22.Breathing Underwater
🌼📼
"Salve amici ascoltatori, ben ritrovati! Un buon giorno e un buon inizio di settimana dai corridoi ancora deserti della Hawkins High! Allora, che si dice in giro? Vi siamo mancati questo weekend?
Sono sicuro di sì!
Abbiamo intenzione di iniziare al meglio questa nuova settimana con una playlist di pezzi imperdibili, selezionati appositamente per voi!
Che ne pensate? Vi va di farci compagnia?
Continuate a seguirci, non cambiate frequenza mi raccomando: qui ai microfoni sempre il vostro Will the Wize…"
"…e il vostro Mike Frogface!"
Il paesaggio scorreva veloce al di là dei finestrini dell'auto della polizia lanciata a tutta velocità lungo le strade della piccola città dell'Indiana quella mattina, leggermente ancora appannati dell'umidità del recente temporale, davanti agli occhi di un piccolo fiorellino ancora assonnato, ma con il cuore già piuttosto attivo e tremante di gioia.
Aveva perso il conto degli sbadigli che il suo papà aveva rivolto al parabrezza dell'auto quella mattina, più taciturno e in stato semicomatoso del solito, ma la piccola aveva considerato già notevole il fatto fosse riuscito ad alzarsi faticosamente dopo la precedente serata, sbronza e crollo sul divano del loro soggiorno con ancora i vestiti addosso compresa.
El, dal canto suo, si era divertita come mai prima ad origliare con il suo amico Will le sbiascicate e sussurrate conversazioni tra i due genitori, facendo ben attenzione a non farsi beccare, vedendoli infine crollare sfiniti su quel portico addormentati, più vicini e stretti sotto la stessa coperta, finché dodici rintocchi di mezzanotte non avevano interrotto il loro sogno e tutta quella magia peggio che nella favola di Cenerentola, riportandoli alla realtà e facendo boffonchiare al suo papà quanto fosse stato il caso di riportare El a casa a dormire.
E i visi rossi rossi che i due figli avevano accolto, ancora svegli nel salotto, seduti sulle poltrone con arie innocenti di due angioletti, certo non avrebbero avuto bisogno di giustificazioni, ed El si era trattenuta dal ridere e dal fare domande, sperando che questo potesse giocare a suo favore come sconto di pena per tutta la faccenda di quel sabato mattina con il suo piccolo nerdino.
Infondo, la vita di quell'omone che amava chiamare da due anni "papà" era solo e soltanto sua…non c'era speranza che lui la potesse pensare allo stesso modo riguardo la sua appena sbocciata storia d'amore?
"Posso alzare il volume?"
"Ma certo…" boffonchiò il capo della polizia con un occhio mezzo aperto ed uno mezzo chiuso, abbandonato più che appoggiato sullo schienale e con le mani ancorate al volante come garanzia della sua posizione ancora eretta, vedendo con la coda dell'occhio la figlia alzare la manopola del volume con un piccolo gesto della testa, grugnendo in automatico ma rinunciando a riimproverarla per quell'uso improprio dei suoi poteri per una volta.
Aveva cose più urgenti in quel momento a cui pensare: ad una mezza bottiglia di Chianti al retrogusto di ciliegia ancora troppo in circolo nelle sue vene e alla voce allegra, squillante e decisamente fastidiosa di un piccolo nerdino dai ricci neri direttamente a trapanare le sue orecchie attraverso la sua autoradio del suo furgone.
"Come avete passato il weekend, studenti della High? Curvi sulle vostre scrivanie in mezzo ai libri? Naah, non prendeteci in giro, non ci state credendo nemmeno voi!"
"Se sono tutti come te, caro il nostro Will the Wize, i nostri ascoltatori sono intenti a finire i compiti del fine settimana proprio ora, dieci minuti prima del suono della prima campanella! Che mi dici, amico…è un libro di francese quello che vedo?"
"Sei un vero stronzo, Frogface!"
"Salutiamo la signorina Dubois del corso di francese! Se è all'ascolto, professoressa, non ci creda: giuro che stiamo scherzando!"
"E a te com'è andato il fine settimana, caro il nostro Mike? Passato dolci ore di studio in compagnia nella nostra biblioteca?"
La risata soffocata ma così dannatamente dolce che in un attimo riempì l'abitacolo dell'auto della polizia, proveniente dalle labbra di una piccola ragazzina aperte in un grande sorriso, avrebbe potuto far sciogliere anche il più tenace cuore di pietra quella mattina, ma Hopper non era certo del migliore degli umori.
"Ehm, ehm…" El lo sentì tossire con finta noncuranza, avvertendo un tuffo al cuore che non avrebbe saputo dire se di divertimento o di pudore, imponendosi di trattenere di più le sue emozioni, portando una mano sul viso a nascondere le guance rosse e fingendo di sistemarsi i ricci sulla fronte.
Lei ed il suo papà non avevano avuto occasioni di parlare di che cosa fosse successo quella sera al cinema, ne delle molte, molte altre cose che erano successe dopo quella volta, e la piccola a onor del vero si era sentita all'inizio quasi un po' in colpa per aver deliberatamente escluso il suo papà da quello che ormai era diventato uno degli aspetti più importanti della sua vita, ma cosa avrebbe dovuto invero dirgli?
Come mai avrebbe potuto affrontare l'argomento?
"Sai, papà…io e Mike ci siamo baciati!"
No no, troppo diretto…
"Ti ricordi quando ti raccontavo di Heathcliff e Catherine sulle cime di Wuthering Heights? Ecco, beh…siamo inciampati anche noi una volta ed, ecco, insomma…"
No no, troppo alla lontana, non ci capirebbe nulla…
"Credo che Mike non sia solo più un amico, papà, credo sia diventato davvero qualcuno di più speciale…un po' come Joyce per te, papà…"
"Sono tanto, tanto felice, papà! E tu…lo sei per me?"
"Mi piace baciare Mike, papà: mi piace proprio, proprio tanto!"
"Ma che cazzo…"
El fu scossa dal suo torpore da quella velata e sottile imprecazioni, sbattendo le palpebre e riaprendo le orecchie giusto in tempo per cogliere la voce dell'amico curiosa attraverso quella scatoletta.
"Ci hai portato una nuova dedica questo lunedì, caro il nostro frogface innamorato?"
"Sicuro, Will! Un pezzo che spacca! Forse un po' diverso dalla solita musica alla quale sono abituati i nostri amicia ascoltatori, ma lo stesso per me molto speciale!"
"Mi devo fidare, amico mio?"
"Sicuro, Will! Sempre con me!"
"Riesco quasi a scorgere la tua aureola…"
"Puoi ben dirlo!"
"Questo pezzo deve essere proprio speciale allora…speciale come a chi è dedicata questa canzone?"
"Sicuro, Will! Dedicata ad un fiorellino molto, molto speciale!"
"Oh sì…" Hopper sospirò un po' a sé stesso un po' a lei, mettendosi a sedere diritto e frenando lentamente all'incrocio, di fronte al primo semaforo rosso alle porte del centro di Hawkins.
"…a qualcuno qui piacciono decisamente tanto i fiori"
El arrossì ancora, rendendo ormai vano ogni tentativo di celare agli occhi del suo papà adottivo tutto quel calore, quella gioia, tutta quella infinita commozione, quella voglia immensa che aveva di essere già lì con lui, al fianco di Will e del suo piccolo grande amore, immaginandolo seduto davanti a quel microfono con le cuffie sulle orecchie e i ricci scomposti sulla fronte, quel sorriso schembo che già ben conosceva e che tanto aveva amato nelle ultime settimane baciare.
Chissà se anche lui stava arrossendo in quel preciso momento, almeno un pochino…
Chissà se anche lui stava nascondendo l'ennesimo sorriso dagli occhi divertiti del suo migliore amico, dietro la manica di uno di quei suoi imbarazzanti ma adorabili maglioni di lana, così come lei da quello scocciato del suo papà seduto sul sedile accanto al suo, dietro la manica di un suo vestito a fiori...
Chissà se anche lui la pensava così tanto, chissà se anche lui l'aveva salutata appena pochi minuti prima alle porte di un bel sogno, chissà se anche lui sentiva quello che stava sentendo lei da una settimana a quella parte…
E che cosa stava sentendo in fondo lei?
Sarebbe mai forse riuscita a spiegarlo attraverso le sue sole parole?
No, probabilmente no, ma non per questo El era decisa a farsene un cruccio: come i tanti romanzi che le avevano rubato il cuore, quelli così incredibili da non riuscire a trovare un solo aggettivo che riuscisse a descrivere come la facevano sentire, quel fiorellino ormai sentiva che una sola parola non sarebbe bastata e avrebbe voluto usarle tutte, inventandone persino di nuove se fosse stato necessario.
E come tutte quelle volte, El era solo sicura che mai avrebbe voluto interrompere quella confusa e gioiosa miriade di sensazioni.
"E quale sarebbe il titolo di questa canzone? Rendiamo partecipi i nostri amici ascoltatori, Mike?"
"Sicuro, Will! Ai microfoni di Radio Shack dai corridori della Hawkins High school, quello pezzo è per te, fiorellino!"
Hopper tese l'orecchio, sporgendosi sul sedile in direzione della radio come a non voler perdere per nessun motivo il titolo di quella canzone, e ad El quasi venne da ridere quando il clacson della macchina alle loro spalle mise un freno alla sua curiosità, richiamando la sua attenzione sul semaforo diventato già da qualche secondo verde.
"Quanta fretta, porca puttana!"
"Tutto bene, papà?"
"Oh certo, kiddo, benissimo!"
El si trattenne dal ridere, vedendolo mettere in moto tornando composto, gli occhi fissi alla strada e le mani strette intorno al volante del furgone della polizia.
"Non volevo perdermi il titolo della canzone, sai…mi piacciono i pezzi che trasmette Will, ci sa davvero fare con questa trasmissione!"
"Certo…" El rise con la sua risata cristallina, lanciandogli un'occhiata complice e vedendolo già avvampare più rosso di un peperone.
"Certo, papà, sicuro…"
"Questo brano è un po' vecchiotto a dire il vero: John Denver, 1974, in diretta per voi!" la voce di Mike annunciò attraverso la radio, solo lievemente vibrante di emozione, ed il cuore di El perse un colpo di fronte a quella voce, come tutte le altre volte, ma quella mattina forse un po' di più, avvertendo il suo cuore battere fortissimo, poi pianissimo, poi di nuovo al galoppo ed ancora ed ancora.
