Capitolo 14
"Ogni relazione alimenta una forza o una debolezza dentro di voi".
Michael Murdock
Hayden, Idaho, Natale 1998.
I genitori di Nick avevano insistito affinché passassero tutti insieme il natale. Bridget era perfino riuscita a convincere sua madre, ormai cambiata al punto che neanche la riconosceva.
Tom si era lasciato prendere dalla gioia che suscita questo periodo dell'anno e aveva esteso il proprio invito anche ai giovani commessi che lavoravano nel suo negozio.
Con indosso un grande maglione di lana rosso con le renne bianche, accoglieva i suoi ospiti cercando, invano, di copiare la particolare risata di Babbo Natale.
Gli adulti lo fissavano quasi con pietà ma Lily rise come una matta quando lo ascoltò. E fu così attratta da quella risata che si convinse a lasciar perdere la neve per entrare finalmente in casa.
La tavola era stata apparecchiata con grande precisione da Sandra, la cuoca di quella serata. La luce delle candele dava un'aria più romantica a tutta la stanza ma il vero protagonista era l'albero di natale.
Posto in un angolo per non disturbare il resto del mobilio, vicino alla finestra in modo che fosse possibile vederlo anche da fuori, era così grande che toccava con la punta il soffitto.
Completamente illuminato da mille e più lucine colorate, tutto decorato con addobbi rossi e dorati.
«Avresti dovuto chiedere consiglio a tuo padre sulla scelta dell'albero», sussurrò Bridget, avvicinandosi di più all'orecchio di Nick, con tono finto accusatorio.
«Il nostro però ha più carattere», tale affermazione, pronunciata anche con un certo orgoglio, fece beccare a Nick un occhiataccia da parte di Bridget.
«Capisco, adesso si dice così quando qualcosa fa schifo», obiettò Bridget, lasciandolo senza parole ma con un sorriso divertito sulle labbra.
In effetti non poteva darle torto. Il loro albero era piccolo, brutto e spelacchiato, ma era l'unico che potevano permettersi.
E nonostante lei non facesse altro che prenderlo in giro, Nick sapeva che lo adorava. Perché nella sua bruttezza c'era un qualcosa di perfetto e magnifico che solo loro due potevano vedere.
Fu proprio quel venticinque dicembre che, per la prima volta, Bridget fece la conoscenza dei colleghi di Nick. Ragazzi e ragazze di cui lui spesso parlava la sera, a cena.
Lei ascoltava, con interesse, tutte le storie che Nick aveva da condividere, ma non era mai riuscita ad immaginare come fossero quelle persone.
Perciò fu piacevole conoscere Tyler, Duke e Bill. Le sembrava di conoscerli come se fossero suoi amici, forse perché le storie di Nick erano così vere che era come essere con loro.
O forse perché alla fine, dopo il parto, non aveva più avuto l'opportunità di avere una vita da adolescente normale.
Le sue amiche erano partite per il college, inseguendo quella che poi sarebbe diventata la loro vita. E lei invece era rimasta ad Hayden, a prendersi cura di sua figlia.
Non si pentiva di aver scelto di tenerla. Ogni giorno Lily la ripagava di tutti i sacrifici fatti guardandola con ingenuità da bambina, sorridendole come se fosse il suo tutto. E questo le bastava.
Ma un po' desiderava anche poter fare altre cose. Magari studiare, o dedicarsi a qualche lavoretto. Perché a volte stare a casa tutto il giorno da sola, con Lily come unico essere umano a parte lei, poteva essere molto limitante.
Perciò quando Nick tornava e le raccontava della sua giornata, del suo relazionarsi con gli altri, s'immedesimava nelle sue storie.
Provava a viverle lei stessa, sperando che ciò potesse bastarle, almeno per un po'.
Rimase un po' interdetta quando una loro coetanea, dai lunghi capelli biondi e la pelle abbronzata - talmente da non sembrare neanche di quelle parti - le si presentò con il nome di Charlie.
«Quel Charlie?» chiese lei rivolta a Nick, con un velo di accusa della voce.
Il ragazzo non faceva altro che parlare nel suo collega Charlie. Un tipo in gamba, divertente, con il quale condivideva molte passioni e che, come lui, aveva deciso di iscriversi all'università di Spokane.
Ma non aveva mai usato pronomi maschili o femminili nel parlare di quella persona. E dato il nome, Bridget aveva supposto che fosse un ragazzo. Errore.
Nick, visibilmente agitato, si grattò la testa e sorrise. «Sì, lei è Charlotte... Ma tutti la chiamano Charlie».
