dodici - 𝚒𝚗 𝚊𝚙𝚗𝚎𝚊
qualche anno prima - 𝚞𝚗 𝚛𝚊𝚌𝚌𝚘𝚗𝚝𝚘 𝚜𝚘𝚜𝚙𝚎𝚜𝚘 𝚗𝚎𝚕 𝚝𝚎𝚖𝚙𝚘
𝚜𝚎𝚋𝚊𝚜𝚝𝚒𝚊𝚗 𝚜𝚑𝚘𝚠
Il cielo mi sorrideva dall'alto, l'acqua mi bagnava il petto. Mi sentii spaesato per un momento, ma poi udii la sua risata.
Era pungente, sarcastica e non aveva nulla di bello. Si stava prendendo gioco di me e quasi le vomitai addosso le peggiori parole del mio vocabolario. Non lo feci però, perché quando notai il suo sorrisetto allegro e una folata di vento le scompigliò i capelli biondi, realizzai che forse era quello ciò che provavano i miei nonni l'uno per l'altra.
Chiusi gli occhi, concentrandomi sul battito del mio cuore, ora impazzito. Non l'avevo mai sentito così chiaramente.
«Che ti prende?» mi chiese, appoggiandomi una mano sulla spalla.
Arrossii vistosamente per la sua improvvisa vicinanza.
Potevo avvertire l'odore di salsedine della sua pelle e per un attimo mi domandai se fosse quello il profumo delle sirene. Ne aveva decisamente l'aspetto, visto quanto era incantevole. Possedeva un certo charme, uno di quelli che ti portava a fidarti immediatamente, abbassando ogni difesa.
«Non dirmi che ti sei offeso, Richie Rich.»
Scossi vistosamente la testa. Ero abbastanza permaloso, ai tempi.
«Io mi chiamo Sebastian.» mi impuntai e il ghigno sul suo volto parve allargarsi.
«E io Willy Wonka.» rise.
«Sono il re del cioccolato!»
Stava testando la mia pazienza.
Desideravo conoscere il suo vero nome più di qualsiasi altra cosa e lo sapeva, ma le piaceva mantenere un certo distacco. Pareva molto più intelligente di qualsiasi altra mocciosa di undici anni.
Era più grande di me, questo lo sapevo per certo, e passava ore sui libri: qui finivano tutte le informazioni che possedevo.
Ingoiai il mio piccolo orgoglio e le chiesi, ancora una volta, come si chiamasse davvero, ma non parve sentirmi. Si alzò improvvisamente, con gli occhi sbarrati e l'espressione scioccata. Non l'avevo mai vista tanto scossa. Urlò qualcosa. Un nome? Non ricordo.
Corse via.
Come una Cenerentola.
Non volevo che ci separassimo e balzai in piedi, tuttavia dopo appena un passo inciampai sulla sabbia dorata di Coney Island.
Picchiai il mento e mi morsi la lingua. Faceva male. Avvertii un leggero sapore metallico in bocca, ma non avevo abbastanza tempo per preoccuparmene.
Cercai con lo sguardo la sua figura familiare fra la gente. Era passata poco più di una manciata di secondi, eppure non la trovai. Sembrava che la folla avesse inglobato quella piccola peste.
Quanto si era allontanata?
Per un secondo mi parve di essere in apnea, quasi un'imponente ondata mi avesse ingoiato intero.
D'un tratto respiravo male e mi sembrava di non percepire più il caldo del sole. Mi rifiutavo di credere che mi avesse davvero lasciato, cercavo di autoconvincermi che mi stessi sbagliando. Ci saremo rivisti presto, magari stava prendendo un gelato, forse aveva notato una bancarella e voleva un premio fra quelli esposti.
Era una speranza vana, la mia. E un po' lo sapevo.
La faccia che aveva assunto, quell'espressione di puro panico mista a terrore nero, mi suggeriva chiaramente che non aveva alcuna intenzione di voltarsi a guardarmi.