Ma si sarebbe forse mai abituata a quella montagna russa di incredibili sensazioni?
"Direttamente dai ricordi della mia infanzia, per augurare un buon inizio di giornata a tutti amici, ed in particolare a te, piccolo fiorellino: buona settimana di scuola e beh…in bocca al lupo per il tuo compito di chimica!"
El scoppiò a ridere, e quella volta proprio, proprio non poté trattenersi dal farlo, portando una mano sulle labbra e sorridendo, ma sentendo nello stesso istante gli occhi pizzicarle così dolcemente di commozione.
Ma quanto era bello sentirsi così vivi?
Quanto era dolce sentirsi così innamorati?
"Questa per voi è Annie's Song o, come la conoscevo io da piccolo, semplicemente…Let me Love you!"
I corridoi deserti e silenziosi della Hawkins High, le radio nelle camere degli studenti liceali di corsa per recuperare un ritardo, quelle delle automobili in coda ai semafori e l'abitacolo di quel furgone della polizia furono riempite quella mattina in un secondo da una musica calda, vibrante e dolcissima, dal sapore quasi antico, quasi retrò, così diversa dai soliti assoli di chitarra elettrica e dalle batterie di qualche band rock 'n roll.
E gli accordi di altri tempi di una chitarra classica presero spazio per una mattina per una canzone molto, molto più delicata, per parole quasi sussurrate, quasi sorrise, per quel testo dolce come il profumo di fiore, come una piccola lacrima, appena un filo, quella che vinse in un secondo le barriere di quel piccolo fiorellino, scorrendo lungo la sua guancia pallida, trovando rapido scontro con le sue labbra aperte nel più meraviglioso dei sorrisi.
Perché se El credeva di aver mai sorriso nella sua vita, quella mattina credette di non averlo mai fatto prima per davvero.
You fill up my senses
Like a night in a forest
Like the mountains in springtime
Like a walk in the rain
Like a storm in the desert
Like a sleepy blue ocean
You fill up my senses
Come fill me again
E perfino il più rigido cuore di pietra avrebbe potuto sciogliersi di commozione di fronte a quella canzone quella mattina, mentre la voce calda di quel cantante risuonava lungo quelle vie, ancora più luminose perché benedette dai raggi del sole dopo un weekend di nuvole e pioggia, come dando il buon giorno ad una nuova giornata che così buona non era mai stata, mai più luminosa.
Perché perfino chi ha conosciuto l'amore ma l'ha represso già da tempo in un angolino al buio del suo cuore, non poteva comunque evitare di sentirsi così, un po' chiamato in causa e reso protagonista da quell'amore, quell'amore così giovane e struggente, così folle e senza vergogna, senza forma di pudore, così inarrestabile come una tempesta ma delicato come un bocciolo, come può essere solo il primo vero amore.
E se anche una pietra avrebbe potuto sciogliersi come fatta di cera al sole, figuriamoci il cuore ben più morbido ma solo un po' più disilluso del capo della polizia alla guida di quel furgone, mentre un piccolo e spontaneo sorriso si faceva strada di sotto i suoi biondi baffoni, silenzioso per non disturbare, per non fare rumore, ma non tanto per quella diretta, non soltanto per quella canzone, ma perché non era altro che il riflesso di quello meraviglioso del piccolo fiorellino seduta al suo fianco, incapace di contenere le sue lacrime di commozione.
"Damn, Wheeler, ragazzo mio! Certo che ci sai davvero, davvero fare…"
Come let me love you
Let me give my life to you
Let me drown in your laughter
Let me die in your arms
Let me lay down beside you
Let me always be with you
Come let me love you
Come love me again
"Mike…" la piccola sussurrò a fior di labbra, gli occhi fissi a quella radio come se avesse potuto averlo di fronte, come se avesse potuto davvero sentir battere il suo cuore, attraverso le frequenze di quella trasmissione e gli accordi di quella canzone.
E quanto quella piccola non vedeva l'ora di vederlo, di saltargli al collo di lì a pochi minuti riempiendolo di baci minimamente non in grado di trasmettere tutta quella sua genuina emozione?
Oh sì, perché quel gesto così inaspettato e così carico di dolcezza valeva 100, 1000, 100000 baci di ringraziamento e forse di più. E forse quella bambina gliene avrebbe lasciati perfino un paio di scorta in più, già come anticipo per il futuro prossimo gesto d'amore del suo paladino.
Come let me love you
Come love me again
"Tu sei pazzo, Mike…" il capo la sentì sussurrare prendendo fiato, trattenendosi quasi perché di fronte a lui, vedendola passare una mano sotto le sue ciglia, dandosi un contegno come se lui non l'avesse già vista, come se lui non avesse già capito, già capito tutto.
"Oh piccola, quanto ti capisco…" Hopper sospirò, scuotendo la testa con un altro sorriso, ingranando la marcia lungo la via in direzione del cortile della High School, dove il capo era certo, quella mattina, attendesse la sua bambina solo la più dolce delle mattine di scuola.
"…lo anche io cosa vuol dire essere così innamorati, sai?"
"È davvero, davvero bella…"
El sentì il suo papà sussurrare, al suo fianco al posto di guida, e per un attimo il suo piccolo viso fu attraversato in un lampo da un'espressione diversa, di puro stupore, voltandosi al suo fianco verso quell'omone tradito quella mattina dallo stesso tremore del suo vocione: il piccolo paladino era davvero riuscito a commuovere il suo papà adottivo brontolone ma dal cuore grande grazie a quella canzone?
"Bella…?" chiese quasi stupita El, facendo sorridere ancora di più il capo sul suo sedile, trattenendosi quasi dal protestare:
"Cosa credi, piccolina?! Ce l'ho anche io un cuore!"
"Si bella, molto bella!" El lo sentì ripetere in tono più deciso, facendo sciogliere la sua sorpresa in un sorriso altrettanto grande di commozione.
Forse in fondo era così, non servivano grandi discorsi preparati e poi così elaborati: non bastava forse la sua gioia e quel suo sincero sorriso per fargli capire quanto la sua piccolina fosse già enormemente felice?
Quel fiorellino con il suo papà aveva sempre condiviso tutto, dalla più piccola gioia alla più grande paura di ogni singolo giorno: il suo primo amico, il suo primo confidente, il primo che si era seduto di fronte a lei accettando anche il suo iniziale silenzio, quando il buio nei suoi occhi e nel suo cuore era ancora troppo grande per permetterle di parlare, ancora troppo grande per farle credere di essere approdata finalmente in un porto sicuro.
Ma quella volta forse le parole non sarebbero state poi in fondo così importanti, forse quella volta aveva più senso semplicemente ascoltare, ascoltare davvero il suo cuore.
A cuore aperto, come avrebbe detto Joyce.
E quei due cuori già si stavano dicendo tutto quella mattina, con la radio ancora accesa, grazie a quella dolce melodia di una semplice ma magica canzone d'amore.
"E quanta dolcezza per tutti voi, amici radio ascoltatori! Spero abbiate apprezzato questo salto indietro nel tempo grazie agli accordi di John Denver e la sua Annie's Song! Per questa mattina e tutto, a risentirci a domani, non mancate!
Un buon inizio dal vostro Will the Wize!"
"E una dolce giornata dal vostro Mike Frogface!"
"Bella…davvero bella" la piccola Hopper sorrise al suo papà, vedendolo parcheggiare al solito posto del cortile della scuola già affollato di studenti, scooter e moto, ma non pensandoci due volte all'idea di non trattenersi ancora per un istante lì con lui, occhi negli occhi, carichi di commozione.
E decretare quale dei due sorrisi fosse più luminoso quella mattina sarebbe stato davvero un'impresa delle più valorose.
"El, io…" il capo prese fiato quella mattina, scuotendo la testa e fissando lo sguardo sui suoi pantaloni, ripetendosi di farsi coraggio, che aveva affrontato nella sua vita cose ben peggiori di una ragazzina alle prese con il suo primo piccolo grande amore.
"Dannazione, Jim, datti una mossa! La campanella suonerà a momenti, non ha tutto il giorno!"
E non c'era discorso scritto su un pezzo di carta da Joyce che avrebbe potuto venirgli in soccorso in quel momento: quella volta doveva sul serio cavarsela da solo.
"Io sono, sono solo…"
El trattenne il fiato, desiderosa solo di correre in suo soccorso ma ritenendo più saggio infine tacere, attendendo in silenzio le sue parole, limitando ad annuire incoraggiante di fronte a quel visone rosso ed un po' buffo in quel momento, ma non meno familiare ed amato di prima, di ogni altro giorno.
Avere trovato una nuova persona da porre al centro del suo piccolo cuore non le avrebbe per questo mai impedito di voler bene al suo papà in egual modo, per sempre.
L'amore si moltiplica all'infinito, non chiede mai divisioni, ed El non lo avrebbe mai permesso per nessun motivo al mondo.
"Io sono solo molto, molto felice per te, kiddo.."
Ed El sorrise, ancora un po' di più, grata e felice per quelle parole, quelle che il capo non aveva creduto sarebbero state più facili da dire fino all'istante in cui non le ebbe pronunciate, quasi un sospiro carico di emozione.
In fondo vedere quella bambina così felice non era stato da sempre il suo unico obbiettivo, già da molti, molti anni prima?
E la vita normale che lui aveva tanto sognato per lei e per la quale aveva lottato, solo per lei, non comprendeva forse anche l'amicizia, non comprendeva forse davvero anche l'amore?
E, dannazione, forse era ancora davvero quel retrogusto di cigliegia ad addolcirlo e a parlare per lui quella mattina, ma non era forse anche per quello che lui aveva investito tutte le sue energie in quegli ultimi due anni, i più felici della sua intera vita, solo e soltanto per quel sorriso, per il sorriso di quel suo piccolo fiorellino?
"Grazie papà, sono tanto felice anche io…"
"Lo so, piccola, credimi…si vede più di quanto credi" alzò un sopracciglio Hopper con un mezzo sorriso, vedendola abbassare gli occhi colta sul vivo, arrossendo lievemente di ingenuo pudore.
"Ora vai, prima di far tardi a lezione…"
"D'accordo.."
"Ci vediamo all'uscita, puntuale, solita ora!"
"Certo! Buona giornata, papà!"
"Ah, El!"
La piccola si voltò un ultimo secondo verso di lui, il cuore ancora caldo e vibrante di emozione, un piede già fuori dall'auto e lo zaino bianco già in spalle, vedendo il viso di quell'omone sorridere di più, anzi quasi ridere, ma non avrebbe saputo dire se di ironia o di rassegnazione.
