12.Fireflies

📼🌼

"Beh, ecco...accomodati! Come fossi a casa tua, anzi, nella tua stanza!"

La prima immagine che passò in un lampo nella mente di El fiorellino Hopper quella mattina, non appena ebbe messo piede in quella stanza dalle alte pareti di vernice lucida blu scuro, fu quella rossa e sconvolta che il suo papà, capo della polizia e maniaco dell'ordine e del controllo, avrebbe potuto presentarle se le parole pronunciate da quel ragazzo ricciolino avessero potuto concretizzarsi come per magia davanti ai suoi occhi in quel momento.
No, quella non avrebbe mai nella maniera più assoluta potuto essere camera sua.

"Scusa il disordine, io...ho cercato di fare del mio meglio!" sentì una voce imbarazzata balbettare alle sua spalle, voltandosi e vedendo quel nerdino passarsi agitato una mano tra i ricci incasinati almeno quanto i libri e fogli sparsi sul pavimento tutt'intorno.
El rimase per un secondo interdetta, corrugando impercettibilmente la fronte: possibile che dal vuoto quella sera non si fosse accorta di tutto quel disordine che ora soffocava il pavimento rendendo quella camera così caotica ma allo stesso tempo così...accogliente?

"Ti mentirei se non ti dicessi che ho provato anche a mettere in ordine questa mattina.." continuò Mike con un sorriso imbarazzato e desiderando di nascondersi lui stesso sotto il letto insieme a tutti quei libri impolverati, vedendo lo sguardo di quella ragazzina passare interdetto ed impietoso dal copriletto mezzo stropicciato alla scrivania dove già pesanti libri erano ordinati alla belle e meglio sfidando la forza gravità.
"Ottimo Wheeler, davvero una buona prima impressione..."

"Pensa che mi sono anche alzato prima questa mattina per..."
"È magnifica!" lo interruppe improvvisamente quel fiorellino, con un sorriso così radioso e spontaneo che per un secondo Mike si dimenticò quale dovesse essere stata la vera conclusione di quella frase.
"Tu, tu sei magnifica, El..."
"Da...davvero?" El lo vide spalancare gli occhi scuri stupiti e per un attimo non le scoppiò a ridere il cuore per l'innocenza e lo stupore di quella richiesta.
Sì, nonostante l'area di pavimento visibile potesse essere sommata ricreando nemmeno la metà del grande poster di Star Wars appeso sopra la testata del letto, la piccola Hopper non avrebbe saputo trovare per descriverla una parola migliore: magnifica.

"Si, lo è!" si affrettò a ripetere quel raggio di sole annuendo con un sorriso e girando lentamente su se stessa, le maniglie dello zaino strette tra le mani come una scolaretta in gita scolastica, perdendosi nell'infinitá di curiosi pezzi di vita tutt'intorno.
Oh sì, quella camera così incasinata era allo stesso tempo così dannatamente vera, personale, vissuta.
La piccola El era certa che avrebbe potuto, studiando con cura ogni oggetto contenuto in quelle quattro pareti, conoscere direttamente un pezzo del cuore di quel piccolo nerd che ora, imbambolato almeno quanto lei sulla soglia della porta, quasi non sbatteva le palpebre per ammirare anch'egli decisamente un altro spettacolo.
Lei.

"Ehm...grazie, davvero, insomma...forte!" lo sentì esclamare in un moto di entusiasmo che la fece ridere, tornando con lo sguardo a lui, vedendolo sempre rosso nella sua t-shirt a righe ma con viso visibilmente meno teso e più rilassato.
"Vado a prendere la sedia in camera di Nancy...faccio subito!"
"Forte!" ribattè a sua volta la piccola con un ultimo sorriso, vedendolo uscire di corsa dalla camera e dirigersi a grandi passi verso un'altra porta di legno esattamente dall'altra parte del corridoio.
"Forte...davvero forte!"

El sospirò, sorridendo come una bambina davanti all'ingresso di una parco di divertimenti, quando, rimasta da sola in quella camera, il suo primo istinto fu quello di avvicinarsi senza paura a quel letto ricoperto dalla trapunta blu, sedendocisi sopra a gambe incrociate come poche sere prima dello stesso identico posto, solo dall'altra parte, da quella giusta quella volta.

Lei, in quella stanza, ci era già stata.

Riconosceva le pareti blu, libreria stracolma di libri e pile di nastri registrati di cassette e film ai quali finalmente ora poteva dare con colore, riconosceva la scrivania dove lo aveva visto chino nel buio sulla stessa relazione di scienze che poi le aveva donato, una settimana esatta prima, e perfino le grandi cuffie abbandonate sporgenti da un cassetto, le stesse alle quali si era avvicinata in silenzio trattenendo il fiato ed ascoltando per la prima volta le parole di quella dolce canzone:
"Can anybody find me..."

"...somebody to love" sussurrò El felice quella mattina a quella stessa stanza, sentendosi così felice e così euforica in quella camera dove, in un modo così incredibile ed irrazionale, in un istante si sentì già completamente "a Casa".
Proprio lei che una Casa non l'aveva mai avuta, lei che non sapeva il significato di quella parola se non declinato con una piccola casetta ospitale nel mezzo del bosco, come riusciva a giustificare quel senso di pace, pura gioia ed appartenenza impossessatosi di lei nell'istante nel quale aveva varcato quella soglia, quasi quella camera fosse stata da sempre anche sua, in un modo completamente naturale ma privo di logica?

"...somebody to love" El ripeté a fior di labbra chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare da quella sensazione, quasi non accorgendosi di essersi lasciata cadere di schiena all'indietro su quel materasso, con i ricci sparsi su quella trapunta blu come l'aureola di un angelo, ancora con gli occhi chiusi ed un sorriso così bello che avrebbe potuto fare invidia all'intero paradiso.
Era una sensazione di calore frammista ad un brivido lungo la schiena, lo stesso strappo l'ombelico di sempre, il solito quando lo aveva vicino, incrementato ed accentuato in quel momento dal profumo dei suoi ricci impresso tra quelle coperte e sul tessuto del suo cuscino.

La piccola sorrise, allungando una mano alla sua sinistra e accarezzando ad occhi semichiusi quel tessuto, quel cuscino dove senza tanta fantasia ancora riusciva a scorgere da quella posizione la forma del suo capo che poche ora prima lì si era posato.
El ne ricordava l'odore, ricordava l'istante di coraggio nel quale aveva premuto quel tessuto contro il suo viso, respirando, baciando, assaggiando il suo odore, mandandolo a memoria come una formula chimica, una di quelle che basta una volta sola per memorizzare per tutta la vita.
E quella mattina, in quel momento, sdraiata sul quel letto ad un passo da quell'odore ancora vivo, la piccola si sentì invadere il petto da una gioia così grande che per un istante le venne da pregare il Cielo di potersi non alzare mai più di lì.
El quel letto lo sentiva suo come se lì davvero lo avesse già baciato, già amato e già stretto a sé.
Come se su quel cuscino e tra quelle lenzuola, con quel ricciolino, ci avesse davvero già fatto l'amore.

"Ehi, eccomi! Scusami per l'attes..." Mike spalancò la porta con un gomito, portando con sé tra le braccia una sedia verniciata di bianco con un delicato cuscino a fiori e fiocchetti che avrebbe potuto urlare il nome "Nancy" anche nel silenzio di quella camera.
Per un secondo la cercò con con lo sguardo il piccolo nerdino, rivolgendo un'occhiata confusa alla scrivania davanti alla quale l'aveva lasciata, poi all'armadio lì di fianco dove non riuscì però a trovare la sua sottile figura in attesa, per ritrovarla infine lì, dove non se la sarebbe immaginata ma dove si trattenne dallo scoppiare a ridere a quella vista: lì sdraiata sul suo letto a braccia aperte e viso girato verso il suo cuscino, le gambe ancora incrociate ed i ricci sparsi nel blu del tessuto come tra le onde del mare.

Il piccolo Wheeler chiuse immediatamente le labbra, interrompendo quella frase a metà, non osando sprecare nemmeno una parola in più per non disturbare quella visione angelica: quella piccola non sembrava essersi accorta della sua presenza, rimasta immobile con gli occhi chiusi, un'espressione assorta e serafica di chi è più di là immersa in un bel sogno che di qua nella realtà, in una immagine così eterea e meravigliosa che Mike non seppe fare altro che schiudere le labbra incantato, restando in silenzio ad osservarla.
Era davvero, davvero bellissima, con quella salopette di jeans da bambina e quella t-shirt a righe che le stava un incanto, con le labbra rosse aperte in un sorriso di chi non può star sognando niente se non un bel sogno, con le guance rosee, lisce come la pelle di una pesca.
Ed era lì, davvero reale, davvero bella, stesa su quel letto tra le pareti blu della sua camera.
Era davvero quello solo un bel sogno dal quale il piccolo Mike non avrebbe voluto più svegliarsi?

Improvvisamente, El su quel letto spalancò gli occhi, voltandosi di scatto verso quella porta, ritrovando la sua figura dritta ed in attesa, la sedia ancora stretta tra le mani appoggiata al pavimento e occhi rapiti in un secondo spalancati come i suoi di spavento e sorpresa.
E sarebbe stato davvero difficile in quella stanza decidere chi tra i due potesse essere quello più imbarazzato in quel momento: il fiorellino levatasi con uno scatto a sedere su quel letto o il piccolo nerdino rimasto fino a quel momento in silenzio ad osservarla?

"Scu...scusa..." balbettò El più rossa che mai, distogliendo lo sguardo dal suo e portando imbarazzata una ciocca dietro l'orecchio con un gesto delle dita,
"Io non..."
"Scusa?! E di cosa?!" la interruppe Mike simulando una scioltezza non sua ma accompagnando il tutto con una acuta risatina rivelatrice, scuotendo i ricci dalle guance rosse e facendo un paio di passi in avanti, fino alla scrivania e alla sua sedia accanto alla quale sistemò con cura quella presa in prestito dalla camera della sorella.
"Non ti volevo svegliare...credevo ti fossi addormentata..." El lo sentì sussurrare di spalle, sistemando con rapidi gesti delle mani alcuni dei libri sparsi su quella superficie,
"Sai, eri così bella che..."

"No, scusami, scusami davvero..." scosse la testa El con forza, alzandosi in fine dal materasso non potendo credere che quel ragazzo potesse aver assistito davvero a tutta quella scena,
"Ma che diavolo ti è saltato in mente, El?! Non sei più nel vuoto, ora lui può vederti!"
"Non so cosa mi abbia preso, solo..."
"Ehi, ehi! È tutto a posto, davvero!" ripeté ancora Mike con un sorriso, sorridendo al suo sguardo timido lentamente risollevatosi davanti a sé di fronte a quella scrivania.
Ed El deglutì, sorridendo a sua volta, senza osare spingersi oltre immaginando quale sarebbe mai potuto essere la faccia di quel nerdino se avesse scoperto quante altre volte era tornata con la mente e non solo in quella camera.
"Dio mio El, quanto puoi essere imbarazzante da 1 a 11..."

"Era...comodo?" azzardò Mike con una risata, stemperando la tensione, ed El rise sollevata, ringraziando il Cielo di quella semplicità, di quello scambio di battute e di quel ragazzo che certo seppur non facesse altro che mandare in confusione quel suo povero cuore, certo era già chiaro per lei che sarebbe potuto essere quello con il quale avrebbe scelto di trascorrere non solo poche ore di quel mattino, ma del suo intero weekend.
"Sì, comodo..." annuì timidamente El, riabbassando lo sguardo e sentendo le guance bruciare per un ultimo istante,
"Molto comodo..."

