diciotto ~ 𝚍𝚎𝚗𝚝𝚛𝚘 𝚍𝚒 𝚝𝚎

𝚒𝚜𝚊𝚊𝚌 𝚜𝚙𝚒𝚍𝚎𝚛

Ciao, diario.

Oggi andrò subito al punto, perché non penso di poter sopportare tutta questa tensione ancora a lungo.

Devo sfogarmi.

No, non voglio parlare di Sebastian, non subito almeno. La verità è che sto provando a emarginarlo dalla mia testa, anche se solo per un pochino. Perché ora è nel mio bagno, sotto la doccia e mi ha chiesto di aspettarlo.

Sono un fascio di nervi. Continuo a chiedermi per quale ragione sia andato lì. Non può essere quello che sto pensando, giusto?

A̶n̶c̶h̶e̶ s̶e̶ l̶'i̶d̶e̶a̶ c̶h̶e̶ s̶i̶ s̶t̶i̶a̶ p̶r̶e̶p̶a̶r̶a̶n̶d̶o̶ p̶e̶r̶ r̶i̶c̶e̶v̶e̶r̶m̶i̶ s̶t̶u̶z̶z̶i̶c̶a̶ d̶e̶l̶l̶e̶ p̶a̶r̶t̶i̶ d̶i̶ m̶e̶ c̶h̶e̶ m̶a̶n̶c̶o̶ c̶r̶e̶d̶e̶v̶o̶ d̶i̶ p̶o̶s̶s̶e̶d̶e̶r̶e̶.

Ho il cuore in gola, sto sudando e sono tentato di scappare, benché questa sia casa mia.

Uffa!

Ma perché mi faccio queste paranoie? Magari si sta solo facendo un normalissimo bagno caldo. Non abbiamo parlato di chi debba fare cosa...

No! Basta. Non è di lui che voglio scrivere.

Mi darò un pizzicotto ogni volta che mi verrà in mente, così la pianterò di mettermi ansia.

Avrò la mano rossa dopo cinque secondi.

No, devo concentrarmi.

Cloé.
È di Cloé che parlerò, perché prima mi ha aiutato, eppure io non riesco a fare lo stesso per lei. Mi sento terribilmente in colpa o forse non riesco a ignorarla perché altrimenti dovrei preoccuparmi di qualcun altro e, lo ammetto, voglio fuggire dall'universo Seb.

Pizzicotto dato. Livello di dolore: minimo, per fortuna.

Ma come posso gestire queste emozioni?
Temo che se ci penso troppo, il mio complesso di inferiorità mi porterà a spalancare la porta della stanza, percorrere il corridoio, scendere le scale e andare via.

Devo piantarla. Basta Sebastian.

Quota pizzicotti: due.

Cazzo. Ho appena realizzato cosa mi porta a cambiare argomento quando provo a organizzare i pensieri su Cloé.

Mi tremano le dita. Sono spaventato da ciò che potrei dire su di lei ora, perché mi sono comportato da stronzo e non se lo meritava.

L'ho disegnata come una tartaruga.
UNA TARTARUGA.

Ogni volta che torno con la mente a quel pomeriggio, a quei segni sul suo corpo, mi viene da piangere.

Ma non posso. Non ora. Sebastian potrebbe arrivare da un momento all'altro.

Siamo a tre. Comincia a fare davvero male. Non devo nominarlo più.

Ho deciso che mi farò divorare da questa angoscia paralizzante per alcuni minuti. Così non potrò scappare e forse riuscirò finalmente a organizzare il cervello. Mi sta scoppiando.

Poi staccherò la spina e mi lascerò andare con lui o almeno ci proverò. È quello che ho fatto negli ultimi giorni, dovrei farcela.

Devo prima snodare questo gomitolo che ho in testa, trovare il filo che tiene unita la matassa.

Partiamo dal principio.

Magari tra qualche minuto farò sesso con Seb, per questo il mio sadico cervello mi ha rimandato a Cloé.

«Ci ho fatto l'amore.» mi ha confidato lei, una mattina, parlando di Julia.
«Ed è stato brutale quanto dolce.»

Lì per lì, non avevo compreso del tutto le sue parole, né perché avesse quell'espressione felice. Voglio dire, si stava comunque parlando della ragazza che l'aveva distrutta così tanto da farle quasi perdere se stessa.