In fondo, davvero in fondo, Hopper sarebbe rimasto per sempre Hopper.
Perfino dopo una bottiglia di Chianti di troppo.
"E ricorda al tuo amico ricciolino che io sono sempre in possesso di una pistola!"
*
"E il mio pranzo si sta raffreddando anche oggi…di nuovo"
"Non dire niente…non me ne parlare per favore!"
La sala mensa gremita di studenti, urla e rumori acuti di sedie trascinate contro le mattonelle di gomma del pavimento non era mai stata più caotica che in quel lunedì mattina di fine Novembre, giusto alll'inizio della temuta settimana di test di metà semestre, la più temuta per tutti i corsi di lezione.
Se un umore nero era condiviso dall'intero corpo studenti, peggio di una grossa e pesante nuvola a volteggiare nell'aria, il solito tavolo riservato ai nerdini, giusto al fondo della sala sulla destra, abbastanza lontano dalla baraonda del centro della mensa, certo non condivideva lo stesso terrore dei restanti compagni di corso.
Era mai successo che un elemento del party si fosse fatto beccare ad una prova impreparato?
No no, quella non era mai stata una tra delle contemplate opzioni.
"Problemi in paradiso?" chiese Maxine Mayfield alzando un sopracciglio rosso con aria divertita, seduta di fronte ad un nerdino dagli occhi verdi e i capelli pettinati a scodella, intento con tutte le sue forze di sfogare la sua rabbia repressa contro le polpette del suo ragù, immaginando di poterne vedere attraverso il viso pallido di un noto amico.
Oh no, certo quel branco di piccoli nerdini covava quel pomeriggio per altri motivi di agitazione...
"Quelle polpettine devono davvero averti fatto davvero un grave torto, Byers…"
"La mia trasmissione sta diventando una lagna da femminucce…questa è l'ultima volta gli permetto di scegliere una canzone!" sbraitò il giovane Byers scuotendo la testa esasperato e furioso, infilzando per l'ultima volta i resti di polpettina e portandoli alle labbra, masticandolo con altrettanta forza e incazzatura, sotto gli occhi disgustati dell'amica seduta di fronte alla sua insalata.
"Disgustoso…davvero disgustoso, Will..."
"Non essere così duro con lui, amico! Non è stata poi così male!" intervenne Lucas con uno sguardo di conforto, immediatamente tradito però da una risatina acuta mal soffocata dietro un sorriso.
"Com'era l'artista, scusa? John Den…che?!"
"Denver, John Denver…" rispose Will alzando sull'amico occhi di fuoco, vedendolo ridere senza più nemmeno provare a trattenersi, tra i sorrisi divertiti della ragazza seduta accanto a lui e lo sguardo di Dustin perso al di là della sala, verso le porte d'ingresso della mensa.
"Ma dove diavolo si sono cacciati quei due?!"
"E per quanto tu sia uno stronzo, Lucas, hai ragione…" proseguì Will con un ultimo sospiro, ammirando tristemente il ragù nel suo piatto ridotto nient'altro che ad un'informe poltiglia.
"Probabilmente nemmeno più sua madre si ricorda un suo pezzo…ma per quale motivo gli ho mai dato il permesso di scegliere quella canzone?!"
"A me è piaciuta!" sussurrò Max facendo spalluce e rigirando lentamente la forchetta nella sua insalata con aria tutt'altro che convinta, vedendo girarsi verso di lei immediatamente due paia di occhi spalancati dallo stupore.
"Cosa?!"
"…che c'è? È romantico!"
"È patetico!"
"È disgustoso…"
"È in ritardo di nuovo, holy shit!" imprecò Dustin a denti stretti, tornando con lo sguardo al suo hamburger imbottito e addentandone il primo morso.
"Sapete che vi dico? Fanculo, io non li aspetto più!"
"Ben detto, amico!"
"Non c'è più rispetto per gli amici a questo mondo…"
"Amen!"
"Buon appetito! Che si fottano…"
"Eccoci! Scusateci tanto per il ritardo!"
Gli sguardi di fuoco, truci e così palesemente incazzati che raggiunsero i due piccioncini in avvicinamento a grandi passi verso quel tavolo attraverso la sala mensa affollata diedero il più caloroso benvenuto a Mike ed El ancora per mano e con i visi accaldati ed arrossati, uniti a due sorrisi così eccessivamente esagerati da non poter essere dovuti solo ad un compito di chimica più facile del previsto.
"Salve, El…!" sorrise Lucas per primo, un sorrisetto mai stato più divertito sulle labbra scure, passando con lo sguardo uno per uno i visi dei due amici, rossi per i troppi baci, l'imbarazzo e forse in fondo perfino per la consapevolezza di essere stati beccati in ritardo all'appuntamento. Un'altra volta.
"Passata una piacevole lezione di chimica?"
"Avevamo il compito, deficiente!" brontolò Mike più rosso in viso, prendendo posto accanto all'amico su di una delle due sedie rimaste libere, vedendo El accanto a sé fare altrettanto, sorridendo silenziosa ma non meno paonazza di lui.
"E vi ho già detto scusate per il ritard…"
"Mezz'ora, Mike, mezz'ora!" ribadì il concetto scandendo le parole il nerdino dai ricci chiari ed il sorriso senza denti, porgendo verso gli amici due vassoi già pieni e riempiti di hamburger e polpettine al ragù rispettivamente divisi, vedendoli boffonchiare timidi e imbarazzati ringraziamenti.
"E non venite a lamentarvi se il vostro pranzo è ormai freddo! Diamine, questa è l'ultima volta che faccio la coda per voi per mettervi nel piatto qualcosa di più decente degli avanzi!"
"Ehm…grazie, Dustin?"
"E quando vi beccheranno cosa farete?" chiese Lucas con il tono più innocente del mondo, vedendo l'amico alzare su di lui due occhi scuri confusi al di sotto dei ricci neri ricaduti sulla fronte.
"Quando ci beccheranno...a fare che?"
"Quando vi beccheranno a pomiciare come due procioni dietro la porta chiusa di qualche bagno delle ragazze?"
"Dacci un taglio, stalker!" scosse la testa Max alzando gli occhi verdi al cielo e tirandogli una gomitata dritto dritto in mezzo alle costole, tra le risatine di scherno degli amici e il viso del ricciolino tutt'altro che divertito.
"Sei davvero una merda, amico…"
"E ridi un po', Wheeler! Si fa per scherzare, no?"
"Che strano, io non ci sto trovando proprio niente da ridere…"
"Ti sbagli!" la voce piccola ma sicura di un fiorellino mise tutti a tacere, facendo calare il silenzio sul quel tavolo in mezzo al brusio della sala mensa.
El vide girarsi verso di lei stupiti quattro paia di occhi spalancati e confusi, compresi quelli di stupore del suo paladino, seduto accanto a lei.
"Co…come, El?"
"Non eravamo in bagno, Lucas, mi dispiace…" El trattenne una risatina, abbassando gli occhi sul suo piatto e rialzandoli lentamente sull'amico seduto di fronte a lei, appena in tempo per scorgere uno sguardo colpito a lei rivolto dal suo ragazzo sedutole accanto.
"…eravamo più comodi a pomiciare come due procioni contro lo sportello del tuo armadietto!"
"Boooooom!" Dustin non poté trattenersi dall'esclamare con entusiasmo, ridendo di gusto con gli amici, non si sarebbe potuto dire se più colpiti ed ammirati dalle sue parole o in preda alle risate per il viso pietrificato e senza parole dell'amico dalla pelle color cioccolato.
"Dio mio, che schifo che fate voi due…"
"Te lo sei meritato, amico…"
"Così si fa, ragazza!" El vide Max alzarsi dalla sedia per batterle il cinque al volo su quel tavolo della sala mensa, sopra le teste degli amici, ridendo insieme così fiere e divertire che Mike e Lucas non poterono proprio trattenersi dall'aprire la bocca dallo stupore.
"Woah…"
"Ah, è così?!" esclamò Lucas offeso, voltandosi verso la rossa con aria imbronciata, le braccia conserte strette al petto come un piccolo bambino offeso:
"Ti allei con il nemico adesso?"
"Il nemico, come lo chiami tu, è ormai la mia principale alleata, stalker!" sorrise Max con aria divertita, facendosi più vicina al viso del ragazzo con una risata di scherno, non prima di aver rivolto un'occhiolino d'intesa all'amica, seduta dalla parte opposta del tavolo.
Mike, dal canto suo, non poté fare a meno di sorridere di gioia ed orgoglio, allungando una mano sotto il tavolo lontano dagli occhi indiscreti dei suoi amici, stringendola alla sua, vedendola sorridere silenziosa e fiera, senza sollevare gli occhi dal suo piatto.
"Forte! Solo…forte!"
"E quando te lo meriti te lo meriti, stalker…e questa volta te lo eri decisamente meritato!"
"Vi mangeranno presto in testa queste due, non c'è dubbio…" Will sorrise in direzione dei due amici ancora stupiti, in mezzo alle risate soddisfatte delle due amiche e alle loro occhiate complici:
"Fossi in voi inizierei a fare attenzione, ragazzi…"
"Va bene, va bene, molto divertente" interruppe il teatrino Dustin schiarendosi la voce, l'aria di chi sta per annunciare l'arrivo imminente di un argomento più che importante.
"Ora che abbiamo stabilito contro quale superficie è lecito e non pomiciare, passiamo a questioni più importanti: organizzazione!"
I visi di cinque nerdini improvvisamente attenti e concentrati si fecero subito più vicini, in direzione dell'amico dal viso sorridente e le guance ancora gonfie del suo panino, vedendolo masticare ed infine deglutire emozionato, come chi non può proprio più trattenersi dallo sputare fuori un rospo troppo grande.
"Abbiamo una soffiata, una soffiata autentica questa volta, cazzo! Fidata e precisa, mi ci gioco le mie perle: questa volta non posso sbagliarmi, parola mia!"
"Sputa il rospo!"
"Eddai, parla!"
Gli occhi verdi di Max brillarono per primi, di fronte a quelli di Dustin ed in mezzo agli amici in cerchio sporti su quel tavolo come una piccola testuggine.
Ed El dal canto suo non poté fare altro che sporgersi a sua volta in mezzo agli amici, solo leggermente più confusa e non ancora abituata a questi rituali così stereotipati del suo nuovo gruppo di amici.
Che fossero buffi e di certo tutt'altro che banali, questo era decisamente fuori discussione: e alla piccola quell'aria di squadra non poteva che piacere, e piacere proprio tanto!
