venti - 𝚙𝚊𝚛𝚕𝚒𝚊𝚖𝚘, 𝚜𝚎𝚋
𝚒𝚜𝚊𝚊𝚌 𝚜𝚙𝚒𝚍𝚎𝚛
«Scusa se mi sono addormentato.» comincio, ignorando la colata di sudore che mi bagna la schiena.
Si può essere più sfigati di così?
«Eri in ansia, sei scusato.» ride Seb.
«Ma oggi nessuno dei due ha bisogno di farsi la doccia, vero?» scherza - o almeno così credo finché la sua mano non mi sposta il tessuto dei pantaloni e comincia a tastarmi i glutei. Dio mio.
«L'ho fatta a casa...» ammetto, sentendomi un imbecille.
Non sapendo chi di noi avrebbe fatto da passivo, sono stato un'ora a pulirmi per bene e il solo ricordo mi fa morire di vergogna. Sebastian non lo dovrà mai sapere. Mai.
«E dopo possiamo farla insieme.» aggiunge, civettuolo.
«G-giusto! Ci sono i bagni in comune qui.» balbetto.
«No. Intendevo nella stessa cabina.» mette in chiaro, mollando il mio povero polso per prendermi gli occhiali.
«Adoro quando li indossi.» confessa, dandomi un pizzicotto sul naso, prima di torcere il busto per appoggiarli sul comodino.
«Ma meglio posarli, mentre siamo a letto.» continua provocante, tornando da me. Mi accarezza una guancia dolcemente, facendomi perdere nei suoi occhi celesti. Giuro che ci potrei trovare il cielo lì dentro.
«Cosa volevi chiedermi?» mi domanda d'un tratto.
«Fallo ora, perché dopo avrai la bocca troppo impegnata e non riuscirai a parlare.»
Deglutisco. Desidera un bacio o intende altro?
Merda.
Vorrei già mandare a puttane tutto e perdermi in lui e in queste strazianti carezze tanto belle, ma ciò che faccio è un respiro profondo.
Calmati.
Mi dico, anche se sto andando a fuoco. Sono certo di aver perso qualche chilo da quanto sto sudando.
Non è il momento di lasciarsi andare, sii più sicuro di te.
Mi incoraggio. Se non riesco a reggere queste piccolezze, come posso pensare di rimanere al suo fianco?
Seb deve trovare divertente la mia espressione, perché il suo sorrisetto non fa che allargarsi, proprio come qualcos'altro...
No! Basta! Devo allontanare certi pensieri!
Mi inumidisco le labbra e lui fa lo stesso, come se fosse un riflesso incondizionato. Capisco che devo allontanarmi e spezzare questa magia se voglio sopravvivere, quindi mi metto seduto, guardandolo dall'alto. Seb non fa nulla per fermarmi: si porta le mani dietro la testa e mi aspetta, completamente a suo agio.
Dopo.
Penso.
Dopo gli chiederò se gli va bene provare più di una posizione, ma ora devo resistere. Ho bisogno di qualche certezza, me la merito.
Chiudo gli occhi, perché la tentazione di mandare tutti i miei piani a quel paese è tanta. È meglio non focalizzarmi sul suo aspetto, se voglio farcela.
Menomale che gli organi sono collegati fra loro, altrimenti avrei il cervello liquefatto e il cuore in Cina da quanto sta correndo.
«Dimmelo.» mormoro infine.
«Devi essere più specifico, piccolo.»
Piccolo.
Mi ha chiamato "piccolo" proprio come nei miei sogni.
No. Non ti distrarre.
Serro le palpebre con più forza.
«C-che non ti piace Cloé.» balbetto.
«Che le tue erano bugie. Dimmelo.»
Dio, mi sento così stupido.
Per un attimo regna il silenzio, poi finalmente una risposta.
Sebastian ribatte con una risata solare e, quando azzardo una sbirciatina nella sua direzione, rimango folgorato. È davvero bello quando ride in quel modo, di cuore. Mi prende una mano e se la porta alle labbra, baciandomi il palmo.
«È questo ciò che ti tormentava?» si morde il labbro inferiore per cercare di dare un freno al suo sorriso, ma non ci riesce. Non che mi stia lamentando.
Annuisco e una parte di me già crede che eviterà il discorso, ma Seb decide di stupirmi.
«Credevo di potermi innamorare di lei.» confessa, poggiando la bocca sul polso.
«Ma non è mai successo.»
