quarantasei - 𝚟𝚒𝚜𝚒𝚝𝚊
𝚒𝚜𝚊𝚊𝚌 𝚜𝚙𝚒𝚍𝚎𝚛
La fascia oraria che comprende il lasso di tempo tra le quattro e le sei del pomeriggio è riservata alle visite.
Questo è il messaggio a caratteri cubitali appeso alla bacheca del Presbyterian Hospital, ricopiato dal sito ufficiale dell'ospedale e mandatomi come SMS dal padre di Cloé.
"Rilassati, andrà bene."
Mi suggerisce una voce familiare, che però decido immediatamente di ignorare. È la cosa più saggia da fare.
"Ma dai! Credevo fossimo amici, Zacchino!"
Sono nervoso. Molto nervoso. Il che da un certo punto di vista è una cosa buona: l'agitazione mi fa percepire questa assurda situazione più vicina e reale. Palpabile persino.
Ancora qualche minuto.
Penso.
E potrò rivederla.
"Mi stai diventando troppo drammatico. Non sei più divertente."
È da un quarto d'ora che faccio avanti e indietro da un capo all'altro del corridoio, cercando di darmi una regolata, ma la verità è che non ci riesco.
Quando scorro sulla chat con Sebastian mi risollevo un pochetto. È online e mi sta dando supporto da lontano. Cloé è stata chiara: non vuole nessun altro, quindi lo tengo informato via direct.
"Ora che hai il fidanzatino non hai più bisogno di me?"
Rispondo a Seb che sto bene, lui fulmineo ribatte di fare respiri profondi. Ho le mani che tremano, cazzo! Faccio come dice lui.
"Sai che novità..."
Al momento con Cloé ci sono i suoi genitori, che ovviamente hanno la precedenza su tutti. Questo mi dà un po' di tempo per mettere la testa apposto, però da come l'infermiera mi sta fissando mi sa che scaricare il mio turbamento camminando non funziona affatto.
"Wow, sei un genio!"
Cloé mi manca. Incredibile. Solo qualche settimana fa volevo gambizzarla e ora sto fremendo dalla voglia di riascoltare la sua voce.
"Ma che ti sei innamorato? Dimmi di no, ti scongiuro. Non ce la faccio a sopportare altre lagne!"
Cambio chat. Clicco sulla foto profilo di Cloé. Lì sta ridendo, è insieme a Scarlett e pare davvero in pace.
Quante cose mi ha nascosto dietro un sorriso?
"Oh, cazzo! Mo' fai il filosofo?"
Stringo il cellulare fra le dita. Una notifica di Seb illumina lo schermo: Credo in te, piccolo.
"Smielato."
Faccio un respiro profondo. Ho la situazione in pugno, posso gestirla.
"Sì, nel duemilaecredici."
«Ma tu non eri dalla mia parte?» bisbiglio, poi mi rendo conto dell'errore che ho appena commesso e mi porto una mano alla bocca, come a rimangiarmi le parole.
"Eh eh, sei tornato da me?"
Scuoto la testa. L'infermiera di prima alza un sopracciglio, mi osserva come se fossi un fenomeno da circo. Imbarazzato, faccio dietrofront e ritorno davanti alla porta della stanza affidata alla mia amica.
"Che palle! Ma ce l'hanno da bere qui?"
Ho aspettato questo momento per una settimana, sette giorni interi scanditi dal frustrante ticchettio dell'orologio, ma finalmente posso rivederla.
Cloé ha chiesto di me. Di me. Di me e di nessun altro.
"Eh, ho capito."
Non ha risposto ai miei messaggi, d'altronde i suoi genitori le hanno sequestrato il telefono per evitare che contattasse Julia, ma grazie a Dio alla nota scritta che le ho mandato insieme ai fiori e ai condimenti ha risposto.
«Voglio Isaac qui.» è questo ciò che ha detto a suo padre e tanto mi basta.
Anch'io desidero parlare con lei, ho bisogno di rendermi davvero conto che è ancora qui con noi. Che anche se non sta bene, è salva. Al sicuro.
E che quel mostro è lontano. Sebastian per farmi stare tranquillo mi ha assicurato che la tratterrà con una scusa per tutta la giornata, così da evitarmi possibili brutti scherzi. La cosa a dire il vero mi preoccupa un pochino, però ho deciso di dargli piena fiducia e poi so che Cloé merita tutta la mia attenzione. Almeno per un giorno.
"Beh, dopotutto è colpa tua se è finita così. Se non ci avessi provato spudoratamente con Sebastian, forse loro due sarebbero finiti insieme e lui l'avrebbe protetta meglio."