"Forte, accomodati allora!" lo sentì proseguire con tono entusiasta, superandola in un secondo e tornando indietro verso la porta di quella camera, chiusa immediatamente alle sue spalle.
El lo seguì con lo sguardo, restando in osservazione un secondo di più su quel mobiletto ripieno di piccole cassette e nastri neri perfettamente impilati, accanto alla porta ora richiusa sulla quale troneggiava un poster, grande tanto quanto metà della superficie.
Un microfono, un palco, una figura, una scritta che in un secondo le fece spalancare gli occhi di sorpresa, frammista al terrore di chi si ricorda all'improvviso di aver dimenticato qualcosa, qualcosa di molto molto più importante di tutto il resto del mondo: Freddie Mercury, Queen.

"Oh damn!"
"Hai detto qualcosa?!" chiese Mike stupito, quando quella piccola imprecazione a fior di labbra raggiunse il suo orecchio, riportandosi a grandi passi a quella scrivania e sedendosi sulla sedia di fronte alla quale quel fiorellino stava ancora in piedi con lo zaino in spalle:
"El...?"

"Mike!" voltò immediatamente il viso El nella sua direzione, folgorata da quell'improvviso pensiero.
Quel nome, quell'immagine, quel cantante: ma come diavolo aveva potuto non pensarci prima?
Freddie Mercury, i Queen, Somebody to love, quel letto, quella camera, ma sopratutto la radio, la macchina di Hopper e quella dedica: Good Old-fashioned lover boy.
Possibile che se ne fosse dimenticata, dopo quella mattina, la storia di Lucy e della ricerca e tutto quel pasticcio?
Possibile fosse stata davvero così distratta e maleducata da non aver ancora ringraziato quel ricciolino per quel gesto così inaspettato, così dolce e carino?
Oh damn!

"El...?" chiese ancora Mike titubante, vedendola sedere sulla sedia bianca lentamente e con lo sguardo perso ai suoi piedi e le labbra spalancate, come se avesse appena visto un fantasma.
Certo erano passati appena 10 minuti da quando il campanello di casa aveva suonato annunciandole l'arrivo di quella ragazzina e Mike credeva di aver pensato già almeno una decina di volte quanto dannatamente strana fosse quel fiorellino che ora gli sedeva davanti con sguardo perso nel vuoto.
Strana sì, esattamente quella sgradevole parola che aveva sentito a lei rivolta dai suoi amici con tono dispregiativo e che invero anche lui, in quel momento, sarebbe stato la sola in grado di attribuirle.
Forse un po' strana sì, ma anche così dannatamente carina.
E d'altro canto, sul serio...chi non era un po' strano in quel mondo?

"Mike!" il piccolo Wheeler fu risvegliato dalla sua voce, ritrovando davanti a sé due occhioni spalancati, enormi e belli di fronte a suoi, il suo viso teso così come le sue mani strette sulle sue ginocchia torturandosi le dita: certo aveva davvero qualcosa da dirle.
"El...?" tentò Mike alzando un sopracciglio con sguardo interrogativo, vedendola sospirare come chi sta cercando le parole ma non sembra trovarne nessuna di adatta.
Che cosa aveva detto?
Che cosa aveva sbagliato quella volta?
"El...che c'è?"

"Mike..." la sentì sospirare infine, alzando gli occhi al cielo e richiudendoli con una smorfia di dolore.
Come aveva potuto essere stata così stupida?
Lui era stato così carino e gentile di fronte all'intera scuola e lei così distratta e ingrata?
"Mike...scusami"
"Ehi ehi ehi...basta!" El lo sentì sussurrare facendosi più vicino su quella sedia, piegandosi un avanti per intercettare il suo sguardo, per permettere ai suoi occhi di incastrarsi nei suoi e di non andarsene più via.
"Che cosa ti ho detto?" sorrise Mike con un sorriso sghembo e mai meno gentile, vedendo i suoi occhi risollevarsi circondati da una cascata di ciocche ribelli cadute ai lati del viso dalla coda alta sulla sua nuca.
"Non c'è niente per cui tu debba chiedermi scusa, hai capitolo El?"

"...la canzone" El lo bloccò con un sospiro, mantenendo le pupille incastrate nelle sue, vedendo il suo sguardo farsi d'improvviso più confuso, il viso più accigliato.
La canzone? Perché El si stava scusando per "una canzone"? El non si stava scusando ancora una volta di essersi sdraiata sul suo letto senza chiedergli il permesso?
"...la canzone, El?"
"Sì, Mike...io..." prese un ultimo sospiro El, stringendo più forte le mani tra di loro, trattendosi a stento dall'afferrare le sue come quella mattina davanti agli armadietti e ai resti della della sua ricerca sul pavimento del corridoio.
Perse il fiato El, lì in quella camera come allora, perdendosi dentro quegli occhi color pece, grandi e spalancati sulle lunghe ciglia nere come i ricci ad incorniciarne il contorno rotondo.
Una costellazione di puntini scuri era il cielo di quelle due stelle luminose dalle quali El non sarebbe riuscita ad allontanare lo sguardo neppure se avesse voluto.
Cavolo come era bello, cavolo come era semplice stare a lui vicino, cavolo come era dannatamente imbarazzante il modo nel quale El perdeva le parole, ogni volta che lo aveva ad un passo da non riuscire a continuare a respirare.

"El...?" Mike alzò di più il sopracciglio, risvegliandola da quell'incanto, vedendola sbattere le palpebre trattenendo il fiato come risvegliata da un sogno,
"Quale...quale canzone, El?"
"Io non ti ho ringraziato per la canzone Mike...quella dell'altro giorno, quella alla radio...quella...quella loro!" El buttò infine fuori tutto d'un fiato, girando la testa verso il poster alla porta come si fosse trattato di un testimone, e rigirandola immediatamente verso di lui,
"Io non ti ho ringraziato ma l'ho sentita, l'ho sentita davvero! E mi è piaciuta...davvero molto!"

Se Mike avesse dovuto dire l'entità della forza che si propagò direttamente dal suo stomaco a quelle parole, certo avrebbe potuto scriverci a riguardo non una, ma due ricerche senza il minimo sforzo.
Sorrise quel piccolo nerdino, sciogliendo in parte la tensione e non riuscendo a credere alle sue orecchie, mentre il cervello un po' rallentato faticava a processare correttamente quelle parole.
La canzone? Ma certo, la canzone!
Quella canzone, quella da lui dedicata al suo fiorellino quella mattina ai microfoni di Radio Shak, quella che aveva scelto, consigliato e mandato in onda per lei, solo per lei, quella che sperava sentisse ma che più non sperava fosse arrivata alle sue orecchie fino a quel momento, fino a quell'istante nel quale ora sentiva dalla sua viva voce che tutti quegli sforzi non erano stati vani?

"Oh, ma certo...la canzone!"
"Era bella Mike, era davvero bella..." annuì El per ripetere il concetto, vedendolo sorridere se possibile ancora di più, allargando le labbra in una curva smisurata.
"Scusami se non te l'ho detto prima, quella mattina è arrivata poi Lucy e la storia della ricerca e..."
"El, è tutto a posto davvero! Sono felice tu me lo stia dicendo adesso!" la bloccò Mike alzando una mano per fermarla e scuotendo i ricci dal viso, vedendola bloccarsi con le labbra ancora semiaperte.
"Sono felice ti sia piaciuta! Davvero! Anche se non avevo dubbi sai...loro sono sempre i migliori!"

El rise con lui a quelle parole, vedendolo illuminarsi in quel gesto di orgoglio, e per un attimo si chiese da quanto tempo avesse varcato la porta di quella camera e quanto tempo fosse passato.
Di 10 minuti o due ore, il tempo quando era con lui sembrava dilatato ed andare al rallentatore.

"Sai, credo sia una delle loro canzoni migliori di sempre!" El lo sentì continuare passando una mano tra i ricci sulla nuca, addolcendo il suo sguardo di più e di più, ricordando le parole che avevano preceduto quella bella musica, così dolci ed ancora più meravigliose del testo stesso di quella canzone.
"Ad un piccolo fiorellino, il più bello di tutti..."
"Di sicuro è nella mia top3! Nella mia ed in quella di Will almeno..."
"Ed ho anche sentito il resto, Mike..." sussurrò El sempre direttamente ai suoi occhi, sentendo lo strappo allo stomaco farsi più deciso, ma anche più dolce, in quel mix perfetto di emozioni che ormai aveva rinunciato del tutto a spiegare.
"Ho sentito la tua voce, ho sentito quello che hai detto..." Mike la sentì continuare, avvertendo le sue guance bruciare come se avessero potuto prendere fuoco in quel momento davanti a lei.
Davvero aveva sentito? Aveva sentito la canzone, aveva sentito il resto, aveva sentito...tutto?

"Ho sentito che mi hai chiamato..."
"...fiorellino" sussurrò Mike completando la frase, sorridendo al suo sorriso seduti di fronte a quella scrivania.
Sì, fiorellino perché quello era lei per lui, nient'altro che un fiore, il più piccolo fragile e bello di tutti.
"Già..." sentì quella bambina sospirare, un respiro così leggero che per un attimo non gli sembrò nemmeno vero,
"Fiorellino...mi piace!"
"Sì beh...speravo capissi, insomma...speravo non fosse difficile intuire che era, insomma, ecco..." balbettò quell'adorabile nerdino, facendola sorridere per l'ennesima volta da quando aveva varcato l'ingresso di quella camera: di quel passo i suoi muscoli facciali avrebbero certamente iniziato a protestare per tutta quella tensione.
"Speravo che intuissi che era per, insomma...per te!"

"Ho capito Mike, ho capito..." annuì la piccola guardandolo negli occhi scuri,
"Ho capito che ero io il fiorellino e...mi piace! Mi piace davvero molto, Mike!"
"Forte!" esclamò Mike facendola sobbalzare sulla sedia, scoppiando a ridere con una mano sulla bocca.
"Adorabile, assolutamente adorabile"
"Sono contento ti sia piaciuto, e anche che ti sia piaciuta la canzone ovviamente!" continuò il piccolo Wheeler annuendo per convincere se stesso di continuare a respirare in quel momento.
"Sai, se ti è piaciuta Good old-fashioned lover boy non possono che piacerti anche le altre! Io sarò forse un po' di parte ma loro sono incredibili!" El lo vide continuare con i soliti occhi esaltati di quando si perdeva a parlare delle cose che più lo appassionavano nell'intero mondo.
El sarebbe potuta restare una vita a sentirlo parlare così.

"Potrei, non so...prestarti una cassetta! Sai, io e Will ne abbiamo create un sacco in questi anni! Basta che tu abbia un walkman così potrai..."
"Un walkman?" chiese la piccola Hopper confusa, pronunciando quella parola lentamente, come fosse stata una parolaccia sentita per la prima volta in vita sua.
E forse lo era davvero...
"Che cos'è un walkman?"
"Sei seria?!" avrebbe voluto spalancare gli occhi Mike più sconcertato che mai,
"Ma dove sei vissuta fino a questo momento El?! In mezzo ad un bosco?!"

"Oh beh.." prese tempo invece il ricciolino, vedendola trattenere il fiato con occhi sospesi,
"Un walkman è...è quella cosa che usi per sentire le cassette! I nastri sai, quelli dove registri le canzoni!" cominciò a spiegare guardandosi attorno, cercando nel disordine intorno una piccola scatoletta dalla forma rettangolare.
"Ecco, è tipo...questo!" El lo vide esclamare precipitandosi ai piedi del letto e raccogliendo una scatoletta da terra:
"Ecco, questo, questo è un walkman, El!"

