13."It was a seven!"
📼🌼
Il rumore dell'acqua scrosciante nell'alta e stretta vasca di depressione sensoriale riempiva l'aria del corridoio quel pomeriggio di inizio ottobre al Dipartimento dell'Energia di Hawkins, mescolando il bianco asettico delle pareti all'acre odore di cloro.
Il capo della polizia Jim Hopper non avrebbe saputo dire quante volte le sue mani nervose avevano stretto quel tessuto familiare e consumato, girando e rigirando tra le dita il suo fidato cappello adibito quel pomeriggio a personale antistress per l'occasione.
Il capo aveva sempre odiato quel posto e se ne ricordava bene il motivo quel pomeriggio: quell'odore, quel silenzio, tutto quell'immacolato ed etereo bianco avevano sempre avuto il potere di risvegliare in lui i peggiori brividi e ricordi, sepolti nelle pieghe delle sue membra stanche e rese più forti nei continui anni passati a cercare di eradicare quei pensieri dalla sua mente.
Quel posto a Hopper aveva sempre ricordato un ospedale e il capo si era ripromesso, già da tempo, che in un ospedale non vi sarebbe mai rientrato nella sua intera vita, per le più ovvie delle ragioni.
"Capo, ma che sorpresa!" si sentì richiamare dal fondo del corridoio dal pavimento di mattonelle bianche e lucide, alzando lo sguardo allarmato e titubante e ritrovandosi di fronte quello sereno e accogliente del dottor Owens, la mano libera dalla sua solita pallina anti-stress blu già tesa nella sua direzione in segno di saluto.
"La trovo in splendida forma! Non ci aspettavamo di vederla qui oggi! Come si dice in questi casi: benvenuto! Anche se per lei sarebbe forse meglio dire: bentornato!"
Hopper tirò su con il naso senza un accenno di sorriso, limitandosi a stringere con più forza del dovuto la mano di quell'uomo dal camice bianco e l'aria cordiale che ora lo fissava con occhi azzurri attenti a non perdersi nessun dettagli della sua espressione.
Trasalì il capo Hopper, sentendosi quasi a disagio tra quelle mura di cemento, un picchetto di militari armati di fucili ogni porta allarmata manco si fosse trattato del caveau di una multinazionale o di un magnate russo in qualche schifo di posto della steppa siberiana.
Prese un lungo respiro, tornando con le sue mani sul suo capello e deglutendo tutta la sua tensione, ricordando a se stesso per l'ennesima volta del perché si trovava lì.
Se quel posto era in grado di mettergli i brividi quando erano solo da 10 minuti che vi era entrato, come poteva immaginare lei chiusa lì dentro tutti i pomeriggi della sua vita?
Cavolo, ma come si faceva a dare il benvenuto in un posto come quello?!
"Il dottore sa della sua visita, capo?" interruppe i suoi pensieri il suo interlocutore con un sorriso gentile ma sguardo fisso, vedendo il suo scattare di nuovo al suo posto, incrociando i suoi occhi chiari nei suoi.
"No, non ho ancora avuto il piacere di incontrarlo" rispose secco Hopper con una smorfia del viso, sufficiente a far trapelare tutta, ma proprio tutta l'ironia di quella parola.
"Il suo capo non avrà certo problemi se mi trovo qui, non è vero? Mi pare che in questi mesi la mia presenza sia stata più che discreta e che nessuno di voi mi abbia mai visto ficcanasare nei vostri…"
"Naturalmente, naturalmente!" lo interruppe il dottore con un gesto della mano e un più ampio e tirato sorriso, vedendolo chiudere gli occhi come a bloccare una filippica di cui conosceva già invero la conclusione,
"Non mi fraintenda, non era duello che volevo dire: intendevo che se il dottor Brenner avesse saputo del suo arrivo certo avrebbe provveduto ad un'accoglienza più degna di lei…"
"Non mi serve un'accoglienza in pompa magna, dottore, non prendiamoci in giro…" ghignò Hopper riabbassando lo sguardo con un sorriso ironico, ma risollevandolo immediatamente e ritrovando gli occhi del dottore ancora fissi ed attenti:
"Non è per questo che sono qui…"
"La sua umiltà è sempre stata lampante, capo, non mi stupisce!" continuò la commedia Owens, stringendo al petto la cartella di fascicoli e carte stampate, facendo avvertire ad Hopper un tremendo fastidio in un punto imprecisato in mezzo al palmo della sua mano.
Cavolo quanto volentieri avrebbe dato sfogo a quell'istinto di spaccare immediatamente qualcosa.
"Ma ad ogni buon conto, visto che è stato lei ad introdurre l'argomento, non può che trovarmi curioso a questo punto tanto da porle la domanda…"
Il capo Hopper sollevò un sopracciglio, mescolandolo con i radi capelli biondo scuro sulla fronte, in attesa, vedendo il dottore stringere più forte la pallina blu tra le dita in uno spasmo carico di tensione, così ben celata da non trasparire tuttavia dal tono ancora calmo ed conciliante della sua voce:
"Perché lei è qui?"
Prima che Hopper potesse replicare o anche solo immaginare di poterlo fare, la porta di metallo di fronte ai due su quel corridoio si aprì di scatto con un suono metallico, facendoli voltare entrambi lasciando in sospeso quella commedia di finta cordialità.
Hopper deglutì, sentendo il cuore perdere un battito di fronte alla figura che si palesó davanti al suo sguardo sperso, facendolo tremare per un secondo di freddo, e quel senso familiare di angoscia riimposessarsi del suo petto in un secondo, mescolando ricordi di grida, pianti e calpestio di piedi in lunghi corridoi a tutto quel bianco, quell'etereo, fastidioso ed eterno bianco.
Si ricordò in un secondo perché tanto odiasse quel posto, perché tanto gli ricordasse il luogo nel quale aveva ripromesso di non ritornare, tutti quei camici, quell'aria intrisa di odori chimici pungenti, quell'aurea di morte così spessa da poter quasi trasudare dalle pareti.
Si ricordava in quel momento perché in quegli ultimi due anni aveva preferito come un codardo aspettarla tutti pomeriggi nel suo furgone targato Hawkins Police piuttosto che tra quelle mura, sonnecchiando con il suo cappello tirato sugli occhi e fumando nervoso l'ennesima sigaretta, piuttosto che stringere i denti ed immergersi in quei ricordi di sofferenza che urlavano il suo nome ogni secondo nelle pieghe ancora doloranti del suo cuore.
Se lo ricordava il capo Hopper, se lo ricordò anche in quel momento, così come ebbe però chiaro in un secondo di fronte a sé il secondo motivo, l'altro motivo, quello che lo aveva spinto quel pomeriggio ad essere forte contro i fantasmi del suo passato tra quei corridoi, fino a lì.
E la ragione era lì, di fronte ai suoi occhi puntati nei suoi: la sola cosa viva che rimaneva ancora in piedi in quel mondo di morte e terra bruciata intorno a sé.
Hopper non poté fare a meno di sorridere, più per il sollievo di non ritrovarsi più costretto a quell'inutile discussione o per il sollievo di rivederla al suo fianco, proprio al suo che avrebbe dovuto invece fare forza a lei quel pomeriggio, e che invece, già il capo lo sapeva, era da sempre molto, molto più forte di tutti, perfino di lui.
Vide la sua piccola avanzare piano fuori da quella porta sul corridoio fino alle loro due figure, i ricci raccolti in una coda alta sulla nuca ed un costume grigio perla intero a coprire aderente il suo corpo magro lasciando nude le gambe e braccia, scortata da due alte figure in camici bianchi che Hopper avrebbe tanto volentieri sbattuto al muro con una testata in quel momento: cavolo se avessero provato anche solo a torcerle un capello…
"…capo?" chiese il dottor Owens sbattendo le palpebre ed alzando un sopracciglio, vedendo Hopper rigirarsi verso di lui con aria infastidita,
"Temo di non aver compreso la sua risposta…"
"Giornata genitori-figli" rispose ironico Hopper, allungando un braccio e portandolo in modo protettivo sulle spalle di El arrivata abbastanza vicina da poter essere stretta in quell'abbraccio di conforto, sollevando sul dottore uno sguardo ironico ma deciso che non ammetteva discussioni.
"Eleven mi ha chiesto di essere presente oggi, mi ha detto che state per iniziare un esperimento importante, qualcosa di speciale..." continuò Hopper con occhi ridotti a fessure, vedendo Owens passare con lo sguardo dal suo viso ferreo a quello della piccola El, seria ed impassibile nel suo solito silenzio, allungata una mano a stringere quella del papà adottivo sulla sua spalla.
"Non credo che il suo capo avrà nulla da replicare per una volta…non è vero?"
Il cuore di El fremette per un secondo nel silenzio che seguì quella richiesta, più che una domanda una vera e propria presa di posizione, vedendo il dottore mordersi impercettibilmente un angolo della guancia, senza staccare gli occhi azzurri da quelli del suo papà.
Sapeva che non c'era da scherzare, che l'ora dei giochi e dei sorrisi si concludeva una volta varcata quella soglia, tutti i pomeriggi in maniera inevitabile da quando ne conservava l'orribile ricordo.
Le era stato chiesto di crescere quando alla maggior parte dei suoi coetanei era insegnato a giocare, di stare attenta ed ubbidiente, ferma, concentrata e docile, proprio a lei che avrebbe potuto, se ne avesse trovato il coraggio, far crollare quell'intero posto al suolo solo stendendo le braccia di fronte a sé.
Eppure, El, non aveva mai conosciuto niente di diverso.
Aveva odiato quel luogo di tortura tutti i giorni della sua vita, da quando ne conservava il ricordo, progettando di scappare, pregando che qualcuno la salvasse, lei che avrebbe avuto il potere di salvarsi da sola ma non il coraggio di poterlo fare, e le sue preghiere erano state dopo anni esaudite, esaudite in parte, da quell'uomo gentile che ora rappresentava la cosa più cara del suo mondo e che le stringeva le spalle sottili in un abbraccio così forte in grado di trasmetterle tutto il coraggio che sapeva non sarebbe mai riuscita a trovare da sola dentro di sé, non quel pomeriggio, non quella volta.
Perché El già sapeva cosa stava per succedere quel pomeriggio, quella volta.
Sì, sarebbe ritornata là, contro la sua volontà: l'avrebbero riportata loro, loro che avevano sempre saputo come assoggettare la sua mente piegandola alla loro volontà. Non ci sarebbe stato nessun ricciolino quella volta da visitare, nessun cuscino da stringere sul viso, nessuna canzone da ascoltare.
Quel luogo di buio e silenzio era una prigione, un passaggio, una risorsa e allo stesso tempo una condanna: El già sapeva cosa vi avrebbe trovato, lo aveva sempre saputo e lo aveva sempre odiato.
Aveva confessato lei a quell'uomo gentile di avere paura, era per lei che ora lui era lì, il guardiano silenzioso la cui mano stringere come un'ancora di salvezza in mezzo ai flutti del mare.
Si sentiva fortunata la piccola quel pomeriggio, quando l'istinto le avrebbe suggerito di voltarsi e stringerlo a sé, ma l'austerità di quelle mura le suggerivano di trattenersi dal farlo.
Si sentiva fortunata la piccola perché lei, davvero, era già stata salvata una volta, anni prima, come una principessa chiusa in una torre che grazie al suo guardiano non sarebbe mai più stata sola.
Ed El sola non lo sarebbe più stata, non più.
E quello era, da anni, il suo miglior potere, la sua più grande forza.
"Naturalmente.." il dottor Owens concluse infine con un sorriso, ritrovando la compostezza e stringendo più forte la pallina di plastica tra le dita, con un cenno agli uomini in camici bianchi accanto a loro nel corridoio, usciti dalla porta scortando la piccola già in costume.
"Siamo pronti…da questa parte"
Hopper vide il dottore fare un passo indietro, voltandosi su se stesso con un cenno a seguirlo, e un istante solo in più durò la sua stretta sulle spalle della figlia, sufficiente appena per sentirla muovere la testa in un segno di assenso muto ma rassicurante. Non sottrasse la sua mano dalla sua stretta, per tutto il tempo, anche quando la piccola ebbe iniziato ad incamminarsi lungo quel corridoio e lui dietro di lei, scortati dagli uomini in camice bianco fino alla porta di metallo spessa e pesante che li introdusse in uno stanzone ampio e sue due pani, dove i numerosi camici bianchi indosso a dottori e tecnici di fronte a grandi monitor spiccavano ancora di più immersi in una luce azzurra e fredda, come in un gigantesco acquario.
"Ehi kiddo, tutto bene?" sussurrò Hopper al suo orecchio, abbastanza piano perché non potesse essere udito, stringendo più forte la sua piccola mano nella sua e scendendo con lei strette scalette metalliche che sovrastavano la sala monitor sottostante con una grata.
Il capo già sapeva la risposta che quella piccola avrebbe potuto dargli, già sapeva l'ansia e la paura di ritrovarsi di nuovo lì, ma quello che commosse il capo di più fu il piccolo sorriso abbozzato ed appena percepibile che si dipinse sul viso di quella piccolina, sulle sue guance rosee e libere dai ricci legati stretti fin sopra la nuca.
"Grazie di essere qui, papà…" El sussurrò in modo che solo lui potesse cogliere quel sospiro, non rispondendo alla domanda perché parole non sarebbero bastate a raccontare quella paura, e perché forse in fondo non era quello il dettaglio più importante in quel momento.
Il suo papà era lì, il suo vero papà, quello che lei aveva scelto, quello che lei sentiva suo più di ogni altro individuo al mondo, era lì per darle forza, era lì per ricordarle che ce la poteva fare un'altra volta.
Era lì per ricordarle, una volta ancora, come lei non fosse davvero più sola.
"Dottor Brenner, siamo pronti" annunciò il dottor Owens alla figura alta e allampanata di schiena davanti alla grande vasca alta e stretta dall'acqua blu, fonte di quel gorgoglio sinistro e di tutta quella luce azzurra e riflettente lungo le pareti tutt'intorno.
