Epilogo
Quattro anni e mezzo dopo
Il sole splendeva alto nel cielo milanese, anche se era solo aprile. Michele tirò di nuovo le maniche della giacca elegante che indossava. Per fortuna quelli del meteo non avevano sbagliato previsione e quel sabato mattina era una bella giornata.
«Zio, Lelle?»
«Dimmi scimmietta.»
«Poso salire in bracio?» disse una bambina di neanche tre anni, dai boccoli scuri, che assomigliava molto a sua sorella minore da piccola. Poi lei lo fissò con occhioni imploranti, allungando verso di lui le braccine coperte dal vestitino bianco.
«Certo, salta su, ma solo finché non arriva zio Mat. Lo sai oggi è un giorno importante e tu devi portare le fedi. A proposito, amore, dove le hai messe?»
«Ce le ho io...» disse sua sorella Nadia che si era avvicinata a loro. Da alcuni mesi era in attesa del secondo figlio, anche se ormai aveva quasi quarantʼanni.
«Perché sei in braccio allo zio, tesoro? Te lʼho detto più volte che oggi per gli zii è un giorno speciale e che tu devi comportarti bene.»
La bambina si strinse più forte al collo di Michele tuffando il faccino fra il colletto della camicia e la pelle dellʼuomo. «Dai, Nadia, stai tranquilla. Siamo in un parco pubblico, è una cerimonia informale e credo proprio che a fine giornata saremo tutti un po' stropicciati.»
La donna sospirò frustrata osservando la scena; indossava un abito premaman color lavanda e le scarpe basse per via del pancione. «Certe volte preferisco Zeus, a questa scimmietta. Non oso pensare quando arriverà il fratellino...»
Michele ridacchiò facendo sobbalzare e ridere a sua volta la nipotina facendole il solletico. «Giocheremo col piccolo Pietro, vero, scimmietta? E con zio Matt e Zeus.»
«Sì, zio Lelle...»
Michele e la sua famiglia, con uno stretto numero di amici, stavano aspettando che arrivassero Mattia e il fratello, perché quello era il giorno in cui si sarebbero uniti in matrimonio. Per l'evento avevano scelto il parco pubblico di Boscoincittà dove avevano vissuto il loro primo vero appuntamento.
«Stanno arrivando» disse Giulio, vedendo il futuro cognato comparire in lontananza con il fratello, e Zeus al guinzaglio.
«Dammi la piccola.»
«Nadia pesa ormai, passala a Gabry...»
«Nooo, bollo stare con zio Lelle.»
«Scimmietta, sta arrivando zio Mat, ricordi quello che ti ho detto prima? Dopo staremo insieme tutto il pomeriggio. Affare fatto?» disse Michele porgendo il mignolo destro alla nipotina, così come faceva quando le prometteva qualcosa, e lei lo afferrò decisa.
«Okay, tio.»
Michele lasciò la bambina al cognato e con la coda dell’occhio osservò meglio il compagno, suo futuro marito. Michele lo guardò con tenerezza. Indossava un completo grigio chiaro e nella luce del mattino il panciotto e la cravatta brillavano nel loro argento damascato. I ricci ribelli e il sorriso felice.
Era stato proprio il più piccolo a stupirlo il giorno del suo compleanno, il novembre precedente, inginocchiandosi con Zeus al seguito per chiedergli di sposarlo. Michele aveva risposto sì, per poi piangere di gioia tra le braccia di quel ragazzo che era diventato la sua casa; era stata un'emozione fortissima, ma mai forte come quella che stava provando in quel momento in cui lo vedeva camminare verso di sé. Si rigirò la fedina che portava all’anulare destro con inciso la famosa domanda “Prendiamo un frappè?” che aveva di fatto dato inizio alla loro relazione, fra alti e bassi.
Non appena Mattia arrivò al limitare della zona che era stata allestita per la cerimonia partì la musica di Amami ancora della Nannini che avevano scelto come inno nuziale.
Quando Mattia incrociò il suo sguardo gli regalò uno di quei sorrisi tutto fossette che destinava solo a lui. Il suo cuore perse un battito, come gli accadeva spesso col minore. Lo vide avanzare piano insieme a Simone, che era sorridente quanto il fratello. In quei pochi anni tante cose erano cambiate ed erano diventati tutti una famiglia.
«Ciao» disse il giovane non appena fu a fianco dell’uomo.
«Ciao, piccolo, sei bellissimo.»
«Anche tu non scherzi, amore.»
«Bene...» gli distrasse l’ufficiale preposto del comune. «Possiamo iniziare?»
