ventiquattro - 𝚕𝚊 𝚛𝚒𝚜𝚜𝚊
𝚒𝚜𝚊𝚊𝚌 𝚜𝚙𝚒𝚍𝚎𝚛
La caffetteria non è mai stata tanto tranquilla come oggi. È presente solo una manciata di clienti: la solita coppia di anziani e il tizio in giacca e cravatta dell'altra volta. Oltre Cloé, ovviamente.
«Starà ancora insieme ad Alyn?» domanda la mia compagna di sventura, torturando la sua povera crostata con un cucchiaino da tè. E dire che le ho dato una forchetta.
«Non credo e non mi importa.» ribatto, pulendo la macchinetta del caffè con uno straccio.
«Come siamo acidi!» sbuffa Cloé.
«Cosa c'è? Ti sei perso il doppio cappuccino macchiato stamattina?» ridacchia e io mi chiedo perché guardi ancora quegli stupidi reality show. Le stanno intasando il cervello di stupidaggini.
«Nah, l'ho bevuto tutto d'un fiato.» sto al gioco, lanciando un'occhiata alla porta. Spero che quel maledetto campanello suoni e che sia Sebastian a entrare. Ieri è praticamente corso via, non ha risposto neanche ai miei messaggi. Sto cominciando a preoccuparmi.
"Proprio ora che credevi che stesse andando tutto alla grande, eh?" mi prende in giro la fatina, usando del filo interdentale a mo' di frusta per scacciare un feroce spazzolino mannaro.
"Forse ti sei portato sfiga da solo, dicendoti che le cose sarebbero finalmente andate per il verso giusto."
La ignoro, o almeno ci provo, pensando che devo solo resistere una settimana. Tra sette giorni esatti vedrò Linda e parlare con lei mi aiuterà. Quella donna è magica, per quanto sia irritante. Mi scombussola, ma mi sento molto meglio quando esco dalla sua stanza azzurro pastello.
"Zacchino! Non essere antipatico!" fa il broncio.
Sette giorni. Solo sette.
«La porta è così interessante?» mi domanda Cloé, sogghignando.
«O forse stai aspettando qualcuno?» continua allungando un dito per punzecchiarmi la spalla.
«Io starei lavorando.» le ricordo.
«Certo, infatti c'è una fila di clienti enorme da servire.» mi stuzzica, indicando l'entrata con il braccio.
«Oh, aspetta: no, non c'è. Mi sono sbagliata, colpa mia.» fa spallucce.
«Sai di essere un dito in culo quando fai così?» ribatto, aprendo l'acqua per bagnare lo straccio.
«Sì, ma le tue reazioni sono troppo divertenti, Zacchino.» ghigna tagliando un angolo del dolce, mentre io rabbrividisco.
«Chi è stato a dirtelo?» le chiedo, anche se so già quale sarà la sua risposta.
«Un uccellino.» risponde, vaga, addentando un pezzetto di crostata, per poi leccarsi le labbra. Mi sa che le piace.
«Capito. È stato papà.» alzo gli occhi al cielo, strizzando con forza lo straccio non più insaponato.
«Chissà, magari Sebastian.»
Ahia.
Cloé mi guarda con fare innocente, ma sappiamo entrambi che sta sfiorando un tasto dolente.
«Non hai niente di meglio da fare?» ribatto sbattendo il pezzo di stoffa sul lavandino con un colpo secco. D'un tratto mi sento talmente tanto infastidito dalla sua presenza che potrei cacciarla dalla caffetteria.
«No, a casa mi annoio.» ribatte lei, ignara del tumulto interiore che mi sta causando.
Faccio un respiro profondo, fingendo di non notare la fata alle sue spalle, che mi fa segno di colpirla al collo con uno spazzolino.
«E l'università?» le chiedo invece, mettendo a tacere i miei demoni interiori.
«Non mi va di parlarne.» sbuffa.
«Periodaccio. Mi sono presa una pausa.» tamburella con le dita sul bancone e in realtà mi ha un po' incuriosito. Vorrei domandarle cosa intende dire, però so già che non vuole che mi impicci dei suoi drammi.
La nostra pseudo-amicizia è strana: non accenniamo mai temi troppo pesanti, non osiamo entrare nei particolari di un argomento e ci limitiamo a farci un po' di compagnia, chiacchierando del niente. Tuttavia è un contatto confortante, piacevole. Nessuno dei due chiederà mai più dettagli, ma ci ascolteremo sempre l'un l'altra. Abbiamo i nostri tempi e li rispettiamo.
Cloé in fondo è fantastica, proprio come diceva Sebastian e nonostante la sua mania per le trashate in TV. È peggio di me e ce ne vuole!
D'un tratto, mentre penso a queste cose, il campanello trilla e una nota di speranza si accende nel mio povero cuoricino maltrattato. Alzo lo sguardo pregando di vedere due limpidi occhi color oceano, però - con mio grande sconforto - ciò che trovo sono dei dread sormontati da una bandana con sopra una foglia di maria.