Mi misi a sedere, gli occhi mi pizzicavano già - forse per la botta, magari perché ero rimasto indietro o un misto delle due cose.
Strinsi le ginocchia al petto e voltai la testa per vedere perché ero caduto così rovinosamente.
Un libro di fiabe giaceva sulla spiaggia. Aveva le pagine ingiallite e sulla copertina azzurra vi era incisa un'inquietante scritta dorata.
“Il mondo cremisi.”
Erano solo tre parole, ma mi diedero i brividi. Sapevo bene a chi appartenesse quel volume, quindi lo aprii, sperando di leggere il suo nome, e mi ritrovai nell'indice delle storie.
Con mia grande sorpresa, lo vidi subito, scritto malamente a caratteri cubitali, sopra il titolo “Il ragno e la farfalla”. Accarezzai quelle lettere quasi potessi far apparire quella peste, ma mi trovai a singhiozzare disperatamente.
Spider I.
Un cognome era tutto ciò che avevo ottenuto, accompagnato da un frammento di quello che poteva essere il suo nome. Isabelle? Ilary?
Quale poteva essere?
C'eravamo incontrati solo una settimana prima e finalmente conoscevo qualcosa di lei, però una brutta sensazione mi suggeriva che l'indomani non ci saremo visti.
Avvertii un vuoto crescermi in petto, mozzarmi il fiato. Quel tragico presentimento non passava e mi opprimeva.
Desideravo tornare al suo fianco al più presto. Era il primo raggio di sole che avevo incontrato in quel mondo grigio e non volevo rinunciarci.
Non avevo mai sorriso come in quei giorni: non era crudele obbligarmi lasciarla andare?
No. Non potevo, né volevo farlo.
Odiavo l'idea di perdere qualcun altro.
“Finì così il mio primo amore, spezzato sul nascere.”
Vorrei davvero poterlo dire, archiviare questa storia e andare oltre, eppure non ne sono in grado.
Tutt'ora mi rifiuto di farla finire in quel modo tremendo.
La verità è che non smisi mai di pensare a quell'estate. Anche adesso non riesco a voltare le spalle a quel suo ghigno impertinente. E detesto che mi abbia messo da parte senza alcun ripensamento, anche se eravamo solo due bambini.
Oggi come allora, ho un fuoco che mi divampa nel petto: vorrei solo poter stringere quella chioma bionda fra le dita e non mollare più la presa.
La mia prima cotta non è stata infantile e stupida, ma brutale quanto mordace. Non passava giorno senza che pensassi al suo nome e questo andò avanti per anni.
Divenne un'ossessione.
Iniziai a surfare perché era su una spiaggia che c'eravamo incontrati.
Ingenuamente forse, pensai che se fossimo stati nello stesso posto, avrei notato subito la sua presenza, perché non esisteva persona al mondo in grado di eguagliare quegli splendidi occhi verdi.
Imparai a suonare la chitarra per sfogarmi, per mettere su musica quel buco che avevo nel cuore e che non riuscivo a guarire. Fu tempo perso, nulla riusciva a calmarmi.
Cominciai anche a leggere molto, perché quel suo libro mi aveva catturato. Mi sentivo come la farfalla di quel racconto, non provavo alcuna paura. Volevo solo essere divorato da quella tela eppure, per quanto mi dimenassi, il mio ragno non rispondeva al richiamo, si faceva attendere e rimanevo suo prigioniero. Non intendeva inghiottirmi, né vedermi.
Però io non avrei atteso quella cazzo di falena: in cuor mio ero consapevole che l'unica donna a potermi avere fosse proprio Spider.
Un giorno di tanti anni dopo, in un bar incontrai Cloé. Era una ragazza raggiante e spensierata e i suoi capelli lucenti mi ricordavano così tanto il mio primo amore che un po' mi infatuai di lei.
Le piacevano gli sport proprio quanto piacevano a me. Era la cheerleader più talentuosa che avessi mai visto. Aiutava chiunque ne avesse bisogno senza pensarci due volte. La presi come modello.
