ventinove - 𝚝𝚎 𝚗𝚎 𝚙𝚎𝚗𝚝𝚒𝚛𝚊𝚒?

𝚒𝚜𝚊𝚊𝚌 𝚜𝚙𝚒𝚍𝚎𝚛

Una viscerale paura mi impedisce di ragionare lucidamente. Mi paralizza, eppure non riesco a fermarmi. Sono un treno in corsa.

«Ti... Piace mio fratello?»

L'ho detto tremando, sentendomi debole e incredibilmente stupido, così minuscolo da poter essere schiacciato con un dito.

E sorridendo.

Eppure Seb mi guarda come se lo avessi appena insultato in aramaico antico: confuso e un tantino arrabbiato.

«Dio, no!» esclama, dopo un attimo di smarrimento, afferrandomi per i fianchi per riportarmi sul suo petto. Non mi ero nemmeno accorto di essermi allontanato.
«Stai qui.» mi prega.

Annuisco piano. Riprendo a respirare, ma il fiato rimane debole e bisognoso come quello di un uccellino appena nato.

«Ascolta, è stata una cottarella infantile. Nulla di più.»

Arrossisce, vistosamente anche, e la cosa mi dà talmente tanto fastidio che mi ritrovo a mordermi l'interno guancia con forza. Mi taglio e distinguo distintamente il sapore del sangue.

«Alla faccia! Te la sei portata dietro per un bel po'.» lo accuso. Mi ricordo poi di un piccolo particolare e, ansimando, ricomincio a sudar freddo.

Seb mi aveva detto che il suo obiettivo non era altri che la vendetta, pura e fredda. Spietata. Anche se c'è stato uno scambio di persona, temo che i suoi intenti non siano cambiati.

Adoro mio fratello, ma sa essere una vera vipera. Non voglio che Sebastian si metta contro di lui, né che litighino. Inoltre non credo di poter stare dalla parte di Seb al cento percento, se l'avversario è Paul.

Per quanto a volte lo odi, fa parte della mia famiglia.

Un qualcosa che sarebbe perfetto, se non ci fossi io a rovinarlo.

«Dimmi che non vuoi vendicarti di lui.» lo supplico, facendomi cullare da quelle carezze che mi erano mancate più dell'ossigeno.

«Perché dovrei farlo?» sbuffa. Le sue mani esperte mi sfiorano le cosce, mi solleticano i glutei. Non so per quanto tempo ancora riuscirò a pensare con razionalità.
«Si è ricordato di me. Lui.» aggiunge, lanciandomi uno sguardo che traduco più o meno così: non è ovvio che annulli tutto?

«Già, alla fine eri tu a esserti scordato della sua faccia.» gli dico, rimarcando sull'ironia della cosa, ma Seb mi fa immediatamente capire che è meglio che non lo prenda più in giro, pizzicandomi le chiappe.
Che stronzo!
«E perfino del nome.» continuo, ignorando le unghie che mi scavano nella carne. Affamate.

«Non me l'aveva mai detto.» prova a giustificarsi.

Sebastian, scocciato, mi riserva la più fredda delle occhiate. Da un lato mi congela il cuore, perché detesto la sola idea di bisticciare con lui, ma d'altra parte è decisamente sexy quando fa così, quindi non posso che avvampare. E benché senta un forte peso che mi preme sul petto, la stanza è appena aumentata di temperatura.

Ah. Dovrei mettergli qualcosa in bocca, così gli impedirei di parlare per pronunciare un nome che non sia il mio-
Scuoto il capo. Non di nuovo.

«Credevo che foste amici.» borbotto, un po' irritato, ma anche molto accaldato.

«E io credevo si chiamasse Isa-» si ferma, sbarrando gli occhi come se avesse appena fatto una gaffe atroce. Si schiarisce la gola.
«Che il suo nome cominciasse per I.»

«I?»

«I come Ismael.» dichiara, distogliendo lo sguardo.
«È il nome dello sconosciuto, sai, quello che ho confuso con Paul...» va avanti, ma straparla, agitato e preso in contropiede.

«D'accordo?» lo fisso, un po' perplesso.

Paul ha mentito sulla sua identità? Perché?
Mi chiedo, poi però mi rendo conto che allora era solo un bambino e, in quanto tale, sicuramente pure estremamente dispettoso. Non dovrei cercare una ragione per una cosa che è successa tra due mocciosi anni fa, soprattutto se si tratta di un periodo che non ricordo per niente e che non ha davvero nulla a che vedere con me. Decido quindi di lasciar perdere, anche se mi brucia parecchio che Paul, in passato, sia riuscito a conquistarlo.

