non la lasciasse cadere giù così.
Perché era felice, si stava divertendo, ricordava di esserlo stata fintanto che i suoi occhi erano rimasti aperti ai visi amici e alle visioni tutt'intorno…e allora, che cosa le era accaduto dopo?
Che cosa l'aveva mai potuta strappare via di lì?
"Mike…Mike, non mi lasciare, per favore…"
E si ricordava di aver udito una risposta, non a dire il vero molto lunga, non difficile da ricordare, nient'altro forse che il suo semplice nome sì, il suo solo nome, pronunciato, sussurrato, anzi…forse a ricordarsi bene era invece stato urlato, sì, urlato!
Urlato con voce così diversa da quella che lei si sarebbe aspettata:
"El! El! Mi senti, El?! Ti prego, rispondimi! El!!!"
Perché?
Perché Mike stava urlando in quel modo nelle sue orecchie? Perché il suo tono di voce appariva così preoccupato, terrorizzato, quasi più simile ad un singhiozzo che ad un reale richiamo alla sua attenzione nel buio?
"El, ti prego rispondimi…ti prego…"
E poi, tutto d'un tratto, il nulla, la fine delle trasmissioni.
Il buio della sua mente, della sua memoria, delle sue intere percezioni.
Il vuoto.
"Mike!!"
Quanto tempo era passato?
Quanto si era allontanata da quella voce acuta nelle sue orecchie, sopra ai suoi ricci?
Per quanto tempo aveva perduto la percezione del suo richiamo?
"El..El!"
Erano stati secondi?
Forse minuti?
Di certo non molti, ma sicuramente abbastanza.
Abbastanza da essere più che certa di essere stata portata via da quella pista, perché il freddo ed il ghiaccio sulla sua pelle, attraverso i tessuti, El da tempo non li percepiva più.
No, non si trovava più su quella lastra ghiacciata, faceva troppo caldo per essere ancora lì.
E allora…perché quel posto appariva così familiare, perché così noto ma allo stesso confuso il profumo nelle sue narici?
Non erano i profumi dei suoi fiori, non erano i suoi vasetti ben composti intorno alle mensole, al davanzale, alla sua scrivania…
Non doveva trovarsi nella sua cameretta, eppure quell'odore lo conosceva, lo conosceva molto bene…
E il tessuto morbido che sentiva sulla sua pelle era forse…era forse il tessuto di un lenzuolo, di una coperta?
Era calda, era piacevole…forse sì, era proprio di quello che doveva trattarsi…
E quel profumo allora…era forse davvero il suo?
Non era nel suo letto che si trovava ma forse, sul serio…in quello di Mike?
"El…El…" avvertì tutto d'un tratto la piccolina una voce dolce e sussurrata alle sue spalle, direttamente tra i suoi ricci nella nuca, il respiro così caldo e intenso da liberarle un piccolo brivido lungo l'intera spina dorsale.
Ed El sorrise, da sola, da sola ad occhi chiusi in quel letto e nel buio, avvertendo il calore di pochi istanti prima farsi ancora più intenso, ancora più bollente contro la superficie delle sue spalle.
Allora…era lui!
Era stata reale quella sensazione di calore, non se l'era solo immaginata!
E quel profumo, quel letto, quell'odore così buono, così pulito, così vicino…
Era davvero nel suo letto, sotto le sue coperte…con lui?
Era davvero mezza addormentata, mezza cosciente, abbracciata al suo ragazzo alle sue spalle nel buio?
"El…El…mi senti, El?"
"…Mike?"
"Finalmente ti sei svegliata"
E il tocco leggero di cinque dita fredde, fredde ma delicate come la neve, direttamente alle sue spalle, sui suoi fianchi, sulla sua pelle, la fecero tremare percorsa da un brivido ancora più intenso, ancora di più, facendola accoccolare su quel cuscino sotto le coperte ancora di più.
Sì…era una così dolce e piacevole sensazione…
"El…" sentì sussurrare ancora la voce vellutata alle sue spalle, quasi irriconoscibile, ma così profondamente dannatamente sua,
"…posso?" l'avvertì domandare in un soffio, sfiorando appena le curve dei suoi fianchi con quelle dita fredde di pochi istanti prima, facendo sussultare le fibre percettive di quella bambina fino al suo sistema nervoso centrale.
Quel calore…troppo calore…
La sensazione morbida di quel tessuto ovunque, ovunque sulla superficie libera della sua pelle…nuda, troppo nuda..
Era davvero nuda in quel suo letto accanto a lui?
"El, posso…posso toccarti?"
La voce sussurró flebile alle sue spalle, quasi una supplica più che un invito, talmente profonda che non sembrava provenire nemmeno da quella stanza, nemmeno da quel mondo, eppure così dolce, così dolce come i baci lasciati in quello stesso momento dalle sue stesse labbra sulla sua nuca e tra i suoi ricci che El non avrebbe potuto esitare a rispondere neppure un secondo nemmeno se avesse voluto.
"Sì…" sentì la sua stessa voce sussurrare, da un luogo lontano e non percettibile dai suoi sensi in confusione.
Non aveva parlato lei, eppure quella era davvero la sua voce, la riconosceva.
Forse era semplicemente troppo stanca per avvertire quella sensazione, mentre le sue intere fibre parevano molto più interessate e concentrate nei pochi centimetri della sua schiena, in quel piccolo fazzoletto bollente di pelle: quello che ora quelle dita fredde solcavano timide ma decise sfiorando con i polpastrelli l'intera evidente pelle d'oca della sua superficie.
"Sei così bella…" avvertì le labbra di Mike baciarle dolcemente la punta del padiglione, la sua voce discendere come miele fuso attraverso il suo timpano in vibrazione.
"Mike…" lasciò scappare un sussurro, un soffio di emozione o calore, inarcando la schiena e muovendo i fianchi per averlo più vicino, avvertendo quelle dita fredde indugiare per una manciata infinita di secondi, lì sul fondo, al termine della superficie bianca della sua schiena, ad un passo preciso dalle curve morbide e lisce del suo sedere.
"Mike…per favore…" El sentì la sua voce sussurrare, stupendosi perfino da sola di quanto supplichevole dovesse apparire, così diversa dalla sua, così profondamente più audace di quanto avrebbe mai potuto essere la sua.
Dove era svanito il suo pudore, la sua vergogna, la sua più innocente paura?
Era nuda di fronte al suo ragazzo alle sue spalle per la prima volta e…e, al posto che essere terrorizzata, non si era mai sentita più libera e sicura?
"El…posso?"
"Sì, Mike, sì…per favore…"
…posso?
E posso che cosa chiedeva?
Che cosa doveva succedere in quel momento? Che cosa doveva succedere tra due ragazzi insieme nudi sotto le coperte dello stesso letto?
El non lo sapeva, non l'aveva mai saputo ma la cosa, contro ogni possibile aspettativa, non le faceva paura, anzi, la faceva ancora di più se possibile impazzire di calore: il calore intenso come il fuoco che ora sapeva non essere solo più dovuto alle coperte morbide e pesanti tutt'intorno, il calore che sentiva avvolgerla dalla punta dei capelli alle caviglie, percorrere ogni fibra, ogni termocettore della sua superficie, mandando a fuoco le guance, i fianchi, la base del collo, la sua pancia.