El trattenne il fiato di fronte a quella vasca, larga poco più di un paio di metri e alta almeno dieci, la vasca che conosceva bene e il cui ricordo era conservato nelle sue più cupe memorie d'infanzia, colorate di bianco, caratterizzate da grida, dai lividi sui palmi delle mani a furia di sbattere i pugni contro quella superficie liscia, i respiri mozzati e le preghiere ovattate nel buio in mezzo a tutta quell'acqua pesante, nelle orecchie, negli occhi, nella bocca:
"Fatemi uscire da qui!!!"
"Eleven, mia cara!" il dottor Brenner sorrise con un occhi glaciali, voltandosi verso di loro, muovendo qualche passo in avanti fino ad averli di fronte, notando solo in seguito la figura alta ed in divisa con la mano ancora stretta a quella della piccola, tremante ma composta davanti a lui, come tutte le altre volte.
"Hai portato ospiti oggi, vedo" annuì con un ghigno il dottore, rivolgendo al dottor Owens un cenno del capo con aria d'intesa,
"È un piacere averla qui con noi capo, certo non poteva scegliere giorno migliore per la sua visita! Eleven le ha raccontato cosa andremo a fare oggi?"
"Mi ha detto che la strapazzerete un bel po', sì…" rispose secco Hopper, prendendo un respiro e gonfiando il petto con i piedi saldi al suolo e sguardo fisso, occhi negli occhi con quell'uomo basso una manciata di centimetri meno di lui.
"Sono qui in visita oggi per controllare che tutto proceda nel migliore dei modi, lei mi capisce dottore, non è vero?"
"Naturalmente" sorrise Brenner per nulla intimorito da quella velata minaccia, riabbassando lo sguardo sulla piccola ferma immobile in mezzo a loro, chinandosi in avanti e stringendo gli occhi, riducendole a due fessure fredde e taglienti come vetro:
"Eleven oggi sa cosa deve fare, non è così?" Hopper lo sentì sussurrare, allungando le mani e passandole leggere sulle sue braccia sottili, fino alle sue mani che prese nelle sue, facendo separare le loro rimaste unite fino a quell'istante.
Il capo si trattenne non poco quando vide la piccola di fronte a lui percorsa da un brivido di fronte a quel tocco, vedendo i suoi ricci fremere nella sua coda alta e la pelle liscia delle sue spalle percorsa da mille brividi, una visibile pelle d'oca di paura e di angoscia.
Non osava immaginare cosa avesse passato quello scricciolo in quel posto per reagire in quel modo ad una semplice carezza, se proveniente da quelle mani fredde che più che amore sembravano in grado di evocare in lei solo orrori.
Quando la sua testolina era ancora rasata come un soldatino, la sua statura molto più bassa di quanto ora fosse la sua natura e le sue forme sotto quel costume di perla molto più abbozzate di quelle che ora tiravano il tessuto nei punti giusti, quelli suoi quali Hopper non avrebbe voluto gli occhi indiscreti di nessuno di quegli uomini si indugiasse a soffermarsi nemmeno per un secondo.
Strinse forte i denti il capo Hopper, serrando la mandibola e trattenendosi dall'allontanare quell'uomo da lei con uno spintone: la sua piccola aveva bisogno di lui, di lui calmo, tranquillo e docile come lei era da sempre brava a fare e come lui mai avrebbe potuto imparare. Era l'unico modo perché gli fosse concesso di rimanere lì, ed era lì che a lei serviva che fosse, in quel momento più che mai.
"Eleven non potrà che dare il meglio oggi, visto il pubblico speciale che accompagna il nostro cammino" proseguì Brenner con altro glaciale sorriso, un cenno del capo a Hopper in segno di rispetto per poi tornare con gli occhi su di lei, le mani strette sulle spalle che la piccola proprio non avrebbe potuto far smettere di tremare.
"Sarà un pomeriggio speciale, non è vero Eleven?" concluse piegando la testa in avanti e guardandola negli occhi ad un palmo dal suo viso, sorridendo compiaciuto alla sua espressione di sgomento, al suo fiato sospeso come paralizzata in ogni fibra nervosa:
"Sì…" sentì il suo piccolo esperimento sussurrare, gli occhioni scuri spalancati nei suoi più vicini, troppo vicini per non potersi compiacere della sua paura.
"Non ho sentito, Eleven…" strinse più forte gli occhi il dottore, una scintilla di cattiveria in più, avvertendo un brivido lungo la sua pelle calda e liscia sotto il suo tocco freddo come la morte.
"…che cosa hai detto?"
"Sì…papà" sussurrò El con un fiato appena percepibile, abbastanza intenso da far fremere il cuore del suo papà adottivo di rabbia e il suo piccolo nel petto di sgomento e rassegnazione.
"Molto bene…" il dottore concluse con un sospiro altrettanto sottile, regalandole un ultimo sorriso freddo come la lama di un coltello, alzandosi di nuovo dritto in piedi e volgendo un gesto della mano agli uomini in attesa tutto intorno.
"Siamo pronti per cominciare, immergetela"
El deglutì a quella parola, ricordandosi di non mettersi a gridare e pregando che tutto potesse concludersi al successivo battito di ciglia, seguendo camici bianchi a lei vagamente familiari lungo una passerella, dopo aver sentito l'uomo alle sue spalle sussurrare un ultimo secondo tra i suoi ricci sulla testa:
"Sarò qui tutto il tempo, kiddo…non avere paura"
La piccola Hopper seguì quegli uomini sù per le scale che tanto conosceva e tanto odiava, sentendo il cuore battere più forte ad ogni passo in avanti mosso dai suoi piedi nudi sul freddo metallo delle grate, trovandosi, prima che trovasse la forza di realizzarlo, di fronte alla cima di quella alta vasca, aperta in superficie dove già l'acqua azzurra brillava riflettendo la luce con gorgoglii sinistri ed inquietanti.
"Un passo alla volta, ecco, così…" sentì un camice bianco accanto a lei sussurrare, guidando i suoi passi in avanti fin sopra una piccola piattaforma metallica a filo dell'acqua, immergendo i suoi piedi nudi fino alla caviglia, afferrando con le mani tremanti due cavi metallici freddi e sospesi fin sopra alla sua testa.
Riconosceva tutto, riconosceva ogni dettaglio, riconosceva anche la sensazione di nausea a voglia di mettersi a piangere che la invase nell'istante in cui un pesante casco con apertura di vetro davanti ai suoi occhi fu posto sulle sue spalle avvolgendo il viso ed isolandola da ogni rumore intorno, rendendole impossibile distinguere il rumore di cavi della macchina in movimento quando vide il livello dell'acqua crescere intorno a lei bagnandole centimetro dopo centimetro la stoffa leggere del suo costume.
Strinse forte le dita intorno ai cavi la piccola Hopper, chiudendo gli occhi e pregando che tutta quella nausea passasse presto, ricordandosi di non essere sola in quel momento, di avere il suo papà lì con lei, che tutto si sarebbe concluso in fretta, che sarebbe tornata ad indossare la bella salopette di jeans comprata con Joyce quella mattina e sarebbe risalita in macchina al suo solito posto davanti, facendosi accompagnare da Hopper fino in quella via e davanti a quella casetta di mattoni, davanti al solito campanello dove un adorabile ricciolino le avrebbe sorriso dandole il benvenuto e…
El si sorprese a sorridere in quel preciso istante, nel silenzio di quella vasca e in mezzo alle bolle di ossigeno intorno a quel suo casco che la isolava dal resto della stanza come un pesce in una boccia.
Sorrise quel piccolo fiorellino e ne rimase stupita fino alla commozione, perché mai, mai, mai aveva lasciato che nessun pensiero felice penetrasse la coltre di nubi e orrore all'interno di quelle mura, mai aveva permesso che qualcosa di bello fosse macchiato da quel nero, mai avrebbe immaginato di poter sorridere di fronte al ricordo di quel suo nerdino adorabile e imbranato proprio lì, in quel momento, avvertendo il petto scaldato in un secondo dal ricordo di quei sorrisi regalati a lei da lui appena poche ore prima, le sue labbra rosse sporche di latte e caffè, le sue mani strette alle sue sulle sue ginocchia, le sue dita sul suo polso a sfiorare quella ferita e quel suo numero, gli occhi di lui più grandi e vicini in mezzo ad una miriade di piccole stelle, un universo di puntini, sorprendendosi a sorridere dentro quella vasca un secondo prima di vedere la schermatura metallica scorrere in un rumore sinistro, appoggiando il palmo aperto alla superficie fredda appena in tempo per vedere il suo papà sorriderle in modo incoraggiante:
"Andrà tutto bene, kiddo…non sei da sola"
E in un secondo, era il vuoto.
El mosse un passo in avanti in mezzo a quel nero, denso e freddo da penetrare nel naso e mozzare il respiro, pesante da schiacchiare sotto il suo peso e piantare i piedi per terra come a volerli congelare, glaciale da bloccare, da risucchiare le energie, pauroso da cancellare in un istante quel sorriso di gioia e speranza dal suo bel viso.
Non era molto diverso dal vuoto che poteva raggiungere da sola fuori da quelle mura di cemento, la piccola dovette ammetterlo in quel preciso istante, camminando lentamente sulla superficie dell'acqua in quel nero, familiare come se avesse conosciuto ogni palmo di quel posto uguale in ogni piega della sua mente.
Ma in quella vasca, tra quelle mura, in quel momento, la differenza più grande era che El non avrebbe potuto decidere da sola quando uscire da quel vuoto.
"Eleven, ci senti? Rispondi"
"Sì!" rispose El forte alla voce proveniente da sopra la sua testa, immensa forte e chiara nel buio e nel silenzio dove lei procedeva lentamente, dove nessuna distanza era mai troppo lontana da non poter essere annullata.
Era lei il monitor, era lei il loro tramite: i loro occhi per vedere, le loro orecchie per sentire, la loro presenza per spiare.
Era lei il mezzo, la sua mente a disposizione loro per arrivare dove mai avrebbero potuto spingersi.
Ed El doveva solo camminare, guardare, osservare, toccare, loro avrebbero fatto il resto, loro l'avrebbero guidata, dall'altra parte del mondo e nella sua mente, nel piano spazio-tempo che lei stessa era in grado di evocare.
"Voglio che tu cerchi il soggetto numero 13 oggi, Eleven…te lo ricordi, non è vero?" sentì la voce di papà sussurrare nel buio, facendole stringere più forte le dita intorno ai cavi di quella vasca, i piedi immersi nel liquido nero sotto di sé, tornando con la mente in un istante a quella foto grande in bianco e nero appesa alla parete di quella stanza, dove per settimane aveva passato il tempo ad imprimere nella sua mente volti, occhi e sguardi di uomini e donne delle più svariate nazionalità.
"Portaci, Eleven…" sentì il dottore sussurrare nel buio, mentre un passo alla volta nella sua mente già vedeva affiorare a pelo dell'acqua in lontananza una piccola lucina fioca ma reale di una scrivania.
"Portaci, Eleven…portami da lui"
*
"Ehi…come ti senti?"
Il ronzio leggero del vecchio motore dell'auto della polizia cullava in quella notte di autunno un piccolo fiorellino seduto a gambe strette al petto sul sedile anteriore leggermente scolorito.
I contorni degli alberi si confondevano nella notte senza Luna e nell'auto che in velocità si allontanava rapidamente da quelle stradine di periferia, permeata dal silenzio e dalla stanchezza così tipica compagna di ogni fine giornata tra quelle vie, ogni pomeriggio nello stesso orario, allontanandosi dal Dipartimento dell'Energia di Hawkins.
Hopper guidava teso al posto di guida, quella sera in modo particolare, le grandi e robuste mani ben salde intorno al volante di pelle chiara e occhi fissi sulla strada buia illuminata dal giallo dei fari nella notte.
Si sentiva instabile il capo quella sera, come ogni volta ma quella sera forse un po' di più, non avrebbe saputo ammetterne neppure lui la ragione: era forse per quello che aveva appena visto e ancora rendeva muta la piccola ragazzina seduta sul sedile accanto al suo, o forse era per il luogo di destinazione dove lei lo aveva pregato di portarla, il più velocemente possibile, a renderla così agitata?
"Kiddo…?" ritentò il capo Hopper dopo un minuto di silenzio senza aver ottenuto risposta alcuna,
"…stai bene?"
El sospirò, senza staccare gli occhi dalla strada buia né accennando a distogliere la fronte appoggiata alla fredda e liscia superficie di vetro del finestrino: la vibrazione dell'auto in corsa contro la sua pelle aveva un effetto terapico contro quel suo lancinante mal di testa, così come soporifero per la sua stanchezza pesante sulle sue piccole spalle.
Non avesse cercato di resistere lottando con tutte le sue forze per mantenere gli occhi aperti sarebbe certo caduta addormentata.
"Sì…" il capo sentì una vocina flebile sussurrare nel silenzio dell'abitacolo, talmente lontana che non sembrava nemmeno provenire da quella piccolina dai ricci ancora bagnati sulle spalle, tanta era la fretta di allontanarsi quel pomeriggio da quelle mura,
"Sì…bene"
Hopper sospirò, passando una mano sugli occhi ed ignorando il brontolio di fame proveniente dal suo stomaco: la sua piccolina era distrutta su quel sedile, mentre, uscendo finalmente dal buio, l'auto targata Hawkins Police svoltava a destra su una strada illuminata e principale verso il centro della città.
E per la prima volta quella sera lo sceriffo ne comprendeva appieno la ragione.
Dopo aver visto con i suoi occhi cosa davvero capitava in quel luogo, quale era il vero lavoro di quella piccolina all'interno di quelle mura, Hopper non sapeva proprio darsi ragione di come quella ragazzina conservasse ancora la forza di stare in piedi.
