Capitolo 23

"Quando si sente la fine bisogna piantare un inizio".

Alberto Casiraghi

Dillon, Montana, 2018

Nick se ne era andato molto tardi e Bridget non era riuscita a prendere sonno.

Dal modo in cui le aveva dato il buongiorno la mattina dopo, anche Nick non aveva dormito un granché.

Ed erano entrati in un rigoroso silenzio anche all'interno della tavola calda dove si erano fermati per fare colazione.

Un posto carino e pulito ma senza troppe pretese. Come molti altri piccoli ristoranti che avevo incontrato lungo la loro strada durante il primo viaggio.

Le sedute erano comode, n visibilmente usurate dal tempo. All'interno c'era un forte odore di bacon fritto e uova sode.

Bridget aveva scelto un posto vicino alla finestra, per poter guardare la bella giornata che si prospettava davanti a loro mentre Nick borbottava di strani insetti grossi come topi e rumori inquietanti proveniente dalla stanza accanto.

Era visibilmente anche più nervoso della notte prima, ma Bridget non avrebbe saputo dire se a causa del motel o della loro chiacchierata.

Ma capì subito che era turbato anche a causa del poco cibo che ordinò.

«Non hai molta fame?» gli chiese indicando il succo di frutta e il misero toast al formaggio che aveva chiesto.

In netto contrasto con il piatto di bacon, uova strapazzate e caffè di lei.

«Prima finiamo di mangiare e prima ci metteremo in marcia...».

Davanti a tutta quella fretta Bridget storse la bocca.

Avrebbe voluto chiedergli perché sentisse l'esigenza di avvicinarsi sempre di più dal luogo che più temevano.

Avrebbe voluto rivelargli che, per quanto una parte di lei fremeva nel sapere la verità, un'altra parte voleva frenare l'inevitabile.

Ed era per questo che quella mattina si era svegliata con un idea precisa in testa.

Quasi entusiasta, il suo umore era stato smorzato da quella frase detta tra i denti.

Per questo rimase in silenzio per tutta la colazione, indecisa su cosa dire per convincerlo a prendere quel viaggio nel modo migliore.

Solo verso la fine, quando Bridget spostò leggermente lontano da lei il piatto decretando di aver concluso, lui la fissò interdetto.

Una breve occhiata ai rimasugli di cibo che aveva lasciato e al goccio di caffè, anch'esso abbandonato al suo solitario destino.

«Ancora con il vizio di lasciare degli avanzi?», non finse neanche di non esserne sorpreso.

Bridget in risposta fece spallucce, un po' irritata dal suo comportamento.

Quel piccolo "vizio", come lo chiamava lui, era diventato per lei una sorta di rituale a cui non poteva fare a meno.

Si sentiva quasi male nel vedere il suo piatto, o il bicchiere, completamente vuoto.

E per questo, quasi per caso e inizialmente senza rendersene conto, aveva iniziato a lasciare qualcosa.

Entrambi non sapevano bene dire quando fosse iniziata quella mania con precisione, ma erano sicuri che fosse stato dopo la scomparsa di Lily.

In principio Nick aveva etichettato la cosa come "solo un po' strana", e aveva preso l'abitudine di finire per lei il cibo che ordinava.

Ma se c'era una cosa che aveva imparato stando insieme ad una psicologa, è che nessun atteggiamento è mai per caso. Niente è senza significato.

Per questo prese il coraggio di dire: «Sai che cosa direbbe Laura di tutto ciò?»

«Cosa?», il tono leggermente stizzito di Bridget gli fece ricordare che forse non era una grande idea parlare della sua futura sposa con la sua ex moglie.

«No, lascia perdere».

«Adesso lo voglio sapere... Sono curiosa», ma appariva tutto fuorché ciò che aveva insinuato, mentre appoggiava i gomiti sul tavolo e lo fissava in attesa.

Fu tentato di restare in silenzio, il suo istinto gli intimava di tacere.

Ma sapeva anche che riuscire a convincere Bridget a desistere sarebbe stato impossibile.

Arreso, tirò un lungo sospiro e affermò: «Direbbe che hai paura delle conclusioni. Che ti spaventa chiudere una porta definitivamente per timore che quella successiva apra scenari ancora più difficili da sopportare».

Bridget sapeva che Nick aveva parlato di lei con la sua fidanzata, eppure non riuscì a non provare rabbia al sentire quelle parole.

«E cosa direbbe di una psicologa che esce con un paziente?»

Lo fissò con occhi di ghiaccio per qualche secondo. La sua voce più tagliente di un coltello.

E poi si alzò di scatto causando un discreto rumore e facendo saltare Nick dallo spavento.

Sì voltò senza dire nient'altro ed uscì.

Aveva bisogno di un po' d'aria e di tempo per chiarire le idee e calmarsi.

Aveva reagito male, molto male ma certe cose non riusciva proprio a controllarle.

Non era riuscita a superare la storia di Laura, e mai ci sarebbe riuscita.

Si fermò davanti alla macchina, con lo sguardo fisso verso la strada che li aspettava.

La sua idea ancora le ronzava nella testa, anche se pensava di aver perso la sua occasione.

Se Nick era già nervoso all'inizio della giornata, la sua frecciatina non aveva migliorato le cose.