I suoi occhi non sono mai stati così blu. Gli schiocchi dei suoi baci mi attraversano il corpo, fino all'estremità, mutando in brividi caldi. Me ne dona due, tre, quattro... Quanti bastano per farmi avvertire la sicurezza delle sue parole.
«La amo come una sorella, Zack. Ti ho solo fatto credere che potesse esserci altro. L'ho fatto credere a tutti in realtà.»
Il sollievo si fa largo nel mio cuore come un'onda e mi travolge. È una sensazione così bella che, per un attimo, medito di finirla così. Ho la certezza che desideravo, posso davvero lasciarmi andare ora, perché a Seb non piace Cloé e finalmente è stato lui a dirmelo.
Non posso però, perché ho molte altre domande e lui sembra in vena di rispondere per una volta. Non ha usato metafore, non ha evitato l'argomento, mi ha dato finalmente ciò che volevo: stiamo parlando sul serio.
«Perché?» gli chiedo allora.
«A cosa ti è servito questo teatrino?»
«Ero spaventato.» confessa, avvicinandosi piano.
«La verità è che lo sono ancora. Se mi dichiarassi alla persona che mi piace scapperebbe via.»
Inspiro fra i denti, avvertendo le sue dita farsi largo fra le mie gambe.
«In un posto dove non potrei raggiungerla.»
Percorre con il medio la mia intera lunghezza, studiando la mia reazione, poi gira il palmo e all'improvviso mi artiglia la coscia con le unghie. Mi fa un po' male, ma è un dolore piacevole.
Merda.
«Non lo sopporterei di nuovo.»
«Di nuovo?» deglutisco, impacciato.
Mi ritrovo a desiderare di fargli la stessa cosa che sta facendo a me e lui pare leggermi nel pensiero, perché allarga le cosce, come a darmi il permesso. Molla poi la presa, ma ritorna sulla mia intimità, mirando all'elastico della tuta.
«Chi è la persona che ti piace?» gli domando.
«Dimmelo tu per primo.» fa lui, giocherellando con il tessuto dei miei pantaloni.
«Chi è la stronza di cui sei innamorato?» li sposta con un dito e sorride fiero quando nota quanto sono duro per colpa sua.
«O lo stronzo.» continua, tirandoli verso il basso.
Si lecca il labbro, come se mi stesse già assaporando, quando intravede i boxer rossi che ho messo solamente per lui. È un peccato che non possa godere della bellezza dei colori, ma Seb mi aveva detto quanto gli piacesse questa tonalità e ho provato ad accontentarlo. È stato imbarazzante chiedere a Cloé quali comprare.
Il fatto è che non mi sono venute in mente altre idee per dimostrargli che ero sulla sua stessa lunghezza d'onda. Sono un cretino, vero?
«Isaac, Isaac, Isaac.» sussurra il mio nome con delicatezza, accompagnando ogni sillaba con una carezza.
«Spiegami come cazzo dovrei resisterti ora.»
«Questa battuta è mia.» gli soffio contro.
Ride. È così carino quando lo fa.
«Hai detto di non essere etero, quindi bi? Oppure pan?»
Mi lancia uno sguardo scherzoso, ma il sorriso che aveva stampato in faccia gli muore subito sulle labbra. Non ho nemmeno il tempo di chiedergli che succeda.
«Aspetta, sei gay? Quindi davvero non è una donna?» chiede.
Cazzo. La mia espressione deve avermi tradito.
«Perché vuoi saperlo ora?» azzardo, ma la risposta non deve essergli piaciuta granché, perché smette di toccarmi. Mi guarda scioccato, come se gli avessi appena sganciato una bomba.
«È un maschio!» realizza.
«È un maschio, vero?» mi prende per le spalle, d'un tratto completamente nel pallone.
«Cazzo!» esclama, adirato.
«Qual è il problema?» non capisco.
«Io... Non sono il primo? Hai baciato un altro? Fatto cose con lui?» si gratta la nuca, nervoso, e mi ritrovo a boccheggiare alla ricerca d'aria.
«Pensavo... Merda.»
«Sei geloso?» domando, cauto, ma Seb mi lancia comunque uno sguardo assassino.
«Non è quello, è che-» si interrompe, indeciso se dirmelo o tacere per sempre.
«Avanti.» lo incoraggio, massaggiandogli il braccio.
«Giuro che non mi arrabbierò.» prometto. Non dà segnali di vita.
«Parola di scout?» provo allora e lui sospira, abbandonandosi a un sorrisino.