Era indipendente, intelligente e bellissima. Un nuovo raggio di sole, anche se meno splendente di quello che avevo visto da bambino.
La sua risata non era così pungente, non aveva traccia di sarcasmo nella voce e non mi affibbiava stupidi soprannomi infantili.
Non mi sentivo solo quando ero con lei, però. I suoi capelli biondi mi rassicuravano.
Continuai a ripetermi che lei poteva guarirmi, che poteva aggiustare l'enorme crepa che avevo nell'anima e che tutto sarebbe andato bene al suo fianco.
Mi aggrappavo testardamente a un'illusione.
Anche se a malincuore capii presto che, per quanto mi sforzassi, non avevamo alcuna intensa sessuale. Ci baciavano, lo facevamo timidamente, e voltavamo lo sguardo l'attimo dopo perché la verità era che a recitare quello spettacolo eravamo in due.
Mi resi presto conto che a Cloé non interessasse per nulla chi frequentassi, potevo avere qualunque donna volessi e lei ne rimaneva totalmente impassibile.
La verità era una e una soltanto: non ero io l'oggetto dei suoi desideri e lei non era quello dei miei.
Nonostante ciò, pensai di poter finalmente mettere da parte quell'amara insoddisfazione che aveva accompagnato tutta la mia infanzia e adolescenza, ma...
...finalmente rividi il mio ragno.
Ed era un maschio.
novembre - presente
𝚒𝚜𝚊𝚊𝚌 𝚜𝚙𝚒𝚍𝚎𝚛
Ciao diario, sono sempre io.
Forse dovrei scusarmi. Cioé è stupido farlo con un quaderno, sei comunque un oggetto inanimato, ma...
Ah, lasciamo stare!
Diciamo che oggi non è per “Isaac” che sto scrivendo, q̶u̶i̶n̶d̶i̶ m̶i̶ d̶i̶s̶p̶i̶a̶c̶e̶.
So che non dovrei usarti in questo modo, che le tue pagine sono importantissime per la mia terapia, ma più ci penso più mi innervosisco, dunque ho pensato che scrivere qualcosa mi avrebbe fatto star bene.
E non è forse questo il tuo scopo in fondo? Sempre che tu serva davvero a qualcosa.
Non sono nemmeno sicuro che Linda ti vorrà leggere, voglio dire magari quando avremo finito se ne uscirà fuori con una delle solite cazzate da psicologi. Qualcosa del tipo: «Bene, ora brucialo e con lui se ne andranno le tue preoccupazioni!»
Oddio, spero di no. Non mi piace l'idea. Mi sembrerebbe di aver sprecato inchiostro.
Magari mi chiederà solo di rileggerti: lei sostiene fermamente che debba ascoltarmi di più. Ma quando sei me, ti trovi insopportabile per forza, quindi mi domando se non sortisca l'effetto contrario.
V̶a̶ a̶ f̶i̶n̶i̶r̶e̶ c̶h̶e̶ a̶p̶p̶e̶n̶d̶o̶ u̶n̶ c̶a̶p̶p̶i̶o̶ a̶l̶ s̶o̶f̶f̶i̶t̶t̶o̶.
Comunque sto divagando. Dicevamo?
Non ricordo.
Merda. Sono davvero tornato indietro a rileggerti. Porca puttana!
P̶e̶r̶c̶h̶é̶ i̶ m̶i̶e̶i̶ p̶e̶n̶s̶i̶e̶r̶i̶ s̶o̶n̶o̶ s̶e̶m̶p̶r̶e̶ c̶o̶n̶f̶u̶s̶i̶?
Voglio parlare di Sebastian.
Sai, lui ha una malsana concezione del mondo. Crede fermamente di aver commesso così tanti errori da meritarsi ogni angheria. A volte penso sia un idiota.
Anzi: è sicuramente l'idiota più idiota del pianeta!