Non che si pentisse di aver menzionato quella faccenda, anzi, tutt'altro.

Laura si era presa il suo uomo, non solo, lo aveva fatto approfittando delle sue capacità di ascoltatrice.

E spesso si chiedeva quando quella donna avesse deciso che era giunto il momento di fare la sua mossa con Nick.

Se la immaginava seduta alla sua scrivania, durante la classica ora dedicata a Nick, che lo ascoltava parlare della figlia e del suo matrimonio che andava a rotoli.

E allora si domandava, quando aveva smesso di vederlo come un paziente e lo aveva osservato con occhi diversi?

Quando aveva capito di essersi innamorata di Nick? E quando si era resa conto che non era più corretto essere la sua psicologa?

La parte più morbosa di lei avrebbe voluto sapere ogni minimo dettaglio di quella storia. Ma non aveva mai avuto il coraggio di fare domande.

Aveva urlato, insultato, sbraitato e rotto piatti, ma non aveva mai chiesto nulla.

Nick la raggiunse in silenzio e, a sorpresa, le circondò la vita con le braccia, abbracciandola da dietro.

Erano anni che non sentiva il suo respiro così vicino, sul collo. Che non percepiva quel calore al contatto che tanto aveva agognato.

Per questo chiuse gli occhi e si lasciò andare, trasportare da tutti quei sentimenti travolgenti.

Sentiva la mancanza di quella compagnia. Di ogni piccolo gesto che si dà sempre per scontato ma che in realtà è importantissimo.

«Scusami, non avrei dovuto giudicarti», le sussurrò all'orecchio sfiorandole il lobo con le labbra.

Percepiva che anche lui aveva necessità di quel contatto. Che lo aveva desiderato da così tanto tempo da essersi dimenticato quando precisamente.

«Avevi ragione, comunque», ammise Bridget, ancora con gli occhi chiusi.

L'unica cosa che voleva era restare abbracciata a lui per il resto dei suoi giorni.

Ma sapeva che presto sarebbe finito tutto, per questo cercò di godersi al massimo quei brevi momenti.

«Ho paura di chiudere quella porta Nick. Ne ho paura perché non credo che sia giusto farlo, perché penso che non sia ancora finita. Non ho neanche le chiavi per quella porta, e prima di potermi lasciare tutto alle spalle, devo trovarla».

Nick rimase in silenzio ad ascoltare il suo discorso.

Per molti anni avevano tentato di trovare l'equilibrio perfetto. Cercando di vivere e andare avanti come meglio potevano.

Aveva lottato e cercato ovunque. Si era disperati e fatti del male l'un l'altra.

Alla fine Nick si era arreso. Aveva tirato fuori la sua bandiera bianca e aveva deciso che era giunto il momento di andare oltre.

Ma quella porta, quello spiraglio che dava direttamente sulla sua vita precedente, non si era mai chiusa veramente.

Perché ci sarebbe sempre stato qualcosa di irrisolto, fino a quando non fossero riusciti a ritrovarla.

«Vuoi aiutarmi, Nick?» gli chiese dopo svariati secondi.

Lui la lasciò andare anche se con molta fatica, e la costrinse a guardarla in faccia, mentre affermava: «Farei qualsiasi cosa per te».

E Bridget afferrò subito la palla al balzo, chiedendo: «Portami a Yellowstone».

Nick s'incupì immediatamente alla richiesta della donna ma lei non lo lasciò neanche obiettare.

«Se hai ragione tu, Nick, se ciò che ci aspetta in Nuovo Messico è quello che pensi tu, tutto sarà finito per davvero. Non vuoi passare questi giorni vivendo come il vecchio Nick?»

Si riallacciata al discorso fatto la notte prima, sperando di suscitare quanto meno un po' si curiosità in lui.

«Andiamo a Bozeman, come quindici anni fa... Mangiamo qualcosa e poi passiamo per il parco. Allungheremo solo di un giorno».

«Un giorno più lontani dalla verità».

«Un giorno per capire come affrontare questa verità».

Anche Nick ancora non sapeva come avrebbe fatto. Anche lui si tormentava all'idea di corsa avrebbe preso le parole, dolorose ma rivelatorie, dello sceriffo.

E poi? Cosa sarebbe rimasto?

Giungere a Los Alamos per loro sarebbe significato la fine di una vita. La fine di tutto.

E poteva anche illudere Laura, poteva anche convincere se stesso che era pronto.

Ma la verità era che non sapeva che cosa lo aspettava una volta giunti a destinazione.

E l'ignoto spaventa tutti.

«Non pensi che sarà doloroso, rivedere quei posti?», le chiese, quasi convinto ma ancora preoccupato.

«Non credi che sarà bello, ripensare a quanto eravamo felici?», ritratto lei, ottimista.

«Qualche anno fa un uomo saggio mi ha detto che dovremmo conservare solo i bei momenti, e dimenticare i brutti», aggiunse con un sorriso un po' malandrino.

Usare le sue stesse parole contro di lui era uno stratagemma tipico di Bridget e, nonostante tutti quegli anni, lui ancora ci cascava con tutte le scarpe.

Rispose al suo sorriso, arreso ma allo stesso tempo compiaciuto: «Un uomo davvero saggio», borbottò prima di salire in macchina.

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