7. Ovunque con te

Da quando avevano trascorso la domenica insieme Mattia e Michele erano diventati inseparabili. Il ragazzo più piccolo trovava il modo per passare molto tempo con il commesso. Era per l'uomo una scoperta continua, fatta di attenzioni e premure che il più grande faticava, a volte, a metabolizzare. Non era mai stato abituato a qualcuno che si prendesse cura di lui, perché era il maggiore di tre fratelli e doveva essere quello maturo e responsabile. Anche nelle sue relazioni amorose di solito era lui quello che si preoccupava del compagno.

Mattia invece era solito a prendersi cura delle persone a cui voleva bene e lo faceva con uno slancio e una disinvoltura che lasciava Michele stordito. Come quando, qualche giorno prima, aveva saputo che il suo capo gli aveva comunicato che avrebbe aperto un terzo negozio e gli aveva proposto che lui fosse direttore, ma gli aveva anche fatto notare che per farlo doveva avere una laurea. Mattia si era subito informato e gli aveva trovato un corso on-line per poter ottenere il titolo necessario.

Gli aveva scaricato e stampato tutti i documenti e glieli aveva dati con un gran bacio, dicendogli solo: «Io credo in te, Lele, puoi fare ciò che vuoi...»

Michele non aveva trattenuto le lacrime: nessuno aveva mai avuto tanta fiducia in lui. Mattia l'aveva abbracciato stretto e gliele aveva asciugate a suon di baci.

***

Quella mattina di inizio maggio stavano facendo colazione quando suonarono alla porta. 

«Vado io. Ho ordinato dei libri per l'università e li ho fatti arrivare qui; spero non ti spiaccia troppo. Simone in questo giorni è fuori per un corso di aggiornamento e li ho trovati scontati...» Intanto si era già diretto alla porta. 

«Michele?»

«Buongiorno, sì, è di là, io sono Mattia.» La donna di fronte a lui era alta e mora; si guardava intorno con circospezione. «Lele? Ti cercano...» urlò in direzione della cucina.

La donna sembrava nervosa: «Sono Nadia, sua sorella.»

«Mattia, il suo ragazzo. È un piacere conoscerti...» disse il giovane porgendole la mano; non ci fu tempo però perché il campanello suonò di nuovo e in quel caso era davvero il corriere. 

«Nadia?» chiese dubbioso Michele trovandosi sua sorella di fronte. Era venuta a casa sua pochissime volte e mai da quando si era dichiarato gay. Sua sorella aveva paura di Zeus e raramente veniva da lui anche prima del coming out, senza contare che Michele non gradiva particolarmente la sua presenza. 

«Ciao, Michele.»

«Non hai paura che ti assalga il cane?»

«Non mi pare sia qui in questo momento, giusto?»

«No, è in giardino, sennò la mattina non fa mangiare in pace Mattia, perché vuole giocare con lui.»

«Mamma me l'aveva detto che era una cosa seria...» borbottò fra sé la sorella. 

Mattia intanto era ritornato da loro con una pila di libri fra le braccia: «Lele, li posso mettere in camera?»

«Certo, lo sai che puoi fare come se fossi a casa tua...»

«Grazie, appoggio questi... e se dovete parlare di cose di famiglia io porto fuori Zeus.»

Michele annuì grato al ragazzo, che sparì nella zona notte per poi ricomparire per prendere il pastore tedesco e uscire, non prima di aver dato un bacio rapido al suo uomo e aver salutato Nadia.

La donna li aveva guardati, stranita da tutta quella confidenza.

«Allora, come mai sei qui?» disse secco Michele, sentendo un moto di nervosismo allo sguardo della sorella.

«Il matrimonio è fra due mesi e ancora non mi hai fatto sapere se verrai...»

«Non credo di essere il benvenuto.»

«Michele...»

«No, davvero, Nadia, non passerò un'intera giornata a fingere di essere quello che non sono.»

La sorella sospirò. «Ho discusso con Don Flavio; ho riflettuto molto, però non me la sento di averti come testimone, non ancora... Ne ho parlato anche con Gabriele, io... ho bisogno di tempo per accettare tutto questo...»

«Non c'è nulla da accettare, Nadia, io sono sempre io, te lo ripeto. Amo solo una persona del mio stesso sesso e credimi se ti dico che l'amore è esattamente il medesimo sia per una donna che per un uomo. Il batticuore che si prova, la paura di perdere la persona amata... È uguale. La percezione che hanno gli altri di questo è diversa, il resto no: l'amore è amore.»

Nadia sospirò di nuovo. «Posso sedermi?» soffiò con voce incerta; erano ancora in piedi vicino all'ingresso. 

Michele annuì e la fece accomodare in salotto. Quella mattina erano entrambi liberi da impegni.

«Vuoi un caffè?» chiese, più per cortesia che per altro.