«Nicholas.» lo saluto, cercando di non apparire troppo deluso, nonostante io lo sia profondamente.
«Nick.» mi corregge.
«Ok, cosa ti porto?» gli domando cordialmente, ma lui mi liquida con un gesto della mano.
Quando mi degno di guardarlo meglio, noto che ha il fiatone, la fronte imperlata di sudore e la camicia hawaiana fradicia.
Cloé gli va immediatamente incontro, dopo aver tirato fuori dalla borsa un pacchetto di fazzoletti per asciugarlo un minimo.
«Dio mio, cosa ti è successo?» gli chiede.
Nick le rivolge un debole sorriso, prima di boccheggiare: «Posso avere un po' d'acqua?»
Riempio subito un bicchiere, lanciando un'occhiata a mamma, che ci osserva dall'altra parte del locale, dietro la sua rivista di moda. Akiko gira svogliatamente la pagina del suo giornaletto, ma so che sta già tendendo l'orecchio.
Oh, cavolo.
Non appena gli porgo l'acqua, Nick si lascia cadere sulla sedia più vicina e, anche se è già rosso per via della corsa, penso che la vicinanza di Cloé lo paralizzi un tantino. È piuttosto rigido.
«Ci spieghi che cazzo è successo?» prendo parola, incrociando le braccia al petto.
Cloé alza un sopracciglio e fa schioccare la lingua sul palato, come a sgridarmi: ma che delicatezza!
Nick intanto quasi si strozza, perché sta bevendo come se non lo facesse da secoli. Due colpi di tosse dopo, posa il suo sguardo accigliato su di me e, respirando ancora a fatica, mi dice: «Scrivi a quel coglione.»
Coglione?
"Immagino si stia riferendo al tuo bel principe." ghigna la fatina.
Caccio fuori il telefono dalla tasca e, una volta sbloccato lo schermo, mi precipito nella chat con Seb. Se è coinvolto in qualcosa di pericoloso, devo innanzitutto assicurarmi che stia bene.
Gli ultimi cinque messaggi sono tutti miei. Hanno il visualizzato, però nessuna replica.
«È successo qualcosa?» domando a Nick.
La preoccupazione che provo deve essermi trapelata dal tono di voce, perché lui mi risponde: «Fisicamente sta alla grande. Si è solo beccato qualche pugno.»
«Cosa!?» sbotto, cancellando il testo che stavo scrivendo per chiamarlo direttamente.
Rispondi. Rispondi. Rispondi.
Mi mangio un'unghia, iniziando a camminare intorno al tavolo, Cloé invece decide di passare all'interrogatorio.
«Puoi spiegarci meglio?» la sua voce è gentile, ma da come gli sta stritolando la spalla nemmeno lei è tranquilla.
«Ieri sera eravamo a casa di Taylor e anche leggermente brilli.» confessa Nick, posando il bicchiere mezzo vuoto sul tavolino accanto.
«Robert si è messo a fare il cazzone e ha un tantino esagerato.» avvicina il pollice e l'indice fino a farli quasi toccare, mentre lo dice.
Intanto io mi sento ardere di rabbia, perché Sebastian ancora non mi risponde.
«Merda. Robert? Davvero?» Cloé sembra sorpresa.
«Chi è?» domando.
«Quello che tu chiami Mr. Baffetto.» mi dice.
«Oh.» faccio io.
«Mr. Baffetto?» ripete invece Nick, perplesso.
«Ci date dei soprannomi alle nostre spalle?»
«No, è che non riesce mai a ricordarsi il suo nome.» Cloé la chiude così, mentre io annullo la chiamata perché è partita la segreteria. Provo di nuovo.
La situazione è surreale.
Nick mi guarda male, Cloé sta probabilmente vivendo il dramma che più le piace, ovvero quello che non la riguarda, e io sto per spaccare il cellulare lanciandolo per terra, a causa della frustrazione.
Rispondi, maledizione!
Akiko, nel frattempo, continua a tenerci d'occhio, ma si rifiuta ancora di intervenire. So che finché non si alzerà da quella sedia andrà tutto bene, perché se lo farà significherà che sto esagerando. Il fatto che lei non reagisca mi rassicura: vuol dire che mi sto innervosendo per una buona ragione.
«Cos'ha fatto Robert?» Cloé decide di interrompere quel teatrino di sguardi e silenzi e Nick, forse perché mi vede molto agitato, decide di rivelare ogni cosa.
«Ha detto una cosa brutta su Isaac.» ammette e il mio cuore perde un battito. So che Seb è abbastanza protettivo nei miei riguardi, però non è mai stato un tipo violento.
Giusto?
"Per quel che ne sai tu." ghigna la fata.
«Cosa di preciso?» intervengo chiudendo l'ennesima telefonata.
Nick deglutisce, si morde il labbro. Mi guarda rattristato, non vuole davvero pronunciare quelle parole.
«Ti prego.» lo scongiuro, prendendolo per mano.
«Non mi arrabbierò con te.»