«Lascia perdere, è una cosa stupida.» fa spallucce, ma qualcosa mi dice che mi devo impuntare.
«Sono infantile, vero?»
«Sì.» confermo senza mezzi termini.
«Ma a volte va bene esserlo. Ehi, sono qui.» lo invito prendendogli il mento per assicurarmi che mi guardi.
«Puoi dirmi tutto, ricordi? Io non ti giudicherò mai.»
Devo fargli sputare fuori ciò che lo tormenta, prima che lo consumi. E posso farlo solo in due modi, tra cui uno molto poco ortodosso. Il primo è minacciarlo che non farò sesso con lui, ma non sono quel tipo di persona e in più lo desidero anch'io. Sarei un idiota a non cogliere l'occasione - per la seconda volta di seguito, poi!
Quindi opto per l'altra opzione: mi allungo verso Seb e gli dono un piccolo bacio sulla guancia.
Mi sento arrossire, ma anche Sebastian è in imbarazzo quanto me. Siamo due peperoni adesso.
«Andiamo, dimmelo. Prima che crepi di vergogna.» sbuffo, nascondendo il volto fra le mani.
Seb me le afferra prima che mi chiuda a riccio, per potermi guardare in volto. Esita ancora un attimo, poi finalmente sputa il rospo.
«Mi hai impedito di prenderlo a cazzotti.» dice tutto d'un fiato, così velocemente che si mangia qualche lettera.
«Quella sera.» deglutisce.
«Quindi ti piace parecchio, vero?»
Detesto quel tono triste.
Vorrei ribattere che si sbaglia, però non mi dà il tempo: «Baciami ancora, Isaac.» mi supplica.
Sembra perso. Quello che gli sta attraversando il viso è puro panico.
«Ma-» provo a obiettare. Devo farlo calmare prima.
«Sto reprimendo l'impulso di andarlo a cercare per massacrarlo.» chiude le palpebre e fa un grande respiro. Non pare funzionare molto però, perché quando li riapre ciò che ci leggo dentro è qualcosa di oscuro. Viscerale.
«E credimi: posso trovare chiunque.»
Ahia.
Mi ha appena legato il cuore in una morsa e mi sento come se qualcuno mi avesse appena dato un violento scossone.
Probabilmente stare in sua compagnia non mi fa bene. Detesto la persona che divento ogni volta che mi sfiora. Quando mi parla in questo modo poi, do il peggio di me. Perché basta solamente che respiri per farmi desiderare di averlo e questa avidità rischia di uccidermi sul serio.
Sebastian è nato per stare al mio fianco.
È un pensiero ricorrente che odio da morire, perché pare quasi che voglia svalutarlo, eppure non riesco a ignorarlo.
Un mondo in cui Seb diventa di qualcun altro non può esistere.
Non deve esistere.
No. Basta. Lui non è un oggetto, è molto più di un trofeo da conquistare.
«A cosa stai pensando?» domanda.
«Ti stai agitando.»
Smettila di continuare a tentarmi, maledizione!
«Sai, mi va bene che ti estranei, perché anche questo è parte di te.» sussurra.
«Ma ti prego non pensare a lui, almeno quando siamo insieme.»
«Non è come credi.»
«Davvero? Ne du-»
«Sto pensando a te.» lo interrompo prima che dica qualcosa di assurdo, ammettendo al contempo la mia colpa.
«Contento?»
Sbarra gli occhi, li socchiude, inclina il capo e infine si morde il labbro per nascondere un ghigno, non riesce a celare la soddisfazione che prova.
«Sto facendo il bravo: nessuna rissa, nessun marchio.» mi fa notare, fiero.
«Quindi dammi la mia ricompensa, per favore.» si avvicina, ma ruoto il capo prima che mi raggiunga.
«Prima dobbiamo chiarire delle cose.» borbotto, mordendomi l'interno della guancia.
«Ok, sei tu il capo.»
Seb mi molla i polsi, incrocia le braccia al petto, gonfia le guance. Si comporta come un bambino capriccioso. È piuttosto adorabile, in realtà.
«Il ragazzo che mi piace...» mormoro, richiamando la sua attenzione.
«Lui non è così cattivo.»
Sto provando a difenderlo da se stesso, il che è paradossale.
Come posso rivelargli ciò che provo, se è così che reagisce? Se sapesse che, quella volta, era proprio lui a invadere la mia mente si darebbe la colpa?