Non me la sentivo nemmeno di giudicare Julia però: ultimamente con me era stata carina, per quanto certi suoi atteggiamenti fossero strani. E per quanto in passato fosse una testa di cazzo. E nonostante il bacio a cui mi ha costretto.

Ok, è rimasta una stronza.

Comunque perfino ora non so a cosa credere. Le persone sono fragili pezzi di carta, basta un minimo a distruggerle, e ho detestato per così tanto tempo Cloé che non riesco a prendere per oro colato tutto ciò che le esce di bocca.

Anche se so che Julia può essere terrificante.

Alla fine quella discussione è finita com'è nata. In un battito di ciglia. Lei fa sempre così quando parla di Julia: sussurra il suo nome come se lo stesse accarezzando dolcemente con la lingua e poi, pensierosa, si chiude in se stessa.
Infine cambia argomento.

Mi mancano delle informazioni, del contesto, è come se tutto fosse incasinato. Non mi piace per nulla.

Mi fa venire i brividi.

Seb mi ha detto di non innamorarmi di Julia, avvertendomi di quanto potesse essere terribile, ma non credevo che perfino starle vicino mi avrebbe provocato tutta questa sofferenza.

Ho una bruttissima sensazione e non riesco a scrollarmela di dosso.

Non avrei mai immaginato che Cloé fosse così presa da lei da sviluppare una sorta di attaccamento morboso nei suoi riguardi, né che Julia la illudesse tanto da darle corda, solo per poi stringerle un cappio intorno al collo.

Questi ultimi otto giorni non li ho passati solamente senza Sebastian o la fatina, che per qualche ragione aveva smesso di apparirmi continuamente davanti.

Julia non mi ha più scritto da quell'ultimo incontro al parco, è semplicemente scomparsa e l'unica persona a parlami ancora di lei è Cloé, con quel suo sguardo lontano, fisso sul cielo. E le cicatrici sui polsi che mi artigliano lo stomaco.

In realtà non mi importa molto di Julia, ma mi sento messo in mezzo, trascinato in una tragedia, e non ne capisco il motivo. Mi dispiace per Cloé, vorrei aiutarla in qualche modo, però lei non desidera che mi intrometta nella sua vita amorosa.

Ironico, visto che mi sono fatto coinvolgere proprio per colpa sua. Non riesco davvero a ignorarla, a un certo punto ho iniziato a vederla come una sorellina.

Non so nemmeno come sia successo.

In effetti nemmeno ora lo capisco. Alcuni tratti della sua personalità mi ricordano Isa e qualcosa mi suggerisce che dovrei proteggerla.

È tutto confuso.
Sempre più confuso.

Sto impazzendo.

«Cosa scrivi?» mi domanda Sebastian, dalla porta.

Gli lancio uno sguardo sentendomi colpevole, come se mi avesse appena sorpreso a rubare qualcosa, ma non appena i nostri occhi si incontrano, non ricordo più come respirare. Mi si svuota completamente la mente.

L'uomo più bello del pianeta è appoggiato allo stipite della mia camera e mi osserva con i suoi occhi felini, stuzzicanti.
Ciò che ha indosso è solo l'accappatoio bianco con il mio nome ricamato sulla sinistra.

Deglutisco. Ho troppa saliva ed è tutta incastrata in gola. È quasi come se stesse suggerendo di essere mio e quel tessuto spugnoso gli arriva a malapena a metà coscia.

Non vale se mi intrappola usando questi giochetti, cazzo!

«Ti piace ciò che vedi?» mi provoca, soddisfatto della mia reazione.

«No. Non è nulla di che.» mento, chiudendo il diario per metterlo sopra il comodino.
È da una settimana che non sono in grado di scrivere una pagina di senso compiuto sul mio quadernetto, ma improvvisamente non mi importa più.

È stupendo. Seb è meraviglioso e si è appena chiuso la porta alle spalle, girando la chiave. Sta venendo verso di me, con quel suo passo così leggero da sembrare senza volume.

Le ciocche ribelli che ogni tanto tira indietro con la fascia, ora gli ricadono sulla fronte, facendolo assomigliare a un angelo. O a un tritone, visto che sono tutti bagnati, tanto che delle perle d'acqua gli solcano gli zigomi, evidenziandogli la mascella e...

Dovrebbe essere illegale avere il suo fascino.

«Rilassati. Non ti mangio mica.» mi dice, appoggiandomi una mano sulla spalla.
«Per il momento almeno.»

