17.Light In The Dark

🌼📼

El volteggiava a 6 metri da terra.
A pelo d'acqua.
Nel vuoto.

Un fiorellino avrebbe quasi potuto sentirsi felice quel pomeriggio d'inizio novembre, se non avesse avuto un gran peso su quel suo piccolo cuore.
Ed El di peso sul cuore non ne aveva uno, non due, ma cento, e ognuno di loro con uno specifico nome.

Dopo quel venerdì sera dove i lupi in branco avevano attaccato, e quattro piccoli cavalieri senza macchia e senza paura avevano reagito, la piccola Hopper avrebbe voluto fermarsi a riflettere su cosa realmente fosse accaduto quella notte, su quanto di reale invero fosse successo, su quale turbinio di emozioni avesse provato, su quali ricordi, belli e brutti, ora si accavallano nella sua mente provocandole un grande capogiro.
I ricordi confusi, offuscati dalla stanchezza e da qualche bicchiere al sapore di big-bubble di troppo, che la piccola aveva maledetto la mattina dopo, si inseguivano nella sua mente come a giocare alla cavallina, ed El proprio non riusciva a ricordare come, dalle braccia del piccolo Wheeler a saltare sulle note di una canzone ritmata le cui parole non ricordava nemmeno più, si fosse ritrovata per terra con i suoi amici intorno, le urla di dolore di quel ragazzo a riempire la stanza affollata e le narici piene del forte odore di sangue.
"El mi senti? El ti prego rispondimi!"

El avrebbe voluto chiedere a Mike di spiegarle cosa fosse davvero successo, ma il suo nerdino non aveva chiamato.
E anche se l'avesse fatto, El non avrebbe potuto rispondere.

Donando al papà, troppo attento ad ogni minimo segnale leggile sul suo viso stanco, la più perfetta ed immacolata parvenza di normalità, quel fiorellino si era alzato presto il mattino dopo, più stanca e sfinita di quando si era coricata, con più nausea in corpo di quanta necessaria e un raffreddore ricollegabile alla t-shirt strappata ancora addosso alla sua esile figura, troppo stanca la sera precedentemente per infilarsi il suo bel pigiama.
Si era seduta alla sua scrivania, affondando il viso tra le mani ogni volta che le si chiudevano gli occhi per stanchezza ed esasperazione, ignorando per una volta le fusa di Mr Darsy richiedente attenzioni accanto ad un tazzone di caffé ormai freddo.
Aveva stretto i denti, corrugato di più la fronte, si era trascinata dai libri a quell'edificio di cemento freddo e poi fino indietro a casa, e poi di nuovo a quella scrivania, il laboratorio e di nuovo a casa, fin quando la domenica pomeriggio di quel weekend, sospesa in quella vasca di deprivazione sensoriale, con gli occhi chiusi e la mente sospesa tra la realtà e il freddo buio del vuoto, la piccola si chiese in cuor suo con quale forza potesse anche solo immaginare di stare per iniziare l'indomani una nuova settimana.

L'acqua tiepida e satura di sale le riempiva le narici, le orecchie, ovattando ogni rumore, ogni possibile connessione con il mondo reale intorno.
Ma ad ogni buon conto per El, il vero centro dei suoi sforzi non era al di qua, era, anzi, al di là.
Le parole in russo ripetute di fronte a lei a quel tavolo metallico immerso nel buio occupavano un minimo spazio della sua mente, quello necessario a mantenere la sua testa concentrata, ma non abbastanza perché le fosse richiesto di darci troppo peso.
In fondo lei non era sempre stata altro che il tramite, era lo strumento.
Lo strumento messo a loro disposizione perché agissero come più a loro era gradito.

Attorno a lei, le voci ovattate dai ripetitori riprendevano quelle battute con un secondo o due di sfalsamento, sufficienti da essere da lei percepiti ed acuire il suo mal di testa, ma anche perché i traduttori con camici bianchi indosso prendessero nota instancabili sotto gli occhi soddisfatti del suo papà.
El era il tramite, era la loro spia.
Era il canale di trasmissione fino al vuoto e ritorno.

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El vedeva la scena da fuori, seduta nel buio di quello spazio che spazio non era, con le gambe nude sotto il suo costume bianco stretto al petto e la testa ben dritta, attenta, occhi ben aperti e mente concentrata.
Da una parte.

Dall'altra, El galleggiava a pancia in sù ad occhi chiusi, muovendo leggere le dita a pelo dell'acqua di tanto in tanto, giusto per ricordarsi di essere ancora viva.
Per le sedute lunghe di deprivazione sensoriale come quelle di quel pomeriggio, la vasca designata era diversa da quella a cui lei era abituata, più larga, più alta, aperta in superficie, e la piccola aveva quasi l'illusione di riuscire a respirare.

I bordi della vasca erano freddi, il metallo ruvido e sgradevole al tatto, e quando di tanto in tanto tra le ore, un'estremitá del suo corpicino nudo toccava le pareti, subito El si ritraeva, quasi spaventata, essendosi quasi dimenticata dell'esistenza di un mondo intorno, rompendo l'idillio che, al posto che in una vasca di un laboratorio sotterraneo e nascosto, la piccola si fosse invece trovata da un'altra parte, magari sempre sospesa, magari sempre a volteggiare a 6m da terra.
Magari con lui.

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L'unico vantaggio di quei pomeriggi infiniti, per la piccola Hopper era infatti quello, forse il più importante.
Rilegata una zona della sua mente di là, seria e concentrata, El aveva a disposizione tutto il tempo per pensare, riflettere, analizzare, ragionare, quello che mai aveva a disposizione durante le sue giornate.
E per quanto la piccola avrebbe voluto, quel weekend più che mai, fuggire i pensieri e nascondersi di là, per il più infimo gioco della sorte, la sua mente non era mai stata invero più di qua.

Неделя длинная, серебряная кошка кормит,
"…Mike"
когда синие и желтые встречаются на западе
"…Mike.."
Поездка в Китай звучит хорошо, если вы идете легко
"…Mike"

El poteva quasi sentire quel nome affiorare sulle sue labbra rosse a pelo dell'acqua.

Gli occhioni profondi e scuri contornati dal trucco nero…
"Mike.."
Le labbra rosse aperte e gonfie in un rigo più doloroso di sangue…
"Mike…"
Le sue braccia strette intorno alle sue spalle, i ricci ricaduti sulla sua fronte, le sue mani tra i suoi capelli, il suo profumo, la sua t-shirt, le sue dita sul suo viso...
"Mike…Mike…Mike"
"…El"

El avrebbe tanto voluto dimenticare, avrebbe preferito pensare a tutt'altro quel pomeriggio, avrebbe preferito bloccare la sua mente e la sua memoria che tassello dopo tassello stavano lentamente riportando ogni pezzetto al suo posto, nel giusto ordine delle cose.
El avrebbe tanto preferito non ricordare quel lungo scambio di sguardi tra di loro, appena 48h prima, le risate con Max, le battute di Will, i salti, le risate, i bicchieri arancio di plastica da immergere un'altra volta nel contenitore di liquido rosso scuro.
Il lento, le loro fronti a sfiorarsi in un secondo da togliere il fiato, e poi il divano, quella voce, quelle braccia, quelle mani, la paura, la nausea, la voglia di urlare.
"Piccola ingenua bambolina….non ti ha mai mostrato nessuno come ti puoi divertire se ti lasci andare anche solo un pochino?"

El deglutì, a pelo dell'acqua, vincendo l'impulso di serrare per riflesso le gambe, anche lì in quella vasca immersa nel buio.
Gli occhi di Mike erano passati dall'orrore allo stupore in un solo istante a quel gesto, per poi virare ancora sul sentimento che El si augurava di non ritrovare mai più a scuotere i suoi ricci sulle ciglia.
La rabbia.
"Questo non lo dovevi proprio fare…"

E nelle immagini ancora confuse che pian piano ricreavano quello strano e stralunato film dell'horror, El si ricordava solo di essersi ritrovata su di un marciapiede un paio di minuti dopo, i volti dei suoi amici pestati di fronte a lei ed una pesantezza nel cuore senza uguale.
Lei li aveva ridotti così.
Loro li avevano ridotti così per causa sua.

Ed ad El era passato per la mente di dire loro "grazie", "scusa" o più semplicemente "mi dispiace" troppo tardi quella notte, quando un troppo assonnato per porre domande capo della polizia l'aveva già riportata a casa, rimandando tutte le discussioni alla mattina successiva, ma assicurandosi solo con un cauto: "stai bene, kiddo?" che lo sguardo sperso della figlia fosse dovuto solo al sonno e non all'orrore.
E la piccola si era limitata ad annuire, senza dare ulteriori spiegazioni in grado di tradirla.
"Solo…solo stanca"

E l'ultimo barlume di lucidità quella notte, prima di posare la testa pesante sul cuscino, era stato speso dal subconscio della piccola solo per lasciarsi andare al brivido più freddo e profondo di paura.

Che cosa aveva fatto?
Che.cosa.aveva.fatto?