"Quello dove ascoltavi quella canzone l'altra sera!" El esclamò in un secondo senza starci a riflettere, prendendo l'oggetto sporto a lei dalle sue mani e non potendo così notare il suo sguardo improvvisamente più confuso.
"Come...?"
"Sì! Cioè...voglio dire..." scosse la testa El sentendo il sangue gelarsi nelle sue vene.
"Deficiente deficiente deficiente!"

"L'altra sera?"
"Sì! Intendevo dire...l'altra sera l'ho visto..in tv! In tv ecco! Il protagonista lo stava usando in un film..."
El deglutì chiudendo gli occhi e tentando di non iniziare a iperventilare, sentendo le guance scottare ma un brivido il freddo percorrerle velocemente la schiena.

Quanto poteva essere così ingenua e sprovveduta? Proprio lei che per l'intera sua vita era stata così invece attenta a non muovere il minimo passo falso?
Cosa sarebbe successo se Mike avesse osato chiederle di più?
Cosa sarebbe successo se le avesse fatto domande scomode alle quali non avrebbe saputo come rispondere?
Si stava esponendo troppo, El lo sapeva bene.
L'aveva già fatto quella sera arrivando in quella stanza spiandolo nel vuoto, lo stava facendo anche ora, lasciando ad un semi-sconosciuto il potere di mandarle la mente così in confusione da farle dire cose stupide senza fermarsi di più a ragionare.
Scosse la testa la piccola Hopper, riaprendo gli occhi, ritrovando il viso di quel ragazzino così bello e così vicino, decisamente troppo vicino.

"Così non va El...devi essere più prudente di così..."

"Ah...certo...figo!" alzò le spalle Mike non cogliendo il suo repentino cambio di espressione, abbassando gli occhi sulla scatola tra le sue mani dove una scritta ormai mezza scolorita ancora riportava i resti della sua scrittura da dodicenne: Mike Wheeler.
"Ti presterei il mio con qualche cassetta sai, ma è mezzo difettoso, dovrei portarlo in assistenza...e potrei chiedere a Nancy il suo ma stronza com'è mi direbbe di no, perciò..."
El lo vide sospirare, abbassando un secondo lo sguardo, per poi vederlo risollevarlo lentamente su di lei, incastrando le iridi scure nelle sue, così profonde che avrebbe potuto tuffarcisi dentro e non tornare mai più in superficie.
El boccheggiò.
"Magari sai, potrei mandarlo in riparazione e poi portarlo a scuola qualche giorno...negli intervalli potremmo ascoltare qualche pezzo sai...da soli, come l'altro giorno sugli spalti..."

"Sì!" si affrettò a rispondere El, non badando nemmeno lontanamente alla vocina nella sua testa sbraitante di essere più prudente.
Al diavolo la prudenza, al diavolo le regole e i divieti quando era con lui.
"Sì, facciamolo! Facciamolo, Mike!"

"Forte! Okay...andata!" concluse Mike con un sorriso soddisfatto, allungando il braccio alla scrivania e schiarendo la voce,
"Suppongo che però ora sia meglio cominciare...questa ricerca non si farà da sola e..."
La piccola Hopper lo vide esitare, mordicchiando distrattamente il labbro inferiore,
"...e tu sei sicura di non poterti fermare anche oggi pomeriggio, non è vero? Gli altri vengono qui a provare il nuovo gioco di Dustin all'Atari e ci sarà anche Max! Sarebbe carino se anche tu..."
"Non posso Mike, te l'ho detto..." scosse la testa El stringendo le labbra in una piccola smorfia di dispiacere, stringendo le mani sul tessuto di jeans della sua salopette sulle ginocchia,
"Il pomeriggio non posso...mai"

"No no, certo, certo...me lo ricordavo!" annuì Mike nascondendo un tono deluso, immediatamente sostituito da un sorriso speranzoso:
"Ma questa sera ci sarai, non è vero? Per la sessione di D&D, ricordi? Ordiniamo una pizza, prepariamo le carte e.. "
"Certo, questa sera sì!" annuì entusiasta quel fiorellino, sentendo partire dallo stomaco una nuova scarica di adrenalina.
Oh sì, una serata con Mike ed i suoi amici, gli amici del ragazzo così carino in compagnia del quale la piccola non trovava niente di più facile che sorridere.
Sarebbe stato così facile per lei sentirsi così anche quella sera, in mezzo a quei suoi coetanei che, per essere amici suoi, non avrebbero potuto essere altro che altrettanto carini e gentili?
Sentirsi così...così come poi?
Così...così sulle nuvole.

"Fantastico! Okay, allora, perfetto!" Mike annuì ancora, volgendo la testa alla scrivania e girando la sedia definitivamente contro la superficie ingombra di libri:
"Avvicinati, vieni! Cominciamo?"
"Certo!"

"Guarda qui! Dustin mi ha prestato alcuni dei suoi manuali!" cominciò Mike con sguardo immediatamente più serio e concentrato, allungando le braccia per avvicinare una pila di pesanti libri dalle copertine colorate,
"Ha detto che l'importante è decidere da dove partire: la luce è un argomento molto ampio, perfino a detta sua sarebbe impossibile analizzare tutto!" El lo vide sospirare allontanando con una mano i ricci dagli occhi, facendola sorridere per il suo viso pallido ora più concentrato e gli occhi puntati ai libri aperti di fronte a loro.
"Potremmo iniziare dalla teoria della luce come materia o dalle leggi fisiche per poi tornare alla percezione visiva dell'occhio umano, sai fotorecettori, coni e bastoncelli e tutto il resto..."
Si sarebbe visto da un miglio che quel ragazzo amava quella materia più di ogni altra cosa al mondo, e l'occasione di vedere un piccolo nerdino in azione nel suo ambiente naturale alla piccola quella mattina sembrava un regalo così bello che non avrebbe desiderato scambiare con nessun altro pacchetto sotto l'albero di Natale.
El sorrise, non riuscendo a seguire il filo del suo discorso ma senza separare gli occhi dal suo viso: quella mattina non prospettava di essere niente di meno che la più bella della sua intera settimana, forse addirittura dell'intero mese.

"Quindi abbiamo molto materiale, dobbiamo solo decidere da dove vogliamo partire..." Mike concluse girandosi infine verso di lei e vedendola affrettarsi ad annuire, rapita da quelle parole.
"Perciò, El...tu da dove avevi pensato di partire?"
"...io?" chiese El stupita, sbattendo le lunghe ciglia annerite dal mascara e vedendolo attendere una risposta con un sopracciglio nero sollevato fin sotto i ricci sulla fronte.
"Beh, io.."
El deglutì, abbassando lo sguardo ai libri cercando un'ispirazione.
Aveva pensato a quella mattina e alla ricerca? No, non propriamente almeno...
Aveva pensato a quale outfit indossare, a quali frasi pronunciare, ma a cosa scrivere su quella ricerca no...quello era certo stato l'ultimo dei suoi problemi.

"Beh...potremmo..." mosse lo sguardo rapidamente tra i titoli, in cerca di un lampo di intuizione, scartando i titoli fisici dei quali non credeva di aver mai capito un gran che, soffermandosi più a lungo su di un titolo che, in quel momento, rubò in pieno la sua attenzione:
Le forme naturali di luce presenti in natura.
"Che ne dici di questo?" chiese El risoluta, puntando con un dito sul libro impilato davanti ai loro occhi e trattenendosi non poco dall'istinto di muoverlo con la mente fino alle sue mani.
"La luce in natura? Beh, sì, credo potrebbe funzionare!" Mike annuì, sfilando il libro dalla pila e consultando l'indice in prima pagina.
"C'è davvero un sacco di roba qui, dovremmo scegliere un solo argomento..."

El lo vide indugiare un secondo, alzando il naso all'insù verso la libreria alle sue spalle, cercando con gli occhi l'oggetto della sua l'intuizione,
"Per esempio...che ne dici di questo?" Mike scattò in piedi con un balzo, vedendola seguirlo con lo sguardo, avvicinandosi agli scaffali affollati di libri e tornando trionfante con un volume stretto tra le mani: "La luce e gli esseri viventi"

"Lo sapevi che ci sono esseri viventi che producono luce attraverso processi chimici?" sorrise Mike entusiasta, risedendosi alla scrivania e aprendo il libro sulle sue ginocchia in cerca di una pagina:
"Intendo, animali che sfruttano queste reazioni per sopravvivere! È straordinario non è vero? Credo sia stata una delle tappe più interessanti dell'intera evoluzione!"
El lo sentì continuare sorridendo come un bambino, facendola a sua volta genuinamente sorridere di tutto quel suo sincero entusiasmo.
"Ecco, guarda! Il professor Clark ce lo aveva spiegato il secondo anno! Era stata una delle lezioni più interessanti di tutto il corso!"

Mike si avvicinò alla scrivania, strisciando leggera la sedia contro il pavimento ed El fece lo stesso, avvicinandosi di più a lui per seguire con lo sguardo il suo dito puntato sulle righe e le figure tra le pagine.
Come sempre, come se non fosse stata in grado davvero di controllarlo, un brivido le percorse la schiena facendole accelerare il cuore a quel contatto, quando le loro ginocchia sotto quella scrivania si sfiorarono distrattamente l'una contro il tessuto dell'altra.
Ma nessuno, proprio nessuno dei due sembrava avere intenzione di allontanarsi, non in quel momento.

"Vedi...c'è...c'è un capitolo specifico..." balbettò Mike tradendo a sua volta la sua emozione, sentendo le mani di El indugiare nervose sotto quella scrivania sul tessuto ruvido dei suoi jeans, ad un passo dalla sua coscia.
Dio mio quel profumo, quel profumo di fiori, non più proveniente dai suoi vestiti ma direttamente dalla sua pelle, dai suoi ricci...
Mike deglutì, prendendo un profondo respiro, non perché ne necessitasse davvero per respirare, ma perché troppa era la voglia di mandare a memoria quanto più possibile quel suo odore buono.
"Tu non hai idea dell'effetto che mi fai, El..."

"Sembra..." sospirò El, rompendo quell'istante di silenzio, sentendo il cuore battere più forte da perdere un colpo.
"Sembra una buona idea per cominciare!"
"Già sì!" Mike si affrettò a rispondere, scostando i ricci dalla fronte immediatamente più sudata:
"Ti può dare una calmata, Mike? È solo vicino a te, che cosa mai potrebbe succedere se..."
"Che ne dici di dividerci il materiale e vedere cosa troviamo d'interessante?" si autocensurò il piccolo nerdino rosso sul viso come un piccolo pomodoro, scacciando dalla mente la visione di poco prima di El ancora sdraiata comodamente sul suo materasso alle loro spalle.

"Credo sia una buona idea per fare prima..."
"Certo!" annuì El prendendo in mano il libro, spostandosi di mala voglia dalla sua figura e vedendolo fare altrettanto, prima di rischiare l'autocombustione.
"Okay, io inizio da quello di Dustin, tu dal mio...se trovi qualcosa di interessante segna la pagina così!" concluse Mike lasciandole in grembo un blocchetto di foglietti gialli impilati uno sopra l'altro.
"Post-it!" si affrettò a chiarire il nerdino, osservando la piccola ed il suo sguardo confuso,
"Staccane uno e appiccicalo a piè pagina...okay?"

"Okay..." El annuì, incrociando una gamba sull'altra ed appoggiandovi sopra il libro, indugiando con il blocchetto tra le mani ed affrettandosi ad afferrare una matita dal suo zaino ancora abbandonato ai piedi di quella sedia.
Almeno, a debita distanza, non avrebbe certo più rischiato la tentazione di commettere qualche altra stupidaggine più grossa.

