quarantanove - 𝚊𝚕 𝚋𝚊𝚛𝚋𝚎𝚌𝚞𝚎
𝚒𝚜𝚊𝚊𝚌 𝚜𝚙𝚒𝚍𝚎𝚛
Ciao, diario. So che è da un po' che non ti scrivo, ma il fatto è che mi è mancata l'ispirazione.
No, ok, è una bugia. Tanto vale esser sincero almeno con me stesso.
Ogni volta che ti aprivo mi veniva un magone gigantesco in gola e non riuscivo a mandarlo giù. Non che ora sia meglio, ma almeno non scoppio a piangere non appena vedo il suo nome fra le tue pagine.
È passato un mese intero dall'ultima volta che ho visto Sebastian Show, il mio più caro amico e l'unico uomo che abbia mai davvero desiderato.
Ironico, non trovi? Credevo che negli ultimi tempi ci fossimo avvicinati parecchio, però era tutto l'opposto. Ci siamo allontanati da quando ho cominciato a volere di più, a tartassarlo, a comunicargli i miei sentimenti.
Linda mi ha detto che non è colpa mia, eppure ho letteralmente le prove scritte di quanti errori ho commesso. Fin da quel giorno in caffetteria, quando ho deciso che dovevo assolutamente dichiararmi.
Ma cosa avevo in testa?
Poi si è presentata Julia, ho scoperto che potevo usarla per attirare la sua attenzione e da lì non mi sono più fermato.
Sono una persona orribile, vero?
Se avessi lasciato perdere, Sebastian e Cloé si sarebbero messi insieme ufficialmente, ora starebbero progettando un futuro l'uno fra le braccia dell'altra e sarei triste - è vero- però li vedrei tutti i giorni.
Invece lui non lo sento più e lei è segregata in casa fino a nuovo ordine. I suoi genitori mi hanno detto che si sta riprendendo bene, ma non posso comunque parlare direttamente con lei. Il motivo pare risiedere nell'instabilità emotiva di entrambi o qualche cazzata da medici di questo genere.
Onestamente so di essere parecchio problematico, ma - andiamo! - se ne sono resi conto solo adesso!? Gli adulti sono stupidi. Idioti e infantili più di quanto vogliano ammettere.
Perfino la mamma si è fatta rivoltare come un calzino da Paul e ora Sebastian è un argomento tabù. Lei lo considerava come un altro figlio, porca puttana!
Papà invece ha deciso di farsi gli affari suoi, ha quasi sempre le sopracciglia agrottate e pare più pensieroso del solito, ma non apre bocca. O forse lo fa quando non sono presente.
La cosa che mi dà più fastidio è che tutti hanno ricominciato a camminare sui carboni ardenti quando ci sono io.
Georgie non disegna più Seb però ora ha preso a regalarmi peluche, quasi avessi bisogno di compagnia. È piccolo, quindi non posso che perdonare il suo vano tentativo di rimettermi in piedi, però detesto Paul che probabilmente gli ha inculcato l'idea.
Isabel viene a dormire in camera mia almeno un giorno su tre. Non è diventata più gentile, né è meno arrogante di qualsiasi ragazza della sua età, ma so che ha buone intenzioni. Anche se così mi pare di essere compatito.
E questo no, non mi piace.
Non è una cazzo di principessa Disney, voglio che la pianti. Sono suo fratello maggiore, non un bambino che teme il buio.
Dio, non posso davvero prendermela con lei.
Ho già compromesso il rapporto con Paul, non voglio perdere anche Isa.
Solo che sono così infastidito e arrabbiato!
Ma come faccio a calmarmi quando ogni notte prima di addormentarmi fisso la finestra, sperando che Sebastian la apra, spaccandola per tornare al mio fianco?
Mi manca da impazzire.
E ora sto facendo le valigie. Parto con mio fratello. Seb non lo rivedrò mai più.
Tremavo al solo pensiero e ora questo incubo si sta realizzando davanti ai miei occhi e non ci posso fare nulla. Mi sento come bloccato. Anzi lo sono proprio.