Oh sì, la pancia, proprio al di sotto del suo ombelico…
Era lì che il suo cuore era andato a nascondersi per difendersi da quell'attacco di baci e carezze, per proteggersi da tutto quel calore?
Era lì che si era rifugiato, battendo ora all'impazzata…in mezzo alle sue gambe?
"Sì, per favore…"
"Come desideri…" la voce del suo ragazzo sussurro ancora un ultimo secondo al suo orecchio, facendole trattenere il fiato per un istantaneo secondo come un sfarfallio di cuore, avvertendo le dita scendere più in basso quasi a conoscere già da sole la strada, così in basso che El dovette mordersi il labbro inferiore per un protestare, per non chiedergli di smettere, di andare via o forse, invece…di continuare?
Perché, in fondo…perché avrebbe mai dovuto decidere di non lasciarlo fare?
"Mike…" deglutì El incapace di pronunciare qualsiasi altra manciata di lettere che non fosse quel suo nome, sentendo le dita di Mike scendere più in giù, sfiorando leggere la linea morbida in mezzo al suo sedere, giù, sempre più giù, la percezione confusa e mixata a quella dei suoi baci di fuoco sul base del collo.
Fin dove sarebbe potuta arrivare quella sensazione prima di portarla a conoscere una parte nuova parte di sé, una ragazza che non aveva mai conosciuto e ora stava lasciando il suo ragazzo muovere le sue mani in quel modo sopra di sé?
"El…"
"…oddio" sussurrò El perdendo l'ultimo barlume di fiato, l'ultimo residuo, avvertendo il suo corpo scosso da un brivido reale quella volta, uno spasmo di reale tremore, il suo cuore prendere la rincorsa e saltare come su di un tappeto elastico fino in gola, per ridiscendere di nuovo giù in basso, più in basso oltre il petto, lo sterno, il suo ombelico, in quel punto preciso dove ora, con estrema delicatezza e dolcezza, la mano di Mike ora era ferma, esattamente alla radice delle sue coscie, esattamente in mezzo alle gambe.
"Dio mio…" sussurrò El avvertendo i baci di Mike farsi più intensi, più profondi sulle sue clavicole, alla base delle sue spalle.
"Respira, amore, respira…" lo sentì sussurrare sfiorando con la lingua le sue scapole, sporgenti e magre sulla superficie, alla mercé del suo dolce assalto, confondendo quasi il movimento, il secondo preciso: il secondi nel quale le gambe di El furono aperte dolcemente dalle dita di Mike come un invito, in mezzo alla pelle più sensibile delle sue cosce.
"…cazzo" si lasciò sfuggire El ad occhi chiusi, assecondando quel movimento, puntando un piede contro il materasso e concedendo al suo ragazzo di più, concedendogli di entrare dove le sue dita in fondo sapevano già di dover andare…
E cosa poi, cosa mai doveva succedere ancora?
Con le dita di Mike ad un passo dalla sua intimità più nuda, ad un passo da quel puntino che, cazzo, pulsava più impazzito del suo stesso cuore nel centro delle sue gambe, quasi ad invocare ancora di più le sue attenzioni?
Oh no…El non avrebbe mai potuto immaginare decisamente che cosa…
"Cazzo…cazzo…" El sentì questa volta le sue stesse labbra sussurrare nel buio, sentendo come una scarica elettrica percorrere le sue intere fibre, mandando in pappa le sue facoltà residue, ogni residuo briciolo di autocontrollo rimasto, facendole divaricare in automatico le gambe di più, di più, inarcando la schiena più a fondo, ancora di più, come un invito ad andare più a fondo, ancora più giù.
Perché solo lui in quel momento avrebbe potuto alleviare per davvero quella dolce agonia, le dita di Mike ora a sfiorarle, con la delicatezza di una goccia di rugiada su di un fiore, il centro della sua rosa.
"Mike, Mike!" tremó El avvertendo quelle dita fredde salire, contrasto perfetto contro la pelle calda e in preda alle fiamme della sua intimità, perfetto per farla impazzire.
"Più sù, ti prego…Mike" deglutì senza fiato El immobilizzandosi a quel gesto lento, quasi allo spasmo, trattenendo il respiro ed infine…sentendolo, sentendo la sua presenza, le sue dita, il suo tocco: la superficie ruvida dei suoi polpastrelli finalmente lì, cazzo lì, finalmente lì, davvero lì, su di quel puntino, quel piccolo bottoncino di pelle, facendole scappare un gemito più viscerale e innocente che mai direttamente da quel punto preciso della sua pancia.
"Cazzo, Mike…Mike!"
"…Mike?"
El riaprì d'improvviso gli occhi in quel momento, sbattendo le palpebre ed impiegando qualche secondo di troppo a riabituarsi alla luce flebile luce della sua lampada sul comodino tutt'intorno.
Aprì e chiuse le palpebre la piccolina una volta o due, incerta se quello fosse un altro sogno, o finalmente la sua ritrovata realtà.
Sentiva il fiato mancargli da dentro i polmoni, le guance ancora bollenti, le sue fibre tese come corde di violino, il suo petto alzarsi ed abbassarsi ritmicamente un po' più veloce rispetto al normale e quel puntino preciso alla radice delle sue cosce ancora battere impazzito, ben più forte delle altre volte, ben più forte del normale, facendole avvertire il suo battito accelerato, minimamente intenzionato a dare tregua al suo circolo impazzito.
Cazzo…
Era stato solo un sogno, solo e soltanto…un caldo sogno.
Ma così reale, così diverso dal solito suo!
Così profondamente, dannatamente…
"…cazzo"
Ma portando una mano sulla superficie quella sua pancia, uno sguardo rapido ed incerto intorno ed un ultimo profondo inspiro di aria nelle narici, El non poté che concludere con sé stessa in quel modo che era davvero sola: sola nella sua camera, sotto le sue coperte, sotto quel tessuto, improvvisamente più riconoscibile e morbido del suo pigiama.
Solo un bel sogno…
Deglutì saliva mancante la piccola, portando una mano sulla fronte e pentendosi immediatamente di quel gesto, avvertendo la sua testa gemere a quel piccolo gesto in più punti, come trapassata da innumerevoli spilli come chiodi.
Mai mal di testa era stato più acuto e penetrante di così, quasi perfino da provare dolore a sbattere le palpebre, a continuare a respirare.
Ma cosa…cosa le era successo quella volta?
Era…era davvero svenuta?
Il ghiaccio, le luci, quella trottola impazzita, il buio, il freddo, quel ruggito, quella voce…
"El! Mi senti?! El!!"
No, no, no, no…
Era davvero successo tutto su quella pista, come altre volte sera successo nella vasca del suo laboratorio, senza lasciargliene ricordo come tutte le altre volte…lì di fronte ai suoi amici, lì di fronte a tutti, lì di fronte..a Mike?
"Papà…?" sussurrò El facendo come per mettersi a sedere, ma richiudendo immediatamente gli occhi con una smorfia di dolore.
Un brusio lontano proveniva dalla cucina, filtrata insieme ad uno spiraglio di luce, di sotto la superficie di legno della sua porta chiusa, e a giudicare dal mix indistinto di voci, El era quasi certa, il suo papà, al di là di quella porta, non fosse l'unico a parlare di fronte al divano del suo salotto in quel momento.
"Tu non ti dovevi permettere di disobbedire ad un mio ordine, ragazzino! Credevo di essere stato sufficientemente chiaro!"