«Zitta.» bisbiglio, strizzando gli occhi come se me li volessero strappare dalle palpebre.
Stringo i pugni.
Respira. Respira come ti ha detto di fare Linda. Pensa al tuo posto felice.
"Ma tu fai solo quello che dicono gli altri?"
Una radura. Tanti coniglietti corrono spensierati. Qualche ornitorinco si mordicchia la coda cicciotta o almeno ci prova, dato che non hanno i denti. Un enorme tardigrado fluttua nel cielo. Non è più microscopico, lo posso accarezzare e lui mi ripaga mettendosi a pancia all'aria. Seduto sulla sua testa gigantesca, Seb mi fa ciao con la mano, regalandomi il sorriso più bello del mondo.
"Come fa a piacerti sta roba?"
Stamattina ho preso le medicine senza fare storie, lo giuro. Sono un'infinità e devo assumerle regolarmente se voglio sperare che funzionino, ci sto lavorando con tutto me stesso.
Ma dopo quella brutta crisi ho detto una bugia. Mamma quella volta mi ha calmato, rassicurandomi con la sua voce dolce, però la prima dose non ha sortito l'effetto che speravo. Mi sono presto addormentato tra le braccia di Akiko, ma c'era ancora lei a fissarmi, inchiodata al soffitto.
Con quell'espressione macabra...
"Ehi! Nemmeno tu sei un fiorellino di campo tutto il tempo, no?"
Poi dalla festa ho cominciato ad assumere i farmaci con regolarità, però le cose non sempre vanno come desidero e, oggi che sono particolarmente nervoso, la mia ansia assume la sua forma.
"La mia bellissima forma!"
Anche se dico di non vederla, qualche ombra rimane a tormentarmi di tanto in tanto. Scorgo la fatina negli angoli più bui della mia coscienza e mi manipola da dietro le quinte come un burattinaio crudele, però non voglio darle la soddisfazione di avermi. Non più.
"Smettila. Non sei divertente, Zacchino."
Il momento peggiore è passato. Le illusioni sono diminuite drasticamente. Non dico di sentirmi completamente sano, anche perché quelle pillole mi ricordano ogni maledetto giorno che non sono come gli altri, ma almeno sto sperimentando un po' di pace. È una sensazione agrodolce.
"Sono ufficialmente offesa."
La sua voce nauseante mi strilla nelle orecchie, ma almeno adesso è solo un eco lontano. In questo momento non la vedo fisicamente, il che è un bene. Meglio un mormorio che una donna petulante che mi blocca il cammino ogni volta che provo a muovere un passo da solo, solo per farmi cadere in un baratro da cui risalgo a malapena.
"Devi bruciare tutti i libri di Shakespeare che hai in casa."
Mi ero abituato alla sua presenza costante e ora che non la vedo quasi più è strano, il suo tono pare essersi incattivito. A dire il vero, la sua figura sbuca raramente come un fungo a settembre, ma viene mangiata dai calmanti con altrettanta velocità. Forse sto drogando il mio cervello, costringendolo ad attenersi solo a tutto ciò che vedono anche gli altri, a una realtà priva di illusioni ma altrettanto sofferente, però è il prezzo da pagare per la mia sanità.
Più o meno.
Credo di essere più paranoico del solito.
"Menomale che te lo dici da solo, figlio mio."
I genitori di Cloé d'un tratto aprono la porta, ridestandomi dai miei pensieri. Scorgo appena il letto bianco alle loro spalle e la madre mi sorride. Mi fa cenno di entrare senza dirmi nulla, mentre suo padre si fa da parte per farmi passare.
Io li ringrazio con un filo di voce, chinando un po' il capo.
In realtà Linda mi aveva sconsigliato di correre da lei così presto, se avesse voluto incontrarmi, perché avrebbe potuto sconvolgermi emotivamente. Eppure mentre la raggiungo e l'aria fresca del pomeriggio inoltrato filtra tra le tende chiare, muovendole appena, il cielo arancione le illumina il volto e so di aver fatto la scelta giusta.
Cloé mi fissa con quei suoi occhi malinconici, persi nel vuoto. Pare spaesata quanto me, però non appena mi accingo a sedermi sull'unica sedia posizionata di fronte al suo capezzale, lei mi tira tra le sue braccia, afferrandomi per un polso.
Mi tiene tanto stretto a sé che quasi mi manca il fiato e ricambio quell'abbraccio così desiderato sprofondando la testa nell'incavo del suo collo. A un soffio dalla giugulare.