Delle ore passate in quella stanza sotterranea accanto a quella vasca, Hopper aveva perso il conto già dopo le prime 3, e non avevano potuto che essere il doppio, non aveva dubbi a riguardo, senza una pausa, senza un accenno a fermarsi a riposare, ignorando i pugni più lievi o più intensi che di tanto emergevano dal vetro schermato di quella vasca, una tacita richiesta sussurrata sott'acqua:
"Basta…"
E quando la sua bambina era infine emersa, o per meglio dire, era stata infine ripescata più morta che viva da quell'acqua azzurra e riflettente le luci di quello stanzone, il cuore del capo di era stretto di tristezza e compassione vedendo il suo viso più pallido, gli occhi socchiusi e le orecchie ed il naso ripieni di sangue rosso che nemmeno tutta quell'acqua era stato in grado di lavare via.
Hopper era rimasto senza parole di fronte a quella vista, al corpo di lei tremante e appena in grado di trattenere stretto a sé l'asciugamano bianco che qualcuno le aveva posato distrattamente sulle spalle: l'istinto di correre da lei e stringerla forte era stato grande in quel momento, ma si era riuscito a trattenere fino all'ultimo, fino a quando, usciti da quelle mura di orrore e ormai nel parcheggio, era stato lui a crollare per primo di fronte a lei, fermandosi ed abbracciandola forte, sentendola muta ricambiare la stretta con le poche forze rimaste nelle sue braccia sottili.
"È finita piccola, è finita…ti riporto a casa"
"Sicura che te la senti di andare?" chiese ancora timidamente il capo della polizia, accorgendosi in quel momento della retoricità della sua richiesta,
"Sì…" sentì la piccola rispondere con tono più convinto ma non per questo meno flebile e stanco,
"Sì, Maple Street…11"
"Kiddo…" sospirò Hopper chiudendo gli occhi per un secondo, sapendo che ogni sforzo per farla desistere sarebbe stato invero più che inutile, ma non potendo comunque trattenersi dal provare: quanto avrebbe preferito sapere sua figlia a casa quella sera, a riposare davanti alla tv rimasta accesa con sulle spalle una coperta che il suo papà premuroso le avrebbe posato senza svegliarla.
"Non ti reggi quasi in piedi, piccola…" sussurrò Hopper prendendo un lungo respiro,
"Sei proprio sicura di non poter rinunciare? So che ci tenevi tanto ma oggi è stata una giornata lunga…credo che lo capirebbe, sai? Puoi telefonargli da casa! Cerchiamo il numero su…"
"No papà" rispose El sollevando infine la fronte dal vetro del finestrino, avvertendo una fitta alla testa ma sforzandosi di mascherare una smorfia di dolore in un sorriso, voltandosi verso il papà seduto al posto di guida accanto a lei:
"Ci vado…l'ho promesso! Voglio andarci e l'ho promesso a lui…a Mike"
Hopper sentì una punta fastidiosa pungere in quell'esatto momento un punto imprecisato dell'ampia superficie del suo grande cuore, non avrebbe saputo dire se di ansia, di paura, di fastidio oppure della più innocente forma di paterna gelosia.
Seppe solo che fece di tutto, proprio di tutto quella sera nell'abitacolo di quell'auto della polizia ma non poté fare proprio a meno di rispondere a quell'affermazione con un profondo sospiro:
"Ah beh…se l'hai promesso a Mike…allora…"
"Ho promesso a Mike che ci sarei stata e ci sarò" continuò El con occhi grandi e brillanti seri nel buio:
"È una promessa…una di quelle ufficiali!"
"Va bene, va bene: ho capito!" scosse la testa Hopper alzando una mano in segno di resa e rallentando al primo semaforo del centro della città.
"Ma ti tornerò a prendere presto, signorina: giusto un paio di ore, intesi? E mi raccomando di mettere qualcosa sotto i denti o rischierai di crollare di sonno davanti al tuo amico...la signora Wheeler preparerà qualcosa per voi?"
"Pizza.." il capo la vide sorridere nel buio, non potendo evitare di muovere le labbra a sua volta in un piccolo sorriso. Per quanto stanca, distrutta e visibilmente a pezzi, la sua piccola non sembrava altro che felice, completamente felice, e non era forse quello il sorriso che ogni padre del mondo avrebbe voluto vedere sul volto di sua figlia?
"Mike ha detto…pizza!"
"Molto bene…" sorrise Hopper ingranando la marcia, procedendo lungo la strada piano, solo leggermente più piano di quanto sarebbe stato strettamente necessario,
"E che programmi avete questa sera tu e Mike…?" chiese con una punta di mal celata ansia muovendo nervosamente i baffi: aveva promesso a Joyce di essere cauto, paziente, di non fare scenate.
La sua piccola non era così piccola come lui avrebbe voluto, non lo era mai stata, non avrebbe mai potuto esserlo e sopratutto, El non sarebbe mai stata Sarah.
Non se lo sapeva spiegare, ma era come se nel profondo del suo cuore il desiderio di proteggerla da ogni pericolo fosse forte, molto forte, ma mai quanto l'istinto innaturale che lo spingeva ad agire in ben altra direzione.
Era come se il suo cuore gli suggerisce di farlo, o meglio, di lasciarlo a lei fare, come se un brivido lo spingesse a credere che quel tempo non sarebbe durato in eterno, destinato invece a terminare inaspettatamente di lì a poco tempo.
Era giusto che la sua piccola vivesse una vita il più possibile normale, nel breve lasso di tempo che le era stato concesso.
"Non saremo soli…" rispose inconsapevolmente al suo timore El, rendendo il capo così sollevato da non poter cogliere una piccola punta di delusione nella sua voce,
"Ci saranno anche i suoi amici, anche Will, il figlio di Joyce.." El continuò avvertendo un fastidio all'imboccatura dello stomaco: oh sì, quello era decisamente il momento di iniziare a preoccuparsi sul serio.
"Mike ha parlato di…D&D"
"Sembra forte piccola!" esclamò Hopper con un sospiro di sollievo, cancellando momentaneamente la visione di una eventuale irruzione nel salotto dei Wheeler con ammanettamento del soggetto in questione se le sue labbra avessero osato avvicinarsi a meno di 10 centimetri da quelle della figlia.
Era pure sempre il capo Hopper, o no?
"Sarà una bella serata con Mike ed i suoi amici!"
"Papà…" lo interruppe El prendendo un profondo respiro, cercando il coraggio per chiedere ciò che dal pomeriggio precedente frullava nella sua testa confusa sotto i ricci ancora umidi sulle spalle.
Da quando la piccola aveva raccontato con un sorriso a trentadue denti della ricerca di coppia, dell'appuntamento di studio e dell'invito per quella serata, non aveva potuto non essere colpita dalla reazione che il suo papà adottivo aveva dimostrato, certo non quella che lei si sarebbe aspettata: perché più che essere felice per la sua nuova amicizia il suo papà era apparso invece preoccupato, quasi triste e angosciato?
"A te lui non piace…vero, papà?"
"Lui?" chiese immediatamente il capo aprendo lo sguardo confuso,
"Lui chi, kiddo?"
"Mike…" deglutì El sentendo il cuore battere un secondo più forte di ansia,
"A te Mike non piace, vero papà?"
"Ma certo che sì, kiddo! Perché me lo chiedi?" rispose di getto il capo, troppo in fretta per poter risultare abbastanza credibile:
"Ma che domande sono?! Ma certo che mi…"
"Papà…" Hopper la sentì sussurrare bloccandolo ancora, avvertendo il suo sguardo fisso su di lui timido ma deciso:
"Le bugie sono stupide e noi…"
"…noi non siamo stupidi" sorrise Hopper concludendo la frase, la loro, e scuotendo leggermente la testa incredulo.
Cavolo, quello scricciolo era davvero sempre un passo avanti a lui, pronta a cogliere nel segno ogni singola volta: tanto valeva essere sincero, onesto fin dal principio.
Era lei che gli stava chiedendo di farlo.
"E va bene…" sospirò infine il capo, rallentando infine lungo il marciapiede di Maple Street, davanti una casa dai mattoni rossi e le luci del pian terreno già illuminate.
"Ti dirò la verità"
El si mise a sedere dritta, voltandosi completamente verso di lui, il cuore a mille nel petto, non avrebbe saputo decidere se per l'ansia crescente per quella serata o quello che stava per sentire all'interno dell'abitacolo di quell'auto della polizia.
Joyce aveva detto "molto carino" e il piccolo fiorellino non avrebbe potuto ritenersi più d'accordo: Mike era davvero davvero gentile e quella mattina le aveva dato l'ennesima conferma, ma il giudizio del primo e più importante amico della sua vita rimaneva qualcosa al quale El non avrebbe mai saputo non dare ascolto.
Cosa stava per sentire non avrebbe certo cambiato le cose ma, di sicuro, avrebbe dato una bella botta alla sua autostima.
Positiva o negativa.
"Non sto dicendo che Mike non mi piace, non potrei dirlo, insomma! È un amico di Will Byers e Joyce lo conosce da quando sono piccoli, non può che essere un bravo ragazzo, è solo che…"
Hopper prese fiato tentennando, passando una mano sulla fronte più sudata e ringraziando che al buio la piccola non potesse scorgere le sfumature di rosso delle sue guance: cavolo in che discorsi spinosi ci si poteva ingarbugliare al suono di quel "le bugie sono roba da stupidi"?
"È solo che, kiddo: Mike è…un ragazzo"
"…un ragazzo?" chiese El perplessa alzando un sopracciglio.
Che fosse un ragazzo era sembrato ben chiaro fin dal principio, non che lei avesse già più a fondo indagato: che problema poteva essere il fatto che Mike Wheeler fosse…un ragazzo?
"Sì, un ragazzo…" ripeté Hopper sperando di poter sparire dalla faccia della terra, maledicendosi per essere arrivato a quel punto del suo discorso:
"E i ragazzi alla tua età sanno essere così…"
"…carini?" chiese El candidamente, facendo Hopper per poco strozzarsi con la sua stessa saliva,
"No…non carini, intendevo…"
"Che cosa?" chiese El aprendo gli occhi più curiosa, chiedendosi per quale motivo il suo papà stesse sudando in modo così evidente ora accanto a lei.
Hopper chiuse gli occhi, pregando seriamente che potesse comparire Joyce in quel preciso istante in suo soccorso.
"Quello che voglio dire è che i ragazzi alla tua età sanno essere degli idioti! Pensano di essere più grandi, di poter far qualsiasi cosa! Di potersi permettere di provare a fare o chiedere a voi ragazze…"
"Che cosa?" chiese ancora El incuriosita e confusa, muovendo gli occhi sul suo viso e attendendo una risposta: che cosa, che cosa mai chiedevano i ragazzi alle ragazze della sua età di tanto difficile da dire?
"Insomma, kiddo…" scosse la testa Hopper facendo dietro-front da quel vicolo cieco senza uscite, ripiegando invece su una strada più larga e comoda meno in salita:
"I ragazzi alla tua età sanno essere dei veri stronzi"
"...stronzi?" ripeté El sbattendo le ciglia, chiedendosi in cuor suo dove già avesse sentito quella parola,
"Stronzi sì, stronzi!" ripeté il capo con insistenza quell'aggettivo che mai avrebbe voluto davanti a lei pronunciare, ma che in quel momento non poteva non rappresentare l'opzione migliore.
"Sì, insomma…i ragazzi non sono tutti gentili alla tua età, kiddo!"
"Credevo fossi felice che io avessi trovato finalmente degli amici…" El sussurrò piano facendo scricchiolare il grande cuore del capo, voltandosi completamente verso di lei e sorridendo infine al suo sguardo innocente.
"Certo che lo sono, piccola! Certo che sono felice che tu ti sia fatta degli amici, sul serio! Voglio solo che tu stia attenta, intesi? Non tutte le persone sono gentili come i personaggi dei tuoi libri: non devi per forza fare qualcosa che non vuoi solo perché tutti lo fanno o te lo chiedono…"
"Non ti preoccupare, papà…" sorrise El allungando una mano sulla sua, credendo finalmente di aver compreso dove il suo papà voleva andare a parare fin dall'inizio: ricordava dove aveva già sentito quella parola, era stato lo stesso Mike a dirla. "Stronzi" era come Mike aveva chiamato Lucy, le sue amiche, i bulli come loro e infine lui, Troy.
La piccola Hopper rivide in un secondo quell'aula deserta al termine della lezione di letteratura al suono della campanella, di come lo sguardo di quel ragazzo e dei suoi amici le si era attaccato addosso facendola sentire in imbarazzo, di come si era avvicinato al suo orecchio senza chiederle il permesso, di quel nome che l'aveva fatta sentire a disagio e che ancora la fece stringere più forte le gambe tra di loro in quel momento: bambolina.
"Mike non è così, Mike non è come Troy…"
"E chi sarebbe Troy?!" esclamò Hopper con sguardo accigliato, vedendola sorridere come non avesse sentito la sua domanda,
"Lui è davvero gentile, non mi ha mai chiamato in quel modo, non mi ha mai fatto sentire a disagio, mi ha sempre solo fatto sentire…"
Hopper trattenne il fiato a quelle parole, non potendo trattenersi dal sorridere al sorriso di gioia così bello che illuminò lo sguardo di sua figlia in quel preciso istante, così grande e solo paragonabile a pochi altri in quel loro mondo, agli eggos panna e cioccolato la domenica mattina o a una nuova puntata di quelle serie smielate che tanto riempivano il suo piccolo cuore.
"…felice..." El concluse abbassando lo sguardo alle sue mani rapita, sentendo il solito calore scaldarle il petto unito al consueto strappo sotto l'ombelico:
"Mike mi fa sentire solo…felice"
"Deve essere proprio speciale questo Mike allora, non è vero?" sorrise Hopper commosso, dimenticandosi per un secondo delle manette attorno ai polsi di quel giovanotto che già sembrava essere entrato più in profondità di quanto avrebbe immaginato nella mente e nel cuore di sua figlia.
Avrebbe dovuto immaginare che quella piccola non avrebbe vissuto per sempre solo di racconti di fantasia: quelle storie d'amore lei era destinata a viverle, a viverle per davvero!
E, in fondo in fondo, non era niente di meno di quello che anche il suo protettivo papà avrebbe mai potuto desiderare per lei.
La piccola annuì sorridente ed Hopper sospirò, concludendo che non c'era veramente altro da aggiungere.
Almeno per quella volta.