Mi esce una risatina nervosa che nemmeno io so come interpretare. Se prima mi batteva il cuore, ora sta correndo una maratona. Ho il respiro accelerato, tanto che ne sento tutto il peso sui polmoni. Fa quasi male.

Mi sono ammutolito in fretta, Seb mi rivolge occhiate trasparenti, quasi non mi vedesse davvero, e io continuo a torturarmi le dita, grattandomi, affondando le unghie nella carne.

«Zanzare?» mi chiede, scherzoso.
«Ti hanno morso?»

«No, sono maledettamente nervoso.» ribatto.

«Anch'io.» mi confida, mettendosi a cavalcioni.

Il suo pacco mi preme sul ventre, stordendomi. Il solo pensiero che sia in queste condizioni per merito mio, mi riempie di orgoglio.

«A me sembri calmo.»

Sono inondato dal suo odore, che sa del mio bagnoschiuma. Se la tentazione avesse un altro nome sarebbe il suo, visto come ora mi bacia le guance, piano, assaporandomi.

«Falsa impressione.» mormora.

Socchiudo gli occhi, gustandomi il momento. Mi sta palesemente viziando con tutte queste coccole.

«Perché non l'abbiamo fatto prima?» mi chiede, staccandosi dal mio viso solamente per sorridere della mia espressione desiderosa.
«Che idioti che siamo.» mentre lo sussurra, mi prende la mano e se la porta alla cinta dell'accappatoio.

Gli sta piccolo e riesco a scorgere il suo petto marmoreo e bronzeo, il piccolo tatuaggio sul collo e una porzione delle cosce.

Sono dure almeno quanto il suo pene. Lo sfioro da sopra il tessuto spugnoso, mi pulsa tra le dita.

«Non sai quanto me la sto facendo sotto ora.» mi mordo il labbro. Perché sono così stupido?

«Non sei più curioso?» mi stuzzica.
«E scoprire quanto possa essere bello?»

«So già che lo sarà!» esplodo, avvertendo il rossore penetrarmi le gote.
«Però non capisco perché lo stiamo facendo.» gli confido, mostrandogli tutta la mia insicurezza.
«Voglio dire, io sono-»

«Tu sei tu, Zack.» mi interrompe, fissandomi con quel suo sguardo glaciale che mi fa palpitare.
«E io voglio farlo con te. Non ti basta?»

«Non è giusto, Seb.» gli rispondo, ma la voce mi trema, tradendomi, comunicandogli che non sono poi così risoluto.
«Sembra tanto sbagliato.»

«Perché?» mi chiede lui.

Non ti merito.

«Cloé-»

«Questa è vecchia come scusa.» ridacchia, tracciando con le dita un percorso fino alla mia gola. Gioca con il colletto della mia camicia, guardandomi.
«Non stiamo insieme, io e lei.» mi ricorda, sganciando un bottone. Invitandomi con gli occhi a liberarlo dall'accappatoio.

«Tu la ami però?» obietto, ma suona più come una domanda che come una dichiarazione.

«Le voglio molto bene.» si china per appoggiare le labbra sul mio collo, rimane lì un attimo.
«Credevo che sarei riuscito ad amarla sul serio con il tempo, ma c'è qualcuno di cui voglio prendermi cura.»

Inizia a scendere, sbottonandomi del tutto la camicia e io lo lascio fare, sentendomi inerme, mentre infila i palmi fra il tessuto e la mia pelle, spogliandomi poco a poco.

«Già. Il tuo amico d'infanzia.» gli ricordo, deglutendo.

Non me.

«Sono qui perché voglio essere qui.» il suo tono è talmente tranquillo che calma un po' il tumulto che percepisco nelle viscere.
«Con te e nessun altro.»
Lui sa sempre come prendermi.

Cazzo.

Muovendosi, ha spostato lievemente un lembo dell'accappatoio e riesco a intravvedere il suo membro rigido, bagnato. È acqua o presperma?

«Guarda che non ti morde se lo tocchi.» ride, aprendo le gambe per incoraggiarmi a palparlo.

Mi faccio forza, sentendomi in realtà un po' scemo e, con il pollice e l'indice uniti, artiglio la cintura per slegarla.

Se Sebastian fosse ricambiato dalla sua cotta non farebbe queste cose con me.
È folle che proprio ora abbia certi pensieri, ma non riesco a fermarli. Sono intrusivi e assomigliano a piccole frecce appuntite.

«Bravo, così...» si complimenta Seb, quando lo spoglio, approfittando del momento per scoprirmi le spalle e la pancia.