Davvero?
Davvero aveva permesso che accadesse? Davvero si era mostrata così debole ed incapace di controllarlo? Davvero aveva usato i suoi poteri lì davanti a tutti, nel bel mezzo della folla e della confusione, non pensando minimamente alle conseguenze disastrose delle sue azioni?
E cosa sarebbe successo se proprio lui avesse scoperto la verità? Cosa sarebbe successo se proprio Mike avesse scoperto di essere finito nei guai, solo e soltanto per colpa sua?
"Mi ha rotto il braccio, mi ha rotto il braccio!"
"…io?"
"Me la pagherai Wheeler, figlio di puttana!"

E la piccola Hopper quella sera, era stata perfino troppo stanca per piangere di umiliazione e vergogna.
Forse avevano ragione loro, era lei che aveva sbagliato tutto.
Lei che si era illusa di essere diversa, esaltata dalle parole del suo papà che mai aveva smesso di farle sognare la vita "normale" che lei avrebbe meritato di vivere.
Ma El non era fatta per il mondo "normale", El non meritava niente e nessuno.
Avevano ragione loro, l'avevano sempre avuta in fondo: El era solo una mina vagante pronta a scoppiare.

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"…Mike"

E come era possibile, nella maniera più assoluta, che la mente ora lucida della piccola si andasse ripetendo più che mai quanto stupida era stata a pensare potesse funzionare?
Come era possibile proprio nel momento in cui tutte, ma proprio tutte le sue facoltà residue le urlavano di allontanarsi, di smettere quel gioco prima che fosse troppo tardi, prima che qualcuno si facesse male, male sul serio, prima che proprio lui si facesse male, ancora una volta ed ancora di più per colpa sua?
Come era possibile che l'autocontrollo le mancasse proprio allora, nel momento in cui avrebbe voluto cancellare tutto come dell'acqua satura ad anestetizzare una ferita, ed invece nella sua mente e davanti ai suoi occhi chiusi vedeva solo i suoi grandi scuri e pieni d'amore?

"…Mike"
Неделя длинная, серебряная кошка кормит
"Mike.."
когда синие и желтые встречаются на западе.
"Mike.."

E tutto quello che vedeva El in quel momento erano le sue guance pallide ricoperte di lentiggini, appena abbozzate sotto lo strato di cera bianca ma comunque presenti a fare capolino, ad addolcire quel viso che, dio mio, El aveva sfiorato con gli occhi e con le dita in ogni centimetro, imprimendolo a fuoco vivo nella sua memoria.
E le sue labbra rosse, grandi, morbide, spaccate.
Le ciglia lunghe, nere come i ricci distrattamente impigliatesi dentro, come un bel sogno che fatica a sfumare al mattino, rimasto incastrato a metà con la realtà.
E cavolo, cavolo, che bel sogno sarebbe potuto essere quello con lui, se solo El se lo fosse meritato.
Ma El non voleva illudersi di meritare qualcosa di così bello, non lei che "era stata creata per nient'altro che essere un'assassina"

Поездка в Китай звучит хорошо, если вы идете легко
"Mike…"
Поездка в Китай звучит хорошо, если вы идете легко
"…Mike"
"Will? Ci sei?"
Поездка в Китай звучит хорошо, если вы идете легко
"Mike…"
"Pronto Will, mi ricevi?"
"…Mike?!"

Ma tutto ad un tratto, l'immagine cambiò.

El scattò in piedi, nel buio del vuoto, trattenne il respiro, a pelo dell'acqua nella vasca.
Ogni sua fibra, ogni muscolo, ogni respiro era teso e bloccato, la piccola non avrebbe saputo dire se di freddo, di paura, d'incredulità.
Quella voce…l'aveva sentita davvero?
Era stata solo la sua mente, stanca, confusa, più che mai incasinata?
Era stata lei ad immaginare tutto?
Eppure era così sicura…

El si voltò lentamente nel buio, in quello spazio della sua mente raggiungibile da pochi, o da lei sola, sospesa in bilico in quella realtà virtuale, tra il suo mondo e quell'altro al quale non sapeva ancora dare un nome.
Dove era finito il sergente russo, la scrivania, quelle dannate parole tutte uguali che la sua mente aveva filtrato senza mandare in memoria?
Dove si trovava? Dove era finita?!
Era forse precipitata o ancora restava sospesa?
Era forse nella sua cameretta distesa sul suo letto e con tra le sue mani la t-shirt nera strappata che aveva mescolato il suo odore a quello di lui, o volteggiava ancora nella vasca di quel laboratorio dove, per un secondo, si era dimenticata di ogni altra forma di vita intorno?

"Ma che succede?!" avrebbe potuto forse udire le voci intorno a lei domandare confuse ed arrabbiate, se solo fosse stata più attenta.
"Cosa è successo?!" avrebbe potuto distinguere tra i suoni ovattati, avrebbe potuto riconoscere il tono minaccioso di quei camici bianchi incredibili di aver appena sentito con le proprie orecchie le comunicazioni bloccarsi e nelle fredde pareti di metallo riecheggiare al posto che le litanie russe ora la voce ancora acerba di…un ragazzino al suo supercomm?
"Will, ci sei?!"
"Sì, ci sono Mike! Passo!"

E la piccola avrebbe potuto perfino averne paura.
Avrebbe potuto, forse avrebbe dovuto.
Ma ad El quella sera non importava niente.
Ad El quella sera importava solo di come, a quella voce ancora lontana e poco riconoscibile, il suo cuore aveva istintivamente iniziato a battere più forte nel petto di gioia.
"…Mike?"

E la piccola Hopper avrebbe potuto mettersi a piangere di felicità in quel preciso istante, consapevole che nessuno avrebbe potuto distinguere le sue lacrime tra le gocce salate di quella vasca, ma El aveva qualcosa di più urgente da fare in quel momento.
Qualcosa di più importante da far muovere il suo piccolo incredulo cuore.
"Mike…dove sei?"

El si voltò, lentamente, ancora una volta, un giro completo intorno alle sue spalle sentendo l'acqua sotto i suoi piedi gorgogliare sinistramente.
Le spalle nude sotto il suo costume bianco avevano iniziato a tremare, così come le sue mani strette in due pugni lungo i fianchi per farsi coraggio, mentre i ricci ribelli sciolti dalla coda alta battevano dolcemente lungo le guance, accarezzando gli zigomi e la pelle ora accaldata.

Come una piccola falena dall'ala spezzata non può fare a meno di volare lo stesso verso la fonte di luce che è pur consapevole la brucerà, El non poté quella sera non vederla, e non sentirne il cuore ripieno di emozione.
Era una luce, una piccola, insignificante luce, appena un puntino luminoso nel mezzo di tutta quella coltre di tenebre e paure.
Ma El, anche se effimera, non avrebbe potuto trattenersi quella sera dal seguirla.
El, quella luce quella sera, non avrebbe potuto frenare il suo stesso istinto dalla voglia matta di raggiungerla.

"Eccoti! Finalmente! Credevo la linea fosse di nuovo disturbata! Cazzo, Dustin ci avrebbe fatto correre su quella dannata collina anche con la neve al ginocchio!"
"Scampato pericolo, Mike! Ero solo in salotto! Mia madre è particolarmente pressante oggi per…beh, tu sai il perché…"
"Oh sì amico, credimi lo so…lo so fin troppo bene…"

I contorni si facevano più nitidi, ogni piccolo passo nelle tenebre, i colori un po' più vividi, pur nella desaturazione tipica di quelle visioni: una scrivania, un sedia abbandonata insieme ad un paio di libri aperti alla rinfusa, un letto familiare dalla trapunta blu e, su di esso, con una chioma di ricci neri a impreziosire il tessuto del cuscino come fiori di un campo, una figura distesa distrattamente con il viso pallido rivolto verso il soffitto.
Un profilo che El riconosceva, riconosceva molto molto bene anche in quel buio.

Questa volta non era lei ad aver cercato lui.
Questa volta era lui che si era palesato a lei.
Lui che l'aveva chiamata, senza nemmeno averlo potuto immaginare.
Lui che l'aveva attirata, come una falena ferita verso la sua fonte di luce.

"Mike…"
"Che hai detto a tua madre?" El lo sentì sospirare all'apparecchio dorato tra le sue mani, lo sguardo fisso al soffitto, le lentiggini nere a bucare il manto liscio delle sue guance più lisce che mai in quel buio.
"Che dovevo dirle?! Mi sono inventato quel che ho potuto!" la piccola udì una voce familiare provenire dalla cassa, facendo guizzare le sue orecchie curiose che senza troppa immaginazione avrebbero potuto riconoscere quell'intonazione.
"…Will?"