«Certo.»
«Dicevo, bene, siamo qui riuniti per celebrare le nozze di Michele e Mattia, che hanno deciso di unirsi civilmente in matrimonio davanti a parenti e amici,» e qui come se si fosse risentito dalle parole dell'officiante, Zeus abbaiò deciso, «e amici pelosi...»
Mattia e Michele ridacchiarono, mentre Patrizia fece due carezze al cane, cercando di calmarlo. Giulio e Simone, testimoni di nozze, non poterono far altro che ridere a loro volta.
«Prima di passare a leggere le norme del codice civile che regolano il matrimonio so che i due sposi vorrebbero dire alcune parole l’uno all'altro.»
I due uomini, che si erano presi per mano da quando Mattia era arrivato vicino a Michele, si voltarono di tre quarti in modo che anche gli ospiti potessero vederli.
Avevano concordato da tempo che sarebbe stato il più grande a iniziare con le sue promesse perché altrimenti non sarebbe stato in grado di farlo correttamente.
«Mattia, Mat, piccolo...» Michele prese fiato, il cuore gli batteva incessante. Mattia gli strinse le mani facendo scorrere il pollice sul dorso per rassicurarlo. «Non ho un vero e proprio discorso da farti perché è impossibile racchiudere quello che provo in così poche parole. Io ho pensato per tanto tempo che per me non fosse possibile un amore duraturo, uno che continuasse negli anni, e in molti casi mi sono comportato in modo che le persone mi lasciassero andare, che si allontanassero da me. Ho vissuto la mia vita nella menzogna per anni, nessuno sapeva chi realmente fossi. Quando ho capito che potevo desiderare di più, allora sono uscito allo scoperto e ti ho incontrato. Tu sei stato come un raggio di sole che squarcia un cielo pieno di nuvole. Tu, con il tuo sorriso aperto, il tuo essere gentile con le persone, anche se che la vita con te non è stata molto gentile, mi ha conquistato. Spero con tutto me stesso che oggi sia solo il proseguimento di quello che abbiamo costruito insieme in questi anni. Sono sempre stato convinto che il per sempre fosse tanto tempo, ma io non vorrei nessun altro con cui passarlo se non con te, amore, e mi impegnerò perché sia così. Ti amo.»
Michele concluse quelle parole visibilmente emozionato, mentre Mattia piangeva col sorriso sul volto.
«Lele, io...» la sua voce si spezzò per un attimo, «...tu per me sei quella famiglia che non sapevo esistesse, al di fuori di mio fratello, prima di incontrarti. Il mio porto sicuro in una vita in cui, è vero, ho affrontato tante tempeste. Io sono sempre stato aperto verso l'amore, ma non ho mai creduto realmente che l’avrei incontrato così presto. La tua riservatezza e il tuo essere dolce e determinato insieme mi hanno sempre spiazzato. Tu sei la mia metà, quella che mi completa e che mi rende orgoglioso di chi sono adesso. Tu sei casa. Essere tuo marito per me sarà un onore e spero che il sorriso che adesso vedo su di te non si spenga, mai... io spenderò ogni mio attimo per fare in modo che non succeda. Mi impegnerò perché il nostro per sempre lo sia per davvero. Ti amo.»
Michele lo strattonò verso di sé facendo aderire le loro labbra in un casto bacio. Mattia era suo.
«Adesso passiamo alle formalità...» disse l'officiante spezzando il momento magico dei due uomini e iniziando a leggere gli articoli del codice civile che regolano le unioni matrimoniali.
«E con questo vi posso dichiarare ufficialmente sposi.»
Un applauso scaturì dagli ospiti che si trovavano dietro la coppia che nel frattempo firmava le carte insieme ai testimoni, mentre il fotografo, lo stesso del matrimonio di Nadia e Gabriele, effettuava le pose di rito.
***
La giornata era trascorsa tra chiacchiere e buon cibo. In pratica avevano fatto un pic-nic. Emma aveva corso qua e là tutto il pomeriggio; in quel momento era in braccio a suo zio Matt e teneva una mano fra i ricci del ragazzo. Gli occhietti erano quasi chiusi e si stava per addormentare.
«Ehi, amore, perché non ti siedi, è pesante, ormai.»
«No, no, se mi siedo si risveglia. Ci ho già provato. Deve essere distrutta...»
«Anche tu lo sarai se continui a tenerla in quel modo...»
«Non preoccuparti, Sig. Meriggio, sono abbastanza giovane e forte per la nostra prima notte di nozze.»