«Sì, volentieri.»

Michele allora andò in cucina per accendere la macchinetta elettrica che Mattia gli aveva portato settimane prima asserendo che la moka non era la stessa cosa di un buon espresso. «Senza zucchero?»

«Sì, grazie. Sembra carino.»

«Come?»

«Mattia. Si chiama così, no?»

«Sì.»

«Sembra una persona carina. Mamma mi ha detto che avete parlato al telefono di lui.»

«Lo sai che mamma ti esaurisce finché non ottiene quel che vuole... Adesso vorrebbe conoscere Mattia.»

«Vieni al matrimonio con lui.»

«Certo che sei strana... Non vuoi che ti faccia da testimone, però vorresti che venissi al matrimonio col mio ragazzo.»

«Se è una cosa seria perché no. Prima mi hai detto che non vuoi fingere di essere quello che non sei. Se porti lui non fingeresti.»

Michele scosse la testa, dubbioso sul da farsi. 

«Pensaci, almeno. Anche Sergio, il cugino di Gabriele, verrà con il suo compagno, cioè, marito. Sono sposati civilmente, da quanto mi ha detto lui.»

Si stavano parlando attraverso la stanza e il più grande era grato dello spazio che c'era fra di loro. Michele ritornò in salotto con il caffè. Sua sorella lo accettò di buon grado. Rimasero in silenzio. Era sempre stato così. Nadia assomigliava troppo a loro padre e aver studiato filosofia l'aveva resa ancor più intransigente. 

«Siamo tornati!» la voce di Mattia risuonò dalla porta.

«Non lasciare libero Zeus» disse Michele ad alta voce.

«Lo metto in giardino e vado a fare una doccia» rispose il giovane.

«Abbiamo finito, comunque» concluse lapidario Michele, riprendendo la tazzina ormai vuota dalle mani della sorella.

«Davvero, pensaci...»

«Lo farò» rispose telegrafico. Mattia aveva messo a posto il guinzaglio dopo aver lasciato Zeus fuori con la sua adorata palla.

«Allora, io vado. Mattia, è stato un piacere.»

Il ragazzo, che non si aspettava di essere chiamato in causa, si voltò di scatto, il sorriso luminoso e le fossette in vista. «Anche per me. Comunque devo dirlo: voi Meriggio siete tutti molto belli.»

Nadia arrossì a quel complimento indiretto e Michele alzò gli occhi al cielo. Il suo ricciolino era incontenibile.

«Grazie, spero di rivederti. Michele...» disse la donna avviandosi verso l'uscita seguita dal fratello.

«Ciao, Nadia.»

«Ciao.»

Michele chiuse la porta dietro di lei e non sapeva se essere contento per quella visita o meno. Era solo un ramoscello di ulivo, ma tutti in famiglia sembravano porgergliene uno. Chissà se alla fine sarebbero stati sufficienti a ricucire lo strappo che si era creato tra di loro.

Stava ancora in piedi davanti alla porta chiusa quando si sentì abbracciare da dietro. Mattia era più esile di lui, ma leggermente più alto e riusciva ad avvolgerlo sempre. Il suo calore lo rassicurò.

«Un penny per i tuoi pensieri...» disse l'altro citando un famoso film per ragazzi.

«Siamo a Milano, ricordi?»

«Certo che me lo ricordo» lo sbeffeggiò il più piccolo. «Era per dire. Vuoi fare la doccia con me?»

«Sai come andrebbe a finire...» rispose Michele voltandosi per trovarsi di fronte a Mattia che gli sorrideva cauto.

«Non devi parlarmi di quello che è successo, ma possiamo allentare la tensione» disse malizioso il ragazzo più giovane facendo scorrere le mani fino al fondoschiena dell'altro.

«Attenzione, ricciolino, se giochi col fuoco poi ti scotti.»

«Io amo il fuoco, io...» Mattia stava per dirgli che lo amava ma si morse rapido un labbro. Forse era presto per quello. Michele lo guardava imbambolato, confuso da quella esitazione. «Dai, doccia e poi in centro a fare shopping. Me l'hai promesso...» mugolò il più giovane.

«Va bene» acconsentì l'uomo, non del tutto convinto.

Una volta in bagno Mattia non perse tempo e dopo aver acceso il suo Spotify su una compilation romantica si diresse dal suo uomo con fare sensuale.

«Sei convinto del fatto tuo, eh, ricciolino?»

«Abbastanza» disse Mattia avvicinandosi all'altro. Iniziò a spogliarlo, baciando ogni parte del corpo che scopriva via via. La pelle di Michele si ricoprì di brividi. Quel ragazzo lo avrebbe portato alla pazzia un giorno o l'altro.