Lei singhiozza, sta già piangendo. Tiro su con il naso, so che la responsabilità di essere forte per entrambi ricade su di me quindi non posso lasciarmi andare a un pianto liberatorio.
Ha le gambe coperte da un lenzuolo candido, però so che qualche livido le è rimasto ancora e il solo pensiero mi fa pizzicare gli occhi e arrossire le guance di rabbia, ma devo calmarmi.
Cloé sta bene.
Mi ripeto come un mantra.
Cloé sta bene.
"Ma si vuole scollare?"
Mormora il mio demone personale, con voce piatta come un lago e irruente quanto il vortice che ti trascina verso la parte più profonda di esso. Sono senza speranza.
"Troppe tragedie fanno male. Abbiamo letto altro oltre Shakespeare, vero?"
La ignoro.
Cloé. Io sono qui solamente per lei.
La mia amica sospira, il suo cuore batte feroce almeno quanto il mio, poi all'improvviso mi afferra per le spalle, stritolandomi così forte da farmi gemere di dolore, e mi strappa dal suo stesso abbraccio, con foga.
Mi guarda sofferente, si morde il labbro inferiore, addentando la sua stessa carne martoriata e, tremando, incrocia le braccia al petto, avvicina le ginocchia al busto.
«Scusa...» bisbiglia.
«No, colpa mia.» ribatto, prendendo posto al suo fianco.
«Credevo che avrei retto un po' di più con te...» sussurra, rotta. Non solo il tono, tutto il suo corpo pare fratturato. Anche se la vedo integra è quasi come se fosse stata spezzata a metà. Cloé è una rosa tagliata nel mezzo dei suoi anni più belli, prima che potesse sbocciare appieno.
Deglutisco.
«I primi giorni non riuscivo nemmeno a farmi sfiorare.» confessa.
«Sei secondi è un buon traguardo, giusto?» mi sorride.
«Li ho contati.» continua.
«Sei stata brava.» annuisco.
«Non mi dici anche che sono forte e coraggiosa?» la butta sul ridere, ma i suoi occhi lucidissimi mi impediscono di darle corda.
«Santo cielo, Zack! Sono solo io.» fa spallucce.
«Hai detto bene: sei tu.» giocherello con l'elastico che ho al polso. Non riesco a guardarla in faccia.
«Sei importante, Clo.»
E io ho contribuito a ridurti in questo stato...
Rimaniamo per un attimo in silenzio, ad ascoltare il nostro battito agitato attenuato solo dal suono dell'orologio che, inesorabile, ci avverte che il tempo sta passando.
«Non mi hai mai dato un vero soprannome. Dico, qualcosa di personale. Clo lo usano tutti.» mi dice d'un tratto, interrompendo la quiete dei nostri respiri pesanti.
«Sebastian ce l'ha.» fa un sospiro profondissimo.
«Perfino Julia.» inclina il capo.
«Ma Cloé è corto e non si può fare molto, vero?»
«Ti piace Cloetta?» ribatto all'istante senza neanche pensarci.
«O solo C, come i rapper. O Cloy oppure-»
«Fermo, stai andando in panico.» sghignazza, poi scuote la testa.
«C suona malissimo.» si appoggia al cuscino con la schiena. Pare così stanca...
«Hai ragione, scusami.»
«Ho visto i condimenti.» volta il capo verso la marea di fiori che le hanno regalato, focalizzandosi sul mio dono.
«Manca la senape.»
«Te la porto la prossima volta.» prometto.
«Ci conto.» ride, ma quel dolce suono si interrompe presto e in un modo talmente secco che mi dà i brividi. È come se avessero appena strappato un'ala a una farfalla che, libera e spensierata, stava volando nel cielo. E lei non può morire ma nemmeno sperare di sopravvivere, quindi rimane sospesa ad attendere la cupa signora che lentamente le si avvicina.
«Stai attento a Sebastian.» sussurra d'un tratto.
«Io gli voglio bene, però sta giocando con qualcosa che non dovrebbe nemmeno sfiorare.»
«Cloé, cosa-»
«Ascoltami.» mi frena.
«Sta per fare qualcosa di orribile.»
Quando si gira verso di me, le sue iridi vivaci sono tornate spente e vitree. Lontanissime e irraggiungibili.
«Sai, la chiamavo principessa. È banale lo so, ma per me significava davvero tutto...»
Non ci vuole un genio per capire di chi sta parlando.