"Bene, statemi bene a sentire, questa è una di quelle occasioni da cogliere al volo o rimpiangere per tutta la vita…" inizió il nerdino senza denti con aria misteriosa, facendo sorridere gli amici dagli occhi pieni di impaziente curiosità.
"Vai, sono pronto!" si sfregò le mani Lucas con aria emozionata, invitando l'amico a proseguire senza ulteriori giri di parole.
"E allora?"
"E allora, ragazzi, preparatevi a ringraziarmi per tutti i giorni della vostra vita osannandomi come il vostro unico ed eterno eroe, perché quello che vedete qui di fronte a voi è colui al quale il nostro caro amico Keith, nonché proprietario della sala giochi dell'Arcade, ha spifferato di essere in attesa questo pomeriggio di un carico delicato contenente niente meno che un nuovo cabinato! Un nuovo cabinato, capito?! Nuovo di pacca!" enfatizzò il concetto il nerdino, battendo energicamente una mano sul tavolo della sala mensa facendo sobbalzare i vassai di fronte agli amici.
"Allora, amici…state pensando anche voi quello che penso io?"
"Un nuovo cabinato è…"
"…un nuovo gioco!"
"E questo sarebbe a dire…"
"…un nuovo record da battere!" gli occhi azzurri di Max brillarono di fierezza ed emozione, copie fedeli di quelli degli amici, emozionati e su di giri come dei bambini alle prese con l'ultimo modello di video gioco per l'Atari.
"Esatto!"
"Esattamente, era questo che intendevo MadMax! Grazie per non deludere mai le mie aspettative!" annuì galante Dustin con un sorriso d'intesa, vedendo l'amico dalla pelle scura alzare bonariamente gli occhi al cielo, in mezzo alle risate dell'amica.
"Nuovo gioco, nuovo record! Prima che il gioco sia esposto al pubblico, si intende! Verrà piazzato in sala non prima del prossimo weekend, ma Keith mi ha fatto intendere di essere disposto a farci provare in anteprima questo gioiellino!" Dustin concluse con sguardo fiero, gloriandosi dei sorrisi emozionati dipinti sul viso degli amici tutt'intorno.
Tutti, tranne quello confuso e sperso di El.
…ma che cos'era un cabinato?!
"E da quanto Keith "prendimi tutto ma non le mie patatine al formaggio" fa affari di questo genere con noi?!" mosse il dubbio il piccolo Byers con tono scettico, alzando un sopracciglio e vedendo l'amico dai ricci chiari voltarsi verso di lui con aria di chi già si era aspettato sentirsi posta questa domanda.
E di chi già ne conosceva la risposta.
"Grazie per la richiesta, Byers, ed ecco che qui entra in gioco il nostro Mike!"
"Io?!" scosse la testa ricciuta il piccolo Wheeler con aria stupita, muovendosi più in avanti attraverso quel tavolo della mensa in attesa di spiegazioni.
"In che modo Keith potrebbe ottenere qualcosa da me?!"
"O da te no di certo, Mike, ma da qualcuno di tua conoscenza…" continuò Dustin con aria da intenditore, vedendo l'amico ritirarsi con aria schifata in un secondo, intuendo all'improvviso dove il ricciolino avesse inteso di andare a parare fin dall'inizio.
"Oh no…no e poi no!"
"Dì un po', Mike! Nancy ha da fare questa sera?"
"Ho detto di no! Non se ne parla, è fuori questione!" El vide il suo ragazzo scuotere la testa con decisione, come di fronte ad un'offerta da non prendere minimamente in considerazione.
E a giudicare dall'animosità di quello scambio di battute la questione doveva essere calda, molto molto calda.
"Eddai, Mike, come la fai difficile! Sarebbe solo per una sera!" fece spallucce Dustin cercando consensi sui visi dei loro amici,
"E sarebbe per una buona causa!"
"Io non prostituisco mia sorella!"
"Come la fai difficile…"
"Fossi in te farei attenzione, Dustin…" scosse la testa Will con un sorriso divertito ed uno sguardo d'intesa al suo migliore amico che già da solo avrebbe potuto chiarire l'intera discussione: mai, mai nella vita.
"È della ragazza di mio fratello che stai parlando…un po' di rispetto!"
"Come siete noiosi voi due, non vi si può sopportare!" fece una smorfia di disapprovazione il nerdino, scuotendo teatralmente i ricci sulla fronte, in mezzo alle occhiate torve e divertite degli amici: sempre il solito copione.
"Ad ogni buon conto, tentare non nuoce mai! Chissà, magari il nostro amico sarà di buon umore oggi e ci concederà qualche partitina extra all'Arcade a gratis anche senza l'aiuto propizio del nostro fifone! Ma d'altronde, d'altro conto, se mai la signorina Wheeler potesse prestare solo un'ora del suo prezioso tempo per la caus…"
"Mai nella vita!"
"Oh, e va bene, va bene! Certo che con te non si può proprio ragionare, Mike!"
La risata più acuta dell'amica dai capelli rossi fece destare El improvvisamente come da un incanto, facendole sbattere le palpebre velocemente dallo stupore: Arcade, El aveva già sentito quel nome!
Ma dove, dove?!
Era stato forse in uno dei discorsi che il suo ricciolino le aveva raccontato e dei quali El non era sicura di aver colto in pieno tutti i concetti, perché persa in quella perfetta curva del suo sorriso?
O era forse stato nel vuoto, in una delle tante volte nelle quali, di nascosto, era andata a fargli visita nel buio?
"Arcade! Ma certo!" El annuì a sé stessa colta da un'improvvisa intuizione, appena in tempo per vedere gli sguardi degli amici voltarsi all'unisono verso di lei con arie speranzose.
"Sicuro! Non è lì che lo hai raggiunto quella sera, El? La sera prima delle lucciole?!"
"Tu che ne dici, El?"
"Che?!" sbattè le palpebre più velocemente la piccola, muovendo lo sguardo dal viso di un amico all'altro, come per captare un piccolo utile stralcio di discussione: che cosa si era persa quella volta?
Gli occhi interdetti dei suoi amici ebbero il potere di farle avvertire un familiare piccolo buco proprio all'imboccatura del suo stomaco, sempre meno forte, ogni giorno un po' di meno, ma certo, suo malgrado, sempre presente, come una fastidiosa paura: "Stramba!" avrebbero potuto urlare quegli sguardi nei suoi confronti.
E forse, in fondo, avrebbero poi avuto veramente ragione.
"Sei dei nostri, El, vero?" chiese Will con aria gentile, senza un accenno di fastidio o rassegnazione.
"Appuntamento all'Arcade, al parcheggio delle bici della sala giochi!" annuì Max con un sorriso, rivolgendole uno sguardo speranzoso.
"Oggi pomeriggio, subito dopo scuola!" fece eco, Lucas, con aria di chi non poteva vederne davvero l'ora.
"Puntuale a costo della vita, my lady!" concluse Dustin con aria pomposa, una mano aperta di fronte a sé come l'invito ad un ultimo ballo più che ad un pomeriggio di video giochi in una stanza piena di rumori elettronici e nerdini dai brufoli sul naso.
"Allora, ci stai?"
"Oggi pomeriggio?" sussurrò El con voce tremante, sentendo come una doccia fredda gelata investirla in pieno viso, rendendole difficile quasi lo stesso continuare a respirare, fissando uno ad uno i visi degli amici, tutti insieme dipinti dello stesso sguardo gentile e fiducioso, tutti tranne quello di Mike, già contratto in una piccola smorfia di tristezza e rassegnazione.
Lui già poteva immaginare quale sarebbe stata la sua risposta, la sua reazione.
"Io oggi pomeriggio non posso…i pomeriggi non posso ragazzi, mai…"
"Ma perché mai?!" Max fu la prima ad esclamare con tristezza, facendo tremare il cuore della piccola di paura e terrore, cogliendo con la coda dell'occhio il viso di Mike abbassarsi sul suo piatto rabbuiato e silenzioso, come quello di chi non ci aveva davvero sperato sul serio, ma, in fondo…perché no?
"Eddai, El! Un pomeriggio e basta!" insistette Lucas con un dolce sorriso, facendo gelutire quel fiorellino con il cuore in gola, imponendosi di stare calma e non cedere a lacrime che in quel preciso istante proprio non avrebbe saputo come giustificare.
"Cosa saranno poche ore di sano divertimento con i tuoi amic…"
"Il pomeriggio lei non può mai: basta insistere, ragazzi!" rispose per lei Mike, con il viso ancora chino, facendo ad El trattenere il fiato, una piccola morsa ancora più stretta intorno al suo piccolo cuore.
El prese fiato a fatica, come se anche l'aria avesse deciso di voltarle le spalle su di quel tavolo nella sala mensa, in mezzo ai suoi coetanei e ad i suoi amici che mai avrebbe potuto comprendere il vero motivo di ogni suo continuo rifiuto.
Deglutí la piccola Hopper, credendo di non riuscire a vedere altro se non i sorrisi dei suoi amici spegnersi uno dopo l'altro sui loro visi: il party era da sempre un corpo unito, dove andavo uno andavano tutti, come un unica realtà unita, come una famiglia di amici, come un piccolo micromondo dove le bugie erano considerate non ammissibili, dove quel "friends don't lie" era alla base di qualsiasi principio, più importante di qualsiasi legge all'infuori del loro piccolo mondo.
Ed El, costretta da sempre, da tutta la vita, a mentire, a nascondersi, ad avere paura ed a inventare scuse, quale fiducia mai avrebbe potuto offrire a quei visi gentili, che ora la osservavano come se mai potessero proprio capirla?
Ed in fondo, come mai avrebbero potuto?
"Deve essere proprio importante questo impegno…" sussurró la rossa con aria triste, abbassando lo sguardo alla sua insalata e facendola deglutire, un po' più forte e un po' più amaramente, tra le lacrime sempre più sul punto di uscire.
"…se ti impegna davvero ogni singolo pomeriggio"
"Non sei fatta per loro, non sei normale, Eleven.." faceva eco una voce vicina, troppo famigliare alle sue orecchie, facendole battere più forte il cuore trattenendosi a stento dall'urlare tutta la sua rabbia e paura in quel momento.
"Non è vero, non è vero! Loro mi vogliono bene, me ne vorranno anche senza sapere, è questa la verit.."
"E quando sapranno la verità, piccola Eleven? Cosa diranno allora i tuoi amici? Cosa dirà allora il tuo Mike?"