Perché qualcosa lo tormenta, ma non fa affidamento su di me. Non me ne vuole parlare!
Oddio, magari non sono la persona più indicata in realtà, dopotutto sono bello incasinato di mio, tuttavia potrei consolarlo, no? O almeno provarci.
Merda, non lo so...
Però lui ha sicuramente in mente qualcosa e io voglio capire cos'è che lo infastidisce tanto.
E soprattutto che diavolo intenzioni ha con il sottoscritto.
Ieri è stato stupendo. Mi è piaciuto da matti baciarlo, averlo sotto le mie dita, stare dentro le sue labbra accoglienti...
A Seb... anche? Credo? Immagino di sì. Non se ne è lamentato dopo. È un buon segno, giusto?
Lui però non si lamenta mai di nulla, quindi... Oddio! Non è che sta zitto per non ferire i miei sentimenti?
Cazzo, ma perché non mi dice le cose come stanno!?
Sai, Sebastian è un uomo particolare: ha sempre un piano per tutto e la cosa peggiore è che crede di essere infallibile, quindi non ne fa di riserva.
Sono un po' preoccupato in realtà, a volte si comporta come un bambino capriccioso. Si mette in testa qualcosa e quella è.
Penso sia più testardo di un mulo.
Poi dice che sono come un fratello e allora perché non mi mette al corrente delle sue angosce?
Cazzo.
È pazzesco: ci conosciamo da pochissimo, eppure mi è entrato nel cuore in un modo che non credevo possibile.
È stupido chiederselo, visto che non mi guarderà mai con la stessa lente che riserva alla sua amata Cloé, ma sono davvero degno di Sebastian?
Ormai qualche tratto del suo carattere l'ho compreso: è più timido e schivo di quanto voglia ammettere, maschera ogni emozione con inquietante maestria, quando ci sono gli altri intorno, e solo di recente mi ha dimostrato quanto in realtà sia possessivo, geloso e facilmente irritabile.
Lo so. Dovrei tenermi alla larga da un tipo del genere, ma d'altro canto è anche estremamente dolce. E poi tende a scusarsi per un non-nulla, ha paura di essere abbandonato, adora le metafore, ne usa un sacco, e allo stesso tempo odia quando gli altri non provano nemmeno a comprenderlo.
È complicato.
Ma immagino che, essendolo di mio, mi piacciano le persone strane e difficili.
E Sebastian Show è davvero bizzarro, più complesso di un'equazione di sole lettere.
Sono riuscito, in qualche modo, a scoprire qualcosa della sua contorta - cazzo, se è contorta! - personalità, ma è un profilo abozzatissimo e vorrei sapere di più sul suo conto. Le poche informazioni che ho pazientemente raccolto non mi bastano.
Vorrei anche trovare più punti in comune. Su certe cose siamo proprio opposti.
Seb, ogni volta che un dubbio gli attraversa la mente, sceglie deliberatamente di smettere di pensare. Non vuole “se” e “ma” a intasargli il cervello, preferisce agire. Se desidera qualcosa, la etichetta come sua ancora prima di afferrarla.
Io invece rimugino su tutto. Ho la mente abitata da interrogativi che non dovrei neanche pormi.
A volte mi pare di essere in apnea.
Sebastian prende la tavola da surf, la chitarra o corre fra le braccia di Miss Perfezione per far tacere i demoni che lo tormentano. In qualche modo rimane a galla.
Magari dovrei trovarmi un hobby o un fidanzato anch'io, così non rischierei di affogare.
Ma mettere in pausa quei diavoli non mi basterebbe. Ci dovrà pur essere un modo per ucciderli.
A̶ p̶a̶r̶t̶e̶ q̶u̶e̶l̶l̶o̶.
Ok, sta diventando deprimente.
Per oggi stacchiamo qui.
Vado a giocare, ho un boss-ragno che mi aspetta - maledetto Harry Potter e anche me per aver speso così i miei soldi!
Firmato, Zack.
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