"E va bene, vai a divertiti piccola, ma ricordati di fare attenzione! E tornerò tra un paio di ore, hai bisogno di riposo! E ricorda di ringraziare la signora Wheeler per l'ospitalità!"
"Sì papà!" sorrise El sporgendosi verso di lui, schioccandogli un bacio sulla guancia che lasciò il capo felice ed emozionato come ogni altra volta,
"Ecco…sì…ora vai!"
"A più tardi!" la vide sorridere un ultimo istante, scendendo dall'auto con lo zaino sulle spalle e incamminandosi lungo il vialetto, con un passo concitato che Hopper avrebbe potuto definire "di corsa".
Il capo della polizia non poté fare a meno di continuare a sorridere rimasto da solo dentro quell'abitacolo, imponendosi di distogliere lo sguardo ed ingranare la prima, allontanandosi da quella casa dove, per una volta, era quasi completamente convinto di aver lasciato la figlia in buone mani.
La sua bambina-non-più-bambina-ma-per-sempre-la-sua-bambina non avrebbe potuto restare in fondo piccola per sempre, come il suo grande cuore di papà avrebbe voluto.
*
Mike era certo che entro la fine di quella sera, senza troppa difficoltà, avrebbe facilmente potuto fare un buco nel pavimento.
"Amico, ti puoi dare una calmata?! Pari un criceto nella ruota!" aveva provato a buttarla sul ridere Lucas già più di un'ora prima, ottenendo come unica risposta una gomitata di Will nelle costole e uno sguardo di fuoco da parte del ricciolino che avrebbe potuto farlo diventare un carboncino seduta stante.
Tenendo fede al suo partito preso e alla sua lapidaria decisione "non mi piacciono le corse dei motori", il piccolo Wheeler aveva sopportato pazientemente le urla forsennate e le grida di giubilo con le quali gli amici avevano riempito l'aria di chiuso del suo spazioso basement, dedicandosi invece alla preparazione del tavolo per la sessione di quella sera, controllando e ricontrollando ogni punto della trama scarabocchiata sui suoi appunti al di là dello schermo di gioco, posizionando e riposizionando ogni pedina sul tabellone posto al centro del tavolo con le sedie disposte tutt'intorno e rispondendo con un secco "no grazie" a ogni richiesta del suo migliore amico di dargli una mano.
I numeri digitali sul suo orologio da polso con calcolatrice in tastini di gonna incorporati non erano mai passati più lentamente sul quel display, e per un paio di volte Mike si era chiesto se non si fosse fermato o non si fosse rotto, portando il polso all'orecchio con sguardo concertato, per poi darsi del cretino immediatamente, un secondo dopo: quello era un orologio digitale, era inutile cercarne un improbabile ticchettio.
"Sta male…è uscito di testa!" sentì Lucas sussurrare alle 8:05 passate, accompagnando quella dichiarazione con un indice puntato alla sua tempia, seduto sul divano davanti alla tv ormai spenta, non fosse mai che il rumore di quello stupido gioco potesse coprire il suono del campanello.
"Si è preso una brutta malattia, qualcosa di grave…"
"Lucas, finiscila!"
"Zitto stalker!"
"…Mike?" ruppe il silenzio Will voltandosi dal divano verso l'amico, seduto e curvo al tavolo di gioco con gli occhi fissi sul tabellone di fronte a sé.
Will sospirò, mordendosi la lingua per non aggiungere tutto quello che avrebbe voluto in quel momento, vedendo Mike non alzare nemmeno la testa a quel richiamo, fingendo di non averlo sentito, rimediando invece dentro di sé il più cordiale dei sorrisi e domandando nel silenzio:
"A che ora arriva la pizza?"
E fu in quell'esatto momento che la testa ricciuta di Mike scattò.
"A che ora arriva la pizza?! A che ora arriva la cazzo di pizza volete sapere?!" urlò Mike con la stessa forza di una bomba rimasta compressa in una scatola piccola e stretta, sull'orlo del collasso, come quando ci si ostina a spingere una palla piena d'aria sott'acqua, ma questa tira sempre più forte per tornare a galla.
Questo erano stati i suoi amici quel pomeriggio per lui, una fastidiosa palla che tenta di tornare in superficie contro ogni forzatura, colpendolo dritto in faccia ogni volta che aveva tentato di estraniarsi dai suoi pensieri e vivere quel pomeriggio di attesa nella sua sacrosanta ansia come avrebbe voluto.
Prima quello stupido gioco, ora quel silenzio snervante e quei bisbiglii come se pensassero davvero di non essere da lui sentiti, e ora davvero quella richiesta? Ma che cazzo aveva fatto Mike al destino per continuare a vedere urtati i suoi nervi già a fior di pelle?
"Non lo so a che cazzo arriva la pizza, siete qui solo per questo non è vero?!" continuò ad inveire Mike alzatosi in piedi in un baleno, allargando le braccia in segno di scazzo e rassegnazione, i ricci scompigliati a coprire due occhi grandi e fuori dalle orbite come un pazzo.
"Mike…" il nerdino sentì Dustin sussurrare alle spalle di uno sbigottito Will ed due attoniti Max e Lucas, portando le mani in avanti come di fronte ad un cane rabbioso,
"Calmati amico, Will ha solo chiesto…"
"Calmarmi? Mi dite di calmarmi pure, cazzo?!" urlò più forte Mike ignorando il grido altrettanto forte proveniente dal piano superiore attraverso le scale:
"Ragazzi! Da bravi per favore, non urlate!"
"Io dovrei stare calmo e magari sorridere pure non è vero? Così voi potreste continuare la vostra serata da bravi scrocconi quali siete senza che io vi possa disturbare non è vero?!"
"Mike, ora stai esagerando…" il piccolo Wheeler vide la rossa apostrofarlo scuotendo la testa, facendo solo aumentare ancora di più tutta la sua tensione ed incazzatura,
"Mi sembra che sia stato tu quello tutto il pomeriggio a rimanere muto ed ad auto-escludersi dal…"
"...da cosa?! Da cosa?!" la interruppe Mike allargando le braccia ed indicando la tv:
"Dal vostro gioco idiota al quale ero contrario fin dall'inizio a giocare?!"
"Gioco da idiota?" ripeté Dustin con aria incredulo, scuotendo la testa ed abbassando lo sguardo con aria ferita ed offesa,
"Wow…e io che cercavo di difenderti, Mike…"
"Mike, ora stai divertendo veramente ridicolo…" Lucas si alzò di scatto in piedi, prendendo a camminare a passi lenti verso di lui, con occhi fissi nei suoi con aria di sfida, seppur a debita distanza.
"Può non piacerti Out Run come puoi essere ancora arrabbiato per quello che successo ieri in palestra…e va bene, ci sta, posso accettarlo!" alzò gli occhi al cielo Lucas prima di proseguire, in un gesto che fece Mike prudente le mani all'idea di scattare e tirargli un bel pugno,
"Non tutti siamo maturi allo stesso modo per riuscire ad andare oltre queste cos…"
"Maturità?! Tu mi parli di maturità, Sinclair?!" lo interruppe urlando Mike, con un passo in avanti così deciso che avrebbe potuto far tremare il pavimento del basement tutt'intorno.
"Chi sarebbe quello maturo, sentiamo?" proseguì con aria di sfida, vedendo l'amico prepararsi immobile con pugni lungo i fianchi,
"Saresti tu che hai passato il pomeriggio ad urlare come un bambino contro una tv davanti ad un gioco al quale non sei riuscito a vincere nemmeno una volta? O forse sempre tu che per uno stupido pregiudizio hai fatto tante storie perché El venisse qui alla sessione sta sera? O forse siete…"
"Mike…" vide con la coda dell'occhio prendere fiato Will alzatosi in piedi, muovendo un passo in avanti, portandosi timidamente in mezzo ai due.
Aveva tutta l'aria di essere un folletto in mezzo ad uno scontro tra titani.
"Lucas voleva solo dire…"
"Will, stanne fuori.."
"O forse i maturi siete tutti voi messi insieme" concluse Mike con un plateale gesto della mano tutt'intorno, passando con lo sguardo i visi sconvolti e increduli dei quattro amici,
"Voi che avete passato il pomeriggio a sparlare dietro di me, dandomi del pazzo e del fuori di testa, facendovi i cazzi miei e miei non solo, continuando sparare a zero anche su di lei, su di lei che manco conoscete, a chiamarla in quel mod…"
"Oh, quindi il maturo saresti invece tu, Wheeler!" fu il turno di Lucas di scattare a quelle parole, muovendo un paio di passi e ritrovandosi di fronte a Mike, a pochi centimetri dal suo viso, più alto di lui di una spanna ma dal fisico decisamente più mingherlino.
"Ragazzi, vi prego!" balzò in piedi anche Max in un secondo, muovendo un passo in avanti, bloccata per un braccio da Will.
La linea era stata superata già di troppo perché la situazione non potesse che concludersi nel peggiore dei modi.
"Ragazzi, vi prego! Non fate gli idiot…"
"Saresti tu quindi il maturo, Mike, non è così?!" Lucas ripeté con aria di sfida, di fronte al viso dell'amico intenzionato a non muovere il minimo passo all'indietro,
"Tu che per tutto il pomeriggio hai fatto come se non ci fossimo, come se non esistessimo, non facendo altro che controllare l'ora ogni cazzo di 10 minuti aspettando che arrivassero le 8 e la tua preziosa ragazza che a questo punto potrebbe averti dato anche buca?!"
"Ahia…" Mike sentì sussurrare Dustin portando una mano sugli occhi come a non voler guardare,
"…qui si mette male"
E sì, si stava mettendo davvero, davvero male, ma il peggio, quello vero, doveva ancora arrivare.
"Sei stato un'ameba tutto il pomeriggio, Mike!" continuò Lucas vomitando tutta la sua rabbia, troppo vicino all'amico per avvertire i suoi pugni stringersi più forti a quelle parole:
"Non che tu sia stato molto diverso per tutta la settimana, chiaro! A tratti mi chiedo se sei te quello che ho salutato per i corridoio o il tuo manichino!"
"Lucas, finiscila, forza…" sbuffò Max in tono di supplica, facendo ondeggiare i capelli legati in due trecce sulle spalle,
"Finitela, finitela tutti e due!"
"E tutto per cosa, per cosa, Mike?!" il ragazzo si apprestó a dare il colpo finale allargando le braccia con un momento di suspance, momento di silenzio che bastò a Mike per decidere in quale punto sferrare il primo pugno.
"Tutto per correre dietro la gonna di una ragazza come tutte le altre, carina sì, ma proprio niente di speciale, con l'unica particolarità di essere troppo ingenua da non capito che ti ci vuoi solo infilare dentro le mutande?!"
"Okay, questo è davvero troppo, amico"
Le mani di Mike si mossero prima che Mike stesso potesse averlo deciso con coscienza, portandosi con rabbia sulla maglia mimetica di Lucas e tirandolo a sé più vicino, in uno scatto d'ira al quale, come un sol uomo, tutti gli amici scattarono in avanti portandosi in mezzo ai due, cercando di separarli.
"Ragazzi, smettetela subito! Siete ridicoli!"
"Rimangiati quello che hai detto, Sinclair!"
"Sennò che fai Wheeler, vuoi prendermi a pugni come quando eravamo alla Middle?" chiese Lucas ironico così vicino da poter sbattere il naso direttamente contro il suo mento.
"Vuoi farlo davvero? Bene, accomodati! Non mi sembra che l'ultima volta ti sia andata così bene…"
"Oh, per l'amor del cielo ragazzi, crescente un po'!"
"Siete solo due troll ottusi!"
"Ti comporti così da idiota da quando hai iniziato a tenerci tanto a quella stramba"
"Prova a chiamarla ancora una volta così e vedrai che lo faccio sul serio, Lucas!"
"Forza Mike, mi sembra che qui qualcuno sia solo bravo a dare aria alla bocca!"
"Ragazzi!"
Gli occhi di tutti si voltarono di scatto verso la cima delle scale, e Mike mollò la presa dalla maglia di Lucas all'istante, vedendo dalla porta semiaperta la figura della madre sporta, troppo lontana per aver potuto assistere alla penosa scena,
"Ragazzi…è arrivata la pizza!"
"Almeno sarai felice tu, Byers..." boffonchiò Mike voltandosi verso le scale, passando accanto all'amico ancora a lui di fronte e tirandogli una spallata che non lo fece spostare nemmeno di un centimetro.
"Continua, continua pure Mike, fai il ridicolo!" la voce di Lucas lo seguì lungo le scale, facendogli salire le lacrime agli occhi dal nervoso e sbattere la porta alle sue spalle con gesto della mano, non abbastanza in fretta da sentire l'ultimo grido arrivare alle sue orecchie, ferendogli a morte direttamente l'orgoglio:
"Vedrai come la conquisterai così la tua stramba!"
"Sono 13 dollari e 50 cent" Mike sentì distrattamente annunciare con un sorriso la ragazza vestita in divisa rossa e cappellino bianco in testa, sporgendogli con aria gentile un cartone fumante di salame e peperoni ordinato da Dustin quel pomeriggio senza prendersi prima la briga di consultare tutti, come sempre.
"Ecco…a te" sporse Mike le banconote, sforzandosi di sorridere e di reprimere quel groppo in gola crescente di respiro in respiro.
Con che faccia doveva riscendere le scale in quel momento, fingendo fosse tutto a posto per una sera per non riinescare con i suoi amici l'ennesima discussione?
Lucas era uno stronzo, ma se in fondo non avesse avuto altro che ragione?
Se Mike stesse diventando davvero ridicolo, sempre sulle sue, sempre appresso a quella ragazzina che forse quella sera non gli aveva dato davvero altro che buca?
Scosse i ricci dagli occhi Mike con un sospiro, richiudendo con un piede la porta di casa dietro di sé, il cartone fumante in bilico pallido come il suo viso sotto la coltre di lentiggini, troppo distratto nei suoi pensieri per avvertire l'urlo dalla cucina di sua madre.
"Mike! C'è un'auto parcheggiata al fondo del vialetto! Aspettate qualcuno?"