El mosse lo sguardo lentamente, incrociando quello del suo nerdino seduto silenzioso al suo fianco, basso ed incerto intorno a quel tavolo nella sala mensa, dove per una frazione di secondo le parve quasi che il resto del mondo fosse sparito lontano, come inghiottito in un buco buio.
C'erano solo, solo loro.
"Vorrei solo, solo riuscire a capirti…" avrebbe potuto urlare in silenzio attraverso quegli occhioni scuri lui.
"Non chiedermi di più, ti prego…" avrebbe potuto supplicarlo tristemente lei.
"Vorrei solo…solo poterti stare più vicino.."
"Vorrei solo…solo poterti dire tuttala verità…ma mi vorresti ancora accanto a te quel punto, Mike?"
"Ci raggiungi più tardi, El, che ne dici?"
Mike ed El interruppero quel contatto visivo, come se fosse stato improvvisamente troppo intenso dal poterlo sopportare.
Ed El sentì il suo cuore salirle in gola, fare un giro in circolo completo e ridiscendere al suo posto in un secondo, lasciandola senza fiato e più stordita che dopo un colpo di calore.
Vide Mike al suo fianco abbassare nuovamente il viso, imponendosi di sorridere, stringendo tra loro le labbra più rosse e apparendo davanti agli occhi della piccola un sorriso più bello e più triste che mai in quel momento.
Forse un giorno avrebbe trovato un modo per raccontargli tutto quel buio che portava da sempre dentro, per raccontare lui veramente quanto lui la stesse rendendo felice, ma per il momento, El, avrebbe dovuto sul serio accontentarsi.
Come poteva imparare a respirare la sua aria, a gioire finalmente della sua luce, se intorno a lei le tenebre avrebbero continuato comunque a vincere, se il livello dell'acqua avrebbe continuato a crescere ancora ed ancora, fino a farla infine affogare?
"Ho solo bisogno tu non mi chieda niente…"
"Ho solo bisogno di averti vicino…"
"Già, puoi raggiungerci dopo il tuo impegno, El!"
"È vero!"
La piccola annuì, deglutendo un'ultima volta di fronte a quei suoi amici, troppo gentili per non farla sorridere di cuore, vedendoli sciogliere la tensione con visi più rilassati e felici, intenti a riprendere il loro pranzo come se niente fosse stato, grata che non avessero insistito ancora.
…certo!" sorrise El annuendo piano, vedendo Will sorridergli felice, prendendo un altro boccone delle sue smaciullate polpettine.
"Bene, allora è deciso! Ti aspetteremo là!"
"Non temere, my lady, non avrai difficoltà a riconoscere il vincitore!"
"Nei tuoi sogni, Dustin-Bon!"
"Staremo a vedere, stalker!"
"Ci vediamo là, dopo…promesso?" ripeté Mike con sguardo speranzoso, vedendolo annuire donandogli un ultimo sorriso, un po' più amaro, un po' più triste, proprio per questo ancora, ancora più prezioso.
Come una piccola lucciola in grado di brillare al meglio, solo nel nero del buio.
"Dopo, Mike…promesso"
*
"Saturazione 90%, respiro superficiale.
22 atti respiratori al minuto"
Bip
"Pressione 110/70, 60 pulsazioni/minito, iniziale bradicardia: suggerita sospensione immediata"
Bip
"Onde delta sinusoidali in crescendo, attività cerebrale parietale in aumento: segnalato affaticamento neuronale"
Bip
"Emoglobina 9.2: chiediamo di procedere con la sacca ematica per la trasfusione"
Bip bip bip
Ciglia sottili e vibranti al termine di due palpebre serate e chiuse.
Bip
Riccioli castani sparsi attorno al viso come l'aureola di un angelo, caduto sul fondo di un mare.
Bip
Braccia aperte, spalancate come per chiedere o invocare un aiuto, un abbraccio, vitale come per restare disperatamente a galla, impedito dalle troppe flebo e tubicini attaccati.
Bip
Pelle pallida, tesa, quasi trasparente, costole così sporgenti da poterle quasi contare ad una ad una, ad ogni suo respiro più profondo, quasi a sobbalzare ad ogni spasmodico bisogno di aria.
Bip
Acqua chiara e trasparente tutta intorno, limpida, ma macchiata di sangue.
Del suo sangue.
Bip
Dalle narici, dalle orecchie, dalle labbra, dalla sua bocca semichiusa.
Bip
Un angelo caduto, precipitato sul fondo di quella vasca, in piedi, sospesa, addormentata.
La sua veste da ospedale bianca, imbrattata di rosso.
Imbrattata del suo sangue.
Bip
Hopper non sapeva cosa lo stesse trattenendo ancora dal mettersi ad urlare con tutte le sue forze quel pomeriggio.
La penombra della stanza sotterranea del dipartimento dell'energia della città di Hawkins appariva più tenue e irreale del solito quella sera, quasi a tratti spettrale, nonostante ottobre ed Halloween si fossero già conclusi da un pezzo e nessun film o racconto dell'orrore avrebbe mai potuto competere con la scena che si stava presentando davanti a quei camici bianchi accalcati a quella vasca di deprivazione sensoriale in quel momento, davanti a quel grande contenitore di vetro.
E quello che vi era all'interno della vasca non apparteneva ad una storia da paura, nè piuttosto ad un incubo o ad un film horror alla tv, no.
No, lei era davvero lì, bloccata, sospesa, immobile, con le flebo, i fili e i magneti posizionati ovunque, quasi a coprire ogni centimetro del suo sottile e nudo corpo, di sotto il suo camice bianco svolazzante riempito di quell'acqua.
Lei era davvero ancora lì, davanti agli occhi di tutti.
E non avrebbe potuto essere più reale di così.
Bip bip bip
E quel suono acuto e ritmato proveniente dagli apparecchi posizionati accanto a quel contenitore dell'orrore e di tortura, rompeva l'aria silenziosa tutt'intorno, abbastanza forte da risultare fastidioso, abbastanza ritmato da far uscire di testa.
E il capo stava uscendo, stava uscendo davvero di testa quel pomeriggio, continuando a muovere incessantemenente i suoi occhi azzurri da un monitor all'altro, da uno schermo luminoso all'altro, non osando distrarsi, non osando proferire una parola o chiedere spiegazioni, non potendo che sentire quel bip sonoro direttamente dentro le sue orecchie, nella sua mente, nel suo cuore, quasi a ritmo battente con il suo, piano, troppo piano perché fosse possibile, troppo piano per risultare normale.
Bip…bip…bip
E il capo della polizia Jim Hopper non era mai stato un dottore, ma non ci sarebbe voluta una laurea in medicina per intuire che la creatura a cui tutti stavano volgendo gli occhi insistentemente quella sera, all'interno di quella vasca, non se la stesse cavando piuttosto bene, nemmeno un po'.
Bip
E il capo sentiva ad ogni bip più flebile e silenzioso del suo cuore, il suo invece battere più insistentemente dritto in gola.
Bip
"Emoglibina 8.00, in rapido abbassamento.
Richiesta trasfusione immediata sangue 0+"
Bip
"Pressione in calo, 100/60, tachicardia riflessa, rischio epistassi emorragica immediata"
Bip
"Signore…" Hop sentì un camice bianco rivolgersi all'uomo alto dai capelli bianchi riflessi d'argento, in piedi dritto ed immobile davanti a quei monitor, solo un passo indietro, un'espressione indecifrabile sul viso che solo un pazzo non avrebbe potuto definire sereno e rilassato.
Quasi orgoglioso.
"Signore…come dovremmo procedere ora?"
I rigoli di sangue scorrevano incessanti sul viso di quella piccola, frantumandosi come mille bollicine in sospensione in quell'acqua satura di sale e calore, risultando quasi piccoli come righi sottili a disperdersi in un grande mare di vapore.
E il volto di El era serafico quella sera, sereno, quasi rilassato, quasi ne fosse stata inconsapevole, quasi non fosse stato il suo stesso corpo a destare tutto quell'allarme, tutto quel trambusto.
Quasi non fosse stato il suo cuore a battere più piano e con sempre meno potenza, ogni minuto di tempo che passava lì dentro, quasi non fosse stato il suo sangue ad essere pompato sempre più lento in circolo, quasi non fosse stato il suo stesso corpo a continuare a sanguinare.
Quasi non fosse stata lei a perdere, in quasi due ore appena, così, poco più di 2 litri, 2 litri di sangue.
Bip
"Saturazione 80%.
A rischio gli organi vitali"
Bip
L'aria era pesante quel pomeriggio nella stanza circolare intorno a quella vasca di deprivazione sensoriale, satura di cloro, vapore, calore e paura.
E sangue, tanto sangue.
Lei stava perdendo troppo sangue.
"Signore…" il capo udì un altro camice bianco voltandosi lentamente all'indietro in direzione di quell'uomo, gli occhi fissi ad altri tipi di monitor, appena un passo indietro, dove altri numeri, cifre impazzite e figure si accalcavano insieme, trasportate attraverso la sua mente debole, ma non per questo meno concentrata, attraverso i curcuiti cerebrali di quella piccola all'interno di quella vasca, quasi impazziti, sul punto di crollare, ma non per quel motivo meno efficaci ed efficienti a trasmettere attraverso quegli schermi ciò che solo a lei era possibile vedere.
Non era più solo un uomo, non era più solo una figura o una conversazione: quello riflesso negli schermi quella sera era un'intero laboratorio identico a quello, trasporto su quello schermo davanti agli occhi dei tecnici e scienziati dalla sua mente nel vuoto, dall'altra parte del mondo, identica stanza, identica figure, ma in una lingua diversa di cui il capo non riusciva a trovare una traduzione.
Si erano accorti che lei era lì?
Poteva la sua piccola finire davvero nei guai quella sera?
"Signore…" insistette ancora la figura in camice bianco, vedendo quell'uomo alto non dare cenno di aver sentito, immobile come se non avesse ascoltato nemmeno una parola, nemmeno un'avvertenza, nemmeno un monito di quelli appena pronunciati, nemmeno una richiesta più o meno insistente su come procedere, su quanto far perdurare quella muta e silenziosa forma di tortura.
"Signore? Richiediamo sospensione immediat…"
"No" pronunciò solo a labbra strette il dottor Brenner con un piccolo sorriso, appena percettibile ma reale e presente di fronte a quei monitor, a quella vasca, di fronte a lei sola.
Perché lei, da sempre, era il suo personale esperimento, solo suo.
Il suo migliore.