"Okay, okay, Wheeler respira, di questo passo rischi un infarto" sospirò in silenzio il piccolo Wheeler, posizionandosi come lei dal capo opposto di quella scrivania, incrociando come lei una gamba e immergendo dietro il libro un viso rosso che era certo non potesse proprio più essere nascosto.
"Ora per favore ti dai una calmata? È qui, è bellissima ed è nella tua camera, cosa puoi volere di più, Mike? Vuoi buttare tutto nel cesso dicendo qualche cavolata?"

"I pesci abissali dei fondali oceanici" El rilesse per la terza volta mordendo distrattamente la matita tra le labbra per concentrarsi.
L'impresa appariva più difficile che mai quella mattina, mentre tutte le cellule del suo corpo avrebbero potuto proporre a gara qualcosa di molto, molto più interessate da fare.
"È così carino ed è così intelligente...ma come fa sul serio ad essere vero?"

"Se tua madre sapesse che questo è sul serio un compito di punizione ti metterebbe sicuro in punizione fino alla fine del trimestre..." Mike sorrise tra sé, puntando lo sguardo sulle figura a colori sulla pagina del libro, ma sbirciando di tanto in tanto più in alto, alla figura di lei distratta nella lettura davanti a sé.
Il suo adorabile modo di mordere la matita tra i suoi denti bianchi, i ricci ribelli ricaduti ai lati del suo bel viso, e poi quella pelle, dio quella pelle, così liscia, all'apparenza così morbida, così luminosa.
Chissà se le labbra rosse come ciliegie di quel fiorellino erano mai state baciate da qualcuno...

"I pesci abissali dei fondali oceanici"
"Posso inserire anche te tra gli esseri viventi emananti luce, El?"
"...Michael?!"

La voce della signora Wheeler al di là della porta chiusa della camera fecero sobbalzare Mike su quella sedia manco si fosse trattata di una vera scarica elettrica.
Vide El alzare gli occhi dal libro aperto sotto di sé, intercettando i suoi occhi che invero era da molto, molto più tempo che la stavano osservando, facendo il piccolo nerd arrossire per la milionesima volta quella mattina fino alla punta del sue orecchie ricoperte da lentiggini.
Shit.
Holy shit.

"Michael! Si fredda!"
"Arrivo mamma, arrivo!!" si affrettò a risponderle Mike richiudendo di scatto il libro sulle sue ginocchia e saltando in piedi di corsa attraverso la camera, vedendo El seguirlo in silenzio con sguardo interdetto.
"Mia...mia madre ci ha preparato..."
"...la colazione, ragazzi!" Karen Wheeler fece il suo ingresso nella camera con un grande sorriso, portando fieramente stretto tra le mani un vassoio argentato sormontato da due tazze fumanti e una generosa pila di eggos panna e cioccolato.
"Ecco qua! Eggos panna e cioccolato come avevi chiesto Mich..."

"Grazie mamma, siamo a posto!" Mike si affrettò ad esclamare di corsa, prendendo il vassoio dalle sue mani e sperando che la madre uscisse da quella camera il più velocemente possibile per evitare presentazioni non meno di rito ed imbarazzanti.
"Abbiamo molto da studiare, ti dispiace lasciarci sol.."
"Ma che maniere, Mike! Ma per l'amore del cielo!" distrusse i suoi sogni la signora Wheeler, rivolgendo al figlio maschio un'occhiataccia prima di rigirarsi verso di El, rimasta immobile ma ora in piedi di fronte alla scrivania.
"Non mi presenti a questa ragazza così carina che non sono certa di avere mai visto qui?"

"Oh sì, sicuro!" Mike sbuffò davanti alla porta, alzando gli occhi al cielo e sperando di poter diventare parte della tappezzeria,
"Mamma, lei è El, El, lei è..."
"Chiamami Karen, tesoro!" la mamma Wheeler si affrettò a concludere, allungando una mano e vedendo la piccola stringerla nella sua con un timido sorriso.
"Salve signora...grazie dell'ospitalità e...e della colazione!"
"Oh sciocchezze, tesoro! Ho messo giusto due cose nel piatto!" Karen scosse la testa cotonata, fintamente modesta, non perdendo occasione per osservare la piccola ragazzina davanti a sé da cima a fondo nella sua salopette di jeans blu.
"Se Mike mi avesse avvisato prima del tuo arrivo certo avrei potuto..."

"Siamo a posto così mamma, ti ringrazio!" Mike la interruppe posando il vassoio sulla scrivania sopra i libri aperti, lanciandole un'occhiata più che esplicita che fece trattenere a stento El dallo scoppiare a ridere.
"Puoi lasciarci studiare ora, per favor..."
"Un momento, un momento tesoro!" annuì accondiscendente quella, ignorando il tono lamentoso del figlio e tornando con lo sguardo ad El con un grande e curioso sorriso:
"Non mi avevi detto di avere una compagna così carina in corso con te, Mike! Dimmi tesoro, sei nuova in città? Non ti ho mai vista da queste parti..."
"Vengo da Chicago, mi sono trasferita all'inizio delle lezioni!" rispose cordialmente El ignorando lo sbuffo di Mike alle spalle della madre ma non potendo non sorridere del suo evidente rossore.
Vedere quel piccolo nerdino in imbarazzo era qualcosa che non le dispiaceva, non le dispiaceva affatto, con quel colore purpureo sulla pelle pallida sotto i ricci a rendere quel bel viso ancora più...cute.

"Capisco tesoro...e Mike ci ha detto sei la figlia del capo Hopper, non è vero?"
"Sì, esatto, lui è il mio..."
"Okay, okay, l'interrogatorio è finito!" fece un passo in avanti Mike con l'ultimo briciolo di risolutezza, prendendo la madre per il braccio e avviandola gentilmente verso la porta:
"Grazie della colazione mamma, ma noi abbiamo una ricerca da finire!"
"E va bene, va bene! Tolgo il disturbo!" Karen alzò le mani al cielo in segno di resa, non prima di aver rivolto ad El un ultimo sguardo d'intesa:
"Spero di rivederti presto, El! Buono studio! E Mike..." El la sentì sussurrare avvicinandosi al suo orecchio, non abbastanza piano da non poter essere da lei udita:
"È carina! Davvero molto, molto carina!"

"Troppo carina!" si affrettò a rincarare la dose una voce femminile al di là della porta, dove Mike alzando gli occhi dal pavimento poté scorgere la testa ricciuta di Nancy intenta a sbirciare la scena in punta di piedi.
"Troppo, decisamente, tropp..."
"Vaffanculo!" mimarono silenziosamente le labbra rosse di Mike unite ad un dito medio che fu l'ultima che la madre e la sorella videro quella mattina, prima della porta di legno richiudersi con uno scatto davanti a loro.
"...Michael!"

"Eccomi, scusale entrambe..." El sorrise vedendo Mike ritornare alla scrivania scuotendo la testa, passando da quel vassoio ricolmo ai suoi occhi sereni e solo leggermente divertiti:
"...non sanno proprio farsi mai i cavoli loro"
"Tua sorella è molto carina!" esclamò El cercando di consolarlo, vedendolo muovere una gamba nervoso con un sorriso tirato sul viso:
"E ti assomiglia...assomiglia davvero a Biancaneve, Mike!"
"Sì, carina quanto stronza!" concluse Mike con un sorriso sghembo, volgendo lo sguardo al vassoio e vedendola fare altrettanto, dimenticando immediatamente qualunque altro tipo di discussione:
"Hai fame?"
"Molta!"

"Ottimo allora!" Mike sorrise, riavvicinando la sedia alla scrivania:
"Latte e caffè caldo, eggos cioccolato e panna montata! Sono andato un po' ad intuizione, sai, non sapendo..."
"Sono i miei preferiti!" sorrise El annuendo felice, vedendo il ricciolino posare di fronte a sé una tazza ancora fumante e uno dei due piatti dove le sue amate ciambelle di impasto dorato troneggiavano appetitose ed invitanti:
"Beh...in questo caso...buon appetito, El!"

"Buon appetito, Mike!" El lo vide prendere il primo sorso di latte e caffè ad occhi chiusi, lasciando un alone bianco intorno agli angoli della bocca e vedendolo asciugarlo con un rapido gesto della mano.
L'apparenza di quel piatto non l'aveva ingannata: quella colazione era davvero buonissima, e mentre tagliava con forchetta e coltello alcuni piccoli bocconi sormontati da panna e gocce di cioccolato, la piccola fu tentata sul serio di non considerare seriamente l'offerta rivoltale da quella signora gentile pochi istanti prima:
"Spero di vederti qui più spesso, tesoro!"

"Il capo è un buon cuoco?" Mike le chiese dopo qualche secondo di silenzio, addentando un boccone di cialda calda e vedendola annuire con la forchetta a mezz'aria,
"Sì, direi di sì!" quel fiorellino sorrise, annuendo convinta, per poi aggiungere dopo qualche secondo, come a correggere l'iniziale eccesso di entusiasmo:
"Certo...quando non brucia tutta la colazione!"

Mike rise insieme a lei, tra la panna e cioccolato e i mille sorrisi, di fronte a quella scrivania dove i libri sembravano essere gli unici elementi di troppo in quel momento.
"Ti piace?"
"È squisito!"
"Aspetta!" El lo vide sporgersi in un secondo verso di lei, avvicinandosi così velocemente fino a 10 centimetri dal suo viso che per un attimo le sembrò di sentirsi mozzare il respiro.
Anche il piccolo Mike si bloccò, come ad essersi accorto tardi di quanto vicino si fosse fatto con quel movimento, passando con lo sguardo confuso e timoroso di averla spaventata dai suoi occhi alle sue labbra, fino alla punta del suo naso primo centro della sua attenzione.

"Ti sei sporcata...qui" la piccola Hopper lo vide sussurrare deglutendo rumorosamente, alzando lentamente un dito fino alla punta del suo naso e rimuovendo con un gesto leggero un residuo di panna rimasto fermo dall'ultimo boccone.
El aveva decisamente smesso di respirare da qualche secondo, e speró sul serio che Mike non se fosse accorto quando, riabbassando il dito sporco di panna fin sulle sue gambe, quel ragazzo non si accennò ad allontanarsi di un centimetro, passando con lo sguardo dai suoi occhi spalancati alle sue labbra rosse e semiaperte come un piccolo bocciolo di rosa.

Mike deglutì, sentendo il sangue pompare più veloce in un punto imprecisato dietro le sue orecchie e uno strappo forte sotto l'ombelico ricordargli come di stare per cadere, lì in bilico sul bordo della sedia, proteso verso di lei ad un passo dal suo viso, a dieci centimetri dalle sue labbra.
L'aveva sentito dire in un film, uno di quelli scelti da sua sorella così noiosi da non riuscire nemmeno ad addormentarsi: dieci centimetri era la distanza giusta, la definitiva, una volta entrati in quel raggio d'azione non c'era via di scampo.
Dieci centimetri era la distanza dalla quale non si poteva che cadere in un bacio.
"Dieci centimetri, solo dieci centimetri, Mike..." il piccolo nerdino si ripeteva, in quel secondo bloccato nel tempo dove nessuno dei due ragazzini sembrava intenzionato a muovere un singolo muscolo per allontanarsi da quella posizione di bilico.
E cavolo, cavolo Mike quanto avrebbe voluto da quel bilico infine cadere...cadere sulle labbra sue.
"Oh mio dio..."