Il fantasmino, Sebby, si sta rivelando un'ottima scusa per pronunciare il suo nome almeno una volta al giorno. E non nego che spesso lo faccio davanti a Paul. Ammetto di essere infantile, perché di fronte al suo sguardo rammaricato un po' gioisco, però sono un essere umano anch'io e in qualche modo dovrò pur vendicarmi.
Paul sta provando a rimettere le cose apposto: mi invita a mangiare con lui, mi chiede se possiamo fare una partita alla Play, suggerisce ogni tanto di farci una camminata o di andare in fumetteria.
Inutile dire che ho rifiutato ogni sua proposta. C'è solo una cosa che potrebbe fare per riconquistarmi ed è chiamare Sebastian.
Magari ci ha pure provato in realtà, forse lui non gli ha risposto e Paul non vuole rivelarmi che è davvero finita.
Cazzo, ho ricominciato a piangere.
Credevo di averla superata la fase tristezza e di essere in quella dell'accettazione. Voglio dire, so bene quanto sia inutile sperare in un suo ritorno, perché non verrà. Ne sono estremamente consapevole, però sono altrettanto stupido visto che non riesco a darmi pace.
Anche se ho la valigia piena di vestiti spalancata sul letto, continuo a desiderare di star sognando. Di svegliarmi e rendermi conto di essere sempre stato nella sua stanza al dormitorio, fra le sue braccia.
Rivedrei il suo sorriso giocoso, ascolterei la sua voce armoniosa che intona qualche nota di prima mattina. Mi chiederebbe se ho dormito bene, mi darebbe un piccolo bacio sulla fronte e poi quel soprannome: «Piccolo.»
Lo amo. Amo Sebastian Show ogni giorno un po' di più. Ed è un sentimento che fa incredibilmente male, ma a cui non rinuncerei mai.
A presto.
Firmato, Z̶a̶c̶k̶
I̶s̶a̶a̶c̶ n̶o̶n̶-F̶o̶s̶
Isaac Spider.
«Cosa vuoi?» domando a Isabel, appena entrata in camera mia.
«Nulla. Mi parevi un po' giù e-» sembra titubante. È più nervosa del solito. Si guarda intorno, molleggia sulle gambe quasi fosse sulla sabbia ardente del deserto.
«Isa?» le chiedo e lei inspira. Si fa largo nella mia stanza, chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo e, prima che possa dire un'altra parola, mi porge il mio cellulare.
«L'avevo lasciato in salotto?»
Non risponde. Alzo un sopracciglio, studiando la sua espressione colpevole.
Cos'ha combinato?
“Ha un fidanzato segreto e vuole confidarsi con te.” propone la fastidiosissima voce della fatina, ma scuoto la testa.
Giusto, le medicine. Le ho dimenticate. Mi alzo dalla scrivania per andare a rimediare, ma Isabel mi blocca il passaggio, mettendosi le mani sui fianchi e osservandomi serissima.
«Che ho fatto, vostro onore?» scherzo, azzardando una carezza sulla sua testolina piena di ciocche scure, che svolazzano in mille direzioni. E lei non se ne lamenta. Quasi balzo indietro, scottato da come non mi stia sgridando.
In effetti anche quell'aspetto trasandato non è da lei. Comincio a preoccuparmi e mia sorella ancora non mi sta parlando.
«Isa!» insisto. Do un'occhiata alla porta. In questi casi di solito sono Paul o Akiko a rimettere le cose apposto, ma con uno ci ho litigato e non me la sento di chiedere alla mamma.
Cazzo, non sono bravo in queste cose!
«Zack.» finalmente dice qualcosa.
Mi lascio andare a un sospiro di sollievo. È già un passo avanti e lei non sembra in procinto di piangere, quindi magari ha solo combinato qualche marachella. Non so, forse ha bruciato un banco a scuola o limonato con qualcuno.
“Ti rendi conto che una delle due è molto peggio dell'altra, giusto?”
«Dimmi.» la incoraggio.
Isabel indica con un gesto del capo il cellulare che ho in mano e, non capendo, sblocco lo schermo. Il cuore mi si ferma un attimo di fronte al viso sorridente di Seb, che ormai è diventato il mio sfondo fisso, ma cerco di ignorare la cosa.