Seb dovrebbe essere mio.
Mi dico, accorgendomi subito di quanto sia ridicolo ed egoista questo pensiero.

Rimane comunque un uomo felicemente fidanzato, giusto?

Deglutisco.
Sebastian mi detto di aver trovato qualcuno e Julia l'ha confermato in qualche modo, però...

Perché non riesco a credergli?

Sarà che lui è un bugiardo patentato. L'ha ammesso e ne ho avuto conferma poco fa. Gli piace mentire, giostrare le persone e plagiarle come gli pare. È il peggior tipo di persona e l'ho finalmente compreso.

Dovrei stargli alla larga.

Eppure ha un animo gentile e fa del suo meglio per prendersi cura di me. Ed è anche fragile. Spesso sbaglia, lo facciamo entrambi. È stupido. È infantile. Pensa di sapere ogni cosa. Ha una faccia da schiaffi.

E pare che non riusciamo a incastrarci in alcun modo.

«Isaac?»

«Sono un po' stanco.» confesso allungando una mano sulla sua gola. Premo, avverto il suo pomo d'Adamo fra le dita, gli si è accorciato il fiato.

Questa reazione è vera.
E mi piace.

Sogghigno.

Seb intanto si morde il labbro inferiore nervosamente, preferendo concentrarsi su un angolo della camera piuttosto che sul mio viso. Peccato che io desideri la sua attenzione con tutto me stesso, nonostante la situazione incasinata in cui ci troviamo, quindi con uno slancio gli ricordo della mia notabile presenza, sedendomi esattamente sul suo pacco.

Inspira fra i denti, mi lancia uno sguardo sofferente, bisognoso. Abbiamo entrambi smesso di respirare correttamente: lui è più duro di quanto immaginassi e io sto morendo per quest'uomo. Voglio toccarlo, farlo mio. Viverlo.

No, Sebastian non mi ama, non devo cascarci.
Mi rimprovero, anche se mi sta mandando messaggi piuttosto contrastanti.

Ma come faccio a smettere di sperarci? È impossibile riuscirci, se poi lui mi sfiora la schiena in quel modo: percorrendola delicatamente con le dita, sotto il tessuto protettivo della maglietta, quasi volesse nascondere la nostra intimità al resto del pianeta.

Come faccio a non desiderarlo? Non posso se poi lui si aggrappa alle mie scapole disperatamente, graffiandomi la pelle e lasciandomi marchi indelebili nell'anima.

E la mia mente è ovviamente piena di lui; ho il suo nome tatuato nello spirito, il suo profumo addosso, e quel cuore che ora sta battendo all'impazzata, risuonandomi nella gola e nelle orecchie, non è nemmeno più mio. Seb me l'ha sottratto, mi ha preso ogni cosa e io ho accolto questo ladruncolo con un sorriso, offrendogli perfino il mio respiro.

«Sicuro che poi non te ne pentirai?» mi chiede.

«E tu che non scapperai vomitando?» lo punzecchio.

«Dio, ti adoro.» sussurra, annullando la distanza fra le nostre labbra.

«Aspetta...» mormoro, ma le mie preoccupazioni vengono mangiate dalla sua bocca vorace.

La sua lingua calda incontra la mia, mi stuzzica quasi volesse farsi rincorrere, mentre mi assaggia e succhia ogni goccia della mia esitazione. E mi ritrovo a inseguirlo, succube del suo tocco, del suo sguardo famelico.

Socchiudo gli occhi, imprigiono la ragione in un cassetto e mi dico che voglio questo attimo, che mi merito un secondo di pace e che... Sebastian è mio, cazzo!
Perché dovrei lasciarlo a qualcuno!?

Lui mi appartiene e io sono suo.

D'istinto lo spingo sul materasso e lui si lascia cadere, permettendomi di aggrapparmi alla sua chioma. Gli strappo quella maledetta fascia dalla testa, lanciandola da qualche parte sulle coperte e rimango incantato dalle perle di sudore che gli brillano sulla fronte.

«Siamo nervosetti?» lo provoco, staccandomi da quella perfezione vellutata che sono le sue labbra.

«Non sono io quello che muore dalla voglia di farsi fare un pompino.» borbotta, per nulla imbarazzato.

«Ah, no?»