Sapeva benissimo il motivo del disagio, e della furia anche, di Bridget ma era fortunato di essere in mezzo ad altre persone.
Per questo scampò all'ira della ragazza che, non volendo apparire infantile, decise di abbozzare un sorriso finto sincero e di passare oltre.
Ma non riuscì a smettere di pensare che se Nick aveva omesso quel piccolo dettaglio, forse c'era un motivo. Non aveva mai fatto una cosa simile e anche se poteva sembrare solo una sciocchezza, Bridget non si diede pace per tutta la sera.
Osservò come un cane da caccia la giovane Charlie, che risultò perfino una ragazza molto brillante e in gamba, per suo dispiacere.
E più lei faceva bella impressione davanti a tutti, più Bridget si rodeva dentro. Era gelosa sì, e faticava ad ammetterlo solo perché c'erano altre persone presenti.
«Allora, Bridget, anche tu studi alla EWU?» le chiese, ad un certo punto della serata, Charlie.
Una domanda innocua, certo, ma non per Bridget che era già sul piede di guerra.
Lanciò un'occhiata alla madre, seduta non molto distante da lei, che fino a quel momento si era comportata bene, e che era anche la persona, in quella stanza, che più di tutte avrebbe voluto un futuro diverso per la figlia.
Quando poi tornò a guardare Charlie, le sorrise ancora. Uno di quei sorrisi così grandi da dare una leggera aria da psicopatici ai proprietari.
«No, io non ho neanche il diploma... Ho lasciato gli studi per prendermi cura di mia figlia», indicò con un gesto plateale la bambina che, a metà cena, si era addormentata sul divano accanto al camino.
Sicuramente non fu l'unica a sentire la tensione tra lei e Charlie. La stesa ragazza parve in difficoltà, non tanto per le parole di Bridget, ma per il modo in cui le aveva pronunciate.
E Nick, che si era irrigidito accanto a lei, aveva notato il cambiamento.
«Beh, ma certo, fare la mamma è un lavoro a tempo pieno» trovò il coraggio di dire Charlie.
Non c'era niente di male nelle sue parole, era la pura verità e Bridget non si vergognava di essere madre.
Eppure era accecata dalla gelosia, e influenzata dall'insicurezza che improvvisamente si era impossessata di lei, che trovò il tono di Charlie inopportuno e fastidioso.
Forse tutto ciò che riguardava lei le risultava seccante.
Nick, che la conosceva abbastanza bene da sapere che aveva un limite, s'intromise nel dialogo, forse scongiurando una possibile lite imbarazzante: «Bridget è fantastica, ha una pazienza infinita con Lily. Non credo che sarei in grado di fare meglio di quanto stia facendo lei».
Fu costretto a prendersi un'altra occhiata stranita da Bridget ma ne valse la pena, perché lei si calmò e, ancora una volta, passò oltre.
Si tenne tutto dentro fino alla fine della serata, rimuginando sul perché Charlie fosse un problema per lei.
Era ovvio che non fosse la ragazza, così allegra e ben disposta, che le dava noia. E alla fine non era neanche il fatto che Nick avesse deciso di non rivelarle che fosse una donna.
Certo, le dava fastidio, perché non le aveva mai mentito. Ma il punto era un altro.
Charlie aveva quello che lei aveva sempre desiderato. Studiava all'università ed era anche molto brava, lavorava per potersi mantenere ed essere indipendente e, cosa altrettanto importante, passava la maggior parte del suo tempo con Nick.
Fino a quel momento non aveva avuto tempo di riflettere a tutto ciò a cui aveva rinunciato. Anzi, lo aveva fatto con gioia.
Ma vedere davanti a sé quella ragazza, che incarnava tutto ciò che pensava di poter diventare, l'aveva turbata molto.
Il breve viaggio di ritorno lo passarono in rigoroso silenzio, visibilmente in tensione. Nick non aveva il coraggio di aprire bocca, per paura di suscitare qualche tipo di reazione negativa in Bridget.
E quando arrivarono a casa e scesero dalla macchina, Nick si affrettò a prendere la figlia, che ancora dormiva, in braccio.
La tenne stretta a sé, quasi potesse essere un peluche rassicurante mentre varcavano la soglia di casa. Forse si aspettava una litigata e sperava che Bridget ci rinunciasse per amore della piccola.
Ma lei non alzò la voce, non se la prese con lui e, nel parlare, non sembrò neanche arrabbiata.
Decisa, determinata e senza ammettere repliche, annunciò: «Voglio diplomarmi».
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