«Quella sera pensavo di perderti.» si porta le ginocchia al petto e mi fissa di sottecchi, ferito che non l'abbia accontentato.
«Chiunque sia, merita un paio di pugni sul muso.»
Sospiro.
Si darebbe sicuramente la colpa.
Lo imito, assumendo la stessa posizione, prima di replicare: «Forse non avrei dovuto dirti della mia condizione.»
È inutile girarci intorno: non avrebbe reagito così male, se le circostanze fossero state diverse.
«Perché?» la sua voce trema.
Io ormai ci sono abituato, ma immagino che sugli altri abbia un effetto diverso. Non tutti riescono a integrare certe cose nella loro routine quotidiana, spacciandole per normali. Perfino i miei genitori ogni tanto mi guardano come se potessi andarmene da un momento all'altro, eppure sto benone. Linda è la prima a sostenere che sto facendo un buon percorso, nonostante mi rifiuti categoricamente di prendere le medicine.
La fata sogghigna.
«Perché sì.» gli dico, mentre un nuovo dubbio si fa largo in me, macellando quel poco che rimaneva del mio amor proprio.
«Non stai facendo tutto questo solo per evitare che mi ammazzi, vero?»
I nostri baci, queste carezze e il casino in cui ci stiamo per ficcare: non è dettato dalla pietà, giusto?
Un magone mi cinge la gola. Mi viene da vomitare; è lo stesso tipo di bile che mi è salita quando ho visto quelle linee bianche sul polso di Cloé.
«No. Certo che no!» esclama lui, inorridito dalle mie parole.
Riprendo fiato.
Menomale.
«Però è vero che ho paura di perderti.» mi confida.
«Non so cosa vedi, che mostri combatti. Non posso entrare nel tuo mondo.» si appoggia nuovamente alla spalliera del letto, fissandomi con quel suo sguardo vitreo, lontano.
«Però voglio comunque provare a capirti.»
«Perché mi tocchi?» gli domando allora.
«Ti piace qualcun altro, quindi perché rimani al mio fianco? Perché continui a mettermi al primo posto?»
«Da quando è diventando un interrogatorio?» sbuffa.
Ecco che ricomincia a cambiare discorso...
«Andiamo, siamo seri: io sono un disastro.» mi stendo al suo fianco e ci ritroviamo nella stessa posizione di prima. Pare quasi che nessuno dei due si sia mai mosso. Allarga le braccia, accogliendomi sul suo petto. Mi abbraccia, inondandomi del suo ormai familiare calore.
«Tu invece sei perfetto e-»
Mi alza il mento con un dito per potermi interrompere con un bacio. Lo fa di slancio, cancellando tutte le mie preoccupazioni con un gesto tanto semplice. È stato veloce e a stampo, un piccolo momento di pace.
So bene che questo "amore" è solo un'illusione, ma voglio fingere che vada davvero tutto alla grande fra noi. Solo per un momento.
«È un modo carino per dirmi di stare zitto?» chiedo.
«Sì.» sorride lui.
«Sei uno stronzo.»
«Da che pulpito.»
«Ehi!» obietto fingendomi offeso.
«È quell'espressione...» mormora all'improvviso.
«Sacrificherei tutto per poterla vedere ogni giorno.» ammette e devo stringere con forza i palmi per impedirmi di pensare che sia una dichiarazione.
«Mi prometti che quando saprai tutto non scapperai?»
«C'é il rischio che lo faccia?» ribatto, avvertendo il suo respiro caldo sulle labbra.
«È pure molto alto.» confessa, spostando una ciocca di capelli che mi era caduta sulla fronte.
«Sono qui, no?» allungo una mano, accarezzandogli uno zigomo e lui mi lascia fare, grato di quel contatto.
«Non vado via.» lo rassicuro.
Fa un respiro profondo, l'ennesimo.
«Io non sono perfetto.» sputa fuori.
«Ho tremila difetti e sono parecchio ossessivo. E testardo anche.» continua, inclinando il capo verso la mia mano, come un cucciolo smarrito.
Non l'avrei mai detto.
Penso, ma evito di dirlo a voce alta, perché Seb si sta finalmente aprendo e non voglio rovinare tutto per colpa della mia boccaccia.
Quello di cui ha bisogno ora è un amico, il suo migliore amico.
«C'è qualcosa che desidero fare da tanto tempo.» quando lo dice, mi guarda dritto negli occhi e mi sento raggelare fino alle ossa per qualche motivo.