"Oh mio dio.." El sospirò nella sua mente, sentendo una scarica di adrenalina non appena gli occhi di Mike ebbero sfiorato con lo sguardo le sue labbra, sentendolo così vicino da poter quasi sentire l'odore del suo respiro di panna e caffè esattamente come il suo.
Non era mai stata così vicina ad un ragazzo, la piccola non poteva che essene più che certa, e se una piccola parte di lei non vedeva l'ora di sfiorare quelle piccole macchioline scure, le stesse del suo viso, che solo da così vicino notava per la prima volta anche tra le pieghe delle sue labbra carnose, quel fiorellino non poté in quell'istante sentirsi percorrere da un brivido, una secchiata fredda di onestà.

El fiorellino Hopper non aveva mai dato a nessun ragazzo un primo bacio.
Come...come si doveva fare a baciare un ragazzo?
"Mike..."
"El, io..."

El aggrottò la fronte, rompendo per prima quel contatto visivo e allontanandosi lentamente dal suo viso, sentendolo sospirare ancora così vicino da poter avvertire il suo respiro direttamente sulla sua pelle.
Si schiarì la voce il piccolo Mike, stringendo le labbra rosse e imponendosi di allontanarsi da quel viso, di distogliere lo sguardo dalle sue di labbra e di non indugiare in quei pensieri un istante di più.
In fondo chi gli aveva detto di potersi permettere quelle libertà? Da dove gli era uscita tutta quella spavalderia?
E se non fosse quello che voleva anche lei?
Se stesse semplicemente correndo troppo?
Se lei non fosse quel tipo di ragazza?

"Gra...grazie" la sentì sussurrare imbarazzata, tenendo gli occhi bassi sulle ginocchia e portando con un gesto delle dita una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Oh...figurati!" ribattè Mike pulendo le dita dalla panna e sforzando un altro sorriso, vedendola rossa in viso e con il fiato palesemente più corto almeno quanto il suo, lo sguardo basso ai suoi piedi quasi mortificato.
Se non era quello che voleva anche lei perché si comportava così? Perché senza troppa fantasia il piccolo Wheeler avrebbe potuto allungare l'orecchio e percepire i battiti accelerati del suo piccolo cuore, sotto quella tshirt a righe così simile alla sua?
Se anche a lei quei piccoli gesti e la reciproca presenza non lasciava indifferente perché era stata lei a distogliere lo sguardo, lei ad allontanarsi, mentre lui avrebbe solo voluto chiudere gli occhi e annullare quella distanza scoprendo infine che sapore avevano i fiori?

"Stupida El, stupida!" si ripeté El nella mente non osando rialzare lo sguardo su di lui, sentendo il peso dei suoi occhi confusi ancora su di lei, anche se ora più a debita distanza di sicurezza.
"Perché devi sentirti così insicura? Perché devi avere proprio adesso paura? Lo vedi da te, è così carino e gentile e anche Catherine e Emma si lasciano andare ad un certo punto della storia! Non vale davvero la pena smetterla di ragionare per una volta? Non vale la pena per una volta concedersi di essere vulnerabile per qualcuno?"
"Come ti trovi in città?"

Mike la vide rialzare lo sguardo di colpo su di lui, come se quelle parole l'avessero colpita più sul vivo di quanto avrebbe voluto, lasciandola boccheggiante come a metà di un'idea o di un pensiero lasciato lì in sospeso.
"Intendo..." si affrettò a continuare il piccolo Wheeler, addentando un ultimo boccone di colazione pur di distrarsi e rendere meno evidente il rossore che ancora sentiva sulla punta delle orecchie,
"Passare da una grande metropoli come Chicago a questo piccola città ti sarà sembrato pazzesco, non è vero?"

"No beh, io...mi trovo bene!" si sforzò di mettere in fila le parole quel piccolo fiore, lanciando un occhio al suo piatto per il quale sentiva definitivamente di aver perso appetito,
"Non che io abbia visto molto di Chicago in effetti..."
"No?!" chiese stupito Mike con un cordiale sorriso, prendendo un altro sorso di latte tornando dritto a sedere su quella scrivania,
"Credevo di sì, sai...deve essere davvero una città pazzesca! Da piccolo ci passavo ogni Capodanno con mamma e papà quando io e Nancy eravamo piccoli: installavano una pista di pattinaggio nel centro, sono sicuro tu abbia presente..."

"Non mi ricordo molto..." tagliò corto El con aria triste, vedendo il suo viso inscurirsi a quelle parole, cogliendo immediatamente quel cambio di tono nella sua voce.
Costruire memorie per nasconderne altre: El non credeva di aver fatto altro per tutta la vita.
Essere sincera, essere onesta su se stessa, su chi realmente era, su cosa realmente era, sembrava essere stato sempre troppo per lei, troppo da raccontare perché potesse essere accettato o capito.
E per la prima volta in vita sua El Hopper si chiese se non sarebbe valsa mai nella sua vita la pena di mostrarsi davvero per quello che lei era a qualcuno.
"È stato...tanto tempo fa..."

"Scusa, mi dispiace, io non volevo..." sentì la voce di Mike sussurrare con una punta di rammarico, fissando gli occhi nei suoi come due calamite contro il nero della notte,
"Non volevo renderti triste..."
"Non mi rendi triste, Mike!" sorrise El scuotendo la testa, appoggiando i gomiti alle ginocchia e sentendo un improvviso brivido di freddo percorrerle la pelle sotto la t-shirt a strisce.
"Ormai non mi fa più male..."

"C'entra la tua famiglia?" Mike azzardò come in punta di piedi su di una superficie fragile come una lastra di ghiaccio.
Gli sembrava così assurdo porle quelle domande così dirette ma così sincere: i ragazzi avevano ragione, non sapeva niente di lei, niente del suo passato, niente di come fosse arrivata fino a lì.
E qualcosa negli occhioni di quel fiorellino gli stava suggerendo di proseguire, di avvicinarsi ancora un po' di più, di non arrendersi.
Di osare a domandare un po' di più.
"Ti...ti ricordi come era la tua famiglia?"

"Mia mamma..." iniziò El prendendo un lungo respiro, mescolando le bugie a quelle mezze verità da sempre sentite a lei ripetere come l'unica formula priva di altre spiegazioni,
"Mamma...non c'è"
"E tuo padre?" chiese Mike non potendo credere di starsi spingendo così oltre, continuando a tenere gli occhi puntati sul suo viso come pronto a vederla cadere da un momento all'altro.
E Mike Wheeler sarebbe corso più che immediatamente a reggerla con tutto il suo peso.

"Non era un uomo...buono" El deglutì stringendo le mani sulle ginocchia, ripensando in un istante a due paia di occhi azzurri freddi come il ghiaccio beffardi e senza pietà al di là di una parete di vetro.
"Coraggio Undici, coraggio...abbiamo quasi finito, un ultimo sforzo per il tuo papà?"
"Lo hai ancora visto?" sentì la voce di Mike lontana rompere la barriera tra incubo e realtà, mentre, come una lame fredda nella pelle, El sentiva anche in quel momento altre braccia afferrarla, altre mani reggerla portandola via da quella sedia, passi veloci mischiati ad alte grida, la sua gola in fiamme a furia di urlare e supplicare, mentre quegli occhi freddi come le pareti della sua stanza vuota in fondo al corridoio le rivolgevano un ultimo sguardo privo di beneficenza, privo d'amore, privo di pietà.
"Procedete"
"...El?"

Gli occhi grandi e scuri di Mike Wheeler la riaccolsero alla realtà ritrovandolo in ginocchio di fronte alla sua sedia, il viso preoccupato e lo sguardo teso, una mano stretta nella sua come quella mattina davanti agli armadietti della scuola,
"El, stai bene? Stai tremando..."
La piccola Hopper annuì, stringendo d'istinto le dita nelle sue, vedendolo abbassare lo sguardo sulle sue ginocchia alle loro mani intrecciate, come fosse stato il gesto più naturale del mondo.
"Scusami, non volevo renderti triste...non dovevo farti quelle domande..."
"No no, è tutto a posto...davvero, Mike!" El sorrise sfiorando con il pollice il dorso della sua mano pallida, deglutendo lentamente e prendendo un ultimo sospiro per l'ennesima e più dolorosa bugia:
"Non possono più farmi del male qui"

Mike rimase a fissarla in silenzio, le mani intorno alle sue in un gesto timido di protezione: come avrebbe voluto da una parte saperne di più, chiederle di raccontarle tutto, tutti gli orrori che quel piccolo cuore aveva vissuto, non per curiosità, non per farla soffrire, ma per stringerla infine forte a sé tentando di cancellare come poteva quel suo dolore.
I fiori più belli sono quelli che crescono tra le spine, al buio, senza luce, e Mike credeva di aver capito perché quella ragazzina che ora sorrideva di fronte ai suoi occhi fosse così speciale, così diversa e così luminosa, come una stella.
Quando il mondo cerca di rinchiuderci nel buio, ci vuole coraggio e forza per continuare a far brillare la propria luce.

"Sono sicuro che Hopper è ora per te il papà migliore del mondo!" riprese Mike rialzando gli occhi su di lei, vedendola sorridere con una luce già nuova negli occhioni scuri:
"Anche quando brucia la colazione!"
El rise, annuendo piano e portando la mano destra lontana dalla sua sul suo orecchio, portando una ciocca all'indietro in quel gesto così semplice, come quella mattina sugli spalti, lo stesso che Mike seguì con lo sguardo anche quella mattina in ginocchio sul tappeto della sua camera di fronte a lei.
"Ti...ti hanno fatto loro quel tatuaggio, vero?" chiese ancora Mike sperando di non vedere il suo viso risprofondare nel dolore, vedendola d'istinto muovere lo sguardo sul suo polso, dove già sapeva cosa avrebbe trovato.

"011...perché 011?"
"Era il mio numero...ognuno di noi ne aveva uno, lo usavano per...per riconoscerci" sussurrò El molta più verità di quanto sarebbe stato prudente fare, lasciando che Mike seguisse con lo sguardo quel contorno nero, così come dal suo dito leggero sulla sua pelle sensibile.
"A...all'orfanotrofio...011: sono io 011"
"È una cosa orribile..." vide quel piccolo nerdino sussurrare senza freni, sfiorando con l'indice quel segno nero e facendola rabbrividire a quel tocco.
La piccola non avrebbe proprio saputo dire se di amore o di paura.

"Non è niente, è solo..."
"Chi può essere così crudele con un bambino?!" Mike riprese indignato, come se non l'avesse sentita, risollevando lo sguardo su di lei e ritrovando i suoi occhioni spalancati di stupore.
El non osò fermarlo nel suo discorso, vedendo i suoi ricci tremare sulla fronte e le sue labbra serrate come dal trattenersi dall'esplosione lì davanti a lei.
Certo la sua storia non era qualcosa di facile da accettare, El lo aveva sempre messo in conto.

"Quale verme schifoso può concepire una cosa del genere?!" scattò in piedi Mike alzando le braccia al cielo incredulo, non riuscendo più a contenere la sua indignazione.
Davvero? Esistevano davvero nel mondo persone così crudeli e cattive?
Non erano storie solo da film dell'orrore, erano reali e a lui vicine, così vicine da poter capitare all'ultima persona che avrebbe mai meritato a suo parere di poter soffrire così sull'intera faccia della terra?
El era rimasta a fissarlo in silenzio con le labbra socchiuse, non sapendo cosa aggiungere o se sentirsi riconoscente o intimorita da quello scatto repentino di rabbia.
Mike Wheeler aveva sempre odiato i prepotenti, quelli che si divertono a prendersela con i più deboli solo perché impossibile per loro il difendersi, e la piccola Hopper nel suo cuore fu colta da un improvviso moto di orgoglio immaginando come quel ragazzino avrebbe potuto affrontare qualsiasi mostro del suo passato e presente come aveva fatto con quella bulletta appena poche mattine prima.
Un piccolo paladino dal cuore gentile e coraggioso.