"Le ho detto che nella confusione della musica un tizio mi ha tirato una gomitata sullo zigomo. È assurdo lo so, avrei potuto fare di meglio, non so nemmeno come abbia fatto a credermi, ma mi ha colto alla sprovvista, cazzo! Potevamo insieme cercare di trovare tra tutti una versione migliore, cazzo!"
"Già, avrebbe fatto comodo anche a me…" la piccola vide il ricciolino sospirare, portando una mano sul viso e stropicciandosi gli occhi, facendo cogliere ad El quel momento di sospensione per avvicinarsi di più a quel materasso ed infine sedersi, dal lato opposto rispetto a lui.
Rimase ad osservarlo quel fiorellino, in silenzio, nel buio, le braccia e le gambe tremanti, nascoste dalle sue mani per il freddo ed il pudore, quasi lui avesse potuto vederla seduta sul suo letto in quello stato.
Ma mai il suo paladino avrebbe potuto accorgersi di lei, così come mai la sua principessa avrebbe potuto avvicinarsi, farsi più vicina a lui per realizzare l'unica cosa che il suo cuore a mille nel petto avrebbe bramato di fare in quel momento: stendersi a lui accanto in quel momento su quel materasso riposando il viso sul suo petto mosso lentamente dal suo respiro.
"…Mike"

"Tu invece cosa ti sei inventato?"
La piccola vide la sua visione esitare, deglutendo lentamente e vedendo il pomo del suo collo alzarsi ed abbassarsi ritmicamente, evidenziando ancora di più gli angoli affilati della sua mandibola.
Ed El deglutì di contro risposta, giusto per non iniziare a prendere fuoco.
Cavolo, chissà se quel ricciolino avrebbe mai potuto essere consapevole della meravigliosa che lui era davanti ai suoi occhi anche in quel momento, senza farlo apposta, sicuro di non poter essere visto, visto da nessuno.
Ma lei, invece, lei lo vedeva.
El lo vedeva quella sera nel buio, e lui era meraviglioso.
Era caldo, era calore, era vita in mezzo a tutta quella coltre di freddo e morte.
Lui era la sua luce nel buio.
Il suo piccolo faro nella notte.

"Che le ho detto? Che sono caduto giù per le scale quando siamo tornati qui l'altra notte…" Mike rispose infine, schiudendo lentamente le labbra e passando la punta della lingua lentamente lungo il labbro inferiore rosso, con una smorfia di dolore su quel viso perfetto quando El lo vide arrivare al punto dove i suoi occhi lo seguirono, facendole perdere un piccolo battito di cuore.
Quel taglio scuro contro le labbra rosse, quella spaccatura profonda, ora resa ancora più nera dal coagulo di sangue ed il livido viola.
Ed alla piccola si gelò il respiro, scorgendo la smorfia che increspò per un secondo il suo viso.
El se lo ricordava fin troppo bene come si era sentita impotente di fronte a quella ferita quella notte.

"Giù per le scale, Mike?!"
"Cazzo avrei dovuto dirle, Will?!" El lo vide esclamare esasperato, allargando una mano in gesto di protesta, con gli occhi sempre rivolti verso il soffitto della camera immerso nel buio.
Quella che aveva tutta l'aria di essere una tuta usata come pigiama ricalcava le forme asciutte delle sue gambe lunghe e distese sul materasso, lasciando una sottile linea di pelle scoperta tra l'elastico e la t-shirt vecchia e leggermente scolorita.
E da quella striscia di pelle pallida come la neve, El poteva vedere quasi i muscoli del suo addome alzarsi ed abbassarsi ad ogni respiro, muoversi ad ogni piccolo gesto, tendersi di esasperazione ad ogni risposta.
E l'esasperazione El la sentiva ugualmente in condivisione anche nel sue dita strette intorno alle sue coscie, la voglia repressa che avrebbe avuto di sfiorare quella pelle con i suoi polpastrelli.
Quella pelle bianca come la neve.
La sua controparte maschile di Biancaneve.

"E tua madre ci ha creduto, Mike?"
"Pensi cosa vuole mia madre, Will…" tagliò corto Mike mettendosi a sedere con uno scatto, facendosi ora inconsapevole più vicino a quel fiorellino, sorpreso più rosso in viso a distogliere lo sguardo dalla sua pelle nuda così maledettamente vicina al cavallo dei suoi pantaloni.
Ed El avrebbe potuto veramente prendere fuoco in quel momento davanti al suo sguardo, se solo lui avesse potuto vederla.
E forse, El, lì semunuda con il suo leggero costume bianco perla indosso a scoprire più centimetri di pelle di quanto sarebbe stato necessario, per la prima volta avrebbe voluto che lui sul serio la vedesse, la vedesse lì davvero seduta sul suo letto con le ginocchia ad un soffio dallo sfiorare le sue.
"Oh Mike.."
"Ho sinceramente altro a cui pensare in questo momento..."

Pur nei battiti più forti del suo cuore dritti contro i suoi timpani, la piccola Hopper poté distinguere chiaramente un profondo sospiro provenire dal supercomm alle parole di quel ragazzo.
"Non…non riesci a smettere di pensarci, vero Mike?"
"No, Will…a quanto pare no"

Ora che lo aveva più vicino, bello più che mai con una mano a scompigliare distrattamente i ricci sulla fronte, El lo vedeva, ne coglieva ogni espressione e sfumatura. E il suo ricciolino, quella sera, era tutto fuorché felice.
Il bel sorriso sempre presente sul suo viso quando lo aveva di fronte era sparito, lasciando spazio ad un'espressione più cupa che poco si confaceva ai suoi lineamenti spigolosi.
E se quell'aria triste e quasi dannata, El non avrebbe potuto negare di farle tremare le gambe in modo naturale, la piccola non poteva non ammettere di farle provare un'incredibilmente fastidiosa fitta all'imboccatura dello stomaco.
Perché Mike era triste?
Che cosa minava la luce del suo viso?
"Mike, vuoi….vuoi parlarne, amico?"

El lo vide prendere un profondo respiro, appoggiando il supercomm dorato sul materasso sotto di lui e piegandosi in avanti, le mani sul viso, così vicino a lei da sentire un riccio ribelle solleticarle la punta del mento.
Ma El non si ritrasse, anzi, fosse stato per lei avrebbe potuto solo invocare con un sussurro:
"Più vicino…"

"Non c'è niente di cui parlare, Will…se non, ovviamente, che sto diventando pazzo, credo…" la piccola sentì infine il giovane Wheeler sospirare, alzando di scatto il viso e puntando lo sguardo dritto di fronte, in un punto imprecisato del muro davanti al letto, poco sopra la testa di El.
E la piccola Hopper sentì come se un cubetto di ghiaccio avesse appena deciso di sciogliersi lungo la sua intera colonna vertebrale.
"Will…io non riesco a non pensarci…non riesco a non pensare a lei, cazzo!" El schiuse le labbra sentendo i battiti accelerare, il respiro mancare, come se oltre i colori e la luce in quel luogo improvvisamente fosse venuto a mancare anche l'ossigeno.
Possibile? No, doveva essere solo un caso…
Eppure…no, era illogico…
Ma poteva mai essere davvero…lei, lei ad essere il soggetto sottinteso di tutti quei pensieri.
"El mi sta facendo diventare matto, Will…"

Il fiorellino si morse il labbro a quelle parole, stringendo più forte le mani insieme sulle sue ginocchia, mentre un calore della stessa potenza di un fuoco d'artificio percorreva in un battito di ciglia la distanza dal suo petto al suo viso, imporporando le guance e stendendo la piega del suo sorriso.
Ed El si trovò per la seconda volta ad invocare che per magia una forza più potente della sua mente la teletrasportasse su quel letto per davvero, in quella stanza, non solo con la mente ma con tutto, tutto di lei.
Perché la voglia di saltare con le braccia intorno al suo collo come quella sera era tanta, era a tratti quasi incontenibile.
El temeva ogni secondo che passava su quel materasso con lui di poter essere scoperta da qualche sua stessa imprudenza.

"Mike…" la voce di Will riecheggiò lungo le pareti della camera ingombra di respiri e frasi sospese a metà,
"…tu devi dirglielo…devi dirle che ti sei innamorato di lei, Mike"

Ed El chiuse gli occhi, chinando la testa verso il basso per non farsi soccombere dall'emozione, per non mettersi a gridare.
"Che sei innamorato di lei…"
Innamorato…di lei…
cazzo
La piccola Hopper sorrise, sorrise ancora ed ancora nel buio del vuoto, davanti a quell'ombra che di quel ragazzo non ne custodiva che un soffio, ma che per El in quel momento rappresentava molto, molto di più che un'illusione.
Non ci poteva credere, non poteva smettere di sentire tirare i muscoli delle sue guance fino a far male senza che le importasse un nonnulla.

Allora era quello il nome per definire quel calore, quella sensazione di euforia, di ebrezza pure nelle sere libere dall'alchool e da quel liquido rosso, quella la definizione dei sorrisi spontanei che nascevano sul suo viso quando lo aveva vicino, del bisogno impellente di sfiorare i suoi ricci tra le dita, di abbracciarlo e farsi a lui più vicina, per poi sentirsi mozzare via il respiro da colui che ormai aveva il potere di regolare e far schizzare i battiti impazziti del suo cuore?
Era quello il termine comune, condiviso, quello che provava anche lei esattamente come lo sentiva anche lui?
Era così che si diceva, come nei libri: "mi sono innamorato di te"?

"Credi che non lo avrei già fatto se non ne avessi avuta l'occasione?" la voce di Mike la raggiunse in quel posto lontano a metà tra il sogno e l'euforia, raschiando la sua patina di liquida gioia con la ruvidezza del suo tono di voce triste.
"Credi che non glielo avrei già detto se ne avessi avuto la possibilità? Se ogni cazzo di strafottuta volta non ci fosse sempre stato qualcosa o qualcuno a rompere i coglioni?"