Michele sorrise malizioso al solo pensiero della loro prima sera da sposati e lo baciò con decisione, ma non abbastanza profondo da soddisfare entrambi.
«Cerchiamo mia sorella e restituiamole sua figlia, in modo che noi possiamo sgattaiolare a casa nostra. Prima che un aereo ci porti in Irlanda per due settimane.»
«Ragazzi» una voce sconosciuta li fece voltare entrambi.
«Zio Gino!» esclamò Michele sorpreso. Non vedeva lo zio da almeno quindici anni.
Un uomo di alcuni anni più grande di suo padre dal volto abbronzato lo osservava curioso. Aveva al fianco un uomo più giovane, dai capelli biondi e gli occhi chiari.
«Scusate il ritardo, abbiamo avuto un contrattempo con la coincidenza a Francoforte. In realtà non sapevamo fino all'ultimo se saremmo riusciti venire, vero, Sebastian?»
«Sì, caro, ma adesso siamo qui...»
«È un onore per me che siate venuti. Io sono Mattia. E questa è Emma, la nostra nipotina, la figlia di Nadia.»
«Piacere di conoscerti. Quando è arrivato l'invito pensavo fosse uno scherzo. Poi tua madre ci ha chiamato più volte...»
Michele osservava col sorriso lo zio. Sua madre in quegli anni aveva fatto veramente da collante per la loro famiglia, ricucendo quegli strappi che avevano dilaniato i rapporti tra fratelli per decenni.
«Vi trattenete? Noi domani partiamo per il viaggio di nozze, ma sarebbe bello vedervi al nostro ritorno.»
«Penso di sì.»
«Dai, vieni. Mamma ti vorrà salutare e anche gli altri...» disse Michele dopo averlo abbracciato ed essersi presentato all'uomo più giovane.
«Amore, mentre vado dai miei cerco Nadia o Gabriele per dargli Emma. E intanto saluta tuo fratello e Zeus.»
«Sì, sì, ora vai... Possiamo rimanere ancora un po'.»
«Seb...»
«Vai, ti aspetto qui.»
«Vuoi bere qualcosa?»
«Volentieri, è stato un lungo viaggio, pieno di imprevisti, e abbiamo fatto appena in tempo ad appoggiare i bagagli al residence.»
«Da dove venite?»
«Venezuela. La mia famiglia era originaria di Frascati, ma mio nonno si era trasferito là per lavoro. Io e Gino ci siamo conosciuti a Roma...»
«Bello!»
«Mat, eccoti. Vieni, dammi, la peste che la porto a letto. Pure la madre è crollata, mi toccherà fare due viaggi per entrare in casa.» Gabriele era arrivato trafelato e aveva preso la bambina dalle braccia di Mattia.
«Scusate, la fretta ma ho lasciato mia moglie, incinta e semiaddormentata in macchina. Saluta Lele, vi chiamiamo domani. E, ciao...»
Mattia ridacchiò; non si era neppure presentato. «Stanno aspettando il secondo figlio e sono un po' fuori di testa.»
«È comprensibile.»
«Vieni, ti faccio vedere dove si trova il buffet.»
«Grazie, ma se dovete andare fate pure, siamo noi in ritardo per la festa.»
«Sciocchezze.»
Alcune risate attirarono l'attenzione dei due uomini mentre si spostavano verso la zona ristoro. «Non l'ho mai visto così felice...» sussurrò piano Sebastian.
Lo sguardo di Mattia si posò sul gruppetto in lontananza formato da suo marito, i suoi genitori e zio Gino. Si erano uniti proprio in quel momento anche Giulio e Patrizia.
«Suppongo che tu non conosca nessuno della famiglia.»
«No, quando ci siamo messi insieme io ero appena maggiorenne e il padre di Gino diede di matto...»
«Oh, mi dispiace.»
«Anche a me, è una ferita profonda, ma questo sembra un nuovo inizio. Siete stati coraggiosi.»
«Ci amiamo, e l'amore non dovrebbe avere genere...» disse osservando ancora la famiglia Meriggio.
«Sei un uomo saggio, oltre che molto bello, Michele è fortunato.»
«Anche Gino.»
«Ehi,» la voce del marito lo colse di sorpresa, «hai salutato Simone e Marta?»
«Macché, saranno spariti da qualche parte. Li chiamo dopo...»
«Giulio ha preso Zeus.»
«Scusate, vado a recuperare vostro zio.»
«Ciao Seb, ho già fissato per una cena a casa nostra quanto torniamo...»
«Con molto piacere.»
Michele strinse quindi la vita del marito. «Andiamo?»
«Ovunque con te, lo sai!»
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