"Mike, sul serio, va tutto ben..."
"No! No che non va bene! Niente di questa storia va bene!" urlò Mike cercando di contenere la sua indignazione, agitando le braccia e facendole ricedere ai suoi fianchi cercando di rimuovere dalla sua mente la visione del volto di quella piccolina all'epoca solo una bambina ferita in quel modo da un ago indelebile sulla pelle.
"Come possono avere fatto una cosa del genere restando impuniti? Come possono aver fatto una cosa del genere proprio a t.."
"Mike, davvero...non fa più male ormai..."
"Idioti bastardi figli di puttana!"

El si bloccò a quelle parole nuove e così scurrili uscite come un fiume in piena da quelle labbra rosse tremanti di rabbia, e si trattenne un secondo con tutte le sue forze per non cedere, per poi arrendersi mollando le resistenze e scoppiando a ridere direttamente davanti a lui, vedendo il suo viso farsi improvvisamente più confuso.
"El..?!" Mike chiese vedendola ridere con una mano davanti al viso, sentendo la sua risata cristallina scaldare direttamente il suo cuore,
"El...che c'è da ridere?"
"Sei buffo Mike!" disse El quasi tra le lacrime, vedendolo passare dall'indignato al divertito, non potendo trattenersi a sua volta dal sorridere della sua spontanea risata,
"Sei buffo quando ti arrabbi, Mike!"

"Ah sì? Molto bene signorina Hopper, ma le conviene non provare a farmi arrabbiare o non sarò così divertente con lei!" Mike resse il gioco con una punta di malizia e sguardo complice che fece sciogliersi le ginocchia di El come budini liquefatti al sole.
"Ri...ricevuto!"
"Ora credo sia ora di tornare a studiare, non credi?" El lo vide riavvicinarsi alla scrivania, raccogliendo piatti e tazze e posando il vassoio sul comodino alle loro spalle accanto al letto, facendole tirare il fiato da quel turbinio incasinato di emozioni.
"Allora...avevi trovato qualcosa di interessante?"

"I pesci dei fondali oceanici!" disse El simulando sicurezza, ripetendo la sola frase che avesse letto di quelle pagine e vedendo Mike risedersi alla sedia di fronte alla scrivania.
"Oh si, certo! È un punto figo dal quale partire! Produrre luce da reazioni chimiche è fondamentale per quegli animali a quelle profondità! Lo usano per attirare a sé le prede!" rispose Mike annuendo pensoso, seguito a ruota da El che non credeva di aver mai sentito nulla del genere in tutta la sua vita.
"...per attirare...le prede"

"Sì, esatto! Ma vi sono altri animali che fanno la stessa cosa anche molto più comuni, a noi molto più vicini!" sorrise Mike rialzando gli occhi su di lei, vedendola rapita da quelle parole:
"...davvero?"
"Sì, certo! Beh, se ci pensi bene ci sono insetti piuttosto comune che producono anch'essi luce, El!" Mike continuò con un sorriso, sfogliando il libro in cerca di una pagina, seguito dal suo sguardo sempre più colpito.
"Come per esempio...loro, le lucciole!"

"...le lucciole?" chiese El con sguardo confuso, passando dal suo viso entusiasta al suo dito puntato sulla pagina del libro dove ora spiccava un titolo in eleganti caratteri corsivi: Lampiridi.
"Sì, le lucciole! Le lucciole!" annuì con un sorriso Mike, indicando la figura di un piccolo insetto nero con un'estremità luminosa:
"Le lucciole! Quelle che si vedono nei prati le notti d'estate! Hai presente, El...no?"

"...no" scosse la testa El con sguardo sperso, vedendolo spalancare gli occhi grandi di stupore, misto ad una sincera e vivida incredulità.
"No? No, El?! Non hai mai visto le lucciole?"
La piccola scosse la testa, tornando con lo sguardo a quella figura, a quel piccolo insettino nero grande come una mosca e con le ali illuminate da una luce gialla come il sole.
Nelle notti d'estate per i prati? No, El certo non credeva di aver visto mai niente del genere...

"Oh beh...le lucciole sono piuttosto comuni da queste parti in periferia..." Mike si affrettò a continuare dissimulando il suo stupore.
Si trattenne per l'ennesima volta dal chiedersi dove avesse vissuto quella ragazza per tutto quel tempo, ma si tirò mentalmente uno schiaffo da solo per averlo pensato: dopo i racconti dell'orrore che aveva appena sentito, certo non era il caso di iniziare a fare il sottile.
"Le lucciole viaggiano quasi sempre in gruppo: ne puoi trovare decine insieme in un solo prato!" sorrise il piccolo Wheeler vedendo gli occhi di quel fiorellino brillare di meraviglia, luminosi anche loro, senza saperlo, come quelle lucciole delle quali non ne custodiva ricordo.

"Papà mi portava spesso a vederle quando ero piccolo in un prato fuori città verso la cava di Sattler...ci andavo anche con i ragazzi fino a qualche anno fa a settembre prima dell'inizio della scuola, poi a Dustin gliene è entrata una nel naso una volta e da quel momento non ha più voluto tornarci!"
El sorrise a quel pensiero e Mike rise a quel ricordo, rimanendo assorti per un secondo in silenzio con gli occhi puntati entrambi alla stessa pagina del libro.
El pensava a quanta meraviglia il mondo aveva ancora da offrirle, Mike a quanto era ingiusto che qualcuno avesse sottratto a quel fiorellino la possibilità di vedere cose così belle e semplici, per lui e per i suoi amici all'ordine del giorno.

"Magari potrei..." ruppe infine il silenzio il piccolo Wheeler, guardandola di sottecchi e vedendola sorridere assorta a quelle foto sul suo libro.
Il calore che sentì pronunciando quelle parole fu qualcosa che difficilmente il suo cuore da paladino innamorato avrebbe potuto paragonare con qualcos'altro nella sua intera mappa dei ricordi: le venne naturale chiederglielo, farle per primo quella proposta, non per la gentilezza che da sempre lo distingueva, non per senso del dovere, quel tarlo fastidioso inculcatogli da sua madre già molti anni prima, ma solo perché, nel profondo e per davvero, quel piccolo nerdino lo voleva, lo desiderava con tutto il cuore.
"Magari potrei...potrei portartici io, una sera...in quel prato a vederle! A vedere...le lucciole!"

Gli occhi di quel fiorellino si sollevarono da quel libro, quasi increduli a quelle parole, ma non sarebbero stato niente se paragonati a quelli di quel ragazzino dai ricci neri, così felici ed innamorati e stupiti che così tanta bellezza potesse essere davvero reale concentrata in una sola persona:
"Dio mio quanto sei bella...quanto sei bella El Hopper"
"Sì!" El esclamò con un sorriso grande come l'intera stanza, sentendo il cuore battere più forte di commozione: come poteva esistere un angelo così gentile sulla faccia dell'intera terra?
E che fortuna aveva avuto lei a trovarselo vicino?
"Sì! Volentieri, Mike!"

"Forte! Ti piacerà!" sorrise Mike della sua luce e del suo entusiasmo,
"Dovremmo andare una di queste sere, prima che inizi a fare troppo freddo...una di queste sere ti ci accompagno, El! D'accordo?"
La piccola annuì, dimenticando per un secondo quanto potesse essere assurdo quel progetto così meraviglioso ma così folle nella ugual misura.
Lei fuori casa di notte?
In giro ad inseguire strani insetti luminosi in un prato?
Con un ragazzo?
No, certo che no, era qualcosa che il suo papà adottivo non le avrebbe concesso così facilmente.
Ma ad El non importava minimamente in quel momento.

"Forte! D'accordo!"
"Andata! È una promessa!" Mike disse volgendosi verso di lei con una mano tesa, vedendola scendere con lo sguardo sulla mano, a mezz'asta ed in attesa di fronte a lei.
"Promessa..."
"Sì, promessa! Una di quelle ufficiali!" rispose pomposamente Mike facendole un occhiolino e vedendola continuare a sorridere,
"È un patto che non si può rompere...mai!"
"Promessa!" ripeté El stringendo la sua mano, guardandolo negli occhi come quel giorno davanti ai loro banchi di scuola, con quelle mani strette tra di loro che ora la piccola aveva imparato non essere utili solo per le presentazioni:
"È una promessa...una promessa, Mike!"

"Mike!"
Per la seconda volta quella mattina, il piccolo Mike Wheeler maledisse se stesso e la sua stupidità per non aver proposto a quella ragazzina di trovarsi per quella ricerca in una biblioteca piuttosto che nell'affollata e caotica casa di famiglia dei signori Wheeler.
"Cazzo, ma sempre nel momento meno..."
"Mike! C'è la macchina della polizia fiori dal vialetto di casa! È già mezzogiorno passato, credo che sia per..."

"È per me!" El scattò in piedi di scatto, raccogliendo frettolosamente i libri e infilandoli nello zaino, seguita dallo sguardo leggermente deluso del piccolo Mike rimasto immobile ad osservarlo seduto ancora sulla sua sedia.
"Oh, certo..."
"Mi dispiace, scusa...papà mi sta aspettando!" sussurrò El nascondendo una smorfia di dispiacere, infilando lo zaino bianco in spalle e sistemando le bretelle della sua salopette sopra la sua t-shirt leggermente sollevata sui suoi fianchi,
"Scusami Mike, io...devo andare!"
"Sicuro! Non...non preoccuparti!" si affrettò a seguirla Mike facendole strada verso la porta, abbassando la maniglia e vedendola voltarsi un ultimo secondo verso di lui, regalandogli un ultimo bellissimo e dolce sorriso.

"Ci vediamo...dopo?"
"Sì, sicuro! Dopo!" annuì Mike passando una mano imbarazzato tra i riccioli dietro la nuca, fermo davanti a lei a quella porta dove entrambi non avrebbero saputo in che modo ben salutarsi dopo quella mattina, certo più vicini, certo più legati, non per questo minimamente meno imbarazzati.
"Beh, ehm...grazie!"
"No, grazie a te per tutto e per...la colazione!"
"A te di essere venuta!"
"Ma figurati! Grazie a te di avermi invitata!"
"Allora a più tardi!"
"A piu tard..."

Il clacson in lontananza fece tacere quell'imbarazzo, facendo voltare El di scatto verso le scale e un'ultima volta verso quel ragazzino, di sottecchi tra i ricci neri sugli occhi ancora immobile a fissarla.
"È davvero tardi, Mike..."
"Figurati, vai pure!"
"A dopo!"
"A dopo!"

Mike seguì la sua piccola figura sparire dietro le scale dopo avergli rivolto un ultimo dolce sorriso che il piccolo Wheeler tentò di imprimere nella sua memoria conservandolo come premio per quelle ore che lo separavano dall'averla di nuovo vicina a sé.
La sentì salutare con voce allegra sulla soglia della cucina e sua madre insistere che rimanesse a pranzo con loro, ma Mike richiuse la porta alle sue spalle, un secondo prima di sentire la porta d'ingresso richiudersi al piano inferiore.

Si lasciò cadere sul letto il piccolo Wheeler, premendo il cuscino sul viso per nascondere l'ultimo residuo di rossore e un sorriso ebete che si fece strada sulle sue labbra nell'esatto attimo nel quale, chiudendo gli occhi, il viso bello e luminoso di quel fiorellino si fece strada nei suoi ricordi, così freschi e vivi che per un attimo credette che fosse ancora lì con lui, che quel profumo di fiori sul suo cuscino non fosse solo frutto della sua più emozionata e meno lucida immaginazione.