«Dovresti farlo con il tuo amico.» mi mordo l'interno della guancia, pentendomi di averglielo detto.

«Dimenticalo per un attimo.» sbuffa.
«Chi c'è qui con me?»

«I-io.» balbetto.

«Esatto.» canticchia, spingendomi di colpo contro il materasso.

D'un tratto, ho la sua fronte contro la mia e il suo respiro sulla bocca. Ha le mani impegnate a tirarmi giù i pantaloni e mi ritrovo ad alzare il bacino per facilitarlo. Ho agito senza pensare, ma il sorriso che mi ha rivolto quando ha notato che lo stessi assecondando, mi ha scaldato davvero.

Ha vinto lui.
Socchiudo le palpebre, gustandomi il suo tocco rude e invadente. Non si sta risparmiando e lo adoro.

Basta, non mi interessa più.
Mi dico mandando al diavolo la sua stupidissima cotta, quei se e quei ma che mi tormentano da troppo tempo.
Voglio godermelo, non mi importa se non me lo merito, lo desidero. Deve essere mio.

«Sei fantastico, piccolo.» mormora e mi sento arrossire.

Non mi aveva mai dato dei nomignoli e il fatto che abbia deciso di chiamarmi così, proprio in questo momento, mi dona una nota di intimità che non mi aspettavo.

«Stai cercando di torturarmi?» gli domando, perché mi ha lasciato le mutande addosso e i pantaloni calati mi intrappolano le ginocchia, impedendomi quasi di muovere le gambe.
«Non è giusto che tu sia l'unico nudo.» mi lamento.

Le cosce sfregano contro la mia parte più sensibile e divento sempre più rigido.

Seb finalmente si mette a sedere, regalandomi un po' di ossigeno. Ho così tanto caldo...

«Cosa c'è? Non vedi l'ora di fottermi, Zack?» sorride, facendosi scorrere il tessuto spugnoso sulle spalle, per poi liberarsene e lanciarlo da qualche parte ai piedi del letto.

«Sei sicuro di voler essere passivo?» eludo la sua domanda, allungando le mani sui suoi capelli. Sono ancora fradici e l'acqua fresca mi scorre fra le dita, sui polsi, nelle braccia, a piccoli fiumi.

«Perché? Vuoi farlo tu?» mi lancia un'ultima occhiata dall'alto, prima di planare sul mio petto. Mi guarda, sorridendomi sornione, prima di imprigionare un capezzolo fra i denti. Stringe appena, ma il dolore viene spazzato via in fretta dalle sue dita, che mi sfiorano il pene da sopra i boxer.

«Lo stiamo davvero per fare? Sotto ci sono i miei-»

«Sono troppo impegnati per badare a noi.» ribatte, per poi inumidirsi le labbra con la lingua.
«Ti starebbe bene un piercing. Sono così rossi, sembrano ciliegie.»

«Che ti metti a dire di punto in bianco!?» sbotto alzandomi, imbarazzato.

«È colpa tua. Sei delizioso. Soprattutto quando sei in imbarazzo.» ridacchia.
«A saperlo, l'avrei sul serio fatto molto prima.» aggiunge, prima di schiudere le labbra sul capezzolo e iniziare a succhiarlo. I suoi denti aguzzi mi stringono l'aureola in una morsa e mi lascio cadere in avanti, sul suo corpo robusto, sopraffatto dall'ondata di calore che mi ha appena infiammato il ventre. Appoggio il viso sul suo capo e il profumo dello shampoo mi invade le narici, eccitandomi.

Lui ridacchia, sadico, e stringe più forte, felice di come mi aggrappo alla sua schiena, graffiandogli le scapole.

Le sue mani cominciano a darsi da fare: con una mi agguanta il fianco, tenendomi il più fermo possibile, nonostante gli spasmi, mentre l'altra sposta l'elastico delle mutande, liberandomi.

Avverto così tanto caldo, che nemmeno l'aria fresca a contatto con la pelle mi dà sollievo, al contrario mi porta a esigere di più.

Gli vado incontro, quando allunga una mano per avvolgermi nella sua presa. E sospiro, non appena la sua lingua si sposta sull'altro capezzolo. Mi ha lasciato il segno dei denti e brucia, ma diventa quasi piacevole quando inizia a fare la stessa cosa anche dal lato sinistro.