"Jim! Jim, ti prego, ti supplico, stai calmo!" avvertì quel fiorellino una voce femminile più acuta, così familiare da non lasciarle in cuor suo il minimo dubbio:
"Joyce?" sussurró la piccola scuotendo la testa e tentando di alzare appena un pizzico di più il tono della sua voce.
"Ti prego, abbassa il volume! Sveglierai El se continui ad urlare così!"
"Non ti dovevi permettere, non dovevi permetterti, Wheeler!" El impiegò una manciata di secondi di troppo a collegare quelle parole, quella voce, quel nome così intimamente familiare…
"…Wheeler?"
Ma quando la voce dei suoi sogni giuse acuta e chiara, seppur ovattata dietro la superficie chiusa della porta, El sentì il suo cuore perdere una manciata di battiti, le sue labbra aprirsi da sole, il suono della sua voce uscire più deciso di prima dalla sua gola.
"…Mike?"
"Lei non può impedirmi di vederla! Non può vietarmi di verificare che lei stia bene!"
"Mike!"
"Beh, potevi risparmiarti la corsa, Mike, che cosa volevi? Fare l'eroe?! Lei sta bene, è la prima cosa che ti ho detto! Starebbe anche meglio senza scocciatori come te a rovinarle il riposo!"
"Ma, io.."
"Jim!"
"Mike!"
"Tornatene a casa, Wheeler, hai fatto male a venire fin qui!"
"Non prima di averla vista, capo! Non prima di averle dato questa!"
"Mike!!"
"Non discutere con me, ragazzino: io sono il capo della polizia, cazzo!"
"Non può minacciarmi in questo modo solo per questo! Ma questo non è abuso di potere?!"
"Jim…"
"Questo lo dici tu, signorino! Che dici…proviamo?"
"Mike!!!"
E a quell'ultimo grido, le voci si spensero immediatamente da dietro la porta, facendo precipitare la stanza in un silenzio profondo.
"Avete…avete sentito?" sussurrò la voce di Joyce con un passo scricchiolante appena più vicino alla porta.
"È stata…è stata lei?"
"Ha chiamato il mio nome!" El sentì la voce di Mike esclamare così felice che per poco non poté trattenersi dal sorridere a sua volta nel buio illimitato dalla flebile luce, seppur nel mal di testa, seppur nella confusione.
"Posso…posso entrare a salutarla?"
"Ecco, l'hai svegliata…i miei complimenti, Wheeler!"
"…Jim!" la piccola sentì la donna ribattere con tono più deciso, senza bisogno alcuno di aggiungere ulteriori parole, avvertendo solo un più lungo e pesante respiro, le ombre nere ora proprio di fronte alla porta, a spezzare in linee sottili quel foglio fine di luce.
"E va bene, Wheeler…entra. Ti concedo 5 minuti, e non un singolo secondo di più!"
"Mike…" El sorrise alla porta aperta senza neppure un secondo di attesa a quelle parole, allungando di più lo sguardo di fronte a sé al di là delle sue coperte avvolte intorno al suo corpicino, vedendo fare capolino in controluce la sagoma scura di una testolina ricciuta che proprio, proprio non avrebbe mai avuto bisogno di ulteriori presentazioni.
"Ehi…ciao, fiore!" avvertì la voce del suo ragazzo sussurrare felice un secondo prima di richiudere la porta di legno dietro di sé, chiudendo fuori quella luce e permettendole di metterlo a fuoco meglio: i suoi colori, il suo viso, stanco, un po' più pallido ma solcato da un grande, enorme sorriso felice.
E il lampo di un sogno un po' troppo caldo ancora livido nella mente della piccola, fece arrossire quella bambina in silenzio ancora di più, pregando che quel ragazzo non potesse notarlo, benedicendo la semiombra della sua lampada sul comodino: chissà cosa mai avrebbe potuto pensare di lei quel nerdino in quel momento se mai avesse saputo quali sogni lo vedevano protagonista nelle pieghe della sua piccola e non più così innocente mente…
Ed era stato forse davvero qualcosa di così sbagliato?
"Ciao Mike!"
"Ciao, El!" vide sorridere quel ragazzino facendosi più vicino, avvicinandosi con cautela e facendola annuire, vedendolo indugiare incerto accanto al materasso del suo letto.
"Posso sedermi?"
"Ma certo!" El annuì mettendosi finalmente a sedere, non potendo trattenere un gemito di dolore più acuto a quel gesto brusco, sentendo la testa pesante come la palla di un cannone, dolorante da morire, vedendo quel paladino osservarla con apprensione, lanciandole uno sguardo improvvisamente più preoccupato, pur mascherato abilmente dietro un immancabile ed immutabile sorriso.
"Come…come ti senti, El?"
"Solo…solo un po' debole…" ammise El aggrottando la fronte, ricordandosi solo in quel momento di provare a muovere uno per volta i singoli muscolari dei suoi atri inferiori: sì, apparentemente muoveva ancora tutto.
"E ho solo mal di testa…mal di testa da morire"
"Vuoi che chiedo ad Hopper di prepararti qualcosa?" vide Mike muoversi più diritto, un cenno alla porta socchiusa sul corridoio,
"Hai fame? Hai sete? Vuoi un thè?! Magari una cioccolata! Una bella cioccolata con panna, El! Che ne dici?"
"No no, non voglio niente, Mike, davvero…" scosse la testa El sorridendo appena, alzando lo sguardo verso il ragazzo pallido e ricciolino seduto accanto a sé, sentendo il cuore così confuso, così ferito, ma anche così immensamente felice, commosso, emozionato.
Mike era lì, era davvero lì…e non era la prima volta che lo invocava nel bisogno e che lui, magicamente, aveva saputo come correre in suo soccorso.
"El…sei sicura di non avere bisogno di niente?"
"Mike…"
Oh no, era proprio vero: tra loro due, quello magico, era da sempre stato lui.
"…protesti solo…abbracciarmi, per favore?"
"Vieni qui, El.." quel fiorellino lo vide sorridere, facendosi più vicino, più vicino sul materasso del suo lettino fino ad esserle di fronte, abbastanza vicino perché le sue braccia lo avvolgessero, quelle di lei al suo collo come una mano tesa per raggiungere la superficie in mezzo al mare, quelle di lui a stringere la schiena di lei come un nido, uno scudo a proteggerla da tutti i mali.
E la pura, semplice, intensa consolazione che un gesto così piccolo poteva loro regalare, lui a lei, e lei a lui, contro tutti i dubbi, le paure ed i mali, era qualcosa che in quella piccola cameretta non si sarebbe mai potuto a parole spiegare.
Ed El prese fiato, sulla spalla di Mike, immergendo il viso nel tessuto morbido del suo maglione di lana, imbarazzante ma caldo e bellissimo, perché suo e addolcito dal profumo del suo bucato ed i suoi ricci, arricciando le dita a stringere il tessuto tra le sue mani, come uno scoglio, un porto sicuro dove finalmente approdare, dove lasciarsi completamente andare.
Perché El aveva paura, da sempre, ma quel ragazzo tra le sue braccia ormai era tutto, tutto quello che mai non aveva osato sperare.
Il suo primo vero amico, il suo primo confidente, il primo che non l'aveva mai fatta sentire diversa, solo speciale ed unica, senza chiedere il perché dei suoi silenzi e delle sue mancanze.
