Capitolo 25

"Quando il primo bambino rise per la prima volta, la sua risata si sbriciolò in migliaia di frammenti che si sparpagliarono qua e là. Fu così che nacquero le fate".

Peter Pan, di James Matthew Barrie

Hayden, Idaho, 2001

«Mamma, raccontami una storia, ti prego», la supplicò Lily con quel suo musino tenero. Quello per il quale Bridget avrebbe potuto anche uccidere.

«Che fiaba vuoi che ti legga?» ormai era diventata una specie di tradizione. Tutte le sere, a turno, Bridget e Nick si sedevano accanto al letto della figlia, dopo aver accuratamente scelto un libro dalla libreria della figlia, e leggevano qualche pagina.

Non molto perché Lily arrivava a fine giornata, come ogni bambina che si rispetti, così stanca che, non appena si rilassava, le bastavano davvero pochi minuti per crollare.

Era una della qualità dei bambini. Un attimo prima vispi a saltare da una parte all'altra, e l'attimo dopo tra le braccia confortevoli di morfeo.

E quando la figlia chiudeva gli occhi, beata e felice, smettevano di leggere, lasciano un segnalibro come ricordo e riponevano la storia tra gli scaffali.

«Peter Pan» asserì lei, decisa e quasi austera, beccandosi un'espressione incredula da parte della madre.

«Lo abbiamo appena finito di leggere ieri», protestò leggermente Bridget.

Non riusciva a capire con quale curiosità sua figlia volesse rilegge, e rileggere ancora, la stessa storia. Non solo sapeva come finiva, ma aveva ascoltato il finale solo il giorno prima.

Eppure Lily non si scompose: «Ti prego, mammina, ti prego».

Bridget alzò gli occhi al cielo, prima di cedere alle parole dolci della figlia e tirare fuori, dall'elenco, la storia che stava chiedendo.

Si mise seduta vicino al suo letto, sulla sedia a dondolo tanto comoda e appoggiò la schiena, lasciandosi cullare leggermente dal movimento del mobile.

Quasi in un sussurro, iniziò a leggere: «Tutti i bambini, tranne uno, crescono. Lo sanno presto che cresceranno e Wendy lo seppe a questo modo. Un giorno, quando aveva ancora due anni, giocando in un giardino, colse un fiore e lo portò di corsa a sua madre. C'è da pensare che la bimba, in quell'atteggiamento, sembrasse deliziosa poiché la signora Darling appoggiò le mani al cuore ed esclamò: "Oh, perché non puoi restare così per sempre?". Questo fu tutto quanto passò tra di loro sull'argomento, ma, da allora, Wendy seppe che sarebbe dovuta crescere. Tutti, dopo i due anni, scopriamo questa verità. I due anni sono il principio della fine».

«Perché mamma?» la interruppe Lily, impaziente ma anche abbastanza contenta di essere stata soddisfatta.

«Perché cosa?»

«Perché i due anni sono il principio della fine?»

«Perché è in quel momento che ci si rende conto di non poter restare bambini per sempre», le rispose, fissandola con la coda dell'occhio mentre la sua attenzione era ancora tutta sul testo.

«E perché non possiamo restare bambini per sempre?»

Eh sì, Lily stava passando quel classico periodo che prima o poi caratterizza ogni bambino: quello cosiddetto dei "perché".

Tutto per lei iniziava con una domanda e finiva con tante altre domande. Non bastava solo rispondere, perché ogni sentenza faceva nascere in lei altri quesiti, curiosa come non mai.

Fino a quando non si arrivava ad un punto morto, generalmente quando Bridget si rendeva conto di non saper rispondere ad una precisa domanda.

Ed infatti rimase in silenzio per qualche istante, riflettendo sulle giuste parole da dire, e poi, quasi fiera di se stessa, aggiunse: «Perché è la vita, tesoro mio. Tutti nasciamo, viviamo, cresciamo e poi...»

Si fermò improvvisamente quando si rese conto che l'ultima parola avrebbe potuto anche scatenare un discorso troppo complicato per una bambina di quattro anni. Ma ormai era troppo tardi.

«E poi?» non si fece scappare Lily, attenta ascoltatrice.

Mise in difficoltà Bridget che cercò qualche appiglio intorno a lei, come se l'ispirazione potesse venirle grazie ai pupazzi sul letto o alle stelle sul soffitto.

«E poi... e poi... e poi niente, torniamo da dove siamo venuti».

Non le sfuggì l'espressione scettica della figlia, che non credette neanche un istante alle sue parole.

Lei voleva qualcosa di più, voleva i dettagli.

«E da dove veniamo?» sembrava quasi che con il suo tono insistente volesse metterla alla prova, e Bridget non si sentiva affatto adatta.

Ma lei era la madre, e aveva sempre quella carta da potersi giocare, perciò le si avvicinò, allungò una mano per sistemarla la coperta e chiuse il discorso dicendo: «Non sono cose di cui discutere a quest'ora... dormi, tesoro».