Scaccia una lacrima con un gesto della mano. Faccio per avvicinarmi e consolarla, però l'occhiata di puro gelo che mi riserva mi fa bloccare sul posto. Non vuole essere toccata, lo capisco. Mi ritiro, sentendomi colpevole.
«E ora non sarà mai più mia.» tira su con il naso.
«È incinta, Zack.»
Sentirlo è un colpo al cuore, ma nulla di più. Quella notizia non mi sconvolge come dovrebbe.
Perché?
Aspetta... La cosa dovrebbe impensierirmi? Non mi importa di Julia. Però forse dovrei dispiacermi... Per Cloé?
"Perché mai? Sebastian è l'unico che ci interessa."
Una risatina mi accarezza l'orecchio.
"Sei sorpreso, Isaac?"
Ghigna.
"Sorpreso di avvertire questo vuoto? Speravi forse di empatizzare? Di comprenderla? Perché? Cosa ci guadagneresti?"
D'un tratto mi formicola il petto, come se degli artigli mi stessero scavando nei polmoni, rubandomi il fiato. Ho la sensazione che non riuscirò a reggere questa conversazione a lungo. Fisso Clo, sta aspettando una reazione.
Qualcosa però mi suggerisce che non dovrei nemmeno farle domande, che è meglio rimanere ignorante.
Lei mi studia cercando di leggermi, però non so davvero cosa dire.
"È ovvio che sia così! C'è solo una persona veramente importante, no? Ora puoi smetterla di fingere. Anzi che facciamo ancora qua? Non abbiamo di meglio da fare che ascoltare i deliri di una morta che cammina?"
«Stai zitta!» mi riscuoto, portandomi le mani alle tempie. Incontro lo sguardo impassibile di Cloé proprio in quell'istante.
«Stai cedendo?»
«Sto benissimo.» taglio corto, percependo una grande stanchezza premermi sulle spalle. Mi accovaccio in avanti sulla sedia.
«Che faresti se ti dicessi che è di Seb?» insiste lei.
«Nulla.» ribatto, monocorde.
«Perché so che è una bugia.»
Sebastian ha detto che sono l'unico da cui si fa sfiorare e io gli credo.
«Gli sei leale fino alla fine, eh?»
Annuisco.
"Certo che lo sei, lui è il nostro cavaliere. L'unico di cui ci possiamo fidare."
«È vero non è suo.» borbotta.
«Scusa se ho provato a ingannarti, è stato un momento di-» si interrompe per prendere un fazzoletto e soffiarsi il naso.
«-Debolezza.» conclude, volgendo il capo al soffitto.
«Posso fare la stronza per un po'?» mi domanda.
«Vai.» provo a sorridere, anche se avverto il cuore come un macigno. Mi rimetto dritto, sono pronto al colpo.
Anche se mi sembra di peggiorare, cazzo.
«Sono invidiosa marcia.» confessa, agguantando le coperte fra i pugni chiusi.
«Lui alla fine è riuscito a raggiungerti, a essere felice.» alza pure la voce.
«E a me cosa cazzo è rimasto? Neanche la salute!» singhiozza.
«Lei è incinta. Lo è davvero!» socchiude le palpebre, allunga le braccia, le fa ricadere sul capo e si incastra le dita fra le ciocche dei capelli.
«Giuro, la odio quanto la amo, perché detesto che qualcuno possa-» si porta le mani alla bocca trattiene un conato di vomito. Scatto in piedi, ma lei mi fa cenno di tornare seduto e io obbedisco.
«-Toccarla.» sputa fuori, ingoiando la bile.
Fa un respiro. Non trattiene più il pianto e due rivoli le bagnano le gote delicate.
«È stato il padre di Sebastian.» mi dice.
«A prenderla in quel modo schifoso... Però immagino che tu lo sappia già. Voglio dire, è la sua cazzo di matrigna.»
«Sì.» distolgo lo sguardo.
«Seb me l'ha detto.»
Odio che Cloé soffra per quel mostro, che continui ad adorarla così tanto da arrabbiarsi, perfino in queste circostanze.
Nonostante sia proprio lei quella a essere stata sfiorata da mani viscide, impure e indegne, tutto ciò a cui pensa è Julia.
«Julia ha detto che vuole tenerlo, che le piace stare con quel... Quel... Quel porco! Ma io non riesco ad accettarlo...» continua intanto, a ogni parola il suo tono si indurisce, si fa più iroso.
A te però non è piaciuto quello che ti ha fatto, Cloé. Perché stai pensando a Julia quando non è la vittima? Solamente perché sta con uno molto più vecchio? O perché è pericoloso? Beh, per me possono marcire entrambi all'Inferno.