"Sei incredibile..." sussurrò Mike Wheeler a quel cuscino, baciando quell'odore e respirandolo come fosse stato da lei stessa posato, direttamente dalla sua pelle.
Cavolo, era appena andata via e quel paladino innamorato non vedeva già l'ora.
L'ora di rivederla.
Respirare era diventato più facile, ma anche così dannatamente difficile allo stesso tempo.
Che potere aveva quel fiorellino per renderlo così, che indossasse una salopette di jeans e una t-shirt a righe o uno di quei suoi adorabili vestitini, che stesse ridendo, che stesse singhiozzando davanti a lui, che cosa quella maga riusciva a fare all'aria intorno, rendendola così elettrica, così pazzesca, così speciale?

"...sei incredibile El Hopper"

*

"Pronto a mangiare la polvere, cioccolatino?"
"Stammi dietro se ci riesci, Dusti-Bon!"

Le onde californiane si infrangevano contro la banchina e il cielo azzurro si stagliava fieramente all'orizzonte, mentre, a bordo delle loro auto decappottabili tirate a lucido neanche la carrozzeria dell'ultimo modello di Lamborghini Jalpa, i due amici si contenevano il primato di velocità sulle piste dell'assolato bagna asciuga, comodamente seduti con i controller in mano sul divano del basement di casa Wheeler, il cofanetto dell'ultimo gioco esibito da Dustin come un trofeo ancora aperto sul tavolo e il tape di Out Run in surriscaldamento già da ore nell'Atari di Mike.

"Sei in forma oggi, femminuccia! Ma non abbastanza per battermi!"
"Ma sta zitto amico, non ti vergogni?! È il terzo giro che ti concedo la rivincita!"
"Okay, la situazione sta iniziando a diventare imbarazzante..." alzò gli occhi verdi al cielo la rossa seduta ai piedi del divano appoggiata alle gambe di Lucas, alzandosi in piedi con un sospiro, facendo protestare indignato il ragazzo spostandosi sul fianco per non perdere visibilità:
"Max! Non sei trasparente!"
"Ha importanza?!" chiese la ragazza aprendo le braccia con sguardo di commiserazione,
"Che tu veda o no la strada è il terzo giro che perdi! Magari ad occhi chiusi ti andrebbe meglio, non credi?!"
"Non sei d'aiuto, MadMax..."
"Solo la verità, stalker!"

"Oh, volete piantarla voi due con i vostri battibecchi da coppietta sposata?!" Dustin protesto strizzando gli occhi azzurri allo schermo, dove sempre più veloci e rombanti i motori si apprestavano ad eseguire l'ultimo giro di pista:
"Così finirete per distrarmi! Andate a litigare o pomiciare da qualche altra parte, qui sto cercando di battere il mio record personale!"
"Ti sei allentato notte e giorno, amico! Ci credo che ora vai forte!" protestò Lucas stringendo i denti e premendo più forte sul tasto dell'accelerazione, tentando di raggiungere un'auto rossa in lontananza,
"Abbi il coraggio di ammetterlo: questo si chiama barare!"

"Questo si chiama tenersi allentato, Lucas!" Dustin ribattè un ultimo secondo con aria concentrata, prima di risciogliersi in un sorriso trionfante, vedendo la coppa del vincitore comparire sullo schermo accanto all'auto e al suo guidatore.
"Prego, Luchino-Piccino, saluta un vero uomo e torna a giocare con i My Little Pony di tua sorella!"
"Visto..." roteò gli occhi Max incrociando le braccia, con un sorriso soddisfatto e derisorio nei confronti del suo fidanzato ancora boccheggiante su quel divano.
"...te l'avevo detto"

"Sono stato distratto!" iniziò a protestare l'amico, alzando un indice al cielo come a chiedere silenzio,
"Questo è innegabile! Se lei non mi avesse coperto la visuale certo non avrei.."
"Ah quindi la colpa dei tuoi insuccessi sarebbe mia, ora?!"
"Will, Mike!!" alzò gli occhi al cielo e il tono della voce Dustin con tono scocciato, volgendo lo sguardo verso le scale del basement alla cima delle quali ancora si scorgeva una porta rimasta mezza aperta per la corsa.
"Amici, mi venite a salvare, vi prego! Non credo di poter resistere più a lungo qua sotto da solo con questi due!"

Il rumore del frullatore elettrico in azione sul piano della cucina di casa Wheeler copriva solo in parte le urla degli amici mentre, con il tavolo di legno vuoto ad accezione di una torta di mele appena sfornata come unica divisione, i due migliori amici attendevano in silenzio, non sapendo bene come iniziare una discussione.
"Mike, vai...tocca a te!" Will azzardò timidamente, alzando uno sguardo attento e titubante verso il viso dell'amico, più scuro e concentrato che mai, quasi nero come i ricci che gli ricadevano ai lati del viso, nascondendo in parte la sua espressione.
"No Will, non mi va..." il ragazzino dagli occhi verdi lo sentì rispondere semplicemente, sollevando infine il coperchio di plastica e versando il succo d'arancia spremuta nell'ultimo dei 5 bicchieri di plastica pronti sul vassoio,
"Lo sai che le gare di corse non sono il mio forte".

Will sospirò, per l'ennesima volta in quel pomeriggio, riabbassando lo sguardo sconfitto.
Mike era stato più silenzioso del solito quel sabato pomeriggio, limitandosi ad annuire e rispondere solo quando interpellato, senza riuscire a togliere dal viso pallido quell'espressione seria e a tratti infastidita di chi avrebbe voluto essere ovunque in quel momento se non lì.
E forse avrebbe voluto essere da un'altra parte per davvero, ma quella era casa sua, la sua tavernetta.
Per quanto riguardava la compagnia invece, Will Byers era certo che, se Mike fosse stato completamente sincero, avrebbe spedito lui e il resto del party a casa a calci nel culo in meno di un secondo.

"Andiamo Mike...Dustin ci tiene! Era così felice per l'uscita di Out Run!" Will ritentò con un sorriso, muovendo un passo verso di lui e tirandogli un amichevole pacca sulla spalla alla quale Mike non reagì, non cambiando minimamente espressione,
"Una partita e basta, dai! Fallo per lui..."
"Dustin ci tiene? Ma davvero?!" Mike rispose ironico alzando gli occhi al cielo, afferrando un coltello e tagliando la torta in spicchi regolari e disponendole sul vassoio per la merenda, lasciando un secondo di silenzio perché l'amico potesse cogliere appieno tutta l'ironia della sua voce:
"E da quando ci interessa fare quello a cui gli altri ci tengono? Da quando ci facciamo problemi a non deludere nessuno in questo gruppo?!"

Will scosse la testa, prendendo un profondo respiro e puntando i pugni sui fianchi: sapeva benissimo dove il suo migliore amico voleva andare a parare, glielo aveva letto in faccia dal primo momento nel quale, senza un briciolo del suo solito entusiasmo, aveva loro aperto la porta di casa quel pomeriggio per il solito ritrovo del fine settimana di giochi all'Atari nuova di zecca dei Wheeler.
Era bastato uno sguardo al piccolo Byers per inquadrare la situazione, sfuggita forse al resto del gruppo ma di certo non a lui: a Mike non era assolutamente ancora passata dopo la litigata in palestra del giorno precedente, e Will conosceva il suo migliore amico troppo bene per non cogliere le sfumature.
Mike era rimasto offeso, deluso dal comportamento dei suoi amici e, Will ci avrebbe messo la mano sul fuoco, quello per cui Mike serbava maggior rancore era proprio lui, il suo migliore amico da una vita.

"Hai ancora bisogno di una mano?" chiese il piccolo Byers ignorando la sua ultima affermazione, vedendo l'amico dagli occhi scuri sollevare il vassoio pieno della merenda e dirigersi fuori dalla cucina, senza badarlo nemmeno di uno sguardo,
"No no, grazie...faccio da solo"
"...Mike!"

Will sbuffò l'ultima volta, vedendo la schiena avvolta nella tshirt a strisce dell'amico fermarsi sulla porta, voltandosi lentamente richiamato da quel tono così concitato:
"...sì?" Mike alzò un sopracciglio con sguardo di sfida, fermandosi in piedi di fronte all'amico dall'altro lato del tavolo della cucina, occhi negli occhi ed incazzatura ad incazzatura, come solo due migliori amici possono essere al termine di un litigio.
Will conosceva Mike da tutta la vita e da sempre gli voleva bene come ad un fratello: se Mike era rimasto così deluso dal giorno precedente certo era perché ci teneva, ci teneva davvero a quella ragazzina che aveva tanto insistito partecipasse alla sessione con loro quel sabato sera.
E Will non lo aveva capito, o meglio, non lo aveva per nulla aiutato.
E quello era il momento di scusarsi, di riconoscere i propri errori.

"Mike, senti, possiamo parlarne?" sospirò Will con sguardo supplichevole, vedendolo rimanere immobile e fermo con il vassoio ancora sospeso di fronte a sé.
"Parlarne?" Mike alzò un sopracciglio, senza togliersi dal viso quell'espressione ironica per la quale era certo il suo migliore amico lo avrebbe preso volentieri a sberle.
"Perché...abbiamo qualcosa di cui parlare, Will?"
"Oh, avanti, ti prego!"

Mike lo vide allargare le braccia facendole ricadere lungo i fianchi, rimanendo fermo senza cambiare di una virgola la sua espressione.
Non aveva protestato quando aveva sentito suonare il campanello quel pomeriggio, sorprendendolo disteso sul suo letto con gli occhi fissi alle lancette del suo orologio appeso alla parete che non gli erano mai sembrate lente come quel pomeriggio.
Sapeva che il sabato era il giorno dell'Atari, da sempre, ma, quel pomeriggio in particolare, Mike Wheeler se ne sarebbe volentieri dimenticato.
Nonostante l'incazzatura e la mancanza del solito entusiasmo alla vista dei suoi amici quando aveva aperto la porta di casa quel pomeriggio, il ricciolino non aveva voluto minimamente protestare.
Cacciare via i suoi amici ormai lì o dire loro che quel giorno non gli andava di vederli era un'ipotesi assolutamente nemmeno da contemplare ma, nonostante tutto, Mike non poteva nascondere troppo di essere ancora sinceramente incazzato con tutti loro.
Con Lucas e Max, certo, con i quali certo non se le erano mandate a dire la mattina precedente in palestra, ma in particolare, più deluso che arrabbiato e per questo ancora più deciso a non rivolgergli la parola, Mike avrebbe voluto tra tutti evitare proprio lui: Will.

"Mike, per favore..." riprese Will facendo un passo in avanti, afferrando il vassoio dalle mani dell'amico e posandolo sul tavolo in mezzo a loro, facendogli intendere che la discussione non sarebbe andata tanto per la veloce.
"Possiamo smettere con queste bambinate e parlarne come due persone matur..."
"A quindi sarei io il bambino, adesso?!" Mike strillò allargando le braccia con aria sconvolta, vedendolo scuotere la testa abbassando lo sguardo,
"Non è quello che intendevo dire, Mike..."
"Ma è quello che hai detto, Will..."
"E va bene...mi dispiace!"

Mike spalancò gli occhioni neri a quelle parole, vedendo Will rialzare lentamente lo sguardo su di lui, due iridi verdi grandi e profonde che conosceva troppo bene da troppo tempo per non giudicare sincere.
A Will dispiaceva davvero, dispiaceva sul serio per tutta quella storia: ma Mike era troppo deluso da lui per poterla concludere così facilmente.
Proprio lui fra tutti che avrebbe dovuto capirlo più di chiunque altro, sostenendolo e non lasciandolo solo.
Lui al quale più di chiunque altro Mike si era aperto rendendolo suo complice per quella canzone alla radio che ora Mike era certo El avesse sentito ed amato, proprio lui lo aveva tradito, non aiutandolo minimamente ed anzi voltandogli le spalle nella votazione?