"Sì mamma, l'ho lasciata la mancia, sì!" sospirò distrattamente Mike con un passo già sulle scale del basement, prendendo un bel respiro per non farsi prendere un'altra volta dal quel turbinio di contrastanti emozioni.
Quella mattina era stata incredibile, intensa e meravigliosa quasi come l'aveva immaginata, e Lucas si sbagliava, si sbagliava di grosso su tutto: Mike non aveva mai voluto niente da lei, men che meno quel tipo di cose in quel momento.
Si sarebbe accontentato solo di dilatare il tempo da poter passare insieme all'infinito per vedere quel suo bel viso illuminato del più luminoso dei sorrisi.
Era in fondo quella una richiesta così sbagliata?
"Mike! Suonano alla porta!"
"Sì, mamma, non ti preoccupare, mangiamo dal cartone…"
"Michael!"
Il grido più forte della madre gli fece immediatamente tornare in corpo tutta la sua concentrazione, vedendo un grembiule a quadretti rossi e bianchi entrare nel suo campo visivo e la chioma cotonata di Karen Wheeler precedere il suo sguardo fin davanti alla porta, pronta ad accogliere chi con tanta insistenza non voleva saperne di lasciare andare il suo campanello dorato.
"Oh…ma buonasera, tesoro! Che sorpresa rivederti qui! Mike non mi avevo detto che eri invitata anche tu questa sera qui da noi…"
"El!" esclamò Mike con un sorriso immediatamente enorme, come quello di un bambino che vede apparire come per magia di fronte a sé il più bello e gradito di tutti i suoi desideri scritti sulla letterina per Babbo Natale,
"El!"
"Mike non deve aver sentito il campanello, cara, devi scusarlo! Quando è con i suoi amici il resto del mondo non esiste…" scosse la testa Karen aprendo la porta di casa invitando quel fiorellino ad entrare, e per un attimo Mike fu tentato di lasciar cadere il cartone e correre da lei attraverso il lungo corridoio del pianterreno di casa Wheeler, fermandosi con l'immaginazione appena in tempo per comprendere che no, quella non sarebbe potuta essere decisamente una buona idea.
Avrebbe potuto anche correre da lei…e poi? Avrebbe dovuto abbracciarla? Stringerle forse la mano? O allungarsi vicino al suo orecchio fino alla sua pelle liscia e rosea come una pesca stampandole niente se non il più casto dei baci sulla guancia?
Nel dubbio amletico che seguì quelle sibilline e semplici domande, Mike paladino Wheeler ringraziò il cielo di avere ancora ben stretto tra le dita quel cartone delle pizze a toglierlo dall'impiccio.
"Da questa parte cara, seguimi!" vide sua madre fare strada al suo fiorellino lungo quel corridoio, appena in tempo per ricomporsi nel più accogliente dei sorrisi, non appena le ebbe avute entrambe abbastanza vicine a sé di fronte,
"I ragazzi sono già nel loro regno, sai…dove hai genitori è proibito ogni accesso, mi hai capito…oh, eccoti Micheal!"
"Ehi!" sorrise Mike esclamando a gran voce, sforzando di non far apparire così imbarazzante e stridula la sua voce ma fallendo miseramente allo scopo, vedendo il suo scricciolo trattenere una risata, incastrando gli occhi grandi e dolci nei suoi:
"Ciao Mike…di nuovo"
"Benvenuta…di nuovo" annunciò pomposamente il piccolo Wheeler, gonfiando il petto con orgoglio e facendola ridere questa volta di cuore, muovendo un passo fino accanto a lui davanti alla porta marrone del basement, vedendo la signora Wheeler allungare la mano in un ultimo premuroso gesto di saluto,
"A più tardi ragazzi, divertitevi!"
"Spero tu abbia fame!" sorrise Mike alla piccola Hopper con un cenno della testa alla pizza, notando solo in quel momento con uno strappo sotto l'ombelico di come i suoi capelli sciolti dalla coda di quella mattina ora apparissero più ricci e perfetti che mai, incorniciando il suo viso solo un poco più pallido e stanco di come lo aveva lasciato, ma per questo non meno perfetto.
Mike Wheeler avrebbe barattato certo un manuale da DM della prima edizione per poter sentire quanto di seta dovessero essere quei ricci tra le dita.
"Molta!" El esclamò annuendo con forza, vedendo Mike allungare un piede in avanti pronto ad aprire la porta delle scale con una spinta,
"Bene, allora andiamo! Ti presento agli altr…"
"Mike…" fu lei a bloccarlo con un sospiro, deglutendo e spegnendo il sorriso in un istante da quel suo bel viso.
"…El?" chiese Mike con aria preoccupata e confusa, avvicinandosi di più e pregando invece in quel momento che quel cartone potesse evaporare dalle sue dita, per poterle stringere alle sue come quella mattina nella sua camera al primo piano,
"El, che c'è? Perché sei triste?"
"Non sono triste, davvero…" la vide scuotere la testa con un piccolo sorriso, abbassando lo sguardo alle sue converse bianche sotto la risvolta dei jeans della salopette alle caviglie,
"Solo…Mike…" rialzò infine su di lui i suoi occhi di una bellezza da mozzare incredibilmente il suo già più corto fiato,
"Mike…sei sicuro che vada bene? Cioè, per loro intendo…sei sicuro che a loro vada bene che ci sia anche io con voi questa sera?"
Al piccolo Wheeler passarono in un istante in sequenza davanti ai suoi occhi una dopo l'altra una serie di immagini che avrebbe tanto volentieri chiuso in una scatola sepolta sotto terra in quell'esatto momento: lo sguardo di fuoco di Lucas in palestra, gli occhi azzurri volti al cielo di Max e il mutismo di Will alla votazione, sentendo ingarbugliarsi le viscere già messe a dura prova in quel momento dalla sua più viva presenza.
"Gli amici non mentono, gli amici non mentono!" urlava più forte il piccolo paladino messo a tacere da ogni altra vocina nella sua testa urlando di contrapposto che, per una volta, agli amici era concesso di mentire, per una buona e nobile causa.
In fondo non si trattava che di stupidi pregiudizi che sarebbero stati annullati nell'arco di una serata non appena avessero compreso che meravigliosa persona lei in realtà era…non era vero?
"Ma…ma certo che a loro sta bene, El!" esclamò Mike in risposta con più entusiasmo del normale, vedendo la piccola aprire gli occhi stupita con un sorriso di sorpresa sulle labbra rosse.
"Davvero…davvero, Mike?"
"Sicuro! Al party fa bene di tanto in tanto aggiungere un nuovo elemento e tu…" fece un occhiolino Mike con aria d'intesa, facendola arrossire sulla punta delle guance,
"…e tu sei proprio la principessa che stavamo cercando!"
"Una principessa?!" non poté fare a meno di esclamare El, lo sguardo così luminoso e felice che avrebbe potuto riempire da solo l'intera casa di luce se avesse voluto.
"Wow…"
"Già…wow.." ripeté Mike in venerazione di quel suo sorriso, scuotendo la testa appena in tempo per deglutire, dandosi un tono e indicando con un cenno del mento la porta ancora chiusa di fronte a loro,
"Te la senti di entrare?"
"Sì" annuì con un sorriso El, sentendo il cuore accelerare nel petto ma la mente invasa dalla consapevolezza che sì, ormai era certa: con quel piccolo nerdino accanto avrebbe potuto fare davvero qualunque cosa.
"Vi dico che non è colpa mia, è lui che ha conciato…"
"Dacci un taglio Lucas, sai essere davvero un bambino quando ti ci impegni…"
"Io?! È lui cosa sarebbe scusa?!"
"Basta! Finiscila!"
"Ragazzi!" esclamò Mike dalla cima delle scale, facendo cessare all'istante quel vociare di lamentele e piagnistei in un secondo, scendendo per primo le scale veloce e fermandosi ad aspettare El sull'ultimo scalino, vedendo gli occhi dei suoi amici passare da lui al cartone della pizza alla piccola figura affiorante dal buio alle sue spalle, con indosso quella salopette e tshirt a righe a conferirle un aspetto ancora più da bambina, ma con un sorriso così grande e luminoso che sarebbe stato impossibile non rispondere con uno altrettanto grande:
"Ragazzi…lei è El!"
"Ciao!"
I muti secondi di silenzio che pervasero l'aria del basement a quelle parole furono sufficienti alla piccola Hopper per chiedersi e richiedersi più volte che cosa mai avesse sbagliato.
Gli occhi di tutti i quattro ragazzi di fronte a sé la scrutavano muti, uniti a sguardi attoniti e sospesi, non certo fastidiosi come quelli di Troy e dei suoi amici quella mattina a scuola, ma nemmeno così gentili e accoglienti come quello di quel nerdino che ora restava immobile accanto a lei ancora con il cartone tra le mani, trattenendo il respiro e, avrebbe potuto dire, tremando almeno quando lei di fronte a quell'imbarazzo.
Cosa avrebbe dovuto fare Mike in quel momento?
Cosa sarebbe stato giusto per lui fare?
Avrebbe dovuto presentarla a tutti? Aveva già detto una volta il suo nome!
O avrebbe dovuto invece presentare uno per uno i suoi amici o aspettare che fossero loro ad avvicinarsi iniziando le presentazioni?
"Ehm…El…" sospirò Mike abbassando lo sguardo e pregando che quel fiorellino fosse davvero così ingenuo da cogliere la più che palese tensione nell'aria:
"Loro sono…"
"Ciao El, benvenuta!"
Lo sguardo di Mike così come quello di El si volsero all'unisono verso la figura che, mosso un passo verso di loro sulle scale, ora sorrideva stendendo una timida mano di fronte a sé, due occhi verdi un po' schivi ma non per questo meno gentili,
"Io sono Will…credo tu conosca bene mia mamma Joyce"
"Oh sì, la conosco, la conosco bene!" rispose felice El stringendo immediatamente la mano nella sua, grata per l'accoglienza che quegli occhi verdi nei suoi trasmettevano in quel momento, tanto quanto la sua mano dalla stretta rassicurante nella sua.
"Ti presento tutti"
Mike alzò le sopracciglia con aria sconvolta e stupita, seguendolo con lo sguardo non sapendo se si trattasse di sogno o realtà, ma non potendo trattenersi dal sorridere di gratitudine di fronte al viso sorridente del suo migliore amico:
"Grazie Will…"
"Loro sono Max, Lucas…" cominciò Will voltandosi verso gli amici, vedendoli alzare una mano in segno di saluto senza accennare a muovere un passo, ma con un paio di sorrisi sulla cui sincerità, in fondo, nessuno avrebbe potuto un gran che lamentarsi.
"Ciao El…"
"Ciao!"
"…e lui è Dustin!" concluse Will con un gesto della mano, indicando l'amico il quale, con aria pomposa e gentile, subito si fece di fronte alla ragazzina sulla scale, togliendosi il cappello dalla testa e chinando il capo a mò di cavaliere medioevale:
"Salve mia principessa! È un piacere averla qui con noi sta sera!"
Mike alzò gli occhi al cielo con un sorriso, sentendo El ridere accanto a sé stringendo la mano porta dall'amico di fronte a lei, più inchinato del dovuto in segno di rispetto.
Dall'altra parte della parete, non poté sfuggirgli un'alzata degli occhi azzurri al cielo da parte di Max, incrociando le braccia al petto con aria palesemente scocciata.
Mike decise di ignorare semplicemente la cosa: come inizio non poteva che definirsi invero più che soddisfatto.
"Arriva in un momento propizio, my lady! Giusto in tempo per rifocillarsi!" Dustin continuò con fare pomposo, con un ultimo sorriso agli occhi di El, volgendo lo sguardo con un gesto della mano verso il cartone bianco ancora in bilico tra le dita ben salde di Mike accanto a loro:
"Spero che le sia gradita la pizza salame e peperoni, o mia principessa"
*
"La terra di Kalamar era sempre stata tramandata nei miti e nelle leggende come la più prospera e rigogliosa delle valli abitante dalla tribù Khuisar, da quando i bambini ponevano il capo alla sera sotto le ali accoglienti dei mastri protettori ed i più anziani e saggi del villaggio ne conservavano il ricordo"
La piccola Hopper l'aveva capito subito quella sera, dal primo momento nel quale, varcata la soglia di quel seminterrato impregnato dell'odore di pizza con peperoni e patatine al formaggio: quello non era certo un gioco sul quale potersi permettere di scherzare.
"È tutto nella tua testa, vedi?" le aveva spiegato premuroso Mike pochi istanti prima, vedendola ancora in piedi in mezzo agli amici con la bocca piena dei morsi di pizza, avvicinarsi incuriosita a quel tavolo con intorno disposte 6 sedie già preparate, una in più rispetto al solito, così perfettamente allineate che le sembrava di troppo anche solo il fissarle troppo a lungo.
"Tutto…nella mia testa?"
Mike aveva sorriso al suo tono confuso, spiegandole che era normale ritrovarsi un po' spersi la prima sessione, ma che con il tempo ci avrebbe fatto l'abitudine:
"È solo la prima tua sessione ma la campagna sarà lunga ed il tuo personaggio…speciale!" aveva continuato il nerdino vedendola passare con lo sguardo dal tabellone alle cartelline già disposte sulle sedie piene di fotocopie e scarabocchi a matita, ognuna con il suo nome: Dustin, Max, Lucas, Will e…
"Questa è la tua?" El aveva mosso un passo verso la cartellina riportante il nome di Mike, la più piena e spessa di tutte, sbirciando con gli occhi al di là del tabellone alzato a dividerlo dal resto dell'altro materiale di gioco.
Mike era impallidito a quel gesto e aveva pregato che nessun membro del party si volgesse verso di loro proprio in quel momento, non sapendo come allontanare El da quell'angolo del tavolo assolutamente proibito a qualsiasi PG che non fosse il vero DM.
"Ehm…si El, quella è la mia, ma…"
"Le conviene allontanarsi, my lady, o non vorrà incorrere nella furia distruttrice del nostro Dungeon Master!"