Nick allora fa un respiro profondo, prende il bicchiere facendomi segno di riempirlo. Lo faccio e, una volta che lo manda giù, borbotta tutto d'un fiato: «Ha detto che sei uno stupido frocio malato.»
Oh.
«Mi dispiace, fratello.» aggiunge l'attimo dopo.
Mamma si alza, pronta a scattare di fronte a una frase del genere, tuttavia ciò che mi spaventa di più è quello che sento. Paradossalmente non mi fa effetto. Non mi interessa cosa pensa un tizio qualunque, voglio solo sapere che Sebastian non ha messo a rischio la sua incolumità per una cosa del genere.
Cloé picchia un pugno sul tavolo, facendolo quasi ribaltare, e fissa Nick con occhi di fuoco, ma la mia mente è da tutt'altra parte. Lei si accanisce, urla che Robert è uno stronzo e che merita l'Inferno per le puttanate che spara, eppure io non provo davvero nulla.
«Potresti sviluppare apatia.» mi aveva detto una volta Linda. Sarà quello?
"Può darsi oppure sei solo molto più preso da Seb che da te stesso." ridacchia la fata.
"Sembra quasi che non ti importi di nient'altro. Inquietante. Se Sebastian lo sapesse probabilmente direbbe che sei pazzo e scapperebbe via!"
Scuoto la testa. Non devo farmi ingannare dalle sue parole, perché so benissimo chi ho di fronte. Lei non è reale, ma Seb sì ed è anche il ragazzo migliore di questo mondo. Non mi abbandonerebbe mai, ce lo siamo promessi a vicenda.
Saremo sempre io e lui.
«Cos'è successo dopo?» chiedo, stranamente calmo, e Akiko si immobilizza. Stava venendo verso di noi, ma d'un tratto cambia direzione e preferisce domandare ai pochi clienti in sala se è tutto di loro gradimento.
«Sebastian gli ha spaccato il naso.» Nick fa una pausa, distogliendo lo sguardo.
«E incrinato due costole.»
Lascia trasparire il dolore che prova.
«E dovrà far riabilitazione perché ora non cammina più.»
«Ma che cazzo!» sbotto.
Non deve essere stato un bello spettacolo e capisco che Nick non ne parli volentieri: il ricordo è ancora fresco.
«Ha fatto benissimo!» esclama Cloé e io la fisso, incredulo.
«Cosa? La famiglia di Seb è ricca, si potranno permettere un ottimo avvocato se lo denuncia.» giocherella con una ciocca dei suoi capelli, come a chiudere la faccenda, però la cosa non mi va giù.
«In pratica si è messo nei guai per colpa mia.» mormoro.
«Per difendermi.»
«Isaac...» sussurra Nick, però non sa neanche lui come continuare.
«È per questo che sei corso qui?» gli chiede allora Cloé, stranita, fingendo che io non abbia detto nulla.
So che non le piace quando mi colpevolizzo: me lo ripete sempre nei rari momenti in cui spingiamo l'asticella della nostra bizzarra amicizia un po' più in là. Di solito quelle conversazioni durano un battito di ciglia e francamente le tronchiamo subito, non appena ci accorgiamo che stiamo scavando troppo a fondo. Quindi il nostro scambio si riduce a delle frasette buttate lì, quasi per caso, che però celano un significato più denso.
«Non ci credo che hai fatto una maratona per raccontarci una cosa successa ore fa.» si impunta Cloé. Poi sbuffa e so che questo è più riferito a me.
Recepisco il suo astio. Mi sta dicendo che è meglio se sto zitto.
Nick è mortificato, quasi fosse stato lui a far scattare la rissa, o almeno questo è ciò che deduco dalla sua espressione visto che si è zittito. Immagino che rimpianga di non essere intervenuto in tempo o per non essere riuscito a separarli. Non mi è ancora molto chiara la dinamica dello scontro, ma per essere arrivati a spezzarsi le ossa deve essere stato atroce.
Voglio provare a richiamare Seb.
Penso, quindi lo faccio, selezionando il suo contatto e chiudendo gli occhi, speranzoso, forse perfino illuso.
Spero che lui sia ancora intero.
Uno squillo, due...
«Oggi Sebastian non è andato a lezione.» ci dice Nick.
Tre squilli, quattro...
«È parecchio giù e credo che gli faccia bene la vicinanza di Isaac.» continua.
«Per questo stavo già venendo qui, quando mi ha chiamato...»
Cinque squilli, segreteria.
Riprovo.
«Ti ha telefonato?» domanda Cloé, mentre io riprendo la mia conta.
Primo squillo, secondo...
«È impazzito.» sbotta.
«Robert l'avrà colpito in testa, perché altrimenti non me lo spiego.»
Terzo, quarto...
«Che. Cosa. Nick.» scandisce Cloé, stufa della stupida suspense che sta creando.
Quinto...
«Sta andando a un appuntamento.» dice.
«Con Julia.»
Sussulto. Le parole appuntamento e Julia mi martellano nel cranio, si prendono gioco di me.
Sono così deluso che quasi non avverto la voce dall'altra parte della cornetta.
«Pronto?»
Non è Sebastian.
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