Capitolo 26

"È nel momento più freddo dell'anno che il pino e il cipresso, ultimi a perdere le foglie, rivelano la loro tenacia"

Confucio

Spokane, Washington, 2002

Non c'erano molti spettatori ad assistere alla partita di hockey, quel pomeriggio, forse perché a contendersi la vittoria c'erano solo due squadre universitarie di poco conto.

Ma Nick era gasato ed eccitato come se stesse per assistere ai play off dell'NHL.

La sua passione per l'hockey sul ghiaccio era nata quando era piccolo. Suo padre lo portava a tutte le partite e ben presto Nick aveva iniziato ad appassionarsi così tanto da voler far parte di quel mondo.

Ma non era stato fortunato. O meglio, dopo i primi anni di allenamento si era reso conto di essere un discreto giocatore.

Non un ottimo giocatore, e neanche uno abbastanza promettente, ma discreto.

E poi da quando era caduto malamente sul ghiaccio, all'ultimo anno, aveva smesso definitivamente di giocare.

Un po' gli era dispiaciuto, e doveva ammettere a se stesso che gli mancava.

Perciò cercava spesso di colmare quel vuoto andando alle partite universitarie, dove giocavano anche molti suoi amici.

Fino a quel giorno Bridget non aveva mai avuto interesse per quel tipo di sport.

Ma improvvisamente aveva deciso che tutta la famiglia doveva partecipare.

«Potrebbe diventare una tradizione, una cosa solo nostra», aveva affermato quella mattina stessa mentre riempiva una gigantesca borsa con tutto ciò che serviva per la giornata.

«Ma a te non piace l'hockey».

«Solo perché in realtà non ho mai visto una partita. Potrei stupirti», gli aveva fatto l'occhiolino, prima di chiudere la borsa e mettersela in spalla. 

Era ovvio che non avrebbe ammesso repliche e in fondo a Nick faceva piacere condividere la sua passione con la moglie e con la figlia. 

Ed era così che tutta la famiglia aveva deciso di passare la domenica pomeriggio. Il volto di Nick trasmetteva gioia e anche eccitazione per l'incontro, quella di Bridget aveva assunto un'espressione calma e soddisfatta e la piccola Lily guardava tutto con stupore. 

Il padre le aveva comprato lo zucchero a velo, un'enorme nuvola di glucosio rosa più grande perfino della sua testa, che lei teneva saldamente con la mano. 

Ogni tanto immergeva letteralmente la faccia all'interno di quella cosa soffice e ne addentava un pezzo, ricoprendosi così le guance di appiccicume rosa. 

La partita non era ancora iniziata e lei già faceva tante domande. La fase dei "perché" sembrava essere finita ma la sua curiosità da bambina no. 

«Papà, ma anche le ragazze giocano ad hoky?»

Nick non riuscì a trattenere una risata nel sentirla pronunciare il nome in modo sbagliato, prima di rispondere: «Ma certo, principessa, anche le ragazze possono giocare ad hockey».

Con una mano le accarezzò i lunghi capelli biondi e l'avvicinò a sé per poterle lasciare un bacio sulla testa. 

Lei, per tutta risposta, addentò la nuvola di zucchero e lasciò che si sciogliesse in bocca prima di aggiungere: «Posso giocarci anche io?».

La domanda fece rimanere stupiti sia Nick e Bridget. Di certo non si aspettavano un tale interesse della figlia per uno sport che non aveva neanche mai visto. 

I due genitori si guardarono, da sopra la testa della figlia, e Nick intuì subito una certa perplessità negli occhi di Bridget. 

Eppure, dopo aver accarezzato per l'ennesima volta la testa della bambina, affermò: «Ma certo, se lo vorrai».

«Io voglio», il tono di voce di Lily era perentorio, come solo un bambino che crede di sapere che cosa desidera può avere. 

Come quando, deciso, non vuole ammettere che babbo natale non esiste o che ormai è troppo grande per dormire nel letto con i suoi genitori. 