Ad El quasi venne da ridere di più a tutte quelle espressioni colorite provenienti senza vergogna dalle sue labbra rosse.
Sì, decisamente di fronte a lei qual paladino aveva imparato a trattenersi: la cosa non avrebbe potuto farla di più sorridere.
"Will, ogni volta! Ogni stracazzo di fottuta volt…"
"E ti arrendi così presto, Mike? Vuoi davvero gettare la spugna già adesso?" la voce di Will lo interruppe, con le imprecazioni lasciate a metà.
"Ma io…"
"Ma tu niente, Mike! Questo pappamolla non è il mio migliore amico!" la voce del giovane Byler lasciò Mike sospeso, seduto sul suo letto di fronte a lei incapace di obbiettare in quel momento.
"Io credo…"

"Tu ci stai riflettendo sopra troppo Mike, fidati di me!" El udì Will continuare, non lasciandogli tempo per rispondere:
"Le occasioni in cui avevi sperato non sono bastate? Inventane altre, Mike, solo tu e lei! Qualche idee da romanticone in quella testa ricciuta ce l'avrai ben, no?" El trattenne una risata, vedendo il piccolo Wheeler scuotere la testa, finalmente con un mezzo sorriso.
"Beh…effettivamente una ci sarebbe…ci sarebbe una proposta, anzi, una promessa…"
"Una promessa, Mike?"
"Le ho promesso l'avrei portata una sera giù allo spiazzo vicino alla cava a vedere le lucciole…non so nemmeno più se ci sono ancora, cazzo, ma lei non le ha mai viste e…"

Ed El sentì definitivamente il suo petto prendere fuoco di gioia ed entusiasmo in quel momento.
Se le mani non fossero già state sulle sue labbra per trattenere le risate di gioia che le scuotevano il cuore già da prima, El le avrebbe certo portate sui suoi occhi per coprire quella scena per un secondo, per tirarsi un pizzicotto e verificare non stesse davvero sognando in quel momento.
Non poteva credere lo avesse quasi dimenticato: cavolo, a tratti ne aveva perso memoria pure lei stessa!
Ma Mike no, Mike non aveva dimenticato la loro promessa: il suo paladino non si era dimenticato di quell'attimo di felicità promesso e lasciato a brillare come una stella sospesa nel buio.

"Lucciole! Cazzo, Mike! Tu si che ci sai fare!" la voce di Will esclamò dalla scatoletta dorata, facendo ridere quel ricciolino, gli occhioni scuri accesi di una nuova luce di speranza.
"Credo sia perfetto no? Un'occasione come quella non può farti sbagliare!"
"Tu dici, Will?"
"No, io non dico, io ti ordino di farlo, Mike!" El vide il piccolo Wheeler ridere, portandosi una mano tra i ricci, sentendo più forte la voglia di stringerlo a sé.
Poteva? Poteva forse già in quel momento urlarle sì?
Sì, sì, sì, ed ancora SÌ?

"Sì, Mike…sì!"
"E se le parole non dovessero bastare, amico…beh, allora agisci!"

E in quel momento, la luce si spense nel buio.
E la gioia lasció di nuovo il posto alla paura.

El non fece in tempo a chiedersi cosa fosse successo in quel momento, non riuscì a guardarsi intorno, a chiedersi dove fosse finita l'immagine di Mike, la voce di Will, che cosa avesse sbagliato.
El non fece in tempo a fermare i battiti di gioia ancora nel petto, ad annullare il calore, il sorriso dal suo viso finalmente felice dopo un weekend di orrore.
El non fece in tempo a fare tutto ciò perché, così com'era, svanito il letto da sotto i suoi piedi e ricaduta del silenzio e nel buio del vuoto più scuro che avesse mai percepito, perché mai così in contrasto con tutta quella luce, El si sentì in un istante solo precipitare.

E non si trattava solo di una caduta figurata quella volta, non avrebbe potuto mai essere più reale.
Non avrebbe mai potuto fare più paura e più male.
Ed El cadde, per secondi che le parvero interminabili, con i palmi delle mani ben aperti e le braccia distese che non avrebbero potuto comunque farla volare.
El precipitò nel buio, nel freddo, nel vuoto ad attutire le sue grida di paura, rendendo la sua caduta lenta, silenziosa, irreale, come se oltre i colori, l'ossigeno, la vita, anche i rumori avessero deciso di lasciare quei luoghi di orrore.
Ed El cadde, senza sapere dove, senza sapere quando sarebbe arrivato l'impatto finché lo schianto contro il fondo non arrivò.
E non avrebbe mai potuto fare più male.

El cadde, si schiantò, in ginocchio contro il freddo e i palmi aperti contro il fondo, liscio e metallico, così simile al fondo di quella vasca, accendendo in lei finalmente il riflesso di dove si fosse trovata realmente fino a quel momento.
Dove, in che luogo, ma sopratutto…con chi.

No, lei non era stata in camera di Mike seduta sul suo letto fino a quel momento ma…in quella vasca.
No, non con il suo ricciolino, non con il ragazzo che era innamorato di lei e l'avrebbe protetta a costo della vita contro ogni lupo cattivo sul loro cammino, no.
El era ancora lì, nel freddo, nel vuoto, tremante in ginocchio con le braccia distese a terra e i singhiozzi di paura a scuoterle il petto, le lacrime a seccarsi di gelo lungo le guance.
Perché la luce, la speranza, la vita finivano quando arrivava lui, il vero lupo cattivo.
E lei, quella volta, era stata un bocciolo così ingenuo da permettere a lui di vedere quella sua personale fonte di luce.
Perché lei quella sera glielo aveva appena mostrato.
Lei in quel vuoto aveva mostrato il suo piccolo amore di fronte agli occhi di ghiaccio del suo papà.

"Bene…" El strinse i pugni di più, affondando le unghie nei palmi e singhiozzando più forte, incapace di credere di averglielo lasciato fare, di avergli permesso di usarla, ancora una volta, per arrivare dove mai, mai lo avrebbe voluto farlo avvicinare.
E la voce di Brenner non era mai apparsa più compiaciuta come quella sera, nella sua testa e nel vuoto intorno a lei.
Ma più felice, mai più cattiva.
"Bene, Eleven…molto bene"

*

"Kiddo, tu non ti rendi conto di quello che hai fatto!"

El percorse l'ultimo corridoio dell'edificio di corsa, scortata dalle guardie armate a due passi dalla sua piccola figura e la voce del suo papà nelle orecchie da dietro le sue spalle, spezzata dall'incredulità e dallo stupore.
I ricci fradici erano ancora raccolti nella coda alta sulla nuca, macchiavano di gocce scure il tessuto pesante del suo cappotto di panno grigio, facendola già tremare per il freddo proveniente dalle porte a vetri d'ingresso di fronte a lei, ma l'ultima cosa che alla piccola sarebbe potuto importare quella sera era di proteggersi da un sicuro raffreddore.
Se il suo corpo era freddo congelato, il suo cuore non avrebbe mai potuto essere più caldo, quasi bollente, di rabbia, di stanchezza, di frustrazione.
Ed El voleva solo andarsene di lì il più rapidamente possibile.

"Ehi! Ehi kiddo, rallenta!" la voce di Hopper la raggiunse di corsa, non appena giunti davanti all'ampio atrio di fronte alle porte d'ingresso, dove i militari li congedarono, lasciandoli solo nel loro cammino.
"El, aspetta! Si può sapere dove corri?!"
Ma El non rallentava, gli occhi ben puntati sulle porte a vetri di fronte a lei e la voglia matta di spaccare qualcosa.
O qualcuno.

"Eh, aspett…" iniziò Hopper, ma il grido di rabbia che scaturì di colpo dalla bocca della bambina di fronte a lui lo fece improvvisamente ammutolire, vedendola stendere un braccio in avanti e spalancare con un gesto della mente le pesanti porte di fronte a loro, con la stessa furia di un vento di uragano contro la parete rocciosa di una montagna.
E Hopper senza fiato la vide proseguire attraverso quelle porte spalancate senza accennare minimamente a rallentare la sua corsa. E il capo si affrettò a seguirla, prima che quelle porte si richiudessero a sé di fronte bloccandolo in quel luogo spettrale.
Almeno su una cosa lui e sua figlia erano sempre stati più che d'accordo: la volontà quotidiana di allontanarsi da quell'edificio il più di corsa possibile.

"Ehi! Ehi!" il capo della polizia le corse ancora dietro, vedendola attraversare il parcheggio senza accennare a placare la sua furia, con una marcia che sembrava più un tentativo di spaccare ogni passo la terra sotto i suoi piedi piuttosto che una corsa per allontanarsi da un luogo di tortura.
E Hopper poteva ben immaginare il perché di tutta quella rabbia.
Perché lui, rimasto accanto a quella vasca tutto il tempo, aveva visto e sentito tutto.
E come lui, così i restanti camici bianchi presenti in quella stanza sotterranea.

"El! Damn, fermati subito!" Hopper la inseguì ancora, superando il suo furgone parcheggiato nel piazzale deserto e cercando nel suo fisico non propriamente allenato le ultime forze, quelle per un ultimo scatto.
"Stop! Ora!"
"Lasciami!"

Il grido di risposta che ottenne da quella ragazzina, non appena le sue dita si furono strette, in modo meno gentile di quanto avrebbe voluto, intorno al suo polso, fecero fermare il respiro del capo almeno quanto la visione che si palesò davanti al suo viso stanco e baffuto.
Davanti ai suoi occhi, preoccupati, agitati, arrabbiati, quelli di sua figlia non osavano quasi alzarsi su di lui, ma il suo viso poteva parlare da sé: rosso, sconvolto, ricoperto di lacrime e sangue, dalle narici, dalle orecchie, lungo il collo a mescolarsi con le gocce d'acqua dei suoi ricci.
Era più di quello che il capo e papà Jim Hopper poteva sopportare quella sera.