Siamo entrambi doloranti, rigidi e stufi di aspettarci l'un l'altro, anche se sappiamo bene che quello che stiamo facendo è sbagliato. Per una volta, vogliamo essere cattivi e smetterla di pensare agli altri, dedicarci solo al nostro egoismo e a quei sentimenti che ci ostiniamo a nascondere.

«Mi sembra di averti già detto che voglio scoparti, piccolo.» ridacchia lui.

«Hai un preservativo?»

«Nel portafoglio.»

Con il respiro accelerato, gli chiedo un attimo di tregua, appoggiando la fronte contro la sua. Seb mi lascia ricaricare le energie, anche se non perde l'occasione per battibeccare.

«Questi sono d'intralcio...» mormora, prendendomi gli occhiali dal naso, per appoggiarli di lato.
«Mi sono sempre piaciuti i tuoi occhi.» confessa d'un tratto e lo stomaco mi si stringe.
«In effetti, ho sempre pensato che fossi bello.»

«Queste cose non dovresti dirle alla tua ragazza?» gli domando, alzando un sopracciglio.

Sono sicuro di aver dato sfogo a buona parte dell'acidità che stavo trattenendo, perché Sebastian mi fissa come se mi fossero spuntati dei serpenti in testa. Impietrito.

«Sai cosa provo per te, perché mi illudi in questo modo?» continuo.

Seb non accenna a dir nulla, mi osserva, quasi perdendosi nel mio sguardo. Deglutisco. L'ansia mi imprigiona, avverto ogni singolo muscolo teso come una corda di violino.

«Non dirmi che hai mentito anche su questo.»

Non so perché queste parole mi siano scappate di bocca, ma non appena le pronuncio ho la certezza di essere un cretino: perché continuo ad aggrapparmi alla flebile speranza che ci sia ancora posto per me nel suo cuore.

Siamo solo due ragazzi eccitati.
Continuo a ripetermi, però non riesco a convincermene.

«A volte sai essere davvero stronzo.» borbotta.

Teniamo la voce bassa, quasi temessimo di spaventarci a vicenda, il che rende tutto molto più nostro. Nessuno può sentirci, siamo soli, con il mondo chiuso fuori dalla finestra.

«Da che pulpito.» ridacchio, agguantandogli una mano per portarla alla bocca. Ne bacio le nocche delicatamente, senza distogliere lo sguardo neanche per un secondo.
«Ehi, vuoi succhiarmelo davvero?» gli chiedo a bruciapelo.

«Non mi chiamo ehi.» sbuffa.
«Dì il mio nome come si deve e forse ti accontento.»

«Tu pregami e forse mi slaccio i pantaloni.» ribatto.

Ormai la mia lingua non ha più freni e, nonostante l'argomento della conversazione, non riusciamo a staccarci le mani di dosso. Per questo mi chino sulla sua bocca e gli do un leggero bacio a stampo. Un bacio a cui se ne susseguono altri mille.

Lui ridacchia, deve piacergli parecchio come lo esploro piano, come gli permetto di ingoiare ogni mio respiro.

«Merda.» mormora a un certo punto.
«Credo di essermi follemente innamorato.» soffia sulle mie labbra.
«Eppure non dovrei, ho fatto tante cose brutte.»

«Di Ismael?» ripeto quel nome, lo canticchio. Sorrido vedendo come suda. Credo di aver superato un punto critico: non provo nemmeno più dolore.

Voglio dire: non mi importa cosa pensa, né quali saranno le conseguenze di questa possessività, perché ho già deciso che lui è mio.

E non intendo cederlo a nessuno.

L'ha detto anche Seb, no? Io sono l'unico che può toccarlo ora.

«Hai rinunciato a Paul per questo tizio, giusto? Dev'essere parecchio importante.» ghigno.
«Sei un po' screpolato qui.» bisbiglio poi, lasciandogli un altro bacio proprio in quel punto.

«Colpa dello stress.» mi dice.
«E del freddo, immagino.»

Gli lecco il labbro martoriato, addentandolo l'attimo dopo. Lo succhio, rinchiudendolo nella mia bocca e Seb mi sfiora la gola con le dita.

«Zack.» mi chiama, quando libero il povero labbro ormai gonfio dall'agonia a cui lo stavo sottoponendo. E lo fa gemendo.

Giuro che ti farò mio.
Prometto a me stesso.