El si era voltata di scatto, non avendo compreso appieno quelle parole ma ritrovando davanti ai suoi occhi stupiti un paio occhi azzurri sorridenti e gentili, appartenenti al ragazzo ricciolino che ora le era di fronte con il suo pezzo di pizza ai peperoni fieramente stretto tra le dita con aria soddisfatta:
"Quella è l'area del tavolo da gioco riservata al DM, a colui che governa la sessione, al narratore!" Dustin proseguì con un gesto della mano verso il lato del tavolino, facendo allontanare El di corsa come colta in flagrante delitto:
"Scu…scusate!"
"Non temere principessa, il nostro ser Mike sarà più che propizio con voi questa sera concedendovi la grazia del perdono, vista la vostra ingenua bontà!"
El si trattenne non poco dal ridere a quelle parole così strane e per lei così confuse, pensando che se quello era davvero solo l'inizio, quel famoso D&D doveva essere in fondo davvero divertente.
Almeno nella teoria…
"Non vi preoccupate , mia cara! Sono certo vi troverete meglio con il tempo!" continuò il bardo con un altro grande sorriso, avvicinandosi la piccola intenta ad esaminare attentamente le miniature già disposte in fila ai lati al tabellone,
"A quali altri giochi di ruolo ha mai giocato, my lady?"
"Giochi di ruolo?" aveva ripetuto El alzando un sopracciglio,
"Giochi…?"
"Giochi nei quali usi la tua fantasia!" era intervenuto in suo soccorso il paladino, annuendo con aria incoraggiate,
"Sai, tipo Dungeons and Dragons, Hero Games o…"
"Con papà la domenica sera facciamo spesso un puzzle!" aveva risposto El allargando il sorriso, passando con lo sguardo speranzoso dal viso attonito di uno a quello sconsolato dell'altro, ringraziando entrambi però il Cielo che nessuno a parte loro due fosse abbastanza vicino in quel momento da poter sentire.
"Un puzzle…"
"Sì, beh…la superficie che si crea è simile a quel tabellone, giusto?" la piccola aveva proseguito candidamente, non notando la tosse isterica che seguì quell'ultima sua affermazione, da parte del ricciolino dagli occhi azzurri il quale, pur essendo accogliente e gentile, conosceva un limite di sopportazione a tutto.
"Beh…auguri Mike…" El lo aveva visto scuotere la testa prima di allontanarsi, battendo una pacca sulla spalla dell'amico con aria consolata.
Il piccolo fiore non ne comprese il motivo, ma era quasi del tutto certo che si trattasse di qualcosa che lei aveva appena detto.
No, decisamente D&D non doveva essere paragonato ai puzzle, seppur difficili e da tanti pezzi, che amava fare con il suo papà.
"Appena superato l'ultimo tronco secolare della foresta di Fangorn, lo spettacolo che si stagliava davanti ai pellegrini giunti in quella valle non era nulla, nulla che la mente umana avrebbe mai potuto così facilmente dimenticare"
Gli occhi ben aperti e le orecchie super attente di quattro piccoli nerdini erano protese così come i loro visi seri e concertati lungo quel tavolo, le cartelline strabordanti di fogli sulle ginocchia, le matite dietro le orecchie, i nervi saldi e le labbra serrate.
Il silenzio carico di attesa permeava lo spazio intorno mutandolo sulle ali della fantasia, trasportando quei ragazzi oltre, ben oltre quella piccola tavernetta, ben oltre la dimensione di quella piccola città, ben oltre dove le parole del piccolo nerdino dai riccioli neri con occhi sognanti li poteva portare.
Ed El sorrise, spalancando gli occhi volti in venerazione verso di lui, seduta tra Mike e Dustin e con Will di fronte, immaginando quei luoghi che mai le sarebbe dato di vedere se non nella sua più fervida immaginazione.
Riusciva a capire perché quel gioco fosse così meraviglioso, perché potesse essere così speciale: tutto poteva succedere, tutto si poteva immaginare quando, seguendo racconti e descrizioni appassionate, le immagini comparivano davanti ai loro occhi da sé, leggermente diverse ma uguali come la loro propria fantasia aveva il potere di plasmarle.
"È sempre Mike il…narratore?" la piccola si sporse verso Dustin, sussurrando al suo orecchio con occhi sognanti.
Il ricciolino dagli occhi azzurri sorrise,
"No, non per forza: possiamo farlo a turni, ma lui…"
rispose con enfasi il bardo, sollevando uno sguardo orgoglioso verso il suo DM:
"…lui è il migliore"
"La tribù Khuisar non aveva avuto dubbi all'alba dei tempi che quello sarebbe stato il luogo dove avrebbero preso abitazioni per i secoli futuri" continuò Mike con occhi sognanti come un bambino, muovendo le mani e mimando contorni, sagome e forme, sotto gli occhi emozionati dei suoi compagni di avventura.
"E Will cosa fa?" chiese ancora El sottovoce, vedendo Will curvo sulla sua cartellina, le mani sporche di un liquido nero e una stana penna tra le sue mani.
"Will disegna, disegna i paesaggi, i personaggi, fa tutto con la china, vedi?" indicò Dustin una boccetta dal liquido denso e nero,
"È più facile immaginare gli spazi se lui li disegna, e Will è un mago della pittura!"
"E quando la principessa Margaery aveva benedetto quella valle scegliendola come sua dimora per il suo castello e per la sua corte, gli annali e le carte di quegli anni avevano perso il conto nello stabilire quanti giorni erano durati i più grandi e meravigliosi festeggiamenti mai visti"
"El…" la piccola fu risvegliata da una voce, tornando alla realtà da quei luoghi fantastici e ritrovando di fronte a sé gli occhi verdi del ragazzo seduto dall'altro lato del tavolo, sporgendole un disegno in bianco e nero dai contorni morbidi e appena abbozzati, non per questo meno meravigliosi.
"È…" sorrise la piccola Hopper non potendo credere ai suoi occhi,
"È…è la principessa!"
"Sei tu El!" aggiunse Mike con un sorriso, vedendola spalancare gli occhi di stupore, prendendo tra le mani il disegno dove i contorni di una longilinea figura si perdevano tra le onde morbide di un grande vestito dall'ampia gonna,
"…io?"
"Sì, El…tu!" annuì Mike incrociando lo sguardo nel suo e trattenendosi dall'allungare una mano per prendere la sua di sotto il tavolo,
"Tu sei la principessa Margaery, El"
"Okay, possiamo continuare?" la voce scocciata di Max fece voltare tutti verso il fondo del tavolo, dove un'imbronciata scassinatrice e un teso ranger attendevano a braccia incrociate la fine di quell'introduzione e l'inizio dell'azione.
"Quando arrivano i cattivi e i mostri?"
"La bellezza della principessa era tramandata da generazioni, così come la sua eterna giovinezza mai sfiorita come la più meravigliosa delle rose…" proseguì Mike con aria di sfida, occhi negli occhi con quelli azzurri della rossa a lui di fronte, arricchendo il racconto di dettagli inutili che proprio però non poté trattenersi dall'aggiungere in quel momento,
"Dicevano gli abitanti della Valle che la voce del suo canto si perdeva nel vento estivo nelle notti di Luna, in grado di proteggere la valle da ogni pericolo, come un manto sicuro dove posare sicuri il capo"
"…naturalmente" alzò gli occhi al cielo Max, con un piccolo sbuffo che El non colse neppure, talmente intenta ad immaginare ciò che la voce di Mike andava raccontando.
Oh sì, il suo personaggi già le piaceva, le piaceva eccome!
"Ma la pace e la tranquillità della valle non era destinata a durare per sempre…" proseguì la voce del DM con una punta di rammarico e suspance tale da far sporgere le spalle di tutti gli amici sul tavolo, ansiosi di scoprire contro quale mostro avrebbero avuto quella sera a che fare:
"Che cos'è?"
"Dal monte Amon Anwar, appena una notte di cammino umano dalla valle, un bel giorno di sole emerse del fumo nero sulle montagne, invadendo il cielo, facendo calare sul villaggio del Khuisar nella notte più lunga che si fosse mai tramandata dai miti e dalle leggende"
"Adesso arriva il bello!" Dustin sorrise con il suo sorriso senza denti, sporgendosi di più dal tavolo,
"È un demone del mondo antico, un Balrog evocato da qualche stregone?"
"No, è un esercito di Nazgûl, cavalieri caduti e in cerca di vendetta!" ribattè Max facendo ondeggiare le trecce rosse sulle spalle,
"Che cos'è?"
"È…" iniziò Mike con un ghigno, fiero della suspense riuscita a creare,
"Allora??"
"Forza Mike, dillo!"
"È un Smaug! Il drago dalle squame d'oro più dure della pietra e più splendenti del sole!" allargò le braccia in un gesto plateale il piccolo DM, con un così grande ed immenso entusiasmo che per poco non cadde giù completamente dalla sedia.
"Ed è lì che vi porterà il vostro viaggio, miei compagni di avventure! Siete pronti a prestare le vostre armi ed il vostro valore alla tribù dei Khuisar per sconfiggere Smaug e riportare armonia e gioia nella valle?"
"Un drago ed una principessa…che originale" boffonchiò Lucas con un mezzo sorriso, abbastanza forte perché Mike potesse sentirlo,
"Che cosa c'è Lucas il ranger…ti è già bastato questo per fartela nei pantaloni?"
"Vi prego non ricominciate voi due…"
"Va bene, basta con queste idiozie, cominciamo!" esclamò Dustin posizionando la sua pedina sul tavolo,
"Ci eravamo lasciati accampati all'ingresso della foresta di Fangorn dico bene? Le nostre tende sono sopravvissute alla furia del vento dell'inverno?"
"Oh certo ser Dustin!" sorrise Mike con un cenno del capo, facendo brillare gli occhi degli amici attenti e pronti per cominciare,.
"Ma il vento primaverile da ovest non è così benevolo con voi questa mattina: lo sentite questo fischio?"
El vide gli occhi di Will di fronte a sé alzarsi dai fogli, come catturati dalla magia, insieme a quelli di Dustin, Lucas e perfino della rossa dall'altra parte del tavolo, abbandonato per un istante il suo sguardo di superiorità e sufficienza,
"È la brezza portata dalle montagne, un vento di cambiamento, di novità che invita a muoversi e a proseguire! Presto! Non è più tempo per indugiare miei prodi! Il popolo dei Khuisar ha bisogno di voi!"
Mike alzò le braccia al cielo al di là del tabellone divisorio di cartone alzato fin sopra le sue lentiggini, facendo emergere visibili solo un paio di occhi grandi e felici come alla piccola era sembrato di vedere solo quella stessa mattina davanti alla sua scrivania, di fronte a quei libri di scienze che sembravano appassionare quel nerdino più di ogni altra cosa al mondo.
El trarrenne un piccolo sospiro, imponendosi di distogliere lo sguardo da quella miriade di stelle scure sulle sue guance che avrebbe potuto passare la serata a contare: cavolo come avrebbe voluto, prima o poi, essere anche lei la causa di uno di quei sorrisi.
"Il vento soffia forte, si è alzato all'improvviso! Le corde cigolano e stanno per cedere, i tessuti ad un passo dal logorarsi. Uscite di corsa allo scoperto e.." la voce del DM proseguì con tono concitato, lanciando uno sguardo al suo migliore amico che, lanciando cadere sul tavolo il pennino e l'inchiostro, ora era pronto all'azione con la sua manciata di dadi ben stretta in mano:
"…Will, tocca a te!"
"Tento l'incantesimo di levitazione per riportare tutto nelle nostre bisacce prima che il vento disperda le provviste!" propose il ragazzo risoluto, cercando con lo sguardo cenni di consenso nel gruppo,
"E per fare ciò…tiro il mio dado da 12 contro la forza del vento!"
"Tira il dado, Will the Wize…" accolse l'offerta Mike con un sorriso sghembo, approfittando del momento di distrazione degli occhi di tutti puntati sui dadi per sporgersi verso El con sguardo attento e premuroso:
"Ehi…tutto bene?"
La piccola Hopper sorrise, annuendo piano, incastrando gli occhi nei suoi in un secondo che rimase sospeso appena per un istante, ma dilatato nel tempo come solo quei loro momenti sapevano essere.
Occhi negli occhi, cielo scuro nel cielo.
Entrambi quei ragazzini sapevano che avrebbero potuto sul serio senza problemi trascorrere il resto dell'intera serata così, senza aggiungere parole.
"E…12!"
"Boooom Will! Grande inizio!"
Mike si risvegliò da quella visione d'incanto appena in tempo per sorridere ai festeggiamenti, vedendo un Will raggiante battere un 5 volante ad un entusiasta Lucas alzatosi in piedi per partecipare alla vittoria.
"E in un baleno…tutto al suo posto!" sorrise soddisfatto il piccolo Byers, con un gesto della mano come a far vibrare una bacchetta magica,
"Si parte!"
"Velocemente cercate riparo nella foresta, protetta dalle fronde e dai rami degli alberi a rendere il paesaggio quasi spettrale nonostante l'alto sole del giorno…" il party sentì proseguire il narratore, con voce misteriosa ed ora carica di mistero, sporgendosi curiosi lungo le cartelline strette alle ginocchia,
"Continua!"
"E poi?"
"Proseguendo nel sentiero tracciato tra il fogliame, cavolo, sarebbe proprio difficile trovare il minimo appiglio per orientarsi! Ma ad un certo punto…" trattenne il fiato Mike con uno sguardo furbo, facendo perdere il respiro a loro volta al gruppo degli amici d'intorno,
"Allora?
"Che cosa?? Mike!"
"Un bivio! Una biforcazione di fronte a voi al crocevia della strada divisa da una grande quercia nel mezzo! Dovete decidere lungo quale strada proseguire. Compagnia, a voi!"
"Destra!" esclamarono all'unisono Dustin e Lucas,
"Sinistra!" risposero altrettanto velocemente Max e Will.
"Ragazzi fidatevi, è la destra, è sempre la destra la migliore!" annuì Dustin con aria d'esperto della questione,
"Fidatevi, so quel che dico!"