Allargo le gambe, per quanto possibile, visto che i pantaloni non mi permettono di muovermi come voglio. Gli do appena più spazio. Mi mordo il labbro, percependo gli arti gonfiarsi di tensione. Distendo i piedi, lasciando quella sensazione scorrere, mentre tiro indietro il bacino, per seguire i movimenti del suo palmo. Nell'aria gli unici suoni che si sentono sono gli schiocchi dei suoi baci, il mio fiato mozzato e la dolce melodia dei nostri corpi sudati che sfregano l'uno sull'altro.

«Seb...» lo chiamo, quando l'ennesima scarica mi dà un capogiro.

Lui mi risponde con un mugolio.

«Non è così che voglio venire.» balbetto, mentre la vista si inizia ad annebbiare.

Si allontana da me, guardandomi fiero. Quella che gli illumina gli occhi è pura lussuria.

«Com'è che vuoi farlo, Zack?» chiede, permettendomi di distaccarmi per levarmi tutti i vestiti rimasti.

È il momento. Nessuno dei due resiste più.

Mi metto sul bordo del letto, dandogli le spalle mentre lui si stende fra le lenzuola.

Mi lascio scivolare via i pantaloni dalle caviglie e anche i boxer fanno presto la stessa fine.

Il nervosismo se ne è andato quasi del tutto, ciò che provo ora è avidità, perché desidero questo uomo tutto per me e non mi importa di nient'altro, mentre mi volto nella sua direzione.

Sebastian ha già spalancato le gambe e, ridacchiando, mi rendo conto che quello di prima era davvero presperma, perché si è già portato avanti.

La sua entrata mi avvolge l'indice quasi immediatamente quando lo spingo dentro. Seb è tanto caldo e accogliente...

Mi passa il lubrificante l'attimo dopo, prendendolo da sotto il letto e mi chiedo da quanto sappia che lo metto lì.

«Dopo facciamo il contrario?» gli domando, osservando la sua verga lunga e pulsante. Potrei venire al solo pensiero di averlo dentro di me.

«Sei davvero cattivo. Io mi sono preparato per te e tu pensi già al dopo.» mormora, serrando i piedi scalzi dietro la mia schiena per trascinarmi verso di lui.
«Piccolo, basta con le dita. Nemmeno io voglio venire così.» ride, scimmiottandomi.

Mi ritrovo a sorridere, mentre mi spingo verso la sua bocca e finalmente lo bacio. Lo sento gemere sulle mie labbra, non appena mi faccio strada in lui. Smette per un attimo di respirare, ma non gli do il tempo di metabolizzare il dolore. Gli succhio la lingua e mi riscopro ossessionato da come si muove, provando a sfuggirmi per prendere il controllo.

Non glielo faccio fare però, e vado sempre più in fondo, muovendo la bocca al suo stesso ritmo, in sincronia. Seb stringe la presa sulla mia schiena, implorandomi di farmi più vicino. Gioca con la mia chioma, attorcigliandosi le ciocche fra le dita, forse spinto dal dolore al bassoventre.

Nonostante tutto, continua a incoraggiarmi, mi supplica di andare più veloce.

«Ancora...» sussurra, venendomi incontro.

Non riesco più a fermarmi, il mio corpo si rifiuta di ascoltarmi quando mi dico che dovrei dissuaderlo e andare un po' più piano, per il suo bene.

Però la colpa è sua. Non avrei mai pensato che stare dentro Seb fosse così bello.

È terribilmente stretto, ho quasi paura di romperlo.

Ma come faccio a rallentare se lui, con quel suo sorriso bellissimo, continua a chiamare il mio nome?

Spalanco gli occhi, osservando confuso il mio cuscino bagnato. Mi ritrovo il mento sporco di bava e la lavo via con la mano stretta a pugno.

Guardandomi intorno, mi rendo conto che è ancora pomeriggio. Ho il diario accanto, è aperto. Non l'ho mai chiuso.

Lo prendo, rileggo l'ultima riga che ho scritto: «Sto impazzendo.»

Sospiro, azzardando un'occhiata in basso.

Ho ancora la mia divisa addosso, ma un grosso problema nei pantaloni.

Afferro il cellulare, messo a caricare sul comodino. C'è un messaggio da parte di Seb: "Non riesco a credere che tu ti sia addormentato" seguito da un paio di teschi.

«Merda...» mi porto le ginocchia al petto.

Nemmeno io riesco a crederlo.

"Già. Quale cazzo è il tuo problema?" mi fa eco la fatina, deridendomi.

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