«Seb.» imito il tono, percorrendo con i pollici le sue braccia. Arrivo presto alle mani e ne intreccio le dita con le mie, per poi inchiodarlo sul materasso.

Il suo cazzo mi preme contro l'interno coscia, non so per quanto possiamo ancora resistere.

«Aspetta. Ho un'altra cosa da dirti.» deglutisce.
«Ma tu non odiarmi, d'accordo?» mormora sulla mia bocca e io annuisco, un tantino incerto.

«Sono innamorato di te.» gli ricordo, arrossendo fino alle orecchie.
Sono stupito da me stesso, non riesco a regolarmi. Continuo a professare il mio amore, pur sapendo che sarò ignorato.
«Brutto coglione insensibile.» aggiungo, mentre mi accoglie con l'ennesimo bacio.

Comincio a dondolarmi su di lui e Seb fa un respiro profondo, implorandomi con lo sguardo di smetterla di provocarlo in quel modo. Non gli do retta però e lui non prova nemmeno a farmi cambiare idea. Sarebbe inutile e lui ne è consapevole.

«Ho fatto una cosa terribile.» confessa, trattenendo un gemito.
«A Ismael, dico.»

Non mi piace come pronuncia il suo nome e detesto che stia pensando a lui proprio ora, ma mi obbligo a lasciar perdere, perché voglio smarrirmi in questa piccola bolla che abbiamo creato.

«Cosa?»

Rimane muto. Do un'altra spinta, lui trema.

«Parla.» ordino e adoro come spalanca gli occhi. Pare un cervo davanti ai fari di un auto.
Che tenero...
«Guarda che posso andar avanti fino a domani.»

Sa che non scherzo.

«L'ho spiato.» sussurra e mi irrigidisco.

Lo guardo un secondo, per capire se mi sta raccontando un'altra bugia o se è serio: sfortunatamente è la seconda.

Non riesco a credere a ciò che mi ha appena detto. Sebastian, il ragazzo d'oro, quello spensierato e popolare, ha appena ammesso di essere uno stalker.

«Ma stai bene?» mi ritrovo a chiedergli, sconcertato, smettendo di muovermi.

«Lo so. È imperdonabile. Se lo sapesse mi troverebbe inquietante e non vorrebbe avere nulla a che fare con me e-»

«Ok, respira.» lo interrompo, anche se comincio a sentirmi male. Avverto una morsa allo stomaco, non mi lascia in pace.
«Sì, è inquietante.» gli do ragione, mentre lui, disperato, mi osserva triste e sconsolato.

«Lo so.» ribatte, ferito.

Cavolo, quell'espressione... Non riesco a voltargli le spalle.

«Ascolta.»
Ed eccomi qui ad aiutare il mio rivale in amore: una mossa molto furba.
«Anche se sei un po' strano, rimani fantastico e sono sicuro che anche lui lo sa.» provo a incoraggiarlo. Non penso che mi riesca troppo bene, perché mi guarda come se non credesse a mezza parola, ma poi mi chino nuovamente sulle sue labbra e lo bacio, allora si rilassa.

«Grazie...» sussurra.
«Grazie per essere così comprensivo e per non avermi abbandonato.»

«Come potrei farlo?» sghignazzo, scompigliandogli i capelli.

Forse dovremmo cambiare argomento, non voglio sentirlo parlare di come si nascondeva nei cespugli per spiare un tizio che nemmeno conosco.

“Non dirmi che sei geloso perfino di questo!”

No, certo che no.
Mento a me stesso.
Ho appena capito di voler monopolizzare Sebastian molto più del previsto. E di avere ben più di un fetish, il mio è chiaramente un problema.

Però fingerò che non sia così, almeno per ora.

“Siete due imbecilli.”

«Mi spieghi perché ti sei fidanzato?» gli domando la prima cosa che mi viene in mente. In realtà vorrei davvero saperlo, ma forse non avrei dovuto chiederglielo mentre cominciava a slacciarmi i pantaloni. Ho scelto il momento peggiore.
«Chiodo schiaccia chiodo?» aggiungo.
Tanto ormai è andata.

«No.» scuote la testa.
«Te l'ho detto, mi piace.»

Spero che non creda che me la beva sul serio.

«Seb, niente bugie.» gli ricordo.

Non risponde. Do un altro colpo con il bacino. Trema, sospira.

«Quando ce l'avrò in bocca, giuro che-» si ferma, preso in contropiede da un'altra spinta.

«Niente bugie.» ribadisco.