"Già, come l'ultima volta che siamo quasi arrivati a strapiombo su quel dirupo!" alzò gli occhi al cielo la rossa con tono scettico:
"Ragazzi, sinistra, è l'opzione migliore!"
"Ai voti!"
"Ma è patta!"
"El!" annunciò pomposamente Dustin voltandosi a guardare una confusa ragazzina con i riccioli ormai completamente asciutti a contornare guance rosee e una testolina dove immagini, paesaggi e magia avevano preso a vorticare impazziti.
"…sì?"
"Sei l'ago della bilancia! Destra o sinistra?"
"Ma non è ancora nemmeno comparsa nella storia!" protestò Max puntandole un dito contro e facendo richiudere immediatamente ad El la bocca aperta per rispondere, avvertendo una spiacevole sensazione di fastidio all'imboccatura dello stomaco.
Perché quella ragazza doveva davvero continuare a guardarla in quel modo?
"Mmm…"
"Tecnicamente non ancora ma entro la fine della sessione lo sarà!" ribattè prontamente Will, facendo sorridere la piccola di riconoscenza.
El non poté notare un piccolo cenno di intesa che seguì quella frase, tra un sorridente nerdino dai ricci neri e il suo migliore amico dagli occhi verdi: a quanto pare Joyce aveva ragione, El con gli amici di Mike e di suo figlio non si stava trovando per niente così male.
Con chi più e con chi meno.
"Oh, e va bene, fatela votare!" alzò le braccia al cielo la rossa con aria scocciata, rivolgendosi ora a lei con aria fintamente cordiale, tanto da far tirare persino a Lucas accanto a lei una gomitata silenziosa.
"Quale è la tua scelta, principessa?"
"Max…calma…"
"Destra!" scelse senza pensarci due volte El, tutto pur di andare contro quella ragazza così poco gentile, sorridendo sotto i baffi nel vederla fare una smorfia abbassando lo sguardo al tabellone,
"…ovviamente"
"Destra! Deciso! La strada prosegue in discesa…" annunciò Mike con occhi spalancati ed attenti, muovendo fogli ed appunti al di là del cartone dove ai PG era vietata la vista,
"All'improvviso, la strada di apre su una radura: appare tutto regolare e tranquillo, fatta eccezione per un ampio spazio di fronte a voi assolutamente spoglio, brullo, privo di vegetazione. Procedete cauti non sapendo cosa aspettarvi di trovare e…Max?"
"Con il mio passo felpato da scassinatore proseguo avanti distaccandomi dal gruppo" alzò un sopracciglio rosso Max facendo ondeggiare le trecce sulle spalle,
"Arrivo al centro della radura e…"
"…ed improvvisamente i tuoi compagni cacciano un urlo, un urlo disperato!" Mike sbattè i pugni contro il tavolo facendo sobbalzare tutto il party ed El come un sol uomo, facendo la rossa impallidire socchiudendo le labbra.
"Che?!"
"Max! Max! Non ti muovere, affondi!" imitò una voce sconvolta il piccolo Wheeler, gli occhi spalancati a dissimulare paura, una mano davanti alle labbra.
"La sabbia ti inghiotte fino alla caviglia, un passo per liberarsi ed ora è fino al ginocchio! Cerchi di ribellarti ma è tutto inutile, continui a sprofondare più giù!"
"Lo dicevo che dovevamo girare a sinistra…" commentò scocciata la rossa con uno sbuffo, rialzando lo sguardo a ciascuno dei suoi compagni di avventure:
"Allora voi?! State lì impalati a guardarmi? Aiutatemi!"
"Corro in avanti e la afferro per le braccia evitando che sprofondi di più!" esclamò prontamente Lucas, battendo fieramente una mano sul petto e facendo schiudere gli occhi della piccola di ammirazione.
"Così…così gentile e romantico"
"Così sprovveduto, stalker…" alzò invece gli occhi al cielo la rossa allargando le braccia,
"Grandioso, ora siamo ad affondare in due!"
"…stalker?" sussurrò El all'orecchio di Mike, vedendolo sorridere abbassando lo sguardo,
"Non ti preoccupare El, loro sono sempre così…si battibeccano ma in realtà…"
"Intervengo io!" Will rispose risoluto, afferrando il dado di fronte al suo giocatore,
"Occorre un dado da…?"
"Non c'è più tempo!!! Il tempo passa e i piccioncini affondano! Intervenire, ORA."
"Tento un incantesimo di…"
"…ORA!"
"Al bando la magia, Will the Wize! Oggi vince la forza bruta" intervenne prontamente Dustin con fare risoluto, alzando le braccia di fronte a sé come a scoccare una freccia da un grande arco.
"Cerco un tronco grande ed abbastanza robusto intorno: scocco la mia freccia legata ad una fune e…"
"…ci aggrappiamo alla fune per non affondare di più!" continuò Lucas portando un braccio intorno alle spalle di Max e vedendola arrossire leggermente, seppur con un sorriso imbarazzato,
"Aggrappati a me, o mia scassinatrice, salvi o a picco ma insieme!"
"Così stupidamente galante, stalker…" scosse la testa la rossa, facendo sorridere El spontaneamente.
Oh sì, tra quel ranger dalla pelle color cioccolato e quella scassinatrice dai capelli di fuoco doveva esserci del tenero: non serviva tutta la sua fervida e romantica immaginazione per capirlo.
"Bene! E mentre io e Lucas stiamo appesi alla fune di Dustin come dei salami…"
"…incantesimo di protezione!" annunciò Will con voce sicura, facendo roteare sul tavolo un dado da 8 facce,
"E…andato!"
"Grande Will! Un'altra volta!" la piccola vide Lucas e Dustin sporgersi sul tavolo, battendo insieme i palmi in un saluto di esultanza, in un scena così intima e allo stesso tempo gioiosa che per un attimo si dimenticò quasi di essere in imbarazzo lì seduta a quel tavolo per la prima volta di fronte a quegli amici di una vita.
El si ritrovò a sorridere, sorridere di cuore, sorridere così spontaneamente così come gli capitava solo di fronte a lui, al nerdino con gli occhi dolci e gentili che ora le stava accanto guardando la scena da dietro il tabellone con aria felice.
Era puro entusiasmo quello che faceva vibrare l'aria quella sera, pura allegria e voglia di sognare, e per una delle poche volte nella sua intera esistenza, El si sentì veramente a Casa.
"Incantesimo di protezione riuscito, le sabbie mobili di quietano sotto il vostro corpo e vi permettono di proseguire…" continuò il DM con un sorriso, vedendo i suoi PG tornare composti ai loro posti.
"Il vostro cammino prosegue nella foresta sempre più fitta, priva di pericolosi, quando…ad un certo punto…"
"Dio mio quanto odio quella frase…" sussurrò il ranger incrociando le mani davanti al viso,
"Ti prego, fa che non sia…"
"Tra le fronde e le frasche, improvvisamente…luce! Luce! Quella è davvero la luce del sole!"
Tutti i quattro amici scattarono sulle sedie felici, allargando le labbra in grandi e felici sorrisi, sotto gli occhi di un piccolo fiorellino entusiasta e coinvolta ormai nel racconto almeno quanto loro.
"Ecco la fine della foresta! Ecco la radura ad accogliere nella vallata! Ecco il castello della principesse dalle alte guglie, ecco i monti a proteggere i prati con le loro pareti come scudi!"
"Siii!"
"Ma, improvvisamente…" Mike cambiò registro in una frazione di secondo, interrompendo il racconto sul più bello e bloccando le braccia in aria in suspance:
"Lo sentite? Lo sentite anche voi?" El vide gli occhi di tutti spalancarsi di stupore, davanti ad un piccolo nerdino dai ricci neri con un indice davanti alle labbra, come ad invocare un reale silenzio.
"Che cosa?!"
"Che cosa, Mike?!"
"La sentite anche voi questa…vibrazione?"
"…vibrazione?"
"Che cos'è? È il terremoto?!"
"Peggio, molto peggio!" gli occhi del piccolo Wheeler si spalancarono, per contenere tutto quell'orrore:
"È Smaug! L'unico e il grande, accortosi della vostra presenza ed ora ruggente con il suo suono cupo dalle montagne!"
"Oh merda…" sussurrò Dustin portando una mano sugli occhi con aria più che preoccupata,
"Oh sì che si mette male…"
"Gli abitanti a quel rumore corre nelle case abbandonando le strade in un baleno deserte…" proseguì Mike con fare concitato,
"Mentre dalle montagne già fumo di eleva, fumo così denso e nero da oscurare il sole!"
"Holy shit…"
"Che facciamo!"
"Presto al riparo!"
"E dove?!"
"…nel castello!"
Gli occhi di tutti gli amici, Mike compreso, in un secondo furono su di lei, senza che quella ragazzina si potesse nemmeno rendere conto di aver pronunciato quelle parole per davvero. Mike alzò un sopracciglio, sorridendo felice, Dustin annuì, seguito da un Lucas un po' perplesso, ma infine convinto, con un movimento della mano,
"Sì beh…credo sia davvero una buona idea!"
"Presto allora, di corsa!" scattò in avanti Will, muovendo sul tabellone il suo giocatore,
"Muoviamoci!"
"Chi ci dice che possiamo fidarci di lei?!" sussurrò una scettica Max con un sussurro appena percepibile, non abbastanza da smorzare l'entusiasmo generale,
"Il portone è aperto!"
"Forza tutti dentro!"
"Siamo salvi!"
"Ci è mancato davvero poco…"
"Venite accolti nella sala del trono, dove stemmi araldici sul ricchi drappi addobbano le pareti con scene raffiguranti le geste eroiche della nostra maga…"
"Maga?!" allargarono all'unisono gli occhi stupiti i 5 amici, voltandosi verso il narratore che con sguardo furbetto già li attendeva, con un sorriso sghembo sul viso,
"Maga?!"
"Sì, maga!" ripeté Mike più deciso, voltandosi verso El che ricambio con uno sguardo più confuso,
"Ma non avevi detto che io ero…"
"Sì, l'ho detto! E non ho mentito!" annuì Mike allargando la piega delle sue labbra rosse,
"Gli amici non mentono e quella non era una bugia: tu sei una principessa, la principesse Maergery, esperta in arti e poteri magici!"
"Una principessa maga?!" chiese Dustin con occhi super emozionati,
"Tubulare al 100%, cazzo!"
"Oh…" Mike sentì sussurrare quel piccolo fiore, ancora un secondo incerto, prima di sciogliere lo stupore in un tenero sorriso:
"Mi…mi piace!"
"Proseguite nella sala del trono fino al cospetto della principessa, dove lei vi attende sul suo trono in lunghe vesti sfavillanti nella luce delle torce appese tutto intorno" Mike sorrise a sua volta, voltandosi verso El con uno sguardo di ammirazione, come se non stesse attendendo altro che quel momento da tutta la sera per poter essere lì, per poterla liberamente ammirare senza paura,
"Venite subito colpiti da lei, da lei e dalla sua innata bellezza…" sussurrò Mike proseguendo con un sorriso, abbastanza timido da arrossire nel racconto, ma abbastanza coraggioso da non allontanare lo sguardo dagli occhi di lei, come se il resto del mondo fosse lontano, troppo lontano per poterli raggiungere in quel luogo al confine tra realtà ed immaginazione,
"Non esageravano i miti, non erano prive di fondamenti le leggende: i suoi riccioli sono davvero color del grano, rosse le sue labbra come il più ricco dei fiori, luminosa la sua pelle, più di una stella del cielo, mentre…"
"Okay, okay, abbiamo capito!" intervenne la poesia Max alzando gli occhi al cielo, interrompendo il contatto visivo tra il nerdino ed una più imbarazzata ma sorridente che mai piccola principessa,
"Possiamo…proseguire, Mike?"
Mike si ritrasse su quella sedia, come se gli avessero rifilato appena una scarica elettrica, ritrovando su di sé gli occhi di tutti gli amici a metà tra il divertito ed il sorpreso.
"Insomma…la principessa…la maga…e poi?"
"Ehm…sì certo…" scosse la testa il nerdino, convincendosi a non dare ascolto al suo piccolo cuore martellante nel petto e a non tornare con lo sguardo alle labbra di lei così meravigliosamente schiuse di stupore di fronte a sé.
"Cazzo se non sei tu la principessa più bella del mondo, El…"
"E Smaug?"
"Smaug ruggisce all'esterno dell'edificio, facendo vibrare pericolosamente le pareti con il suo ruggito sempre più forte!" riprese il piccolo Wheeler con aria concitata, muovendo in mezzo al tabellone una miniatura raffigurante un drago rampante,
"I cittadini invocano i vostri nomi a gran voce! Hanno sentito delle vostre grandi imprese e vi supplicano di salvare le loro terre una volta per tutte! La valle ha bisogno di eroi, non sarete certo voi a tirarvi indietro, non è così?!"
"Mai!"
"Coraggio!"
"Tutti fuori, forza! Facciamo mangiare la cenere a quel drago sputa fuoco!"
"Corsi fuori dal palazzo trovate Smaug sopra di voi, planando dall'alto sul villaggio dei Khausar corsi al riparo: vedendovi allo scoperto e senza protezione l'attacco è immediato e una pila di fiamme ora vi sovrasta. Avere 15 secondi, Will, tocca a te!"
"Incantesimo di protezione!"
"Per quanto ancora potrai resistere? Quel coso è enorme!"
"Ti viene in mente una mossa migliore, Max?"
"Al riparo dentro la sala del trono!"
"Non possiamo battere in ritirata proprio ora!"
"Posso…posso farlo io!" propose timidamente El alzando la mano per prendere parola, abbassandola un secondo dopo arrossendo e ricordandosi di non essere davvero a scuola, seppure il livello di concertazione in quella tavernetta potesse essere di gran lunga maggiore di quello di un'aula scolastica.
"Posso tirare anche io un incantesimo contro il drago…" Mike stupito la vide deglutire, sposando timidamente in avanti la sua pedina di fronte a quella del nemico al centro del tabellone: un piccolo e fiero nerdino doveva ammettere che a quanto pare qualcuno aveva già compreso appieno come giocare.