Il primo tremore d'amore del suo cuore, il suo primo vero amore.
E lui era lì…era lì per lei, per davvero, davvero lì!
"Grazie, Mike…" quel paladino sentì la sua principessa sussurrare al suo orecchio, stretta stretta al suo collo ed al tessuto del suo maglione.
La sua principessa vestita di un pigiama rosa e con i ricci spettinati ma profumati di fiori.
"Grazie di essere venuto fino a qui"
"Ero così, così preoccupato, El…" la strinse ancora più forte a sé Mike da toglierle il respiro a quelle parole, facendolo avvertire a quella piccolina una fitta più dolorosa alla punta del cuore.
Così preoccupato…così…che cosa, che cosa di lei Mike aveva visto quella sera, pochi istanti prima?
"Credo di aver fatto impazzire il povero Will…" El lo sentì ridere smorzando la tensione, sciogliendo lentamente quell'abbraccio e vedendola riabbassare lo sguardo alle sue mani, alle sue mani pallide ora sotto di sé, bianche ma ancora sporche di rosso, sporche di sangue, del suo sangue.
"No, no, no…"
"…credo mi abbia concesso di venire fino a qui pur di non rischiare di farmi fuori con le sue stesse man…"
"Mike…" deglutì El con voce tremante, scossa da un brivido di paura, le due dita mosse lentamente in direzione delle sue, muovendo le sue mani lungo le sue braccia e sollevando le maniche del suo maglione di più, scoprendo righi di sangue secco colati lungo la sua pelle fino al gomito, quasi brillanti lì sulla sua pelle bianca come la neve.
Ed un singhiozzò partì dalle labbra di El di fronte a quella visione, facendole chiudere gli occhi per non vedere, per nascondere quell'orrore, lasciando quel ricciolino spaesato, boccheggiante almeno quanto lei in quel secondo di buio.
"El…"
"No no, no…no!"
Chiedergli cosa fosse successo non avrebbe avuto senso, non avrebbe fatto altro che mandare quel ragazzo in agitazione ancora di più.
Se era lì corso da lei in quel momento, per lo meno, El poteva ritenersi quasi sicura di non aver fatto del male a nessuno.
"El, aspetta…"
"Mike…ti sei…ti ho fatto male io?" sussurrò El con puro orrore al posto della voce.
"No no no, El, no!" scosse la testa Mike con un sorriso a quelle parole, sentendo il cuore gelarsi nel petto, ma non permettendo a sé stesso di lasciar trapelare il minino accenno di ansia o di paura.
Non sarebbe certo stato quello ciò di cui quel fiorellino avrebbe avuto bisogno in quel momento.
"Hai solo…hai solo perso un po' di sangue, El…ma non ti preoccupare, davvero!"
"Will..Will sta bene? E Max? E gli altri stanno bene?" balbettò El confusa, muovendo gli occhi più in alto verso i suoi, lucidi di lacrime e carichi di paure, tra tutte una, la più importante, la più terribile: aveva fatto lei del male a qualcuno?
"Io…?"
"El, stiamo tutti bene, calmati, davvero!" sentì Mike annuire con più convinzione, portando un palmo aperto sulla sua guancia, accarezzandole con delicatezza lo zigomo:
"Stiamo tutti bene, eravamo solo preoccupati per te! Appena Hopper mi caccerà di qui farò loro una telefonata per…"
"Mi dispiace di aver rovinato la serata per colpa mia, Mike…mi dispiace tanto" strinse forte le labbra El avvertendo la vista appannarsi appena di più, sentendo il suo cuore battere più forte ma per la paura, per l'orrore, veloce così come le labbra di Mike improvvisate sulla sua fronte, alla radice del suo naso in mezzo alle sopracciglia, per metterla a tacere, facendole trattenere il fiato a quel gesto, ritrovandolo più vicino, appena in una frazione di secondo:
"Smettila di dirlo, El, davvero…non hai rovinato niente!" sussurrò Mike con le labbra contro la sua pelle, lasciando una scia di piccoli baci leggeri in quel fazzoletto piccolo di pelle, sentendola respirare già più serena, le sue spalle sciogliersi come da un groviglio di nodi.
"Non è successo niente, El…niente" mentì il ricciolino ritenendo più saggio conservare per sé i suoi dubbi e le sue paure per una sera, appoggiando la fronte più in alto alla sua, facendola sorridere, respirando più calmi e più vicini, l'uno appoggio dell'altra come un piccolo faro nella notte.
Cosa altro avrebbero mai potuto dire per quella volta, per quella sera?
"Hopper dice che hai solo bisogno di riposo, e per una volta, mio malgrado, devo dargli ragione…ma è per questo che sono qui!" El lo vide allontanarsi con uno sguardo furbetto dal viso, portando una mano allo zaino ai suoi piedi ma fermandosi per un istante, lanciandole uno sguardo curioso:
"Allora…non vuoi sapere come ho convinto tuo padre a farmi entrare questa sera?"
"Che cos'hai lì?" chiese El con occhi attenti sul suo viso, vedendolo aprire la zip con gesti lenti, estraendo dal suo interno un piccolo apparecchietto nero, collegato ad un paio di cuffie attraverso un lungo filo:
"Che cos'è?"
"Questo, El, è un walkman!" quel fiorellino vide il suo paladino sorridere orgoglioso, portando la scatolina di plastica nera di fronte a sé.
"Un walkman per te, El! E, questa…"
El spalancò gli occhi con uno scatto, lo scatto dello sportellino di quella scatolina verso l'alto, aperto ora su di una casetta, un nastro nero visibile al di sotto della plastica trasparente, una casetta sulla cui superficie, su di un pezzo di scotch una mano ben nota aveva scritto con un pennarello rosso e sottile: per il mio fiorellino.
"E questa è la tua cassetta, la tua cassetta della buonanotte, El!"
"Che cosa?!"
Mike quasi scoppiò a ridere a quella domanda, posta con tono così innocentemente confuso, vedendo gli occhioni di El seguire i suoi movimenti con sguardo incerto ma luminoso, vedendolo avvicinarsi al suo viso ancora di più, sistemando sulle sue orecchie le cuffie, portandole i ricci dietro le orecchie delicatamente con le dita.
"È la tua cassetta, l'ho creata io per te, El, solo per te! Ci ho registrato sopra un po' di pezzi, visto? C'è un lato A ed un lato B!" continuò a spiegare Mike con voce felice e tremante di emozione, ma mai quanto quella di El, decisamente più senza parole che senza fiato, rapita dai gesti di quelle dita su quei tasti scuri, intenti a muovere il nastro avanti ed indietro, ad avvolgerlo e riavvolgerlo in modo per El quasi ipnotico.
La piccola non credeva di aver mai visto qualcosa di così incredibile…allora erano quelle le cassette di canzoni di cui parlavano tanto lui e Will?
Quelle che quei due amici avevano amato collezionare fin da bambini?
"Sotto tutti brani meravigliosi, ovviamente…non per niente li ho scelti io!" sentì Mike sorridere con il walkman tra le mani, in attesa di trovare il punto preciso del nastro per la giusta canzone:
"Ma, sopratutto, sono tutte canzoni dolci, melodiche…niente rock o batterie esagerate, giusto quello che occorre per andare a dormire, per fare bei sogni!" El lo vide continuare, alzando finalmente lo sguardo su di lei, quasi incerto che lei potesse avere capito:
"Come se fosse…la tua personale terapia della buonanotte, El!"