Non smetterà mai di farmi effetto.
«Instagram.» mi dice, vedendomi bloccato, e io apro il profilo.
Solo che è strano: non è il mio.
Quello che mi ritrovo di fronte è un account aperto già da un po', decisamente bizzarro, pieno di foto di paesaggi scattate proprio da Isabel durante le gite che ha fatto con la scuola.
«Ok?»
Non so che altro dire.
Lei prende l'iniziativa: si avvicina, affacciandosi sullo schermo acceso, e apre i direct dove trovo...
«Seb?» mormoro con un filo di voce.
Sono incredulo. Isabel ha risposto a una sua storia e lui ha commentato con un emoticon sorridente. La osservo e credo che lei stia cercando di capire se mi stia venendo una crisi di nervi. Poi apre bocca: «Te lo regalo, l'ho già cancellato dal mio telefono e non lo riaprirò mai più. Parola di scout.»
Fa un mezzo ghigno e io tiro su con il naso, sentendomi talmente fragile e patetico a scoppiare a piangere così, però lei mi abbraccia forte, ostinata.
«Non dirgli che sei tu. Sennò ti blocca.» mi sussurra all'orecchio, mettendosi sulle punte.
«E francamente non so perché non ci hai pensato prima. Boomer.» aggiunge, strappandomi un risolino.
«Non è mentirgli?» domando.
«Che ti frega? Tanto parti.» sbuffa.
Non ha tutti i torti, anche se continuo a sentirmi in colpa al solo pensiero.
Però posso parlargli di nuovo.
«Mi mancherai. E non sono una principessa Disney.»
Mi stacco.
«Hai letto il mio diario!?» sbotto.
«Tu lo lasci aperto.» fa spallucce.
Tu lo lasci aperto.
Mi rimbomba nella testa.
Cloé.
«Credo che perfino papà l'abbia letto qualche volta.» Isabel inclina il capo, cacciando fuori la lingua.
«E acqua in bocca con Paul. Non mi piace come ti tratta ultimamente.» incrocia le braccia al petto.
«Non hai mica due anni.»
«Quindi mi proteggi tu?» domando ironico.
«Qualcuno deve pur farlo. E in assenza di Cloé, io e Georgie siamo i più maturi qui dentro.» spalanca le braccia, indicando tutto intorno a sé.
«Inoltre così mi devi un favore. Quando scapperò di casa in piena fase ribelle, verrò a stare da te e tu dovrai aprirmi la porta per forza.» scherza.
«E portami le patatine.»
«Al barbecue, giusto?» mi asciugo le lacrime.
«Pringles al barbecue.» sottolinea.
«D'accordo.» cedo.
«E stai tranquillo per Cloé. Ci pensiamo io e Scarlett.» continua. La guardo stranito.
«Cosa? Non hanno vietato a me di andarla a trovare.» sogghigna.
«E Paul lo sa?»
«Ma per favore! Non sa neanche che gli ho fregato venti dollari per farmi le unghie.»
«Isa!»
«Acqua. In. Bocca.» ridacchia, puntandomi una delle sue dita perfettamente curate contro.
La guardo un attimo, forse sto crescendo una criminale.
«Il viola ti sta bene.» dico infine, riferendomi al suo smalto.
«È il nostro colore, bro.» fa spallucce, poi si volta e tutto il suo nervosismo pare essersi volatilizzato. Magari aveva solo un po' paura della mia reazione e questa cosa mi ferisce, però è stata coraggiosa ad andare contro i nostri genitori e non posso che ringraziarla.
«Te le porti tutte le console?» domanda poi, facendo la vaga. Lancia uno sguardo alla valigia, poi al PC. È furba.
«Puoi tenerti Xbox e PlayStation, tanto non so nemmeno se posso collegarle alla televisione di Paul.» o se ne abbia una.
«Grazie, grazie, grazie!» esclama lei, scappando dalla stanza - prima che io cambi idea, penso.
In fondo adoro la mia famiglia.
“Meno Paul.” mi fa eco la fatina.
Oh giusto, devo prendere la pastiglia.
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