"Kiddo, vieni qui…fatti dare una pulita…"
"No!"
"El, fermati, respira, stai ancora sanguinando…"
"Lasciami!"
"El, ora basta, smettila!" strillò il capo rialzando il tono della voce, strattonandola per il polso e vedendola rialzare finalmente su di lui due occhi rossi ridotti a due fessure per il troppo pianto.
E in quello sguardo muto e senza parole, Hopper ritrovò in un istante tutto il suo dolore, tutta la paura e la delusione, riflessa dai suoi occhi direttamente nei suoi.
E una piccola bambina di 2 anni più giovane ancora senza capelli e senza nome.
"El, aspetta, stammi a sentir…"

"Tu sei uguale a lui!!" urlò El strattonando il polso per liberarsi dalla sua stretta, cogliendo il capo di sorpresa a bocca aperta per quel tono così disperato.
"Kiddo…cosa?"
"Tu sei uguale a papà!!!" continuò El chiudendo gli occhi e buttando fuori tutta la sua rabbia, voltandosi di spalle e riprendendo la sua corsa senza meta, lasciando il capo bloccato sul posto incredulo per un secondo, ma solo per un secondo.

"Ah si?!" il capo esclamò con un salto in avanti, ignorando quanto quelle parole avrebbero potuto ferirlo a morte, se solo avesse avuto la coscienza che fossero state vere.
Ma non lo erano, non lo erano nella maniera più assoluta.
La sua piccola era solo stanca, arrabbiata, sconvolta.
"Ah sì, El? È così?!" ripeté Hopper con uno scatto in avanti delle sue gambe lunghe, lunghe abbastanza da coprire con una falcata 3 o 4 dei suoi piccoli passi.
"E il tuo papà ti ha mai…tenuta stretta così?"

Le braccia forti, salde ma delicate che in un istante El sentì stringersi intorno alle sue spalle a quelle parole, furono così decise di primo impatto da farle perdere quasi il fiato, trattenuta contro la sua volontà indietro, nonostante le sue gambe ancora in movimento avrebbero voluto scappare di lì il più velocemente possibile.
"Lasciami…" Hopper la sentì ancora una volta singhiozzare, con voce flebile e stanca di urlare, prima di arrendersi sfinita, ricadendo all'indietro, cedendo al suo abbraccio e alla sua stretta intorno alle spalle.
"Lasciami…"
"Shh...kiddo, va tutto bene…ci sono qui io, okay?" sussurrò il capo direttamente tra i suoi ricci bagnati sotto il suo mento baffuto, stringendo di spalle forte a sé la sua magra e tremante figura, sentendola stringersi a lui a sua volta, le mani intorno alle sue braccia sul suo petto.

"Mi…mi dispiace…"
"È tutto a posto, piccola, va tutto bene…smetti di piangere, per favore…"
"Non è vero, non è vero che sei come lui…" il cuore del capo fece un salto di commozione, sentendo quello della sua piccola battere a sua volta a mille nel suo piccolo petto, mettendoci un grosso impegno a non sorridere in quel momento dolce, ma tutto fuorché felice.
"Non…non la pensavo davvero, scusami…"
"Lo so kiddo, lo so…"
"Non è vero che sei come papà…"

I secondi di silenzio che seguirono quel semplice scambio di battute furono brevi ma profondi, interrotti solo dai singhiozzi sempre meno intensi di El, a rompere il silenzio surreale di quel parcheggio buio e deserto, così, stretti ed abbracciati come un fiore cresciuto su di una parete di roccia in alta quota, accanto ad un grande tronco in grado di proteggerla da ogni vento, da ogni acquazzone, da ogni più grande pericolo.
E Hopper si sentiva piccolo di fronte al suo dolore grande, ed El piccola tra le sue braccia forti: da sempre quelle due anime sperdute e sole erano in grado solo insieme di essere un'indistruttibile forza.

"El…" prese fiato il capo dopo qualche secondo, interrompendo il silenzio di quel momento, inalando una grande boccata di aria fredda che stridendo raggiunse i bronchi dei suoi polmoni, desiderando che più che ossigeno già si fosse trattato solo di un altro nuovo tiro di sigaretta.
"Kiddo…non ti piacerà, ma noi dobbiamo parlare di quello che è successo…lì dentro…" El strinse gli occhi per non ricominciare a piangere a quelle parole, imponendosi di annuire, senza riuscire ad aggiungere altro.
Cosa era appena accaduto?
El non lo sapeva…
E non ci poteva pensare…

"Okay…" proseguì il capo il suo monologo, non udendo alcuna risposta, allentando la stretta delle sue braccia e facendola voltare lentamente di spalle verso di lui, verso i suoi occhi premurosi ma decisi di non poter trattenersi dal capire cosa fosse appena successo davanti al suo sguardo.
Cosa aveva appena udito, cosa aveva appena visto.

"Era la prima volta che ti capitava di cercarlo, El?" Hopper cominciò esitante, sentendola scuotere la testa con lo sguardo basso, ancora prima che avesse concluso la sua frase.
"Era la prima volta che andavi nel vuoto per cercare…Mike?"
"No…" El rispose scuotendo la testa con un sussurro, stringendo i pugni lungo i fianchi ed infilandoli velocemente nelle tasche.
"No, già un'altra volta…a casa"
"Kiddo…" sospirò Hopper passando una mano sul viso, scuotendo la testa e non potendo credere alle sue orecchie.
"Quante, quante volte ti ho detto di non usare i tuoi poteri una volta uscita da qui, El? Quante volte ti ho ripetuto che non è sicuro, non lo è davvero per niente, quante volte ci siamo detti che perché tutto funzioni non dobbiamo essere stupid…"

"Questa volta non l'ho cercato io!" la voce di quel fiorellino lo bloccò con un sussurro, facendolo ammutolire all'istante.
"Non…non l'hai cercato tu in quella vasca, El?"
"No, è…è semplicemente successo…" proseguì El scuotendo la testa ancora bassa, ripensando a quell'istante e a tutto quel marasma di voci dentro la sua testa: quelle incomprensibili voci in russo, i ricordi più vividi della serata precedente, e poi Mike, Will, la spia russa…e ancora Mike.
"Prima c'era quel russo e poi tutto d'un tratto…"
"…Mike" completò Hopper annuendo lentamente, vedendola risollevare lentamente lo sguardo con occhi rossi e lucidi di lacrime.
"Tu…tu hai visto tutto, vero papà?"
"Sì…" il capo annuì di fronte a lei, vedendola mordersi il labbro incredula alle sue orecchie: sì, aveva appena condiviso la sua prima dichiarazione d'amore di fronte a tutti i presenti in quel laboratorio, dal primo all'ultimo, perfino di fronte al suo papà.
"Fantastico…fantastico"

"Sì, ho visto e sentito tutto…" ripeté Hopper con un sospiro, ripetendosi di non preoccuparsi adesso dei mille discorsi che il suo cuore protettivo di papà avrebbe potuto intavolare in quel momento di fronte alla sua bambina.
Le priorità erano altre in quel momento, e Hopper lo sapeva più che bene.
"Ma sopratutto, El…loro hanno sentito, loro hanno sentito tutto"

"Non è stata colpa mia" El esclamò scuotendo la testa, passando una mano sotto gli occhi a raccogliere le lacrime ed accettando il fazzoletto di stoffa offerto dal suo papà di fronte a sé.
"Io non volevo succedesse, non volevo andare da lui, non volevo vederlo se loro erano lì con me…"
"Lo so, kiddo, lo so…" Hopper annuì pregando El non riscoppiasse di nuovo a piangere di fronte a lui.
"Lo bene, piccola ma…è successo. E, che ti piaccia o no, potevi mettere Mike in pericolo, forse perfino Will…lo capisci, vero?"
"Sì…" El annuì riabbassando lo sguardo, strofinando via con il tessuto i rigagnoli di sangue a macchiarle di rosso la pelle.
"Lo so bene…"

"Meno sanno di te e della tua vita fuori da lì dentro meglio è per tutti El, questo lo sai vero?" continuò il capo tentando di coprire il tremore di paura della sua voce.
"Ogni informazione come questa può essere usata contro di te: quegli stronzi sono in grado di qualsiasi cosa, non è certo una novità…e sopratutto, ogni conoscente, ogni affetto, ogni amico…" Hopper sottolineò con cura quella parola, chiudendo gli occhi ed imponendosi di non aggiungere di più.
"Ogni persona è in pericolo se loro sanno di poterla ricondurre a te…lo capisci, El, vero? Capisci perché è così importante?"

El annuì, deglutendo amaramente, incapace di cancellare dalla mente il viso di Mike illuminato nel buio profondo del vuoto, i suoi occhi grandi illuminarsi appena pronunciato il suo nome, quella speranza, quella promessa, quella confessione.
"Mi sono innamorato di lei…"
"Volevo portarla a vedere le lucciole in quello spiazzo, vicino alla cava…"
"El…mi stai ascoltando?"