Ma di cos'altro ha paura? Non mi sto tirando indietro neanche ora che so che ha fatto quelle cose disturbanti.

“Dici che si è masturbato su questo Ismael?”

Ok, non voglio starti a sentire!

«Puoi fidarti di me e non fare più domande?» mi supplica, fissandomi con quei suoi occhioni blu. Dovrei mandarlo al diavolo, però mi rendo conto di essere stanchissimo.
«Ti prego.»

È giusto parlare, ma forse non dovremmo esagerare. Il nostro equilibrio è già abbastanza precario così com'è. Posso passare un altro giorno senza risposte, se in cambio mi rimane la salute mentale.
Beh, più o meno.
Lo stalking non mi va proprio giù.

“Perché non era rivolto a te. Mi sa che sei davvero masochista a questo punto.”

«Va bene, solo-» impreco fra i denti.
«Era proprio necessario andare a letto con Julia?» gli chiedo.

«Cosa? No. Io non ho-» è incredulo e credo che stia trattenendo un conato di vomito al solo pensiero.
«Che schifo.»

«È una bella donna.» gli faccio notare.

«Amico, è Julia.»

«Eri sotto la doccia e ha risposto al tuo cazzo di cellulare.»

«È complicato.»

«Se non è successo nulla, allora spiegamelo.» gli dico.
«Giuro che poi smetto di farti l'interrogatorio.» aggiungo, visto che non replica.

«Era lì per mio padre.» confessa.
«E ho il diritto di lavarmi a casa mia.» precisa l'attimo dopo, non vedendomi convinto.

«Per tuo padre?»

«Fidati, meglio se questo non lo sai. Comunque sono costretto a vedere quella pazza anche se non voglio.» mi dice, poi fissa le mie labbra con adorazione, chiedendomi silenziosamente una ricompensa.

«Tuo padre era con voi?» domando, cedendo al suo richiamo. Gli schiocco un bacio sul mento, uno sulla gola.

Mi rimetto seduto, mentre lui bisbiglia un: «Era in camera sua.»

«Perché? Voglio dire, se ha un ospite-» insisto, afferrando i bordi della maglietta per tirarmela via.

«Basta.» mi interrompe.

Rimango a petto nudo e il contatto con l'aria fredda della stanza mi fa irrigidire i capezzoli. Sebastian se ne accorge, perché d'un tratto mi raggiunge e allunga una mano per pizzicarmi un'aureola. Mi imprigiona con quel suo charme magnetico e, senza esitazione, inizia a giocare con me.

«Dammi un po' di tregua, piccolo. Ho la testa da tutt'altra parte al momento.» sogghigna.
«Se non te ne fossi accorto.» aggiunge,  agguantandomi la nuca per costringermi a inclinare il corpo all'indietro.

Mordace, mi stringe la chioma tra le dita, legandomi inevitabilmente a lui. Non posso muovermi, ogni mossa sarebbe dolorosa, mi sta tirando.

Lo amo.

«E poi mi basta che Julia stia alla larga da te e Cloé.»

Cosa?

Lui però non mi permette di ragionare troppo su quelle parole, perché mi ritrovo le sue labbra sul collo e una delle sue mani all'altezza del cavallo.

«A volte mi fa impazzire, ma le voglio bene. Non merita di soffrire.» mormora, liberandomi dalla stretta delle mutande.
«E deve rendersi conto che quella è una vipera.»

«Sicuro che Cloé non ti piaccia?» trattengo un ghigno, mentre lui mi abbassa del tutto i boxer.

«Che fai? Mi prendi in giro?» ribatte, pizzicandomi il punto più debole e mi accascio in avanti, scosso da tremiti.

«Smettila di fare lo stronzo.» ringhio, tenendomi il cazzo.

«Tu fermami.»

Emetto un gridolino, Seb cambia obiettivo. All'improvviso si insinua sotto le mie ascelle e si fissa lì, cominciando a farmi il solletico. Non so come mi ritrovo steso sul materasso, con lui sopra di me e le sue mani addosso, che mi sfiorano l'addome. Questa scena però non ha nulla di sexy: io scalcio, lo supplico di non farmi ridere e lui, di tutta risposta, incombe con la sua figura possente, facendomi la linguaccia.

«Funzioniamo decisamente meglio come amici, vero?» sussurro d'un tratto, quando ci calmiamo un po'.

«Cosa?» risponde lui, scombussolato.