"No"
"Martin…" Hopper strinse i pugni soffocando un'imprecazione a fior di labbra, vedendo infine anche il dottor Owens voltarsi lentamente all'indietro, un'espressione di mal celata ansia e paura.
"Se perdiamo contatto con lei, la trasmissione sarà interotta: perderemo tutti i dati"
Bip
"Emoglobina 7, pressione 80/60, imminente collasso cardio circolatorio"
"Martin…" il dottor Howens insistette ancora, avvicinandosi di più a quella figura alta e silenziosa, decisamente non intenzionata a condividere quel suo grado di ansietà e paura.
"…sospendi tutto, per oggi basta"
"Polso debole, stiamo perdendo la connessione"
Bip
Eppure, le immagini attraverso quei monitor erano ancora lì, immutate e precise, peggio di una sequenza di uno schifo di film di spionaggio alla tv.
E lei, lei era ancora ferma in mezzo a quella vasca lì, immobile e silenziosa a braccia aperta, come un angelo sceso dal paradiso, come una bambina a braccia aperte inchiodate su una croce.
E non sembrava nemmeno accorgersi di stare per svenire così, in silenzio, di fatica, come una candela consumata allo stremo nel buio.
Bip
E Hopper aveva già visto morire una piccola creatura così. Ma quella volta, non aveva potuto trovare nemmeno nessuno a cui imputarne una colpa.
Bip...Bip…Biiiip
"Non sarà il capo di dare ascolto a questi dannati monitor, signori?!" esclamò Hopper non riuscendo più a trattenersi, battendo un pugno contro il muro e sentendo una parete di carton gesso tremare accanto a lui.
Ma nessuno, nessuno diede segno di averlo ascoltato, nessuno.
Tutti gli occhi erano puntati su di lei, su di lei all'interno di quella vasca.
Su quell'angelo in caduta libera dal paradiso in attesa di un imminente schianto.
"50 battuti al minuto, rischio blocco cardiocircolatorio"
Bip
"Martin, ferma tutto…così la uccidi"
"No" sorrise il dottor Brenner con un sorriso degno di un vero film dell'orrore, gli occhi puntati a quella vasca, dritti e fissi su di lei, su quel miracolo della vita e della scienza, quel numero, quella bambina.
Il suo numero, la sua bambina.
Il suo piccolo e straordinario prodigio della natura.
"Continuiamo, continuamo pure…" sussurrò il dottore a tutti quegli occhi puntati su di lui, in risposta a quegli sguardi sgomenti, in risposta a quelle paure.
"Continuate…" continuo papà con voce profonda, fredda come il ghiaccio, sicura:
"Voglio vedere fin dove si spinge, vediamo fin dove ci porta…"
"Imminente arresto cardiaco"
"Insufficienza respiratoria prossima"
"Lei è pazzo!" urlò Hopper facendo un passo in avanti, le ampie spalle tremanti più che mai, portandosi più vicino al dottore ben al di là dello spazio a lui concesso in quella stanza dell'orrore, fregandosene per una volta della paura di essere sbattuto fuori quella sera.
Non poteva lasciare che lo facessero, non poteva permettere che la lasciassero lì.
Sapeva bene che loro ne avevano bisogno, che avevano bisogno di lei viva lì.
Eppure…
Hop deglutì, facendosi più vicino alla vasca ed alla sua bambina, gli occhi chiusi ridotti a due fessure, i lati delle labbra macchiati di rigagnoli di sangue rosso. E come era dolce il piccolo sorriso dipinto sulle sue labbra sottili anche in quel momento, quanto tranquilla la sua espressione, ignara di tutto, slegata la sua mente dal suo corpo in un modo che ancora il capo non era in grado di spiegare.
Chissà cosa stava pensando lei, chissà se stava facendo un bel sogno…
Chissà se l'avrebbe mai potuto sentire, se le avesse urlato attraverso quel vetro di svegliarsi, di tornare presente a sé stessa in quel momento…
"Piccola…kiddo, svegliati…"
Ma come poteva essere lui l'unico ad occorsi di quello che stava per succedere davanti agli occhi di tutti?
"Sta male!" Hopper urlò contro quella vasca, quei camici bianchi schierati e quel dottore, quell'uomo di cui mai aveva odiato in vita sua anche solo quella vicinanza, quell'alta ed allampanata figura.
"20 secondi di apnea, 40 battiti al minuto"
"Interrompa questo schifo! Subito, ora!"
"Lei stia al suo posto capo, o sarò ad allontanarla da qui" sussurrò il dottor Brenner serio, calmo, non degnandolo nemmeno di uno sguardo ma rimanendo con gli occhi puntati lì, a quella vasca e a quella piccola figura ad occhi chiusi e sospesa dentro l'acqua.
"Qui comando io, capo, veda di ricordarselo"
"El, svegliati! Svegliati, ti prego!"
Bip………bip……biiiiiiip
Ma El, dentro quella vasca, non lo stava sentendo, non avrebbe potuto sentire nessuno.
Dentro quella vasca, nel buio e nel vuoto della sua mente, El aveva lasciato il suo corpo già da tempo: non avvertiva fatica, non avvertiva dolore, non avvertiva niente, solo un miliardo e più di luci intorno a sé, uomini in camici bianchi così familiari ma sconosciuti, in un altro laboratorio e in un'altra lingua, lasciando semplicemente che quelle immagini filtrassero attraverso i suoi occhi senza che quasi più se ne accorgesse, senza tenerne frammento o percezione per sé.
Ed El stava semplicemente ancora respirando.
Respirando sotto quella infinita colonna d'acqua.
Bip bip biiiiiiiiiip
"Ci vediamo là, dopo…promesso?"
"Promesso, Mike…promesso"
Questo era tutto quello che la sua mente percepiva, quello il pensiero a cui quella piccola si aggrappava, come un mollusco allo scoglio, come una falena alla luce, come un tarlo nel legno a scavare ancora ed ancora.
E presto, presto sarebbe uscita da quel posto, presto l'avrebbero richiamata fuori da quel buio, presto sarebbe tutto finito.
Presto avrebbe mantenuto la sua promessa.
Presto avrebbe raggiunto il suo Mike.
Bip
"Polso assente"
"Fibrillazione atriale"
Bip bip bip bip bip bip bip
"Martin…interromp.."
"Adesso basta" scattò in avanti Hopper facendosi più vicino a quella vasca, non avendo neanche il tempo di stupirsi che nessuno stesse protestando quella volta.
Non poteva più resistere, non poteva più trattenersi ancora.
"El, svegliati, svegliati ti prego!"
"Chissà se papà mi concederà di essere riaccompagnata a casa da lui…" sorrise El nel vuoto, arrossendo appena nelle sue guance rese ancora più pallide dalla poca luce intorno, sentendo il cuore fare una capriola arrivando fino alle sue orecchie per l'emozione, continuando a battere, ancora ed ancora.
Quanto poteva mai mancare al termine di quel suo quotidiano viaggio in quel luogo freddo e buio?
"Ancora un piccolo sforzo, è quasi, quasi finita.."
"El, svegliati! Mi senti?! Apri gli occhi!!!"
"Circuiti neuronali non responsivi"
"Dottore…sospendere, ora!"
"El!!"
"Presto sarai da lui, presto sarai da Mike! Coraggio, El…ancora un piccolo, piccolo sforzo!"
"La tiri fuori di lui! Ora!"
Bip bip biiiiiip
"…Mike"
"Sta morendo lì dentro, cazzo!"
"…Mike"
"Eleven…" una voce di ghiaccio interruppe il brusio di tutte le altre intorno, mettendole tutte a tacere in blocco, facendo rimbalzare quel semplice nome lungo le pareti di quella stanza tutta intorno, lungo quegli apparecchi, quei monitor, quei segnali impazziti e luminosi, fin dentro la sua testa, fino a raggiungere la sua mente fino a lì, fin dentro quel vuoto.
"Eleven…svegliati"
Quel fiorellino sentì la voce del suo papà sussurrare, sorridendo ed alzandosi dal pavimento di quel laboratorio muovendo un passo indietro nel buio, preparandosi a tornare indietro, andarsene da lì.
Era finita, un altro giorno, un altro pomeriggio, un'altra volta.
Per un'altra sera poteva finalmente andarsene da lì.
Per quella sera poteva finalmente raggiungere lui ed i suoi amici, poteva finalmente raggiungere Mike.
"Eleven, svegliati, torna qui"
Ed El, dentro quella vasca, aprì finalmente gli occhi.
Il capo Hopper era rimasto in piedi di fronte a quella vasca per tutto il tempo che quei camici bianchi avevano inspiegabilmente gli messo quella sera a disposizione, i palmi delle mani ben aperti di fronte a sé appoggiati a quel vetro, come avesse potuto raggiungerla, come se avesse potuto appoggiarle direttamente alle sue, attraverso quella parete, il cuore in gola e gli occhi ripieni di tutto quel rosso a diluire l'acqua limpida di quella vasca, a consumarle ogni residua forza vitale.
E Hopper credeva in vita sua di aver già sperimentato la paura tante volte, ma capì in un secondo che non era stato mai niente, niente in confronto a quello che vide quella sera in quella vasca a lui di fronte.
Quando vide la sua piccola bambina sospesa nell'acqua ritornare improvvisamente in sé in una frazione di secondo, riaprendo lentamente di fronte due occhi rossi, iniettati di sangue.
"…El?"
E in un secondo, tutte le luci di quel laboratorio parvero prendere vita impazzite intorno a loro, i monitor a lampeggiare ad intermittenza con i loro segnali luminosi in tutti gli schermi, le luci a vibrare come animate da una forza immobile e silenziosa, i segnali luminosi a urlare impazziti, quasi così acuti e penetranti da poter assordare.
Bipbipbipbipbipbipbipbipbipbip
Ma tra tutti i suoni, tra tutti quei rumori, uno solo dominante acuto e più forte di tutto, agghiacciante.
Il suo grido di dolore al di sotto di quella colte impenetrabile di sangue ed acqua.
"El!" urlò Hopper battendo più forte i palmi aperti contro quel vetro, vedendo il corpo sottile di quella ragazzina muoversi impazzito di fronte ai suoi occhi, come percorso in un secondo da mille e più sparsi, da mille e più correnti elettriche a farle muovere gli arti convulsivamente, i suoi occhi rossi spalancati di fronte a sé, vacui, senza poter guardare, senza poter vedere, le sue mani strette intorno alla sua gola come ad invocare di respirare, come ad invocare aria.
E quell'urlo, quell'urlo straziante, quell'urlo disperato.