Quando si è bambini si è liberi di fantasticare e viaggiare con la mente. E' l'età giusta per poter fare tutto ciò che si vuole, per poter crede in tutto ciò che si vuole. 

E nessuno, neanche il cattivo più cattivo dei cartoni animati, si sognerebbe di interrompere questa magia. 

Per questo Bridget sorrise alla figlia e, nonostante fosse molto scettica riguardo al suo interesse per l'hockey, le rivelò con dolcezza: «Se ti piacerà, dopo questa partita, possiamo parlare con l'allenatore».

«Certo, è un mio amico», aggiunse Nick. Una parte di lui era perfino eccitato all'idea che la figlia potesse seguire le sue orme sportive, magari riuscendo dove lui aveva fallito.

Si era completamente dimenticato che c'era una buona possibilità che in realtà Lily lo aveva detto solo perché, come tutti bambini, amava le novità. 

Probabilmente ancora non aveva capito in cosa consisteva quel gioco, ma non le sembrava importante saperlo. 

Eppure, ogni genitore ripone speranze nei propri figli.

Come se fosse la prosecuzione della propria vita, dei propri sogni e delle proprie aspettative.

Per questo Nick rimase a fissare, per quasi tutta la partita, la figlia, invece che osservare il gioco.

Lily se ne stava in silenzio, con i suoi grandi occhioni chiari attenti ad ogni passaggio.

Non fiatò, non fece neanche una domanda. Osservò, interessata e quasi incantata.

Avrebbe pagato qualsiasi cifra per sapere che cosa stava pensando in quel momento la sua bambina.

Per poter entrare nella sua piccola mente e perdersi, per qualche minuto, nel suo mondo.

E invece rimase in silenzio, anche solo spaventato all'idea di rovinarle quel momento.

Solo quando la partita finì, la figlia si voltò, con il suo volto a forma di cuore, i suoi occhi grandi e piene di aspettative, e un sorriso dolce ad incorniciarle l'espressione. 

«Papà, voglio provare anche io».

Si era aspettato una reazione del genere, eppure il suo cuore si riempì di gioia nel sentirglielo dire. 

Tutto orgoglioso, prese per mano la figlia e la fece scendere dagli spalti, avvicinandosi alla vetrata che li divideva dalla pista.

Bridget rimase in disparte, comprendendo perfettamente che quello era un momento padre figlia a cui non poteva partecipare. 

Spezzo Nick era messo un po' da parte, quando Lily voleva giocare con le bambole o quando con la madre si pettinavano i capelli a vicenda.

Lui ci provava ad interagire con tutti quei giochi femminili, ma era ben visibile l'imbarazzo e anche un po' l'ingenuità di chi non sapeva affatto neanche da dove cominciare. 

Per la prima volta sembrava che padre e figlia avessero trovato qualcosa che potesse interessare ad entrambi, con la quale avrebbero potuto condividere istanti indimenticabili.

Inoltre, c'era anche da dire che Bridget aveva definitivamente scoperto di non essere molto interessata a quello sport, anzi, si era annoiata come se fosse tornata ai tempi della scuola. Ma questo naturalmente non lo disse mai a Nick.

Li osservò attentamente dalle sedute mentre Nick si rivolgeva all'allenatore. Lo vide stringergli la mano, sorridergli e chiedergli qualcosa. 

E nel giro di pochi minuti, Lily e Nick avevano indossato un paio di pattini, pronti ad entrare nella pista, ormai vuota. 

Il suo istinto di madre le fece temere un po' per l'incolumità di sua figlia, tanto che si alzò in piedi per poter osservare meglio. Ma Nick non la lasciò mai.

Tenendole entrambe le mani, e pattinando all'indietro, la guidò piano e con sicurezza, lungo tutta la pista ghiacciata.

Lily vacillava e proseguiva con andatura poco sicura ma anche da lontano Bridget poteva scorgere il suo sorriso, risplendente, allegro e spensierato. 

Guardando le due persone più importanti della sua vita, si chiese se sarebbe mai potuta essere più felice di così. 

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