«Voglio dire, non sono io a piacerti, giusto? Non dovremmo davvero andare oltre e-»

«Perché?» mi interrompe, brusco.

«Tu sei fidanzato. Non dovresti tradirla.»

«Non pensi sia tardi?» sbuffa.
«E non recitare la parte del santo con me, Zack, perché non attacca. So quanto mi desideri, quanto i miei lividi ti eccitino.»

Merda.

«Hai ragione, però non dobbiamo continuare per forza.» mi inumidisco le labbra con la lingua e Seb mi osserva come se lo avessi appena schiaffeggiato.

«Ora chi sta tentando chi?» bisbiglia, però ignoro il suo commento.

«Posso sopportare un amore non corrisposto.» gli prometto invece.
«Però devi smettere di illudermi.»

Seb sospira. Mi guarda. Ha il volto scuro, non sorride più ed è visibilmente turbato. Vorrei davvero sapere cosa gli stia passando per la testa.

«Abbiamo fatto finta che andava bene, ma è diventato tutto incasinato, vero?» domanda infine.
«Mi dispiace essere scappato.» sussurra.
«Non avrei dovuto farlo.»

«Ti ho già perdonato, stupido.» sorrido debolmente.
«Voglio direi, sei tornato, no?» gli accarezzo una guancia e lui mi accoglie inclinando il capo verso il mio palmo, quasi desiderasse ardentemente quel piccolo contatto.
«E anche in meno tempo del previsto, devo starti parecchio simpatico, Sebby.» provo ad alleggerire la tensione.

«Sebby?» ripete, facendosi scivolare il nomignolo sulla lingua.

«Non ti piace?»

Non esita un secondo: «Lo amo.»

Prima che me ne renda davvero conto, ho nuovamente le braccia intorno al suo collo e le gambe spalancate di fronte a lui, che non si tira indietro.

«Quindi siamo amici?» chiedo, provando a staccarmi, ma lui non me lo lascia fare, non si muove di un millimetro. E nemmeno i miei arti rispondono bene ai comandi: mi sembrano così pesanti.

Vorrei solamente rimanere così per sempre: con la testa appoggiata su un letto morbido e Sebastian a un respiro di distanza.

«Volevi dire migliori amici.» mormora, chinandosi su di me. Mi dà un altro bacio, l'ennesimo, e so che è un controsenso, ma ricambio ogni goccia del suo affetto.

«Sì, migliori.» sussurro, sottolineando quella parola.
«Spostati, sto cominciando a sperarci.» gli faccio notare, indicando con un cenno del capo la sua vicinanza.
«Non darmi false speranze.»

«Vuoi davvero che finisca così?»  mi chiede allora.

«No, certo che no.» sbotto.
«Ma tu non mi am-» mi interrompe ancora, solo che stavolta lo fa con le sue labbra.

«Zitto.» mi prega, alzandosi il secondo dopo.
«Fai silenzio un attimo.»

Mi dico che finalmente riuscirò a respirare, ma quella sensazione dura poco, perché appena si toglie la maglia e poso gli occhi su di lui, dimentico perfino il mio nome.

Wow.
Penso, osservando quella meraviglia che è il suo corpo. Pare una statua di marmo intagliata ad arte da Fidia, ogni suo muscolo urla fascino, ma anche possenza. E il suo sguardo è la parte peggiore, perché mi fa tremare: è quello di una pantera affamata.

Non ha nessun marchio addosso. È una tela bianca e mi sta praticamente ordinando di dipingerlo dei miei colori.

«Zack, fammi tuo.» mi supplica, tornando da me. Si sbottona i pantaloni e li trascina verso il basso, accompagnandoli con un gesto del bacino. Si libera delle mutande con la stessa facilità.
«Non mi importa se farà male, se saremo troppo avventati o se non riuscirò a sedermi per giorni.» ghigna, prendendomi per mano, guidandomi fino alla sua zona più intima e proibita. A un tratto però cambia strada. Non mi conduce verso il pene, come credevo.
«Fammi tuo, piccolo.» mormora, dirigendomi alla sua entrata. E quando la sfioro con le dita si contrae, bisognosa.

Lo fisso, incredulo, e capisco di avere di nuovo troppa saliva in gola. Boccheggio, non so cosa dire. Seb però è così convinto di questa pazzia che...

Oh, fanculo!
Penso, avventandomi su tutto quel ben di Dio.

Sebastian ridacchia: quello stronzo sa di aver vinto.

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