"Fammene sentire una" il ricciolino la sentì sussurrare dolcemente d'emozione, facendolo sorridere ricolmo di gioia,
"Scegline una per me, Mike! Per favore.."
"Beh, questa è decisamente la mia preferita…l'ultima del lato A, la più bella a mio parere, ma sarai poi tu a giudicare dopo averle ascoltate tutte!" sorrise il ricciolino facendosi più vicino, vedendola farsi più in là e lasciandogli spazio sul suo cuscino, facendolo stendere accanto a lei con un braccio intorno alle sue spalle e i visi più vicini sull'unico cuscino, l'orecchio di Mike vicino alle cuffie sulle orecchie di lei, per cogliere unaa melodia che, invero, conosceva già a memoria da tutta una vita.
Una melodia che, quel nerdino ci avrebbe potuto mettere la mano sul fuoco, non era stata mai più dolce come quella sera.
"Pronta?"
"Sì?"
"Bene, premi play!"
El premette il tasto sotto le dita di Mike con ultimo sorriso, sentendo il rumore metallico del nastro della cassetta iniziare il suo giro all'intero di quella scatoletta, avvertendo i secondi di silenzio e di attesa direttamente attraverso le cuffie nelle sue orecchie.
E per un secondo, tutto quello che poté udire nel silenzio di quella stanza fu solo il battito più sereno e tranquillo del suo cuore nel petto: del suo, del loro, così vicini da poter andare all'unisono, andare a tempo insieme nel silenzio intorno a loro.
E già quel suono sarebbe potuto essere una bella melodia, solo loro.
Ma quando le note delicate e dolci di un pianoforte ebbero raggiunto, attraverso quel filo, delicatamente le orecchie di quel suo fiorellino, Mike non poté trattenersi dal sorridere, percependo il suono ovattato al di là delle sue cuffie, ma conoscendo la melodia lo stesso, la più dolce, una delle più belle, una delle prime, una di quelle vecchie ma nuove da quando aveva incontrato lei, una di quelle che avevano quasi cambiato colore e sapore da quando nella sua vita era comparsa lei.
Una di quelle forse decisamente troppo, troppo dolci e romantiche, Will avrebbe detto addirittura sdolcinate, troppo da dedicargliela davanti ad altri o davanti ai microfoni dell'intera scuola, alle orecchie di tutti.
Troppo profondamente intima da non poter essere condivisa da solo, da solo con lei, nel silenzio di quella sua piccola cameretta, lì, abbracciato insieme a lei: con il primo vero unico, piccolo ma immenso amore della sua intera vita.
Love of my life, you've hurt me
You've broken my heart and now you leave me
Love of my life, can't you see?
Bring it back, bring it back
Don't take it away from me, because you don't know
What it means to me
Era lei, era lei quella voce, era la sua.
El ne era sicura quella sera, sicura come la piacevole sensazione di protezione del braccio di Mike intorno alle sue spalle, sicura come quel brivido di calore, che non c'entrava niente con i suoi sogni ormai lontani ma piuttosto con la tenerezza, con la forma più pura di dolcezza ed amore.
Era quella la voce, era di quel cantante, quello dei poster, delle copertine dei vinili in camera di Will, degli acuti urlati fino alle stelle sopra un assolo di chitarra elettrica.
Era quello l'idolo di quel gruppo, quello tanto caro al suo ricciolino ed al suo migliore amico, quel gruppo sul quale il ragazzo dagli occhi verdi gli aveva raccontato quei due amici avessero basato la loro intera vita.
Eppure…eppure quella stessa voce appariva così diversa quella sera, più delicata, più dolce, più sussurrata.
Mike aveva ragione: quella canzone aveva il sapore di una dolce, dolcissima ninna nanna.
Ed El…El sentiva solo le sue labbra aperte nel sorriso più grande che credeva di aver mai fatto quella sera: il walkman tra le mani e le cuffie sulle orecchie, Love of my life a volume tenue direttamente a parlare al suo cuore, perché quelle parole, il suo ricciolino, le aveva scelte appositamente per lei e lei sola.
Love of my life, don't leave me
You've stolen my love, you now desert me
Love of my life, can't you see?
Bring it back, bring it back
Don't take it away from me
Because you don't know
What it means to me
"È bellissima…" Mike la sentì sussurrare dopo un minuto di silenzio, lasciando che la musica arrivasse dove le parole non avrebbero saputo tracciare un cammino, vedendola con la coda dell'occhio sorridere, sorridendo a sua volta più felice, perché il suo piccolo cuore da ragazzino innamorato anni prima di quella melodia e di quella canzone mai avrebbero immaginato di trovare qualcuno a cui dedicare senza dubbi né timore la più bella delle canzoni d'amore.
E chi se non a quella bambolina?
Chi se non a lei sola?
"È una delle mie preferite, El…da sempre"
"La sua voce è…è bellissima" la sentì sussurrare muovendo appena le labbra come per non fare rumore, come per non rompere quella melodia quasi magica tra di loro.
"Bellissima…"
"Beh, la sua voce è magnifica…è unica" rispose con un filo di voce Mike, vedendola chiudere gli occhi con espressione serafica sul viso, avvertendo il suo cuore intimarlo di essere più coraggioso per una sera, di osare per una volta un pelo di più.
"È unica, El, come…come quello che provo per te"
You will remember
When this is blown over
Everything's all by the way
"Io…io non mi sono mai sentito così…" continuò Mike nel silenzio di quella camera, sotto le noti più dolci di quella canzone, il respiro del suo fiorellino più sereno, i battiti più profondi e lenti del suo cuore.
"Io…io non so cosa sia, El, non l'ho mai provato prima…" sussurrò il ragazzino nemmeno più sicuro che lei lo stesse ascoltando, che lei stesse ancora percependo le sue parole nelle sue orecchie, ma per Mike non avrebbe avuto importanza quella sera.
Quello che avrebbe potuto dirle, non era già forse racchiuso lì, tra le note di quella canzone?
E la gioia di stringerla, la paura di perderla, il terrore di vederla cadere, l'ansia e la voglia di assicurarsi che stesse bene, quel mix infinito di emozioni, tutte in una sola sera, non potevano forse tutte essere messe a sistema sotto un'unica radice, un'unica parola, un'unica espressione…non era forse quello che i grandi chiamavano comunemente…"amore"?
When I grow older
I will be there at your side to remind you
How I still love you
"E se è questo quello che chiamano amore, El…io non sono mai stato innamorato di qualcosa nella mia vita come lo sono ora te…"
I still love you
"…Mike?" una voce gentile irruppe leggera nel silenzio di quella piccola cameretta, facendo muovere la testa ricciuta di quel ragazzino più in alto con gesti lenti ma decisi, per non fare rumore, per non svegliarla, per non svegliare quella principessa caduta addormentata come un piccolo angelo dai riccioli biondi, un sorriso così dolce sulle sue labbra rosse da promettere, per una notte, solamente bei sogni.
"Mike…"
"Sì?" quel ricciolino vide il viso di Joyce Byers fare capolino da dietro la porta aperta di 10 centimetri, mettendosi a sedere su quel materasso velocemente ma vedendo quella mamma sorridere, lo sguardo dolce di chi ha già capito.
"Tempo scaduto?"