"Mi dispiace, Mike, sul serio..." continuò Will con aria dispiaciuta,
"Non avevo capito fosse così importante, avevo paura Lucas avesse ragione! Non sappiamo niente di quella stramba e ho solo paura tu possa rimanere deluso un'altra volta...sai, mia madre mi ha detto..."
"La stramba, come la chiamate voi, ha un nome, Will, e fareste bene ad impararlo per sta sera!" Will lo vide fare un passo in avanti con occhi di fuoco, riafferrando il vassoio e voltandosi verso la porta per far intendere che, da parte sua, la discussione era giunta al termine.
"E il suo nome è El"

"Mike, aspetta, dai!" Will sospirò vedendolo procedere verso le scale, chiudendo gli occhi e giocando l'ultima carta rimasta in cima sulla pila degli scarti:
"Com'è andata sta mattina...con lei?"

Mike si bloccò per un secondo, restando di spalle, istante nel quale Will pregó di non aver toccato l'ennesimo tasto dolente di tutta quella discussione.
Mike si girò infine lentamente, facendo ondeggiare pericolosamente i bicchieri ripieni di succo e fissando l'amico in mezzo ai ricci, dall'altro lato della cucina, lo sguardo confuso ed accigliato a tratti incredulo.
Come faceva Will a sapere che lui ed El si erano visti quella mattina?
Mike era sicuro di non averne parlato con nessuno degli amici, in particolare non con Will, allora come, come il suo migliore amico era a conoscenza di tutta quella storia?

"...mia madre" Will sorrise come se gli avesse letto la domanda scritta direttamente sul viso:
"L'ho sentita parlare ieri sera al telefono con...con lei, con El. Questa mattina l'ha accompagnata al mall, a comprare qualcosa da vestire credo, è uscita di casa presto..."
Mike non poté fare a meno di sorridere a quelle parole, rivedendo in un attimo di fronte a sé quello scricciolo vestito di quella salopette di jeans e tshirt a righe che a Mike aveva tanto stupito quella mattina e sulla quale ora il piccolo Wheeler non aveva più dubbi a riguardo.
Quei vestiti così nuovi e così diversi lei li aveva scelti apposta per lui, per il loro incontro di studio insieme.
"Adorabile...assolutamente adorabile"

"Mike...mia madre è davvero tanto amica con lei e con Hopper..." Will proseguì senza distogliere gli occhi verdi dai suoi, deciso a non perdersi nessuna sua piccola sfumatura di espressione:
"Io potrei, insomma...aiutarti" azzardò con un passo in avanti, vedendo gli occhi del suo migliore amico stringersi in un'espressione più concentrata, tipica di chi sta soppesando al meglio che cosa fare o di chi lì, su due piedi, sta per scattare.
"Insomma, ecco...potrei magari indagare un po', se vuoi...fare qualche domanda e..."

"Vuoi aiutarmi, Will? Va bene, fallo!" annuì Mike con un ultimo sorriso, nel quale il piccolo Byers notò troppo tardi una punta davvero mal celata di tagliente ironia:
"La prossima volta sostienimi davanti agli altri al posto che lasciarmi solo come uno stronzo facendo il codardo: che ne dici Byers, pensi di poterlo fare o è troppo per te?"

"Mike, ti prego!" il piccolo Wheeler lo sentì ancora protestare alle sue spalle, voltatosi verso l'uscita della cucina e procedendo a grandi passi verso le scale del basement, deciso più che mai a porre una fine a quella discussione.
"...Mike!"
Apprezzava le sue scuse, certo non potevano che fargli piacere, ma il suo piccolo cuore orgoglioso di paladino cocciuto ancora fremeva troppo per concedergli una tregua definitiva.
"Gli amici non mentono", quella era sempre stata la più sacra della verità, e se Mike non si sentiva ancora di perdonarlo non avrebbe avuto senso mentirgli dicendo che era tutto a posto.
Se Will voleva che lui ritornasse a confidarsi con lui chiedendogli consiglio, certo prima avrebbe dovuto riconquistare la sua fiducia.
Mike Wheeler non era certo l'ultimo dei cocciuti con i quali era così facile averci a che fare.

"Un'altra partita?"
"E va bene perdente, se ti diverti così tanto a farti umiliare dal sottoscritto..."

Le urla allegre dei suoi amici raggiunsero le orecchie del piccolo nerdino immediatamente nel momento in cui, abbassata con un gomito la maniglia reggendo il vassoio tra le mani, la porta del basement si fu spalancata e la musichetta acuta e snervante di Out Run ebbe invaso il corridoio del piano terra di casa Wheeler.

"Oh no, non mi diverto a perdere Dustin-Bon, semplicemente voglio godermi l'attimo fin che posso..."
"Che intendi dire...?"

Mike si bloccó sui primi gradini delle scale, tendendo l'orecchio in ascolto e sperando nessuno degli amici avesse notato la sua presenza.
"Non ti seguo..." sentì Max esclamare e il ricciolino dovette sporgersi in avanti trattenendo il fiato per non perdersi la risposta dell'amico a quella domanda.
"Massì! Me l'ha detto Will! Non l'ha detto anche a voi? Mike ha ricevuto un compito di punizione di chimica questa settimana! Pare che non abbia consegnato una ricerca in tempo da quanto ho capito...aspetta che lo scopra sua madre e via Atari almeno fino a Natale, se è fortunato..."
"Ma che strano..."
"Non è da Mike!"
"Esatto! È quello che ho pensato anch'io, eppure è così..."
"Sei sicuro che Will abbia detto proprio "di punizione"?"
"Sicuro al 100%, cazzo!"

Mike strinse le dita sul vassoio tra le sue dita, sentendo crescere la rabbia sulle guance immediatamente più rosse e calde e i ricci spettinati e tremanti sulla fronte.
Ma i suoi amici non avevano davvero niente da fare che stare a pensare ai fattacci suoi? Non potevano più semplicemente farsi tutti i cazzi loro?!
Sì, era vero, Mike aveva ricevuto un compito di punizione ma gli amici non potevano sapere tutta la verità: Mike l'aveva fatto per lei, per darle il suo compito al posto suo, perché lei non ricevesse la sgridata, prendendosi la colpa al suo posto.
Quei ficcanaso dei suoi amici non lo avrebbero certo acclamato come un eroe per quel gesto, piuttosto gli avrebbero chiesto se si era definitivamente bevuto il cervello, e forse in fondo avrebbero avuto perfino ragione.
Come si poteva spiegare la follia ed il calore nel cuore quando si è innamorati a chi sembrava solo troppo sordo per voler sentire?

"È assurdo..."
"Già, lo è...è dall'inizio delle lezioni che Mike si comporta in modo strano, non so...non sembra nemmeno più lui"
"Dovremmo, non so...parlargli? Dirgli qualcosa?"
"E vederlo reagire come ieri mattina in palestra sbraitandomi contro?! No grazie ragazzi, io ho già dato..."
"Avanti Lucas...anche tu ieri hai esagerato!"
"Scusami?! Amico, ma hai visto quanto è intrattabile ultimamente?!"
"Non accetta critiche che riguardino quella preziosa ragazza stramba..."
"El..."
"Sì, El, va bene, Dustin, non è questo il punto!"
"Il punto è che Mike è diverso, proprio da quando ha iniziato a stare con lei..."
"Pensate che sia lei che gli ha fatto...il lavaggio del cervello?"
"Frequentano solo lo stesso corso di chimica ragazzi, vi prego!" Mike distinse la voce di Dustin sopra tutte le altre,
"Potete evitare di fare i complottisti e di credere che quella ragazzina sarà la rovina del nostro DM?!"
"E va bene, va bene, ma ribadisco il mio pensiero: quella ragazza è strana, non gli porterà che guai"
"Stiamo prima a vedere come va questa sera prima di giudicare..."
"Giusto, questa sera...urrà per la nuova arrivata!"
"Finiscila Lucas..."
"Non sta a genio nemmeno a te..."
"È vero, ma per Mike è importante o non avrebbe insistito così, possiamo tutti evitare di fare gli stronzi almeno per una serata?!"

Mike chiuse gli occhi, stringendo forte le labbra tra i denti trattenendosi dal mettersi ad urlare, lasciando che quelle parole scendessero nel profondo delle sue orecchie, facendo tutto il male che era necessario facessero.
Il sostegno dei suoi amici era sempre stato immancabile in quegli anni per lui, così importante da fargli credere a volte di non poter muovere un passo senza sapere la presenza dei suoi amici alle sue spalle pronti a fare il tifo per lui.
Che cosa gli stava succedendo?
Cosa stava cambiando nel suo cuore con una velocità tale da fargli venire i capogiri?
I suoi amici avevano ragione: Mike stesso si accorgeva di essere cambiato, quasi irriconoscibile perfino a se stesso e, sul serio, nemmeno lui se lo sapeva spiegare.

Che ne era stato del ragazzino per il quale l'appoggio del suo gruppo era più importante perfino che respirare?
Che ne era stato del paladino che avrebbe difeso i suoi migliori amici a spada tratta, che fosse di legno o di cartone, contro un Idra di livello 10 o contro l'ennesimo bulletto della scuola?
Forse qualcosa era cambiato sul serio se, senza averlo deciso nemmeno lui stesso, Mike ora si ritrova a difendere, proprio contro i suoi stessi amici, una piccola ragazzina della quale non sapeva ancora molto se non che lo faceva stare bene come poche altre cose al mondo quando era con lei?

Sua madre gli aveva sempre ripetuto che le cose che più ci stanno a cuore non costano sforzi o sacrifici, e a Mike quella era sempre sembrata la solita frase melensa da cioccolatini o per convincerlo a fare i compiti, ma solo allora ne capiva appieno il significato per davvero.
Quel fiorellino gli erano entrato davvero nel cuore, gli stava ora veramente a cuore.
E solo per quello Mike il paladino Wheeler non avrebbe mai potuto smettere di lottare per lei, perfino contro gli stessi amici dei quali, in quel momento, l'approvazione non pareva nemmeno più così importante.
Chi se ne importava del giudizio di 4 piccoli nerdini come lui in confronto ad uno dei sorrisi così belli e luminosi di quel piccolo scricciolo vestito di luce?

"Sarà, ma per me sarebbe meglio..."
"Basta Lucas, taci, concentrati sulla partita..."
"E va bene, la smetto: non intendo più sprecare una parola sulla stramb..."
"Ragazzi!" li interruppe Mike facendoli sbiancare, procedendo a passi svelti verso il tavolo nel centro del basement, seguito dai loro sguardi ammutoliti come se avessero appena visto un fantasma, posando il vassoio sul piano e sbattendolo forte, solo poco più forte di quanto avrebbe voluto, facendoli sobbalzare:
"La merenda è pronta"

📼🌼
Ben ritrovati amici!🎉
Dopo questa terza stagione di sorrisi e lacrime (tante lacrime) spero sinceramente di avervi tirato un pochino sù di morale con questo capitolo, con il primo incontro "ufficiale" dei nostri due imbranatini da soli!
Onestamente amo Mike che insegna ad El nuove parole almeno quanto lo amo difenderla dai suoi amici: chi non è innamorato con può capire quanto quella parola "...makes you crazy!"❤
Cosa succederà il prossimo capitolo? Come il party accoglierà la nuova arrivata?
Lo scoprirete (spero presto) nel prossimo capitolo!

P.s. ricordo a chi ancora non mi segue su Instagram che potete trovare una pagina dedicata alle mie storie qui su Wattpad con tante idee ed anticipazioni! Cercate @lovingonwattpad, vi aspetto lì🤗

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