E all'improvviso un dubbio mi assale: quella stronza avrà usato il bambino come scudo? Sa che Cloé è buona, che non colpirebbe mai una donna incinta. È così che le ha impedito di difendersi?
Il mio sguardo probabilmente sta parlando per me, perché lei aggiunge: «Nonostante ciò che mi ha fatto io la amo ancora. Non le porto rancore.» sorride.
«Ma lui non posso perdonarlo, capisci? Quel vecchio bavoso, bastardo, malato, viscido, figlio di-» si blocca di nuovo. Finge di ricomporsi.
«Sebastian ti ha messo al corrente, vero?» sussurra, riprendendo il discorso.
«Immagino che suo padre non supererà l'anno.» ora guarda un punto imprecisato sul muro. Ancora quegli occhi distanti...
«Io... Non so nulla.» mento.
«Come no... Davvero lo accetti? Non ti infastidisce ciò che vuole fare?» domanda.
Schiudo le labbra per risponderle. Le sigillo quando mi rendo conto che no, non mi disturba affatto. Perché? Cosa mi sta succedendo? Si sta comunque parlando di una vita umana: dovrei essere inorridito al solo pensiero di tranciarla via. Chi sono io per decidere che qualcuno non merita più di esistere? Eppure se è Sebastian a impugnare un coltello... Semplicemente non mi interessa.
«Immagino di no.» bisbiglia, la voce nuovamente rotta.
«Seb e Julia... Quei due hanno fatto un patto, vero?»
Sobbalzo. Mi ha preso alla sprovvista. Come ha fatto a indovinare? Chi gliel'ha detto? L'avrà intuito? O è a conoscenza di qualcosa che non so?
«Scommetto che Sebastian le ha promesso di farle ereditare tutto, in cambio della sua totale collaborazione. Dopotutto aspetta suo fratello, no? Julia si sarà fidata, pensa di essere intoccabile. Sa di averlo in pugno con la storia del matrimonio o qualcosa del genere e poi è incinta. Chi vuoi che faccia del male a una donna incinta? Magari gli ha addirittura promesso di non tormentarlo più. Di non inseguirlo. Con un bambino di mezzo, è ovvio che quel patrimonio andrà a lei se l'unico erede molla.»
«Non ti sembra di viaggiare troppo con la fantasia, Clo?» le domando, cercando di tornare ad argomenti meno macabri, eppure lei scuote la testa.
«Lo sta sottovalutando, sai? Sebastian non manterrà mai l'accordo.» sorride tristemente.
«Per quanto voglia staccarsi dal passato, rimane figlio di suo padre. Erediterà di sicuro. Farà ricadere tutta la colpa su Julia in qualche modo e con questa scusa la... Non la vedrò mai più, vero?» mormora le ultime parole con un filo di voce. Sembra averlo appena realizzato.
«Seb non è-»
«Ne sei sicuro?» mi interrompe prima che possa ribattere. Trema, non sta ferma. Pare paranoica, eppure è tremendamente lucida.
«Ripensa a ciò che vuole fare. Ti sembra ancora una persona buona e gentile?»
«Lui è...» non riesco ad andare avanti. Mi sento tanto confuso. Che mi succede? Perché non riesco neppure a difenderlo?
«La ucciderà. Ucciderà tutti e due.» socchiude le palpebre.
«Lei e ciò che porta in grembo.» cambia sguardo all'improvviso. Diventa più cattivo.
«È al quarto mese, Zack. È tardi per un aborto. Il bambino c'è. Non sono delle cellule quelle che ammazzerà.»
«Sebastian non farebbe mai-» sbarro gli occhi.
È impossibile, vero?
Sebastian non sacrificherebbe mai un bambino, giusto?
Mi domando, però non oso chiederlo ad alta voce perché altrimenti mi parrebbe tutto troppo reale e forse davvero crollerei.
Perché non ne sono sicuro.
All'Inferno ci andiamo insieme.
Me l'ha promesso e io sono pronto a seguirlo, però... Se vuole sbarazzarsi di suo padre riesco ad accettarlo ma... Un bambino? Un'anima innocente?
No. Non potrei mai.
Cloé annuisce.
«È terribile, non trovi?» ghigna, ma non aspetta una risposta.
«L'ho incontrata per chiederle di lasciarmi stare e ho finito con il pregarla di scappare da quella gente.» mi confida.
«E lei... Lei mi...» le sale un altro conato, ma stavolta non riesce a trattenersi.
E riversa sulle lenzuola tutta la bile che teneva dentro.
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