Si chinò per poterle lasciare un casto bacio sulla guancia e quando riprese posto sulla sedia a dondolo, non le diede il tempo di obiettare, tornò a leggere.

Immediatamente la piccola i rilassò, accontentandosi, almeno per il momento, delle poche risposte ottenute.

Due pagine e mezza dopo, dormiva profondamente come se si fosse addormentata ore prima, invece che qualche istante addietro.

Bridget lesse qualche altra riga, giusto per sicurezza, assecondando il suo lento respiro con la sua voce delicata.

Si alzò lentamente, cercando di non fare troppo rumore, lasciò il libro sul comodino pronto per la sera seguente ed uscì dalla stanza.

Prima di allontanarsi definitivamente, però, si voltò di nuovo, sulla soglia della porta, ad osservare la sua bambina.

Quando raggiunse Nick, già spaparanzato sul letto, lui la stava aspettando con le braccia dietro alla nuca e le caviglie incrociate. Il ritratto della beatitudine.

Con un sorrisetto irriverente a coprirgli il volto, la stuzzicò: «Diventano sempre più difficili queste domande, eh?»

Naturalmente aveva origliato la loro conversazione. Lo faceva praticamente tutte le sere e Bridget non se ne accorgeva mai.

Silenzioso e agile come un ninja, si piazzava dietro la porta e ascoltava fino alla fine, per poi correre in camera all'ultimo minuto e fingere di essere sempre stato lì.

«Cosa avrei dovuto dire? Non credo che tu saresti riuscito a fare di meglio».

«Ovviamente io non sarei riuscito a dribblare in modo subdolo come hai fatto tu», la schernì, riferendosi a come aveva zittito la figlia, tornando alla lettura.

Lei entrò nella camera da letto e andò dritta davanti alla sedia dove di solito riponeva i vestiti, iniziando a spogliarsi.

«In tal caso, domani la manderò da te quando vorrà sapere la risposta», si voltò nella sua direzione per fargli una linguaccia mentre indossava il pigiama.

I bambini difficilmente dimenticano, anzi, hanno una memoria come quella degli elefanti. E Lily non faceva eccezione.

Nick scoppiò a ridere, con così tanto trasporto che buttò la testa all'indietro, contro la spalliera del letto.

Non sembrava per niente preoccupato dalle minacce della moglie, anche se in realtà entrambi sapevano meglio di chiunque altro che non era facile rispondere alle domande scomode della figlia.

«Non sfidarmi, potrei restare sveglio tutta la notte in cerca di un responso perfetto da propinare ad una ragazzina di quattro anni».

Bridget salì sul letto, con un sorriso malizioso sul volto, e gattonò nella sua direzione: «Sai meglio di me che non vinci mai le scommesse».

Ormai sopra di lui, si chinò per baciarlo e Nick rimase immobile, completamente in balia del suo amore e del suo affetto.

E quando poi Bridget appoggiò il volto sul suo petto, Nick le circondò il corpo esile con il braccio e le baciò delicatamente la fronte.

«A pensarci, non sarebbe bello poter restare giovani per sempre? Lily rimarrebbe bambina come Peter Pan».

Quel fragile ed ingenuo pensiero le aveva attraversato la mente per qualche secondo ma aveva sentito il bisogno di condividerlo con lui.

La vita scorre, forse anche troppo velocemente, e spesso non si ha nemmeno il tempo di riuscire a rendersene conto.

Sfugge davanti ai nostri occhi, impotenti di fronte a tale fenomeno.

Perché contro il fluire del tempo non si può far nulla. E' qualcosa che va oltre ogni tecnologia creata dall'uomo.

Non si può fermarlo, non si può farlo tornare indietro. Va solo in avanti, sempre e comunque, incurante delle tue suppliche.

E di questo Bridget aveva paura. Di andare troppo di fretta, di perdersi qualcosa per strada perché il tempo... il tempo non aspetta nessuno.

«Invece a me piace pensare a come saremo fra cinquant'anni», ammise Nick, completamente opposto al pensiero della moglie.

Quando poi lei alzò lo sguardo e spostò la testa per poterlo guardare negli occhi, lui poté vedere il grosso punto interrogativo sul suo volto.

Perciò aggiunse: «Vecchi, rugosi, zoppicanti e con la cataratta... A passare le nostre giornate a giocare a bridge, a lamentarci dei tempi odierni e rimpiangere quelli passati, nell'attesa della visita di Lily con il marito e i suoi quattro figli».

Sembrava che fosse già lì con la mente, sul portico della loro casa, a distanza di mezzo secolo da allora.

Come se potesse già sentire il frinire delle cicale sulle fronde degli alberi, il sole pomeridiano riscaldargli il volto stanco e vecchio, e l'odore di biscotti appena sfornati dalla vicina.

Come se potesse ascoltare con le sue orecchie le risate dei suoi nipotini e vedere il sorriso infantile sui loro volti.

«E' tutto quello che una persona possa desiderare... la sicurezza di un futuro».

E Bridget non poté che sorridergli, dolcemente e affabilmente, pensando che sì... in fondo invecchiare non sarebbe stato tanto male.

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