"Temo di sì…" Mike la vide annuire con un sospiro, annuendo in risposta, lanciando un ultimo sguardo al suo fiorellino, nelle cuffie le note conclusive di quella dolce canzone.
Se non altro, quella ninna nanna, l'aveva fatta davvero, sul serio, addormentate quella sera.
"Esci da qui prima che Hopper ti ammanetti sul serio…"
"Arrivo!" sorrise in ringraziamento il paladino, raccogliendo lo zaino da terra e chinandosi per un ultimo bacio, più veloce ma non frettoloso, proprio all'attaccatura dei suoi capelli sulla fronte di giglio del suo piccolo fiore.
"Buonanotte fiorellino, fai bei sogni"
E quando la porta si fu richiusa alle loro spalle, dietro quelle di quella mamma gentile e di quel ricciolino un po' più sereno e felice, la musica sfumò leggera in quelle cuffie sulle orecchie della piccola, ma il nastro continuò a girare in silenzio per qualche secondo, un piccolo rumore di fondo contro i timpani di quella bambina immersa nel più dolce dei mondi dei sogni.
Ma quando un suono diverso, una voce registrata, non cantata, senza assoli o melodie, ebbe rotto la coltre del suo respiro, raggiungendo il suo inconscio più che la sua cosciente percezione, El sorrise nel sonno, sbattendo le ciglia chiuse ed accoccolandosi ancora di più perché, quella voce, alle sue orecchie, era forse davvero la più dolce di tutte le melodie.
"Prova, prova…posso…posso parlare ora, Will?" la voce di quel paladino chiese incerta su quel nastro, raggiungendo le sue orecchie attraverso quel filo, nella casetta che continuava a girare verso la fine ed El a sorridere, senza accorgersene ma lasciando parlare direttamente il suo cuore: cuore aperto a cuore aperto, come quello di quel ricciolino al di là della coltre di timidezza o emozione.
"Ehm..ciao El! Ciao fiorellino, sono Mike, ma credo che tu l'abbia intuito!" sussurrò la voce di Mike timidamente nel buio,
"Se sei arrivata fino al punto di questa cassetta…cavolo! Spero davvero che ti sia piaciuta e…che tu ti sia già addormentata, certo, perché l'obbiettivo di questa cassetta era proprio questo!"
Mike rise sopra quel nastro registrato, incapace di trattenere un piccolo poco velato sbuffo:
"E…cazzo, ma non puoi proprio concedermi due minuti, Byers? Un po' di privacy!" un'imprecazione più sussurrata fece sorridere quella piccola principessa di più, nell'incoscienza del suo bel sogno, avvertendo la voce del ragazzino prendere fiato un ultimo istante prima di ricominciare timidamente a parlare, un po' meno timida, un po' sicura, ugualmente emozionata e dolce.
"Fiorellino…ci sono così tante cose che vorrei dirti, e questo nastro non mi basterebbe sul serio…" aveva inciso Mike su quel nastro in camera di Will, immaginando di parlarle direttamente di fronte, direttamente al suo cuore: tutto quello che la sua timidezza ancora gli impediva di esprimere a parole.
"Vorrei riuscire a dirti quanto sei importante, quanto sei preziosa…quanto a volte mi sembri così piccola, El, così fragile, ma allo stesso tempo sei sempre così…così incredibilmente incredibile"
Sorrise El avvertendo una lacrima bagnare leggera le sue ciglia vibranti e più chiuse, non di tristezza, non ti paura, questa volta d'amore.
L'amore che nessuno dei due conosceva, nessun dei due sapeva spiegare, l'amore che era forse allora solo da vivere, solo tutto per loro da sperimentare?
"E vorrei riuscire a donarti un po' di mondo, fiorellino, un po' del mondo che non hai mai visto, perché, cavolo, cavolo quanto ti potrebbe piacere, El! Potremmo andare a vedere le stelle una volta in primavera, quando il cielo è un po' più sereno e senza tante nuvole, che ne dici?
Dustin la scorsa estate ci ha portato in un posto dove, cavolo, è davvero bellissimo e c'è una vista pazzesca da lì, sono sicura ti piacerebbe un mondo!" la voce di Mike viaggiava colma di sogni, di emozione, e la canzone era lontana, era quasi nulla! Nulla perché era quella, quella la più bella delle promesse d'amore!
"E poi ti vorrei portare a vedere il mare, El…sì, il mare, quello sì che ti piacerebbe da morire!
La spiaggia, la sabbia, le onde, i suoi cavalloni…quelli sono forti, El! Ce ne sono alcuni che sono così alti che fanno quasi paura!" continuò la voce di Mike su quella casetta, mischiando le lacrime di quella piccolina lungo le guance, a metà di commozione, a metà di stupore: cosa aveva fatto quella piccolina per meritare qualcosa di così meraviglioso, lei che nella sua vita non si era mai sentita degna nemmeno di possedere un vero nome, se non allora, se non grazie a quel ricciolino la cui voce ancora vibrava su quel nastro registrato quella sera?
"E ti porterò a vedere tutte le cose che ancora non hai visto, fiorellino, tutti i posti che ancora non sai. Ci andremo insieme, El, solo io e te, e gli altri non se la prenderanno per restare a casa per una volta...
E sarà un po' come rivederli per la prima volta, sì, anche per me…perché l'intero mondo è diventato più bello da quando ci sei te: il mondo mi sembra un posto nuovo e bellissimo, El, se ci sei tu insieme con me"
*
"Vieni, Mike, ti riaccompagno a casa…" sussurrò la signora Byers facendo strada lungo il corridoio fino al salotto della piccola casetta, seguita dai passi incerti di un ricciolino, un sorriso ebete ed enorme sul viso ed ancora il cuore sospeso ad un metro dalle nuvole.
"Sì…grazie!" balbettó Mike in ringraziamento, chiudendo gli occhi per riabituarsi alla luce di quell'ambiente, mettendo a fuoco cautamente tutt'intorno.
Wow, era davvero sopravvissuto, aveva portato a termine la sua missione!
Aveva consegnato la cassetta ad El, si era assicurato stesse bene e fosse serena, anche se di dubbi di certo non ne mancavano ancora, così come si domande senza risposte nella sua mente.
Ma al termine di tutto, l'importante era che El stesse bene.
E che fosse riuscito a scampare l'ira funesta del capo della polizia senza farsi ammanettare ed espellere dal paese in una sola serata…:
"Wow! Will non ci crederà mai quando glielo racconterò domani mattina!"
"Carico la bici di Will nel bagagliaio e comincio a scaldare il motore" il nerdino vide la donna continuare prendendo le chiavi dell'auto dal tavolo della cucina, lanciando nella sua direzione un ultimo sguardo di raccomandazione:
"Mettiti la giacca e non dimenticare niente, ti aspetto in macchina! Non metterci troppo, Mike! Karen deve aspettarti a casa già da un pezzo…"
"Ce..certo!" annuì Mike scuotendo i ricci neri sulla fronte e imponendosi di darsi una mossa, camminando svelto verso la poltrona dove aveva abbandonato la sua giacca pesante appena una decina di minuti prima, sentendo la porta aprirsi e chiudersi dietro le spalle della mamma del suo migliore amico.