"Posso usare la magia se voi…se voi intanto lo distraete!"
"Geniale la ragazza!" si lasciò scappare Lucas ammirato, immediatamente messo a tacere da un'occhiata torva di Max al suo fianco,
"Voglio dire…va bene, ma come?"
"Pioggia di dardi e frecce! Una almeno andrà a segno!" urlò Dustin lanciando con una sola mano tutti i suoi dadi sul tavolo:
"Merda!"
"Smaug è infuriato e sempre più vicino!" annunciò Mike con tono minaccioso,
"Bisogna che decidiate in fretta!"
"El, sei sicura di poterlo fare?!"
"Io…" azzardò timidamente la piccola Hopper guardando Will e poi Mike con aria confusa,
"Io credo di sì, ma…non so come fare"
"È un incantesimo di classe speciale, devi tirare un dado da 12" spiegò con un sorriso Will, portandole tra le mani il suo dado sotto occhi stupiti ed ammirati di Mike,
"Deve essere un risultato di almeno +8: da 0 a 7 fallisce il tiro, da 8 a 12 aumenti in potenza"
"Forza my lady, ce la puoi fare!" si aggiunse al tifo Dustin, facendo sorridere timidamente El sollevandosi più dritta sul tavolo:
"Un bel lancio per sconfiggere quel bastardo!"
"…ba…bastardo?"
"Il drago, El…"
"Forza, tira!"
"Da 8 a 12…" ripeté El chiudendo gli occhi, lasciando cadere il dado sul tavolo, fermandosi a guardarlo roteare come una trottola impazzita tra gli occhi sospesi ed i respiri mozzati di tutto il resto del party.
"Da 8 a 12…da 8 a 12…"
"Forza…"
"Da 8 a 12!"
Nell'infinitesimo di secondo nel quale la superficie del dado ebbe sfiorato il legno del tavolo, mostrando in superficie un numero dalle due stanghette zizzagate, decisamente inferiore al numero richiesto, il cuore di El si bloccò, perdendo un battito, in silenzio.
Ed altrettanto veloce, nel secondo che seguì, fu la sua testa mossa verso destra, in un colpetto più che automatico, quasi involontario che fece girare il dado di qualche soffio in più, fermando infine la sua prolungata corsa su un numero definitivo, un numero che di involontario proprio no, non aveva un bel niente.
11.
"Era un 7!!" esclamò Max con occhi spalancati, un secondo prima dello scoppio delle grida di esultanza liberate dal resto degli amici nel momento in cui il dado mostrò sotto gli occhi di tutti il verdetto finale: 11.
"Grande El!"
"Magnifico El!"
"Alla grande!" Lucas si sporse sul tavolo per battere il 5, facendo ridere la piccola di gusto sotto gli occhi ammirati ed imbambolati di un piccolo Wheeler alle sue spalle,
"Wow…magica!"
"Era un 7! L'ho visto, cazzo!" ripeté Max puntando il dado sul tabellone, troppo sconvolta per accorgersi di non essere ascoltata da nessuno dei suoi amici, troppo entusiasti da festeggiare per starla a sentire, ad eccezione di El più rossa in viso, decisa più che mai a fingersi sorda in quel momento.
"Già…che fortuna…"
"Il colpo va a segno! Smaug è stordito e perde quota" proseguì Mike concitatamente, volgendo lo sguardo a Dustin, già pronto con i dadi tra le mani ed un sorriso soddisfatto sul volto:
"Sono pronto, oh mio sommo DM: palle di fuoco per il bastardo!"
"E pioggia di dardi!" aggiunse Lucas scattando in piedi e lanciando a sua volta i suoi dadi sul tabellone.
"Beccati questo, drago dei miei stivali!"
"15, 17, 23, 14 e…" Mike guardò di sottecchi gli amici, preparandosi alla stoccata finale.
"E…Smaug perde quota fino a schiantarsi al suolo con un tonfo secco, finito dai dardi di Lucas tra le sue squame d'oro!"
"SIIIII" esclamarono all'unisono Dustin Lucas e Will, alzando le braccia al cielo in segno di vittoria, in mezzo ad una ancora scettica Max, rimasta seduta con aria confusa,
"Ma era…era un…"
"Oh, e smettila, MadMax e vieni a festeggiare!" esclamò Dustin correndo alle sue spalle e sollevandola di peso, tra le risate generali,
"La nostra principessa-maga ci ha salvato!"
"Già…grazie alla nostra principessa…"
El non riuscì a comprendere appieno il perché di quello sguardo così scocciato, unito ad un tono non del tutto sincero della ragazza rossa dall'altra parte del tavolo in quel momento.
Non comprese quel gesto ma non stette ad indugiare troppo quando sentì due braccia forti stringere a sua volta anche lei dalle spalle in un abbraccio stritolante che la fece tossire tra le risate:
"Benvenuta nel nostro party, principessa! Sei l'elemento che mancavi!"
"Grazie…grazie Dustin!"
"Gli abitanti di Kalamar riconoscenti vi portano tributi ed acclamano il vostro nome a gran voce" concluse Mike sorridente, ammirando l'esultanza degli amici e chiudendo il manuale da DM tra le mani, fino alla prossima sessione,
"La pace è ristabilita ed i bambini torneranno a riposare sonni sereni sui loro cuscini"
"Si!!"
"Michael?!"
Le grida di esultanza si affievolirono gradualmente fino a sparire, quando la voce della signora Wheeler riecheggiò sù dalle scale, facendo voltare il piccolo Mike di scatto insieme ad El, avvicinatasi a lui ancora seduto al di là del tabellone.
"Sì mamma?"
"È per El…credo sia ora che vada! C'è la macchina del capo davanti al…"
"È papà!" annuì vigorosamente El scattando ad afferrare lo zaino rimasto ai piedi della sua sedia e ponendolo sulle spalle, senza dimenticare di afferrare al volo il disegno di Will della sua principessa lasciato sul tavolo.
Mosse un passo frettoloso verso le scale la piccola Hopper, un istante prima di bloccarsi, voltandosi nuovamente indietro con aria di chi ha dimenticato qualcosa di importante:
"Buona notte…a tutti!"
"Buonanotte principessa!"
"Alla prossima El!"
"My lady…" El rise vedendo Dustin avvicinarsi a lei con aria galante, inginocchiandosi ai suoi piedi e portando una mano sul cuore,
"Il nostro umile e modesto party necessita di voi, non ci abbandonate alla prossima sessione, ve ne prego!"
"Okay Dustin, piantala…" sbuffò la rossa con le braccia incrociate al petto, per nulla intenzionata a partecipare al comitato dei saluti,
"Non facciamo i ridicoli…"
"Buonanotte El!" sorrise Will agitando la mano in segno di saluto,
"Spero di vederti sabato prossimo!"
"Sì, anche io…" Mike vide El esitare, ma con un grande sorriso sulle labbra, muovendo qualche passo sugli scalini ed affrettandosi a raggiungerla:
"Aspetta, ti accompagno!"
"Alla prossima El!" incredulo il piccolo Wheeler sentì la voce di Lucas continuare, prima di essere messa a tacere da una gomitata della quale Mike avrebbe potuto scommettere ad occhi chiusi la provenienza:
"Mi raccomando, quando vorrai sei la benvenut…"
"Ehi..!" sorrise timidamente Mike ad una ancora più timida El pochi secondi dopo, sulla porta del pianerottolo di casa Wheeler già spalancata sulla strada e sulla buia e fresca notte di inizio ottobre,
"Ehi…!" rispose El con un altrettanto abbozzato sorriso, abbassando lo sguardo alle sue converse bianche e sentendo le guance ancora scottare di concitazione e incredulità.
Non poteva credere che fosse davvero successo tutto così velocemente: davvero aveva appena usato i suoi poteri davanti a tutti quegli sconosciuti, quasi senza rendersene conto?
E, davvero…era stato un così grande successo?
Davvero era bastato così poco, un semplice tiro di dadi per conquistare la fiducia di quei ragazzi con i quali, ad essere onesta, si era sentita così (al suo posto) già dall'inizio della serata?
Davvero era stato così facile, davvero Joyce aveva ragione?
Davvero quei ragazzi buffi ma in fondo gentili avrebbero potuto essere davvero i suoi…nuovi amici?
"È andata bene…non è vero?"
El sbattè le palpebre risvegliandosi da quei pensieri, ritrovando davanti a sé due occhi grandi e scuri attenti ed in attesa di un suo giudizio finale,
"Allora…ti sei divertita?"
El annuì sorridendo, e Mike credette che il suo cuore potesse esplodergli nel petto.
Doveva ammettere che non ci aveva creduto nemmeno lui così a fondo, ma era davvero andato tutto per il verso giusto, tutto per il meglio, e anzi meglio, meglio ancora di quanto lui avrebbe osato davvero sperato.
La campagna era stata un successo, erano tutti stati così felici di ricominciare e, cosa più importante di tutte, il sorriso di El non aveva abbandonato quelle sue belle labbra nemmeno per un secondo nell'arco dell'intera serata.
Certo Mike doveva ricordarsi, una volta rientrato, di dare un bel bacio sulla fronte a Dustin, a Will…e in fondo anche a Lucas.
Molto in fondo.
"Ti rivedrò qui sabato prossimo?" azzardò Mike vedendola risollevare lo sguardo incerta su di sé,
"Io…non so.."
"Credo che il party non potrebbe più sopravvivere senza la sua principessa-maga!" rise Mike scuotendo i ricci, con il risultato di farne cadere distrattamente un paio di ciocche sugli occhi, facendo perdere un battito al cuore di quel piccolo fiore.
"Mmm…oh, certo…"
"Chissà cosa sta guardando.." si chiese Mike in un moto di timidezza, pregando il cielo che non notasse la sua pelle più rossa alla vista delle sue labbra schiuse in quel modo così adorabile e sensuale,
"...che sapore possono avere mai i fiori?"
"Non si sarà accorto che non hai ancora distolto un secondo lo sguardo dalle sue labbra, non è vero?!" El avrebbe voluto dare ascolto a quella vocina nella sua mente, ma appariva difficile, molto difficile finché lo aveva così vicino, sempre più vicino, avvicinandosi lentamente ma inevitabilmente come due magneti silenziosi entrati nello stesso campo magnetico.
E se la fisica non era mai stata un'opinione, due magneti sempre più vicini, così tanto da sfiorare con la punta dei ricchi biondi i radi peli scuri sotto il suo mento, non potevano che terminare scontrandosi.
In un abbraccio, o meglio, in un bacio.
El alzò lo sguardo verso di lui, e a Mike venne quasi da sorridere accorgendosi per l'ennesima volta di quanto basso fosse quello scricciolo, ma quanto adorabile avrebbe potuto essere allo stesso tempo chinarsi su quel bel viso sollevandolo a sé con le dita tra i suoi ricci, premere le labbra sulle sue sentendola sollevarsi sulle punta dei piedi come in quei film d'amore così sdolcinati che tanto piacevano a sua sorella e a sua madre.
E cosa, cosa Mike non avrebbe dato per sfiorare quelle labbra rosse con le sue in quel momento, mozzandole il respiro già corto.
"Sto per farlo, El…"
"Ti prego fallo, Mike…"
"E se…"
"Niente se!"
"Cioè io…"
"Per favore.."
Un clacson riecheggiante nel silenzio della notte lungo la via li fece improvvisamente sobbalzare, come se solo in quell'istante si fossero accorti per davvero di essere arrivati così vicini, a 10 centimetri dalle labbra l'uno dell'altra.
A 10 centimetri, di nuovo.
"Beh.." El deglutì abbassando lo sguardo, passando nervosamente una ciocca di ricci di dietro il suo orecchio,
"Ci vediamo a scuola, Mike…grazie per la serata"
"Grazie a te per essere venuta!" sorrise Mike speranzoso, non potendo immaginare davvero potesse concludersi tutto così in fretta,
"Insomma sì, ecco…grazie per non avermi dato buc…"
"Ciao!" voltò i tacchi la piccola correndo via, più veloce del secondo che impiegò Mike per risollevare lo sguardo di fronte a sé, vedendola già di corsa lungo il viale, troppo lontana per allungare un braccio e afferrarla trattenendola un attimo ancora a sé.
"El, aspetta!" avrebbe voluto urlare Mike nella notte senza luna, più buia ora che quella stella si era allontanata.
La più chiara e più luminosa, dal nome semplice e pulito, in grado di fare competizione a tutte le galassie del cosmo.
"Incredibile…" sospirò Mike rimasto fuori nel freddo a fissarla correre via, portando d'istinto le dita sulle labbra più calde e gonfie come se davvero fossero state sfiorate, come se davvero quella tensione si fosse sfogata, come se davvero non si fosse trattato solo di un bel sogno troppo grande per avere la forza di realizzarsi anche in una notte senza Luna.
Mike Wheeler avrebbe così volentieri voluto scoprire che sapore avevano i fiori quella sera.
🌼📼
Salveeee!
So che questo capitolo era atteso davvero da tanti di voi, spero che non vi abbia deluso🤗
Fatemi sapere se vi è piaciuto premendo la stellina in fondo al testo🌟
Ragazzi, che dire...sono successe davvero tante cose qui!🙊
Avete preferito El al laboratorio con Hopper? O forse la chiacchierata in macchina su "cosa vogliono i ragazzi"? Forse la lite tra Mike e Lucas o la sessione di D&D? Fatemelo sapere qui🤗
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Per la realizzazione di questo capitolo un ringraziamento speciale al mio piccolo Mike, al mio DM che mi ha suggerito qualche "tecnicismo" in più (se sono presenti errori di qualsiasi natura perdonatemi, non sono esperta in queste narrazioni, spero di non essere stata noiosa🙈)
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Amici, con questo capitolo ci salutiamo e ci rivedremo tra 2 settimane qui! Finalmente parto per il mare e non vedo davvero l'ora🎉
Ci vedremo dal 15 in poi su questi schermi e non dimenticate il 5 agosto con il prologo di I promised you forever, il sequel di Never Enough!
Buona estate e buone vacanze tesori,
Ari
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