Come era possibile che quel cirpocino stremato avesse ancora tutta quella forza dentro di sé per continuare ad urlare?
"Tachicardia riflessa, ristabilito contatto neuronale, 140 battiti al minuto"
"Non respira!" urlò Hopper vedendo camici bianchi muoversi impazziti intorno a quella vasca, arrampicandosi sulle scalette tutt'intorno, aprendo la botola superiore in collegamento con la superficie dell'acqua, dalla quale lei si era calata come tutti gli altri pomeriggi, appena 3 ore prima.
Le flebo attaccate intorno alle braccia della piccola venivano già strappate via in quella vasca dalle sue mani mosse impazzite, mentre il sangue non smetteva di scendere, non smetteva di colare, dalle sue narici, dalle sue orecchie, dalla sua bocca, dai suoi occhi.
"El, mi vedi? Kiddo, sono qui!"
Ma El non vedeva, non percepiva, non sentiva niente se non la sua intera superficie corporea come impazzita, come sul punto di ardere, di bruciare in quel bisogno impellente, in quella fame acuta di aria.
Aria, aria, aria…perché respirare era diventato tutto d'un tratto così incredibilmente difficile?
Ed El avrebbe voluto respirare, ma quell'acqua le stava scendendo lentamente fin dentro i polmoni, facendola soffocare.
"Saturazione 60%"
"Dottore!" urlò Hopper con quanto fiato gli rimaneva in gola, voltandosi di spalle di fronte a quella figura, rimasta immobile e con un sorriso compiaciuto sul viso, in mezzo al panico dei presenti.
"La faccia uscire, subito! La tiri fuori immediatamente da lì!"
"Segnate tutti i massimali e i valori limite, che nessun dato vada perso o sprecato" rispose solo il Dottor Brenner schiarendosi la voce, un tono glaciale minimamente preoccupato del clima di caos ed agitazione creatosi intorno.
"Domani ripartiamo da lì: questi sono i dati che stavamo aspettando"
"Non ci sarà nessun domani se non la farai uscire da lì, pezzo di merda!" urlò Hopper impazzito puntando il dito a quella vasca, alle mani della piccola intorno al suo collo come ad invocare aria ed ossigeno.
"Le dica qualcosa, le dica come uscirne! Ora!"
Il capo vide Brenner sorridere con un sorriso glaciale, cattivo, un ultimo cenno prima di voltarsi all'indietro, un ultimo ordine rivolto ai camici bianchi in attesa di istruzioni.
"Fatele quel che volete, assicuratevi che sopravviva"
"Brenner!"
"Eleven…nuota in superficie…ora"
E come si era animato, improvvisamente il corpo della piccola, sospeso in quella vasca, si mosse.
Hopper la vide salire, salire lungo le pareti di quella vasca verso la superficie, muovendo le braccia tese di fronte a lei allungando di più le dita, come un ultimo piccolo spasmo di fatica, come un'ultima preghiera o richiesta d'aiuto, nella stanza fattasi improvvisamente silenziosa, un silenzio così profondo da poter quasi assordare.
Lei, senza nemmeno più il coraggio di continuare ad urlare.
"Datele una mano, presto!"
"Tiratela fuori di lì!"
E appena ebbe raggiunto la superficie, un conato, uno spasmo, un lungo e più profondo che mai respiro, El sulla superficie di quella vasca, finalmente al pelo dell'acqua, respiro riempiendo i polmoni di ossigeno, riprendendo finalmente conoscenza.
"Eleven!" sentì la voce inconsueta del dottor Owens chiamarla da quella superficie, in mezzo agli schizzi delle sue braccia impazzite, quasi non le potesse più controllare, immagini sbiadite di qualche camice bianco a sporgerle mani tese, chiedendole di aggrapparsi, sopra di sé.
"Eleven, prendi la mia mano!"
E quel senso di pesantezza, quasi una zavorra appesa ai suoi piedi che trascina verso il fondo, i suoi sensi paralizzati, la sua pelle rovente, il suo battito impazzito, il sapore del suo sangue fin dritto nella sua gola.
E quel mal di testa, quel mal di testa lancinante, riflesso in ogni più piccola fibra nervosa.
E quella stanchezza a spingerla verso il basso, a spingerla verso il fondo.
A farle abbandonare il suo corpo, a farla cadere più giù ancora.
"Eleven! Prendi la mia mano!"
"…Mike" El fu quasi certa di aver sentito la sua mente sussurrare ma le sue labbra non muoversi neppure, sentendo la sua poca forza residua abbandonarla, abbandonarla ancora, allungando le dita sopra di sé come a raggiungerla, a raggiungere la mano tesa sopra di sé.
Ma non arrivò a quella mano perché El svenne, El cadde giù.
Un'altra volta giù negli abissi, dentro quella vasca e sotto il pelo dell'acqua, giù contro il fondo
"El!!!!"
Ed El cadde, cadde nel silenzio e nel vuoto, cadde urlando ma senza riuscire ad avvertire nessuno, nemmeno un rumore, nemmeno il suono del suo stesso grido nelle sue orecchie, ovattato da quel nero ad inghiottire tutto il contorno.
Ed El cadde, piangendo di ansia e di paura, le braccia aperte come chi ha già imparato a volare, ma di chi si è visto tagliate le sue ali, il dolore di chi sa già di stare per toccare il fondo, rimanendone schiacciata, perché quello era il solo fondo dal quale non si riusciva mai a risalire.
E quella volta non aveva scelto lei di essere lì, quella volta non aveva cercato lei il vuoto, era il vuoto che aveva cercato lei, che l'aveva attirata a sé.
E quella volta El era troppo stanca per tentare resistere, per opporsi a quella caduta ancora.
"Aiuto…"
E come già una volta le era successo, come in una sera scura come quella di tanti anni prima, El in quella caduta sentì il suo stesso sangue gelarsi nelle sue vene.
Al termine di quella caduta, al termine di quel tunnel nero dell'orrore, un fondale, una parete, nera e lucida come la pece, quasi trasparente come un vetro, ma fragile come una membrana, come un lembo sottile della sue pelle.
Ed El credette di aver urlato in quella caduta ancora ed ancora, di orrore, di paura, ma non riusciva a percepire il suono della sua stessa voce.
E al di là di quella sottile parete, nel buio, ecco di nuovo quella figura informe, quella creatura: la pelle liscia, il corpo quasi umano, gli arti lunghi ed artigli aguzzi, corpo magro, scheletrico, e al termine del collo…nessuna faccia, solo una bocca, enorme rossa e spaventosa, una miriade di denti appuntiti, vibranti in un ruggito profondo e spaventoso.
Ed El chiuse gli occhi, preparandosi all'imminente fine di quella caduta, all'imminenza di quello schianto.
Sarebbe forse morta?
Era reale quel vuoto o si trovava ancora solo…solo nella sua testa?
"Aiutatemi, vi prego…aiuto!"
E in quel ruggito, nel suo stesso silenzioso grido, una voce più familiare e meno terrificante intorno a sé, lontana ma vicina, quasi proveniente da un'altra dimensione venne quella sera in suo aiuto.
"Aiutemi…aiuto…"
"Tiratela fuori di lì, subito!"
"...aiuto"
*
"Respira, piccolina, respira…siamo a casa" aveva sussurrato il capo della polizia appena un'ora dopo, più sudato e sfinito che mai, aprendo con un piede la porta della sua piccola casetta nel bosco, le braccia impegnate a reggere lei, una piccola principessa sull'orlo di crollare addormentata e più sfinita di lui sul pavimento di casa.
"Ora ti preparo qualcosa di caldo e poi a nanna, kiddo…" aveva continuato Hopper adagiando il suo corpicino dolcemente sul divano, avvolgendola in una coperta con gesti lenti, delicati, come se fosse bastato uno sguardo a romperla come fatta di vetro, talmente piccola e fragile appariva ai suoi occhi quel fiorellino quella sera.
"El.." aveva sussurrato ancora il suo papà vedendo quella piccola non smettere di tremare, il respiro leggero, quasi asmatico, gli occhi ancora rossi, persi davanti a sé, persi nel vuoto.
"Sei al sicuro ora, kiddo…" aveva deglutito Hopper volgendole uno sguardo titubante e preoccupato, appoggiando una mano grande sulla sua piccola, sulle sue dita ancora scosse da piccoli spasmi.
Di freddo, di paura.
La sua piccolina.
Quale orribile incubo aveva vissuto quella bambina quella sera in quel buio?
"Non ti può raggiungere niente di brutto qui"
"Mike…" aveva sussurrato solamente in risposta El, una voce talmente piccola e fina che il capo aveva dovuto avvicinare il suo viso alle sue labbra per poterne percepire il suono, mischiato ad un altro leggero respiro.
"Posso…posso chiamare, Mike?"
"El…" aveva scosso la testa il capo della polizia, abbassando lo sguardo al pavimento, in ginocchio di fronte a quei divano, di fronte a lei.
"Dovresti stare tranquilla ora…dovresti riposare..."
"No, io…voglio chiamare Mike.." aveva insistito El con voce ridotta un filo ma per quanto più possibile decisa, muovendo le spalle come per alzarsi da quel divano, ma sentendo le mani grandi di quel capo rimetterla seduta dolcemente, con un ultimo e più rassegnato sospiro.
"Dannati, dannatissimi adolescenti…"
"Ma non può nemmeno parlarmi lei?!" aveva esclamato il nerdino dai folti riccioli neri, messosi a sedere con uno scatto veloce sul suo letto, sentendo il suo supercomm quella sera gracchiare con un più insolito, decisamente più insolito timbro di voce.
"Ehi, Wheeler…? Mike? Mi ricevi?"
"…capo Hopper?!"
"È molto stanca, ragazzo, non ha quasi più voce…" Mike aveva spalancato gli occhi a quelle parole, non potendo trattenere la sua più fervida fantasia dal correre al galoppo attraverso gli scenari più cupi a sua disposizione.
El stava male?!
Aveva preso freddo quella mattina con lui dopo la biblioteca?!
Era tutta colpa sua, solo colpa sua! Avrebbe dovuto scaldarla di più!
Avrebbe dovuto dar a lei il suo cappotto per proteggersi dal freddo: sua madre lo avrebbe di sicuro strangolato ma almeno il suo fiorellino sarebbe stato al caldo ed al sicuro da qualche brutto raffreddore!
E se…e se non fosse venuta nemmeno il giorno dopo a scuola?!