Ignorerò questo campanello d'allarme però, perché l'unica cosa che voglio adesso è farlo sentire meglio. Detesto vederlo così tormentato.
«Cosa?» domando, rinchiudendo quella sgradevole sensazione in un cassetto.
«Il mio amico d'infanzia.» mormora.
«Voglio che mi renda suo.»
Dopodiché fa una pausa, prendendosi il suo tempo. O forse ne sta dando a me, per farmi metabolizzare il peso di quelle parole.
Starà pensando che qualsiasi dichiarazione gli uscirà ora dalla bocca mi ferirà.
Cavolo.
Credo di aver intuito di cosa voglia parlarmi. Quale sia la sua grande paura. Sebastian avrà capito qualcosa. Forse crede che mi sto prendendo una cotta per lui e vuole mettere fin da subito dei paletti, prima che sia tardi.
Non sa che per me non c'è speranza e non esiste nessun altro.
E magari si è rifiutato di aprirsi prima perché temeva una reazione negativa, visto che sono difettoso.
Ma si sbaglia. Non è che il mio amore sia così debole. Posso chiudere i miei sentimenti da qualche parte e fingere di dimenticarmene, se ciò lo renderà felice.
Non lo abbandonerò. Non riesco nemmeno a immaginare un futuro senza di lui.
Va bene.
Mento a me stesso.
Sono pronto a farmi ustionare da quella bruciante verità. Tanto so di non poter essere ricambiato, che quello che abbiamo ora è solo una piccola parentesi della sua vita. Posso reggere la botta.
«Lui mi piace da tantissimo tempo.» confessa.
Sapevo già che Seb non mi amasse, però è riuscito a colpirmi comunque.
Sbarro gli occhi: fa un male cane, ma in modo diverso da come mi aspettavo.
Contro una ragazza non ho molte chance, ma contro un uomo? Se è innamorato di un ragazzo, posso vincere.
Ah, altro che rinunciare!
Sono impossibile.
«Lui?» chiedo conferma, avvertendo il battito del cuore rimbombarmi nelle orecchie.
«È un maschio.» annuisce.
«L'hai appena capito?» continua ma, notando la mia mancanza di reazioni, sospira.
«È colpa sua se sono così.»
Mi lancia un ultimo sguardo, prima di riprendere il suo racconto.
«Mi ha abbandonato, sai? Senza nemmeno pensarci. È scivolato via dalla mia vita come se nulla fosse.»
Abbandonato? Sebastian?
Mi mordo il labbro inferiore con forza, cacciando le lacrime.
Chi diavolo è l'idiota che l'ha messo da parte?
All'improvviso mi sento davvero furioso. Chiunque sia aveva la possibilità di averlo tutto per sé e ha deciso semplicemente di gettarlo via? Come una bambola di plastica o un vecchio giocattolo?
Io sto fremendo, impazzendo, perché vorrei solamente mettergli un guinzaglio e legarlo a me e questo signor Nessuno si è permesso addirittura di mollarlo?
Non ho alcuna intenzione di lasciare Seb a quello lì. Col cavolo.
E comunque lui è mio.
«Zack?»
«Ah, scusami.» mormoro, trattenendo un'imprecazione.
«Sono un caso perso, vero?» gli domando, disegnandogli sul petto dei cerchi con le dita.
«No.» scuote il capo.
«Sono io che sono stato pesante. Se vuoi fare una pausa-»
«Col cazzo.» lo interrompo, mettendo da parte i miei istinti omicidi. Per il momento.
«Dimmi tutto.»
«Ok.» sorride, pizzicandomi il naso.
«Potevi evitare.» lo sgrido, tirando su, ma ne ricevo un altro accompagnato da una linguaccia.
«Se continui te la mordo.» sbuffo, riferendomi al guizzo di lingua che gli sbuca dalle labbra.
«Non tentarmi.» sussurra malizioso.
«I-il tuo amico! Parlarmene.» balbetto, distogliendo lo sguardo. Ha usato un verbo piuttosto azzeccato: a essere tentati mi sa che siamo in due.
«È da quando mi ha lasciato che ci penso.»
«A cosa?»
«A vendicarmi.» la sua voce si è fatta più gutturale, lugubre.
«Mi piace da impazzire, ma lo odio così tanto per quello che mi ha fatto...» risponde, giocherellando con una ciocca dei miei capelli.
«Avevo pensato di sostituirlo con Cloé, mi dicevo che tanto non l'avrei più rivisto.» ridacchia senza allegria e quel suono gli rimbomba nel corpo, arrivandomi alle orecchie come una macabra melodia.