"Io non voglio che facciano male a Mike…" El mosse appena le labbra come una preghiera, gli occhi fissi in un punto imprecisato della giacca del suo papà, avvertendo un brivido lungo la schiena e scaacciando immediatamente lontano da sé una orribile visione.
Mai, mai, mai quegli uomini cattivi avrebbero potuto far del male a lui, a quel piccolo nerdino in grado di portar luce pur dove lei non ne aveva mai visto la possibilità.
El non lo avrebbe permesso. Mai.
"Loro…loro non possono fare male a Mike! Io…io non glielo permetterei mai..."

"Lo so, kiddo, lo so…" Hopper annuì sciogliendosi in un piccolo sorriso, allungando una mano e prendendo dalla sua il fazzoletto, strofinando un punto all'angolo della bocca ancora sporco di rosso.
"Ma devi fare attenzione, tanta attenzione, El! Episodi come questi non devono capitare più, intesi? È troppo, troppo pericolo, piccola"
"Co…cosa posso fare?" chiese El confusa, alzando lo sguardo sopra di lei e vedendo il suo papà sospirare, alzando ed abbassando lentamente le larghe spalle.
"Non lo so, credo solo..rimanere concentrata, non farli entrare…" rispose semplicemente Hopper, riponendo il fazzoletto sporco nella sua tasca della divisa della polizia.
"Focalizzare la mente, non concederti distrazioni…restare concentrata tutto il tempo: evitare di andare a cercarlo nel vuoto quando sei da sola, per non creare un percorso predefinito nella tua mente e…"

"Sono stanca…" lo interruppe la piccola con un singhiozzo, portando una mano tra i suoi ricci e sciogliendo l'elastico, facendoli ricadere ancora bagnati sulle spalle e sollevando sulla testa il cappuccio, sentendo il freddo scendere fin dentro le sue ossa.
Il capo restò a fissarla immobile, in attesa.
Non era solo stanca, la sua piccola era sfinita: lo vedeva dalle occhiaie, profonde per il poco sonno e le molte paure, dalle sue guance calde, quasi di febbre, dalle sue gambe sottili sul punto di cedere, le sue spalle che credeva non fossero in grado di sostenere tutto quel peso.
"…sono stanca, stanca da morire, papà"
"Lo so, piccola, lo so.." sospirò Hopper non potendo trattenersi dallo stringerla un'altra volta a sé forte forte, sentendola respirare profondi sospiri contro il suo petto, ma senza piangere più.

"Forse è tutto…troppo, troppo per te che sei una ed una sola, El…"
"No no, io…io ce la posso fare" annuì El con convinzione, separandosi da lui e fissandolo con occhi profondi.
"Ce la farò, ce la posso fare…ce la devo fare papà"
Hopper sorrise, accarezzando con un dito la sua guancia, vedendola sorridere a sua volta di un piccolo nuovo sorriso.
"So che ce la puoi fare, piccola…sei la persona più forte che io conosca, lo sai…"
"E non succederà mai più qualcosa così…non li lascerò mai più entrare!"
"So che sarà così.."
"Grazie papà…"
"Posso fare ancora qualcosa per te, kiddo?"

El esitò prima di rispondere, mordendo il bordo del labbro e puntando lo sguardo fisso ai suoi piedi, non sapendo come formulare quella richiesta, ma più che sicura di sapere cosa davvero gli servisse in quel momento.
"Mi sono innamorato di lei…"
"Volevo poterla a vedere le lucciole in quello spiazzo, vicino alla cava…"
"…El?"
"Puoi…puoi portarmi, papà? Puoi portarmi…da lui?"

"Da Mike?" chiese il capo alzando un sopracciglio, vedendola rialzare lentamente lo sguardo annuendo con occhi cauti e prudenti, in attesa di una risposta.
"Sì…da Mike: puoi portarmi adesso da lui, papà? Da Mike?"
"Sei sicura sia una buona idea, El?" chiese Hopper con un sospiro, frenando il piccolo capo della polizia dentro il suo petto che con le manette già pronte in mano stava gridando già a gran voce:
"The hell! No no, no e poi no! Ti ammazzo Wheeler, sei morto! Ti sbatto in cella per il resto dei tuoi giorni!"
"L'hai detto tu stessa: sei stanca piccola, hai bisogno di riposo! Non credi sarebbe meglio andare a cas…"

"Per favore…" El lo interruppe con occhi supplichevoli, non lasciando al capo possibilità di replica alcuna:
"Solo…solo per un minuto…io, io ho bisogno di vederlo, papà…"
"…e va bene…" prese un lungo respiro il capo Hopper portando una mano sugli occhi e stropicciandoli piano, maledicendo il suo cuore troppo tenero, gli occhioni di quella piccola e l'intera persona di quel ricciolino dalla pelle pallida e le mille lentiggini.
"Ma solo per un minuto, come hai detto tu!"
"Sì!" esclamò sorridendo per la prima volta quella sera, e il capo fu quasi colpito come da un bagliore nel realizzare come solo quel nerdino fosse davvero in grado di far passare il viso della sua bambina dalla tristezza più assoluta alla gioia più incontenibile.
Dalle tenebre alla luce.
"Mannaggia a te, Wheeler…"

"Sai…sai dove si trova in questo momento, El?"
"Posso vederlo!"
"Kiddo…"
"Papà, ti prego, sono per una volta!"
"Oh, dannazione, d'accordo!" alzò gli occhi al cielo Hopper, voltandosi come per impedirsi di vedere, incapace di credere di averle concesso davvero il permesso.
"Ma fai in fretta, El! Veloce!"

El sorrise, con il cuore a mille nel petto di emozione, non potendo credere di stare per andare davvero da lui, non più solo nei sogni, non più solo nelle visioni, ma vivo reale, meraviglioso di fronte a sé.
Ed El non sapeva cosa avrebbe fatto, cosa avrebbe detto, sapeva solo che non avrebbe potuto aspettare un'altra lunga notte prima di rivederlo per davvero di fronte a sé.
Ed El chiuse gli occhi, ritornando per un secondo di là, nel freddo, nel buio, nel vuoto, che così meno freddo e buio non era mai stato, perché El stava cercando quella volta una vera fonte di luce.
La sua sola, la più importante e luminosa.
"Mi sono innamorato di lei…"
"Volevo poterla a vedere le lucciole in quello spiazzo, vicino alla cava…"

El già sapeva quella sera come raggiungerlo.

*

"Un po' giù di corda, Mickie? Quale drago sputafuoco mina il tuo camminare, oh mio paladino?"

Il piccolo Byers non poté fare a meno di sorridere, spingendo a braccia tese le porte dell'Arcade spalancandole di fronte a suoi amici e lanciando un'occhiata attenta al suo migliore amico, il cui umore nero minacciava di far apparire quasi pallidi i suoi riccioli sulla fronte.

"Che cosa mina il mio cammino? Aspetta, Dustin, fammici pensare, un secondo…" finse di stare al gioco il nerdino, alzando lo sguardo con aria pensosa tra i sorrisi dei suoi due migliori amici al suo fianco, uscendo nella fredda aria di novembre del parcheggio davanti alla sala giochi illuminata dalle insegne al neon.
"Fammi pensare, vediamo…forse il fatto che sia stato il weekend più merdoso nella storia del weekend merdosi di tutta la mia merdosa vita?!"
"Come sei ingiusto con te stesso, Mike! Può sempre andare peggio di così!" sorrise Lucas battendo una mano sul suo petto, facendo sollevare al ricciolino un sopracciglio con aria incredula.
"Oh, ma davvero, amico? Stupiscimi, avanti!"
"Beh, puoi sempre pensare…che domani inizierà una nuova settimana di scuola!"

"Ora si che mi sento molto meglio, ti ringrazio, Lucas!" alzò le braccia al cielo Mike, tra le smorfie e le proteste dei suoi amici, liberando le bici dalla rastrelliera del parcheggio.
"Che cazzo di seccatura…"
"Non possiamo passare direttamente alle vacanze di Natale?"
"Sarebbero merdose anche quelle di questo passo…"
"Ragazzi, e dai! Sù con la vita! Dimenticate la cosa più importante!" esclamò Dustin in mezzo agli amici, facendo voltare il party all'unisono verso il suo sorriso sdentato.
"E sarebbe a dire, Dustin?"
"Le nostre ferite di guerra da sfoggiare con orgoglio domani lungo i corridoi!" esclamò il ricciolino dagli occhi azzurri fieramente, indicando con un gesto della mano il suo taglio sul mento, l'occhio nero e ancora gonfio di Lucas, il labbro spaccato di Mike e il taglio sullo zigomo di Will.
"Vere cicatrici di guerra degne delle più intrepide battaglie, miei prodi!"

"Capirai…" sospirò Will alzando gli occhi al cielo, salendo sul sellino della bici ma mantenendo i piedi saldi, ben piantati sul terreno.
"Intanto Troy se ne sta laggiù a raccontare a tutti la sua versione dei fatti…" gli occhi dei nerdini si mossero come un sol uomo dall'altra parte del cortile, verso una macchina azzurra parcheggiata targata "King Steve" e un gruppetto di ragazzi e ragazze seduti sul cofano a ridere e fumare alzando le grida per tutto il restante parcheggio.
Il cuore di Mike si strinse per la rabbia a quella visione, alla vista del viso ridente e spavando di Troy, un braccio intorno alle spalle di Lucy al suo fianco e l'altro appeso al collo, una sigaretta a bruciare tra le sue labbra, aperte in un ghigno cattivo e spavaldo.
Cavolo, non poteva sapere cosa lo stesse trattenendo dal correre in quello stesso momento lì a riempire ancora quella faccia del cazzo di botte.