"Deve...deve aver proprio preso un brutto raffreddore…"
"Posso parlarle?" aveva chiesto Mike temendo di conoscere già la risposta, il cuore ancora in gola, nemmeno lievemente più confortato, dopo la lunga attesa di più di un'ora di fronte alle porte a vetri dell'Arcade, allungando di più lo sguardo per scorgere il paio di familiari fanali luminosi del furgone della polizia in lontananza al di là del parcheggio.
Ma lei non si era fatta viva.
E alla fine, il piccolo paladino aveva dovuto cedere alle parole degli amici.
"Magari è stata trattenuta!" avevano tentato Lucas e Dustin con un'occhiata furtiva,
"Magari ti voleva avvisare e ha dimenticato a casa il supercomm!"
"Sarà stata colpa di Hopper, non le avrà permesso lui di uscire, sai come è fatto il capo su queste cose…" aveva provato Max facendo scorrere leggere le ruote del suo skate contro l'asfalto ancora umido di pioggia.
"Vedrai che starà bene" aveva concluso Will con un sorriso, cogliendo in pieno l'unica vera paura che il suo migliore amico non aveva osato dire.
E se…e se El non si fosse preservata quel pomeriggio perché le fosse successo qualcosa?!
"Solo…solo per un minuto, papà, per favore…"
"Ti ho già detto che è molto stanca, non insistere, Mike" aveva risposto secco e un po' più scocciato il capo della polizia, facendo alzare gli occhi al cielo a quel nerdino con uno sbuffo, così poco rispettoso di fronte al padre della sua ipotetica "nuova ragazza", nonché capo della polizia.
Ma a Mike non gliene sarebbe potuto importare di meno quella sera.
"Nemmeno se..."
"La vedrai domani a scuola, Wheeler, tagliamo corto!" aveva tarpato le ali ad ogni possibile ulteriore proposta Hopper, facendo Mike deglutire più rumorosamente di ansia e paura.
"Domani mattina" era decisamente un tempo troppo, troppo lungo per poterlo accettare.
"Ma se…"
"…Mike?"
Mike aveva colto una vocina lontana dall'altra parte della linea, così lontana e fina da apparire quasi irriconoscibile alle sue orecchie, ma Mike no, non avrebbe potuto non riconoscerla anche così.
Mike l'avrebbe sempre riconosciuta in mezzo a mille.
"El? El!! Stai bene?!"
"Cosa?! Kiddo, ti avevo detto di non alzarti da quel dannato divano per nessun motivo! Ti avevo detto…!"
"Fammi parlare con lui" Mike aveva sentito un brusio di voci e proteste dall'altra parte dell'apparecchio metallico stretto tra le sue dita di fronte al suo viso.
"Solo un minuto papà, per favore…"
"El, per la miseria! Devi riposare! Te l'ho salutato io! Puoi, per favore, tornare su quel divan.."
"Per favore…"
"Holy shit…un minuto, ed uno solo, kiddo!" il capo aveva sospirato a denti stretti e Mike aveva sentito appena un mezzo minuto di silenzio dall'altra parte della linea, prima che una vocina così fina da risultare appena percettibile facesse capolino dall'altra parte del supercomm prestatole da Will.
E Mike, anche se avesse voluto, non avrebbe proprio potuto risparmiarsi quella così profonda e improvvisa fitta al cuore, quasi da perderne il respiro.
"Mike…"
"El!" aveva urlato Mike spalancando i suoi occhi grandi e scuri di stupore, sentendo il battito accelerare dritto in gola: era così spezzata, così flebile, così fina la voce del suo fiorellino quella sera, quasi sfinita, quasi consumata, tanto da fare paura.
Eppure stava bene fino a quel pomeriggio, quando l'aveva salutata con ultimo frettoloso bacio di nascosto da Hopper, all'uscita da scuola.
Cosa le era successo in appena 5h quel pomeriggio?
Era possibile si fosse davvero raffreddata a quel punto in così poco tempo?!
"El…dio mio, come ti senti?"
"Sto bene, Mike…sto bene" aveva sussurrato El con voce calma ma sempre fine, capace di calmare almeno in parte la sua tensione.
Ma solo in parte.
Mike poteva quasi immaginare il suo bel visino pallido e stanco su quel divano, come se l'avesse avuta in quel momento di fronte a sé.
"Sono solo…solo tanto stanca"
"Hopper mi ha detto che hai preso il raffreddore!" continuò Mike sentendosi un po' stupido, ma qualsiasi cosa pur di continuare a sentire la sua voce.
Avrebbe solo voluto poter fare qualcosa anche da lì: abbracciarla, scaldarla, curarla, guarirla.
Fosse stato per lui avrebbe potuto anche trasformarsi per lei quella sera in una coperta calda o in una medicina.
"Sei…sei sicura di star bene?"
"Si, Mike, sì…non ti devi preoccupare" aveva sorriso El dall'altra parte della linea, un sorriso stanco e sfinito, ma pieno d'amore.
Ma Mike non avrebbe mai potuto vederlo nemmeno se avesse voluto in quel momento.
"Vorrei solo…solo che tu fossi qui"
"Anche io, El, anche io…" aveva risposto lui appena un secondo dopo, il cuore a mille nel petto e già più caldo, di vivo, più vero, ma senza poterla avvolgere stretta a sé con tutto il suo calore.
E quanto Mike avrebbe voluto farlo quella sera, correre da lei e stringerla a sé, qualunque cosa le fosse successo, accogliendo la sua stanchezza, la sua tristezza, la sua paura.
Qualsiasi nuvola minacciasse il sorriso del suo fiorellino lui l'avrebbe spazzata via, non importava come, non importa quanto forte avrebbe dovuto soffiare.
Se solo avesse potuto...
"Anche io, El…non ti immagini quanto.."
"Okay, il minuto è finito: è ora di riposare" Hopper aveva sentenziato la fine di quella conversazione, facendo alzare gli occhi al cielo a Mike attraverso i suoi ricci scuri, passando una mano lungo il viso seduto su quel letto da solo nella sua camera, mai apparsa più piccola e stretta come quella sera.
"Lo vedrai domani mattina a scuola, El: è ora di cena!"
"Devo andare…" aveva sospirato El con voce triste, ma mai quanto la sua,
"Lo so…" aveva risposto Mike prendendo un lungo respiro, imponendosi di non lasciare trasparire attraverso la linea tutta la sua frustrazione.
"A domani, El.."
"A domani, Mike…"
"Cerca di riposare…" le aveva raccomandato quel ricciolino un ultimo secondo, nemmeno più sicuro lei potesse ancora sentirlo, ma non potendo fare a meno di sorridere comunque dall'altro lato della sua ricetrasmittente alla sua principessa, al suo fiorellino.
"…fai bei sogni"
E Mike, rimasto disteso sul suo letto sopra la sua trapunta blu di Ritorno al futuro dopo quella conversazione, non credeva di aver mai trovato più interessante il soffitto della sua camera come quella sera.
Aveva perso da tempo il conto dei sospiri, delle dita passate a sfregarsi gli occhi stanchi, tra i ricci neri sulla fronte ripetendoso di calmarsi, che non era proprio il caso di essere sempre il solito esagerato, che non era proprio il caso di reagire così.
Se stava male ed era stanca non era poi la fine del mondo, non stava mica per morire, giusto? L'avrebbe vista la mattina seguente di lì a poche ore, poteva per cortesia smettere di tremare per un momento?!
Eppure…quella sua voce, quella sua vocina così sottile…
Così stanca ma anche tremante quasi di paura, quasi di terrore..'
Ma che cosa, che cosa era successo mai quel pomeriggio al suo amore?
"Vorrei solo che fossi qui…"
E Mike non aveva smesso di ripetersi quella frase nella sua mente quella sera nemmeno per un minuto, quasi un desiderio silenzioso, quasi un velato invito.…
E Mike non ci avrebbe proprio, proprio dovuto pensare quella sera.
Eppure…Mike, quella sera, ci aveva già pensato.
E aveva già deciso come agire.
Quando Mike Wheeler si metteva in testa qualcosa, difficilmente riusciva a levarsi quel pensiero dalla mente.
E in men che non si dica, un ragazzino dai ricci neri incasinati era già balzato in piedi giù dal suo letto quella sera.
Un'occhiata furtiva al suo armadio, al suo zaino ai piedi del suo letto, alla sua finestra, ed, infine, alla porta della sua camera da letto.
Per un cuore giovane ed innamorato il resto del mondo poteva anche andare a farsi fottere: quando il cuore prende il comando imponendosi sull'ultimo baluardo di ragione non c'è più posto per la logica e nemmeno per la paura.
E Mike non era mai stato un tipo impulsivo, non era mai stato uno sprovveduto o un avventato.
Ma quella sera, un piccolo paladino innamorato, sentire di avere addosso tutta la forza necessaria ad uccidere perfino un drago.
"Mamma!! Vado a dormire sta sera da Will!" urlò Mike dalle scale del piano superiore di casa Wheeler, non preoccupandosi nemmeno di stare ad aspettare una risposta, non prestando nemmeno attenzione se sua madre l'avesse realmente sentito o no quella sera.
Sarebbe stato un problema del Mike del futuro, e Mike quella sera voleva solo vivere per una volta al presente.
E il giovane Wheeler non aveva mai amato più di quella sera il suo presente, proprio come non credeva di aver mai amato nessuno nella sua intera vita come sentiva di amare lei.
"Amore"...ed era poi veramente quella la giusta parola, la definitiva?
Forse, ma Mike, quella sera, non aveva avuto tempo per fermarsi a ragionarci sù.
"Non temere, principessa…" sorrise Mike aprendo la finestra della sua camera e lanciandosi cadere sul tetto del suo garage sotto di lui, appena in tempo per sfuggire alle urle di proteste di Karen Wheeler di sotto le scale:
"Da Will? E Joyce lo sa? Mike?! Mike??!"
"…adesso ci sono qui io a prendermi cura di te"
🌼📼
Cosa starà covando in quella sua testolina ricciuta il nostro piccolo nerdino?
Qualcuno vuole provare a tirare ad indovinare?🤓
E cosa avrà visto El nel vuoto?
Che cosa sarà successo al laboratorio in quel buio e folle pomeriggio?
Le vostre domande troveranno risposta nei prossimi capitoli ma, nel mentre, siete andati ad ascoltare quanto cavolo è dolce ma canzone che Mike ha dedicato ad El alla radio della scuola? :')
La trovate nella playlist su Spotify "Let me Love you"!
A presto...
QUALCOSA MI DICE CHE IL PROSSIMO CAPITOLO VI PIACERÀ NON POCO🙊🌹💋
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top