«Ma poi mi è ricomparso davanti.» continua e mi sento il suo sguardo addosso, pare voglia mangiarmi vivo.
«L'ha fatto senza alcun preavviso.»
«Seb...»
«Non si ricorda nemmeno di me. Mi ha dimenticato completamente, quando io non ci riesco!» esclama, nervoso.
«È frustrante...»
Immagino lo sia. Non ho molti ricordi della mia infanzia, per via dell'incidente, ma darei qualsiasi cosa per ripristinarli; anche per questo non posso perdonare chiunque stia facendo del male a Seb.
Lui pare davvero triste, la loro evidentemente non era un'amicizia da poco e quella vipera l'ha messo da parte senza pensarci su due volte.
Non so per quanto tempo siano rimasti amici, ma quello deve essere marcio dentro. E si merita l'Inferno, per aver fatto fare un'espressione del genere a un ragazzo d'oro come Seb.
«Mi dispiace.» gli dico, ma non so davvero perché mi stia scusando. Mi è solo uscito spontaneo.
Ora capisco cosa prova Sebastian quando parliamo della "mia cotta": vorrei solo fracassare il cranio di quello stronzo che l'ha ferito così tanto.
Non me lo lascerebbe fare però, perché è palese quanto tenga ancora a quel verme. L'unica cosa che posso fare nel concreto, per ora, è supportarlo nel suo piano.
«Come volevi farlo?» gli chiedo allora.
«Cosa?»
Fa il finto-tonto?
«Hai detto che pensavi di vendicarti.» gli ricordo.
«Come intendi farlo, Seb?»
Ancora una volta, regna la quiete. Sebastian rimane sulle sue, indeciso se darmi corda o meno ma, alla fine, sotto il mio sguardo insistente, rinuncia e apre bocca.
«Pensavo di farlo innamorare di me.»
La sua presa d'un tratto diventa ferrea, quasi avesse timore che fugga. Non deve essere un argomento facile di cui parlare per lui.
«E poi l'avrei abbandonato io, questa volta.»
L'idea che voglia restituirgli il favore mi rassicura, perché questo significa che non lo vede come un potenziale partner, ma non mi piace che ci sia qualcun altro innamorato di Seb. Sono stufo della concorrenza.
«Ma?» lo incalzo, vedendo che si è ammutolito.
«Ma mi ha stregato. Se si dichiarasse ora, probabilmente manderei tutto a puttane.» socchiude gli occhi.
Merda. Sto per sentirmi male.
Mi scosto da lui, avvertendo la gelosia corrodermi le viscere, o almeno ci provo perché non vuole mollarmi. Cedo quando noto con quanta disperazione mi sta fissando.
Quella serpe schifosa gli ha lasciato un gran bel trauma.
Mi rimetto giù.
«E tu non ti vuoi dichiarare?»
Dimmi di no, ti prego.
«No. Non finché non sarò sicuro che non potrà più lasciarmi.» lo dice con una certa cocciutaggine, come se non accettasse un futuro che non li veda insieme. È una pugnalata.
«Ti ha fatto così male.» gli ricordo, un po' rancoroso e molto invidioso.
«Perché non ti vendichi e basta?» domando, avvertendo il peso velenoso delle mie parole.
E dire che ho sempre pensato di essere un pacifista.
Sebastian mi lancia uno sguardo indecifrabile, afflitto.
«Poi non mi odieresti?» borbotta, titubante.
«Non potrei mai odiarti.» ribatto, un tantino confuso. Non avrei alcun motivo per detestarlo.
Perché lo amo.
«Sei il mio migliore amico.»
«E mi perdonerai? Sempre?»
«Non cambio idea su di te, solo perché vuoi farla pagare a un idiota che ti ha ferito.» deglutisco, provando a mandare giù il magone. Per quanto mi riguarda, fa bene a rendergli pan per focaccia.
«Possiamo anche vendicarci di lui insieme, se è ciò che desideri.»
«Insieme?» ripete, facendosi scivolare quella parola sulla lingua, come se non ci credesse nemmeno lui.
«Insieme.» gli prendo le mani, portandomele al cuore. Sorrido.
«Te lo prometto, Seb. Ti aiuterò.»
«Davvero?» insiste.
«Tornerai da me? In ogni caso?»
«Che domanda è?» inarco un sopracciglio.
«Non avrò mica bisogno di tornare, perché non ti lascerò, stupido.»
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