Zaino c'era, sciarpa c'era…
Aveva preso tutto, sì, non restava che andare, pensò un ultimo secondo quel ricciolino, alzando la zip ed avvolgendo la sciarpa calda fin sopra il mento, muovendo un passo svelto verso la porta d'ingresso:
"Non così in fretta, Wheeler…" avvertì all'improvviso una voce farlo sussultare alle sue spalle, più gelata di una doccia fredda contro la pelle più nuda.
E Mike non avrebbe avuto bisogno di domandarsi a chi appartenesse quella voce, eppure, voltandosi alle sue spalle quella sera, un piccolo barlume di illogica speranza percorse in uno sciocco di dita il suo piccolo cuore.
Poteva non essere…e chi altro mai avrebbe potuto essere, per la miseria?!
"Non così in fretta, Mike, non così in fretta…" tirò sù con il naso il più arcigno ed accigliato dei capi della polizia quella sera, facendo deglutire Mike un po' più rumorosamente di quando avrebbe voluto, voltatosi alle sue spalle verso lo stipite d'ingresso della cucina.
Stipite contro il quale il capo stava ora immobile a braccia incrociate sul petto con lo sguardo su di lui fisso, simile a quello di un condor che attende di decidere quale parte della sua preda spolpare per prima.
"La signora Byers mi sta aspett…"
"La signora Byers potrà aspettare ancora, Mike!" ribattè deciso il capo della polizia, interrompendo il suo timido tentativo con voce balbettante ed imbarazzata, quasi più simile a quella di un bambino di 8 anni che ad uno di 15 e della sua statura.
"Se ti uccide ora, Mike, è finita…non ci sono testimoni…" sentì una voce sussurrare al suo orecchio, facendogli sudare le mani nei pugni stretti nelle tasche dei suoi pantaloni.
"È finita, Wheeler, finita…le tue ultime volontà terrene?"
"Oh ma per favore, Mike! Tira fuori quelle palle per una volta, porca puttana!" si diede un contegno il ricciolino schiarendo la voce con un colpo di tosse, più decisa, più matura.
"Io e te, ora, dobbiamo parlare"
"Certo! Di che cosa mi vuole parlare?"
"Qui le domande le faccio io, Mike, e tu parlerai solo quando sarai autorizzato a farlo, mi hai capito?" Mike deglutì ancora, più rumorosamente di prima se possibile a quelle parole, seguendo con lo sguardo i gesti lenti del capo fino al divano del salotto di fronte alla tv, vedendolo estrarre lentamente dalla tasca posteriore dei suoi jeans un pacchetto di sigarette e portandone una lentamente alla bocca, facendo tirare al ragazzino un impercettibile sospiro di sollievo: almeno no, non era una pistola.
"Chiaro?"
"Chi…chiaro…"
"…signore, ragazzo "
"Chiaro, signore…"
"Molto bene…" Mike vide lo sceriffo prendere un profondo ispiro, trattenendo il fumo della sua bocca ed alzando il viso al soffitto per un secondo, secondo nel quale Mike avrebbe potuto contare immobile le goccioline di sudore intente e percorrere la sua schiena di sotto il cappottone.
Diamine…poteva tentare di scappare in quel secondo di distrazione fin sulla porta e poi via?
In fondo con quella pancia non sarebbe poi stato tanto facile per quell'uomo correre più veloce di lui…
"Cominciamo con una domanda facile, Wheeler, giusto per metterti un po' di più a tua agio, okay?" proseguì Hopper liberando dalle sue narici una grigia nuvola di fumo, avvertendo il ragazzo annuire, quasi paralizzato in piedi di fronte a quel divano del suo salotto, come un imputato di fronte al più temuto dei tribunali d'inquisizione.
E cavolo quanto il capo aveva atteso di infondere un po' di sana paura nel corpo di quel ricciolino, giusto così perché gli fosse chiaro per benino chi aveva il coltello dalla parte del manico in tutta quella situazione.
"Okay…signore"
"Molto bene, Mike…cominciamo" il capo riaprì gli occhi azzurri su di lui, inchiodandolo sul posto e trovandolo se possibile ancora più pallido del solito, chiedendosi in cuor se stesse ancora respirando o stesse per collassare invece al suolo: che importanza aveva? Se fosse svenuto sarebbe stato in fondo più facile disfarsi del suo cadavere.
"Dunque, Wheeler…che intenzioni hai con mia figlia?"
"In…intenzioni?" balbettò Mike di tutta risposta, più confuso che sconcertato per quella prima richiesta, di certo un po' insolita e diversa rispetto a quella che si era immaginato:
"Cosa intende, capo, per…intenzioni?"
"Credo che tu sappia benissimo a che cosa mi sto riferendo, Mike, o pensi davvero che io sia un'idiota?" un brivido percorse per intero la lunga schiena di Mike a quelle parole, facendogli tremare le ginocchia come gelatina fusa.
"Non…non lo penso minimamente, signore…io…"
"Tu pensi che io non l'abbia notato, Mike, ma qualche anno in più di te l'ho accumulato, ragazzo, so come funzionano queste cose…" proseguì Hopper guardandolo fisso, vedendo i suoi occhioni di sotto i ricci fissarlo intensamente con sguardo più confuso:
"Io credo, signore, di non aver compres…"
"Sapevi già come arrivare in camera di mia figlia prima ancora che ti indicassi la strada…" concluse il capo con un sospiro, vedendo quel ragazzino improvvisamente spalancare gli occhioni scuri colto sul vivo, tradito dal rossore impadronitosi in un secondo delle sue gote rivelatrici: beccato.
"…non costringermi a credere che tu ci sia già stato altre volte, Wheeler"
Il cuore di Mike perse un battito a quelle parole, lo stesso vuoto di quando si manca uno scalino di scale direttamente in pancia: chi aveva spento la luce nel suo cervello? Chi gli avevo improvvisamente tagliato la lingua come con un paio di forbici?
"Io..io…" deglutì Mike con la gola secca, abbassando lo sguardo ai suoi piedi e rialzandoli immediatamente al suo posto di fronte a sé:
"Merda, merda, ed ancora merda!"
"Così sembri ancora più colpevole, Mike, per la miseria!"
"Merda! Dii qualcosa! Forza!"
"Merda?"
"No, qualcos'altro, Mike, cazzo! Puoi fare decisamente meglio di così!"
"Ehm…l'altra notte sono entrato dalla finestra in camera di sua figlia e ho dormito tutta la notte con lei, facendogliela sotto il naso, capo, sotto il suo tetto?!"
"Io, intendo dire…io…"
"Risparmia il fiato, ragazzo, non ho ancora finito" Mike richiuse le labbra di colpo a quelle parole, vedendo il capo prendere un altro lungo e profondo tiro, riportando gli occhi fissi nei suoi, ancora più minacciosi:
"Che cos'è per te, Mike, un gioco? Una come tante, la prima che capitava?"
"Come?!" esclamò il piccolo Wheeler più deciso con voce più acuta, dimenticandosi improvvisamente della prudenza e della piccola ragazzina dormiente al di là della porta della sua cameretta.
"Una come tante?! Un gioco?! La prima che capitava?!" scosse la testa Mike non potendo credere alle sue orecchie, sentendo le orecchie prendergli fuoco ma non più per la paura, ma per il nervoso.