"…e tutti credono alla sua versione…ovviamente!"
"Beh, Mike gli ha spaccato un braccio, questo è un dato di fatto!" esclamò Lucas con mezzo sorriso, vedendo l'amico riccio abbassare lo sguardo, pensoso.
Ancora il piccolo Wheeler non riusciva a credere a che cosa era successo davanti ai suoi stessi occhi appena 48h prima.
Non sapeva come ma di una cosa era del tutto certo: non era stato lui, nella maniera più assoluta.
Come mai avrebbe potuto?
Eppure, continuare a ripeterlo lo avrebbe fatto passare ancora più da pazzo, e Mike lo sapeva più che bene.
Forse era solo giusto far trascorrere un po' di tempo, lasciare che tutti si dimenticassero dell'accaduto a favore di un nuovo pettegolezzo.
Ma Mike no, non credeva sarebbe riuscito a dimenticare le mani di quel ragazzo tra le gambe di El così facilmente, seppur volendolo con tutte le sue forze.

"Preferisco non ricordarlo, grazie, ragazzi…"
"E la cosa peggiore, è che Lucy continua a credere alle stronzate che dice come un cagnolino!" completò Will con una smorfia, distogliendo lo sguardo dalla visione della ragazza mora, appoggiata al suo petto intenta a ridere tra una e l'altra bolla rosa di big bubble.
"Cazzo, ma quella ragazza, non ce l'ha una dignità?"
"Ed è una novità Byers?" scosse la testa Lucas, iniziando a pedalare verso l'uscita.
"Da quando ci preoccupiamo per Troy e Lucy?"
"Da quando hanno osato rovinare la festa più bella dell'anno, suppongo…"
"Possiamo chiudere l'argomento Halloween fino al prossimo anno, per favore?!" sbottò Mike con un sospiro, alzando le braccia al cielo ma continuando a pedalare sulla sua bici.
Certo quella festa sarebbe stato un ricordo da rimuovere ancora più doloroso della figuraccia con i costumi da ghostbuster dell'anno precedente.

"Ne ho abbastanza! Fino all'anno prossimo!"
"E va bene, ricevuto, capo!" annuì Lucas con un saluto militare ed un sorriso, iniziando a pedalare in direzione di Cherry Road.
"Ci vediamo domani a scuola! Non combinate guai per le prossime 8h!"
"E tu salutaci Max e augurale buona guarigione!" urlò alle sue spalle Dustin con un mezzo sorriso furbo:
"E ricorda che in convalescenza le attività fisiche pesanti sono considerate dannos…"
"Dustin!!"
"Okay, okay, mi dileguo!" alzò le braccia con aria innocente il nerdino dagli occhi azzurri, sorridendo compiaciuto ed iniziando a pedalare nella direzione opposta, lasciando i due migliori amici immobili alle sue spalle con occhi divertiti.

"A domani, signorine!"
"A domani, Dustin!"
"Non rompere nessun braccio in mia assenza, Wheeler! O perderò un'altra occasione per vantarmi di essere tuo amico!"

"Vi prego, pietà…finitela.." sospirò Mike appoggiando i gomiti al manubrio della sua bici e nascondendo il viso tra il tessuto della sua giacca di pelle, ancora leggermente impregnato del profumo di El che stava ormai, trimestre, già scomparendo.
Will gli si fece accanto, appoggiando a terra i piedi e prendendo un profondo sospiro, allungando un braccio e appoggiando la mano aperta sulla sua spalla.
Vedere il suo migliore amico così sconvolto dopo quel weekend dalle mille emozioni era in grado di schiacciare le spalle del giovane Byers a terra come un macigno, lasciandolo impotente ed incapace di trovare parole con le quali consolarlo sul serio.
Cosa avrebbe mai potuto dire se nulla, davvero nulla, nemmeno un pomeriggio in sala giochi scaccia pensieri era stato in grado di spazzare vie le nuvole dalla sua mente ripiena di pensieri incasinati come i suoi soliti ricci?

"Mike…i ragazzi cercavano solo di…"
"Non sono stato io, Will…" sospirò Mike con voce appena percepibile, sollevando lentamente la testa e cercando gli occhi verdi dell'amico accanto a sé.
E gli occhi di Will avrebbero potuto parlare da soli quella sera.
"Me l'hai già detto Mike, me l'hai già detto…" sospirò Will tenendo gli occhi fissi, meno sicuri e più incerti di quanto avrebbe desiderato.
"E, fidati, vorrei davvero crederti ma…"
"Ma è assurdo, lo so…" sospirò Mike stendendo le braccia sul manubrio, scuotendo i ricci sulla fronte.
Era tutto davvero, davvero assurdo.

Come poteva spiegarlo, se non lo capiva nemmeno lui?
Cosa avrebbe dovuto dire per convincere Will, se lui stesso ancora non riusciva a convincere se stesso di essere riuscito a rompere il braccio ad un ragazzo solo sfiorandoglielo?
Assurdo? Totalmente assurdo.

"Mike, io credo…"
"Io credo di poter andarmene a fanculo per oggi, Will…" sospirò Mike, facendo per muovere il primo giro di pedale della bici, scostando con una mano dalla fronte.
Era stufo di continuare a ragionarci sopra, continuare a ripetere in loop le sequenze di una serata che non aveva più senso stare ad analizzare.
Era inutile ripensare a quando le aveva preso la mano, l'aveva sentita saltargli al collo con le mani sulla sua vita, quando le sue dita si erano fatte strada nei suoi ricci di seta, la sua fronte contro la sua, i loro sorrisi ad un passo dal diventare uno solo e poi quella frase, quell'esplosione di petardi dritti nello stomaco:
"Sarò per sempre il tuo fiorellino, Mike!"
"…cazzo"

Ed era inutile pensare a quando l'avrebbe rivista il giorno dopo a scuola, se le sue mani ancora bruciavano per la rabbia di cosa era successo dopo. Che senso aveva rivivere tutta quella poesia se tutto si era concluso poi nel suo fiorellino in lacrime, in ginocchio tremante come una foglia davanti al suo sguardo impotente, tra le urla e le accuse di qualcosa che era certo di non aver commesso?
"Mike…io penso che dovresti voltar…"

Fanculo a tutto, a quella dannata festa, alla notte più bella dell'anno che bella non era mai e tutti quei sentimenti che era arcistufo di provare, che non lo portavano mai da nessuna parte.
Fanculo a se stesso, se era troppo codardo per dirle che si era innamorato di lei o per invitarla ad andare a vedere con lui le lucciole.
Fanculo, fanculo e fanculo!

"Mike, girati…"
"Me ne vado a casa Will, ti saluto!"
"Oh, io non credo…" sentì il suo migliore amico sussurrare, una voce a metà tra il soddisfatto e lo sconvolto, appoggiando una mano alla sua spalla per scuoterlo leggermente e puntare il dito in un punto imprecisato nella direzione opposta alla loro.
E Mike non capì immediatamente: come avrebbe potuto, davanti agli occhi verdi di Will spalancati di stupore ed incredulità?
"Amico, guarda un po' là…"

E quando il giovane Wheeler si fu infine voltato verso il punto indicato dal suo migliore amico, per poco non perse l'equilibrio cadendo giù dalla bici, spalancando gli occhioni scuri, se possibile, ancora più di Will alle sue spalle.
No, non era possibile.
Quello si che era qualcosa di assurdo, di surreale.
"Fo…forte!"

Il furgone della polizia di Hawkins, parcheggiato con il motore ed i fanali ancora accesi, illuminava un angolo del parcheggio dell'Arcade dalla parte opposta rispetto a loro, ma nel buio dello spiazzo, con le luci ad illuminarla da dietro quasi si fosse trattata di una visione angelica, Mike Wheeler impiegò meno di un secondo per riconoscere una piccola e sottile figura in arrivo di corsa verso di loro, le gambe sottili affioranti da un pesante cappotto grigio, i ricci ondeggianti scomposti da sotto il cappuccio calato sulla testa.
E non c'era molto da analizzare in quel momento, molto da interpretare: era lei, poteva essere solo lei.
Era una visione celestiale scesa da Mike non sapeva quale paradiso terrestre, con tanto di coretto angelico annesso nelle sue orecchie.
"…forte!"

"El!!" esclamò per primo Will, battendo un pugno sul braccio di Mike, probabilmente rimasto paralizzato per 2 minuti buoni con le labbra spalancate, incapace di proferire parola.
"Dannazione Wheeler, datti una mossa!"
"Che sorpresa!"
"Ciao ragazzi!" esclamò con un grande sorriso El, fattasi finalmente abbastanza vicina per poterli salutare con la mano, fermando le sue gambe davanti alle loro bici con tutta l'aria di una che avrebbe voluto concludere quella corsa in tutt'altra maniera: per esempio, saltando direttamente tra le sue braccia.

"…El!" sbattè le palpebre Mike come per assicurarsi non si trattasse solo di una visione troppo realistica, complici le sue orecchie a percepire il tono melodioso della sua voce e le sue narici a riconoscere il suo buon odore di fiori.
La stava…la stava vedendo anche Will in quel momento, vero?
Non era…non era lui diventato tutto d'un tratto pazzo, non era vero?

"Cosa…cosa ci fai qui?" chiese Mike ipnotizzato dal suo sorriso, non riuscendo a connettere in modo producente i due neuroni ancora sobri tra tutti quelli intenti a stappare una bottiglia di champagne nella sua mente, incredulo ed in trance ma non abbastanza per non sentire Will tossire violentemente alle sue spalle.
"Cazzo Wheeler, puoi fare davvero di meglio!"
"Quello che Mike, intendeva dire…" Will corresse il tiro, interrompendolo prima che potesse dire altre fesserie,
"…era: come hai fatto a trovarci qui? Era da tanto che aspettavi che uscissimo?"

Ma El non riusciva a vedere altro che Mike in quel momento, lì con il viso incredulo ma felice, e così dannatamente bello, bello, bello da morire.
El non riusciva a sentire nulla se non un eco lontano nelle sue orecchie, la sua stessa viva voce ripetuta in loop nelle sue orecchie, la sola frase che avrebbe con molta probabilità voluto sentir ripetere per tutto il resto della sua vita:
"Mi sono innamorato di lei…"
Innamorato.Di.Lei.
"Anche io, Mike, anche io! Anche io ora so come dirlo: sono anche io così tanto, così tanto innamorata di te!"

"…El? Ti senti bene? El?"
"Anche io!" sorrise solo El senza aver inteso la domanda, rispondendo a quella confessione nelle sue orecchie, più che a qualunque ipotetica domanda appena rivolta a lei da uno degli amici.
E a giudicare dalla faccia dei due nerdini, quella non era stata probabilmente la risposta più appropriata, ma a quel fiorellino non avrebbe potuto importare di meno in quel momento.
Il cuore di El batteva a mille, volava letteralmente a due metri da terra, scaldandole il petto e facendo esplodere di gioia il suo sorriso, il più luminoso, il più grande e meraviglioso che Mike avesse mai visto sul suo viso.
E Mike non sapeva se era più imbambolato in quel momento davanti a quella visione o per il fatto di essersela trovata improvvisamente così vicina, così reale, così…."forte!"
E ad El quella sera, non importava più di rompere qualsiasi divieto o oltrepassare qualsiasi limite.

"Anch'io!" ripeté annuendo, come a dare più enfasi alla sua risposta, vedendo il sopracciglio di Will alzarsi ancora di più, ma il sorriso di Mike farsi ancora più profondo, incapace di separare gli occhi da suoi.
"Bella, bella…bella come un sogno!"
"Anche io voglio venire a vedere le lucciole vicino alla cava con te, Mike!"

"Cosa?!" esclamò il piccolo Byers senza potersi trattenere, autotappandosi la bocca con entrambe le mani un secondo esatto dopo, ma non sufficiente a non lasciar sfuggire quel grido di stupore.
"Ma come cazzo…?!"
"Le lucciole?!" allargò le labbra in una 'O' di stupore il piccolo Wheeler, spalancando gli occhi se possibile ancora di più, ormai letteralmente fuori dalle sue stesse orbite.
"Lucciole, El?"
"Sì, le lucciole, le lucciole, Mike!" annuì El felice, quasi saltellando di gioia sui suoi stessi piedi:
"Quelle che mi hai promesso di andare a vedere…quelle di cui mi hai parlato nei tuoi libri…ci andiamo? Andiamo a vederle, Mike…sta sera?"

"…sta sera?" impiegò un secondo per elaborare il ricciolino, bloccato sul sellino della sua bici con le mani sul manubrio ed i piedi bene a terra, temendo, se avesse osato alzarne anche solo uno, di ritrovarsi a volteggiare via per aria come un palloncino ricolmo di eterea felicità in quel momento.
"Sta sera…certo!"
"Forte!" Mike la sentì ridere, più rossa sulle guance e con occhi luminosi come non glieli aveva visti mai, via le nuvole, via le paure, via le tristezze, via il dolore.
"..forte!"

"Passa da me dopo le 10:30! Papà sarà già andato a dormire o non mi permetterebbe mai e poi mai di uscire…" annuì El non un cenno alla macchina ancora in attesa e ben distante dalle loro spalle, ignorando una piccola vocina intenta a chiederle insistentemente nelle sue orecchie che diavolo stesse facendo.
"Non essere stupidi! Non essere stupidi! El?! Ma che diavolo ti passa per quella testolina ricciuta?!"

"Certo! Alle 10:30!" annuì Mike sperando di avere tempo in seguito per processare tutta quella serie di informazioni perché invero, in quel momento, sentiva non sarebbe riuscito ad azzeccare un più da un meno.
"Solo…non so dove abiti, El!"
"È una piccola casetta in mezzo al bosco, dalle parti della periferia nord verso il mall!" inizió El muovendo le mani come per rappresentare una strada davanti a loro.
"Prosegui dritto dal centro per quasi un chilometro, giro a sinistra lasciandoti alle spalle la statale per entrare nel bosco, e poi dritto per circa 5 minuti, fino a quando…"

"Gliela rispiego io dopo, El!" intervenne Will in soccorso dell'amico, vedendo Mike sudare freddo nonostante il clima gelato.
"Lo chiederò a mia madre, sicuramente lei ce lo saprà spiegare!"
"Certo! Ma pregate Joyce di non farne parola con mio padre!" pregò El guardando prima uno poi l'altro amico, incapace di fermarsi a ragionare su quante migliaia di regole avrebbe potuto infrangere di lì a poche ore se quel folle piano fosse andato realmente in porto.
L'essere innamorati rendeva sempre così stupidi, coraggiosi ed imprudenti?
Se così, ad El piaceva…piaceva eccome!

"Papà potrebbe uccidermi se sapesse che ho deciso di uscire senza chiedergli il permesso ma, detto tra noi, mi direbbe senza dubbio di no questa sera, perciò…"
"…certo!" annuì con forza Mike, cercando di focalizzarsi sulle uniche note importanti da ricordare in quel preciso istante di fronte a lei.
1) ignorare per il momento di essere dotato anche lui di una madre non armata di pistola d'ordinanza ma di una ugualmente temuta ciabatta
2) continuare a respirare regolarmente
"Certo! Allora…alle 10:30, sta sera…a più tardi!"

"A più tardi!" rispose infine El, con un ultimo meraviglioso sorriso, voltandosi lentamente alle sue spalle per allontanarsi da loro, ma fermandosi un secondo con il piede a mezz'aria, indecisa.
E quando quel paladino sconvolto ed innamorato la vide voltarsi indietro verso di lui un'ultima volta, credette si fosse dimenticata di dirgli qualcosa di importante, ma di certo non avrebbe potuto nemmeno immaginare di ritrovarsela in un secondo più vicina, più vicino il viso al suo in un battito di ciglia, al tempo di un respiro, sentendo le sue labbra morbide sfiorare la guancia nella fossetta sotto il suo zigomo, lasciando la sua pelle sensibile, incandescente e le narici in overdose di profumo di fiori.
"...wow"

"A dopo, Mike…" il ricciolino la sentì sorridergli con un sussurro ed un'ultima carezza sul suo viso, voltandosi infine alle sue spalle e correndo via, lasciandolo lì imbambolato, strapazzato come le uova della colazione speciale di sua madre, ma con una gioia così dirompente nel petto che avrebbe potuto percorrere di corsa l'intera superficie di quello spiazzo sulle mani.
"…a dopo, El"

"Okay, questo si che è stato surreale…" scosse la testa Will al suo fianco, con le labbra ancora spalancate, incapace quasi quanto lui di credere a quello che era appena successo di fronte ai suoi stessi occhi.
"Ma come cazzo…come cazzo è possibile, Mike?!"
"…magica" fu l'unico sussurro che le labbra rosse di Mike furono in grado di proferire in quel momento, gli occhi ancora puntati nel punto dove El era appena scappata, e le mani a sfiorare il punto della sua pelle, in mezzo alla sua costellazione di lentiggini, dove le sue labbra morbide si erano appena posate.
"Sta sera, alle 10:30, le lucciole" ripeteva il nerdino nella sua mente, ed era tutto ciò che aveva senso ricordare in quel momento.
Tanto che fosse completamente andato, cotto ed irrecuperabilmente ricotto di lei il suo cuore già lo sapeva, da molto, molto tempo.

"…magica: sei magica El Hopper"

📼🌼
Quanto tempo impiegherà El ad accorgersi dell'enorme cazzata che ha appena proposto al suo paladino innamorato?
Uscire di nascosto di notte per inseguire le lucciole in un prato?
Wow, suona molto come una bella fanfiction ma...aspetta un attimo!
Lo è!🙈🙈🙈
Okay okay, sono particolarmente fusa, lo so, sarà l'inizio di settembre e la ripresa delle vecchie ed (in)sane abitudini, ma qualcosa sta cambiando nell'aria, lo percepite anche voi?
Sembra l'eco di una canzone, ed alcuni di voi so già che conoscono le parole...🙊
Sta soffiando lungo gli alberi della foresta in una notte di inizio novembre dove tutto può succedere...
perfino la più bella delle magie💫
La notte non è che appena iniziata, giovane ed innamorata!
Al prossimo capitolo!

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