"No, no, lei non…"
"Cos'è, una con cui sperimentare quello che tu ed i tuoi amichetti vi raccontate sulle ragazze? Una con cui fare una prima bella tacca alla tua cintura?" continuò Hopper con viso serio e occhi più aperti e vigili, complici due o tre bicchieri di vino in più, una grande incazzatura e l'impressione decisamente fastidiosa che qualcuno in quella casa gli stesse appena per dire una stronzata bella e buona proprio davanti ai suoi baffoni.
Ma se il capo della polizia poteva dirsi incazzato quella sera, beh, il giovane Wheeler non era decisamente più in sé, sentendo i pugni stretti nelle tasche prudergli dal nervoso.
Tutto, ma quello no, quello no…
Tutto seppur nessuno mettesse mai in dubbio quello, che quello che provava per la ragazzina coricata nell'altra stanza fosse di più, molto di più, ben di più dello schifo che il capo stava dipingendo in quel momento con le sue stupide parole.
"Lei…lei non è una delle tante…non potrebbe esserlo mai…"
"Perché ho avuto anche io la tua età, Mike, mi ricordo come funzionano certe cose…"
"Forse per lei, capo, non certo per me!"
"Ma se è così, ragazzo, credimi, lei non è proprio la ragazza con la quale provare a fare da nave scuola con te…"
"Ma lei crede davvero di conoscermi?!" il capo Hopper rimase un secondo interdetto a quelle parole, a quello scoppio di ira inaspettato di fronte ai suoi occhi, della potenza del coperchio di una teiera in ebollizione: wow, allora era dotato davvero di una lingua il ragazzino, alla buon'ora!
"Ah, ma davvero, Wheeler?"
"Davvero!" esclamò più incazzato di prima il nerdino, muovendo un passo in avanti con un coraggio che non avrebbe mai creduto di avere, vedendo il capo visibilmente colpito, a tratti confuso a tratti infastidito, a tratti forse…soddisfatto?
What?!
"Lei non sa niente di me, signore! Non sa niente!" il capo della polizia nascose un sorriso inopportuno dietro una coltre di spessi baffoni, sentendo il fiato di quel ragazzino più vicino al suo viso, più basso di una buona spanna rispetto a lui ma dai due occhioni scuri seri e di fuoco: se stava reagendo così in fondo…aveva forse toccato le giuste corde?
Lo aveva forse toccato sul serio sul vivo, nell'orgoglio?
Vederlo reagire con così tanta decisione, nonostante la sua palese paura…non poteva bastare forse quello a quello sceriffo quella sera per credere che la realtà fosse tutto il contrario di quello che lui aveva appena malignamente sostenuto?
E infondere un po' di sano terrore nel cuore del ragazzo di sua figlia, no…quello invece non aveva avuto prezzo.
"Non sa niente di me e di El, non sa niente di quello che provo! El non è come le altre? Beh, io lo so per certo, ma non intendo venire a spiegare a lei quanto voglio con tutti i mezzi a mia disposizione solo e soltanto renderla felice!" conclude Mike con maggiore enfasi, agitando i ricci sulla fronte pallida e sguardo fisso, sotto gli occhi del capo finalmente ad ascoltarlo in silenzio.
E il coraggio di un leone che ruggiva nel petto di quel paladino quella sera gli concesse infine di osare di più, prendendo la rincorsa in procinto del salto finale, decisamente il più mortale, ignorando le vocine più prudenti che gli avrebbero suggerito invece di potersi anche fermare lì.
E se il capo avesse potuto ritenersi soddisfatto per quella volta da quella sua reazione, beh…decisamente l'ipotesi di ammanettarlo sul serio dopo quell'ultima affermazione non avrebbe potuto mai essere un'ipotesi più reale ed efficace.
"E forse non sa neppure che El non è più una bambina, ed io neppure: è dotata di una sua intelligenza, un suo libero arbitrio! E io non le farei mai, mai qualcosa che lei non voglia, ma se, come lei dice, si ricorda davvero com'è avere la mia età, capirà anche bene come io mi intenda comportare, qualora sia lei invece a propormi…o ad accettare…"
"….CHE COSA, WHEEELER?!"
"Mike! Forza, esci!" la voce di Joyce da dietro la porta d'ingresso raggiunse l'allegra discussione proprio giusto, al momento più opportuno, facendo bloccare i due interlocutori come congelati sul posto: rosso in viso uno, paonazzo l'altro, in silenzio per una frazione di secondo.
E quando il giovane malcapitato Wheeler ebbe fatto in tempo a rendersi conto sul serio di quello che aveva appena detto, le sue gambe si erano già mosse di corsa verso la porta, spalancata in un battito di ciglia dalle sue dita sudate, appena in tempo per sussurrare un ultimo timido "Buonanotte, capo!" e sfuggire gli improperi lanciati contro le sue spalle dall'uomo grande e grosso, capo della polizia e padre del suo piccolo fiorellino.
"Ehi! Ehi, signorino! Torna un po' qui! Questa discussione non è ancora finita!" urlò inutilmente al vento il capo Hopper spalancando la sua porta d'ingresso un secondo dopo, un secondi di troppo, distinguendo solo più nel buio la sagoma alta di quel ricciolino sparire nell'abitacolo dell'auto rossa di Joyce già a motore acceso, dando gas e mettendo in moto in una frazione di secondo.
"Al diavolo i compromessi, sei un ragazzo morto, Wheeler!" strinse i pugni lungo i fianchi il capo della polizia, troppo impegnato a far vincere l'orgoglio piuttosto che una vocina timida e gentile, proprio lì nel centro del suo petto: quello a suggerirgli, inopportuna, che in fondo forse quella testolina ricciuta che tanto avrebbe voluto vedere appesa al muro sopra la sua credenza, aveva ragione, aveva ragione fino in fondo.
La sua piccola non era più così piccola, non era più solo una bambina, la sua bambina.
E, forse…non era proprio quello il ragazzo con il quale avrebbe perfino potuto concedere a sé stesso di lasciarla diventare grande…insieme con lui?
Ma quelli erano pensieri troppo razionali per il capo Hopper quella sera, troppo per tutti quei bicchieri di Chianti di troppo, troppo per la miriade di emozioni inseguitesi nella mente nelle ultime poche ore.
"Sei morto, Wheeler…morto!"
🌼📼
Ed eccoci qua!
Come state?🙃
Mi verrebbe solo da dire...il nostro piccolo Wheeler non si smentisce mai, non è vero?❤
Di domande ne avrebbe avute tante tante, così come di ansie o paure, ma ha saputo mettere da parte tutta l'apprensione per una sera, perché il suo fiorellino aveva semplicemente bisogno di lui, e lui lo sapeva, se lo sentiva.
È forse questo ciò che i "grandi" chiamano comunemente...amore?🌼
Spero vi sia piaciuto questo capitolo di "coppiate": Will e Mike, Joyce e Hopper, El e Mike (ovviamente❤) ma anche...Mike con Hopper, decisamente la mia preferita😂🙈 e la vostra?
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Speravo tanto di riuscire a pubblicare altri due capitoli prima di Natale, quelli appunto riguardanti l'imminente festa, ma gli impegni universitari, purtroppo, me lo hanno impedito💔 ma non disperiamo!
Sarà come un prolungamento del clima di festa, dico bene?😊
Temo non ci saranno altri aggiornamenti prima di Natale, perciò vi dico fin da ora BUON NATALE AMICI!!🎅🎄🎁
Tanta serenità a voi e a tutte le persone a cui volete bene, non c'è nulla di più importante❤
Ari
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