«Spogliati per me» soffiò bramoso nel suo orecchio, mordicchiandoglielo un po'. Mattia mugugnò il suo assenso, quindi si staccò da lui e aprì il rubinetto dell'acqua.

Nel frattempo Michele aveva finito per spogliarsi ed era entrato nella cabina. Il getto dell'acqua calda lo accolse. Lasciò la porta della doccia aperta aspettando che Mattia facesse quello che gli aveva chiesto. Al cambio di canzone il ragazzo si voltò di spalle, mostrandogli il suo fondoschiena tonico. Mosse piano i fianchi a ritmo di musica. La felpa che indossava si alzò quel poco che bastava per mostrare la curva del fondoschiena. Il ragazzo la sollevò con decisione lasciando nuda la sua schiena liscia. 

«Mat, muoviti... non vorrai che mi intrattenga da solo?»

Il giovane allora fece un mezzo giro su se stesso per mostrare al compagno uno sguardo pieno di lussuria. Si abbassò con decisione i pantaloni della tuta che indossava insieme con l'intimo. «Oh, no, signor Meriggio. Lei aspetterà me!» disse deciso coprendo la distanza fra di loro e inchiodando l'altro contro le piastrelle della doccia con un bacio vorace. Dopo non ci fu altro tempo se non per i loro gemiti, attutiti dallo scorrere dell'acqua, mentre la musica scorreva lenta a scandire il loro amore e la loro passione.

***

«Simone, ti vuoi muovere?»

«Ehi, calmati, non siamo in ritardo.»

«Non ancora...» bofonchiò il ragazzo più giovane. 

«Dobbiamo solo andare alla pizzeria in fondo alla strada, non a Cologno, rilassati» concluse Simone continuando a sistemarsi il ciuffo allo specchio del bagno.

Rilassarsi però non era un'opzione praticabile. Michele li stava sicuramente già aspettando in pizzeria, con il fratello e la sua ragazza. E se non si fossero piaciuti? Se lui non gli fosse piaciuto? 

«Mattia, piccoletto, riprendi fiato, okay?»

«Sono nervoso, e se non gli piaccio?» esternò esitante i suoi dubbi.

«Naaa, impossibile. Non solo sei bello come il sole, ma pure divertente e poi l'unico a cui devi piacere, eventualmente, è Michele. E mi pare che tu viva da lui, ormai...»

«No, io...» farfugliò Mattia arrossendo come una ragazzina. 

«Dai, andiamo, sennò facciamo tardi sul serio» sentenziò Simone prendendo la giacca di jeans dall'armadio, era maggio inoltrato ma le temperature la sera ancora erano bassine.

Mattia fece la stessa cosa e lo seguì fuori dal palazzo. La sera era fresca, non ci volle molto per arrivare a destinazione. Quando furono vicino all'ingresso del locale Michele era lì ad aspettarli.

«Eccoci, scusate il ritardo» disse Mattia incerto se baciarlo o meno. 

«Non ti preoccupare, ricciolino, siamo appena arrivati» rispose il maggiore dandogli un veloce bacio a stampo. «Loro sono Giulio, mio fratello minore e Patrizia, la sua ragazza.»

«Piacere» rispose il più grande dei De Pascalis dal momento che il più piccolo se ne stava muto «io sono Simone, il fratello di Mattia.»

«Oh, sì scusate, io...»

«Mat, ti senti bene?» chiese allora Michele avvicinandosi a lui. 

«Bene» rispose Mattia. Non stava bene per nulla. Lui, sempre spavaldo, aveva una fifa blu. Michele fece combaciare una mano con la sua strusciando piano il pollice sulle nocche.

«Respira, amore, mi stai facendo preoccupare.»

Amore? Aveva sentito bene?

«È solo mio fratello Giulio, è uno in gamba, e fra i due dovrei essere io quello nervoso. Ricordi? Simone voleva tirarmi un pugno...» gli soffiò piano in un orecchio in modo che potesse sentire solo lui.

Mattia annuì, doveva stare calmo e respirare... Amore. Suonava così bene. Si fece trascinare al loro tavolo, mentre Simone aveva già iniziato una conversazione con Giulio e Patrizia sul nuovo film della Marvel. Michele fece sedere Mattia accanto a sé. Il ragazzo sembrava sopraffatto.

«Scusa, Simone, ma è successo qualcosa? Stamattina quando è uscito da casa stava bene» disse il più grande rivolto al fratello del suo ragazzo.

Simone scosse la testa. «Il mio fratellino è solo agitato... Sai, tu gli fai un certo effetto...»

«Ehi, sono qui!»

«Beh, allora respira e smettila di fare il coglione.»

Michele sogghignò, sapeva bene l'effetto che gli faceva e gli piaceva eccome... ma Mattia non era mai nervoso in quel modo. 

«Non credo serva agitarsi tanto» disse d'un tratto Patrizia, «solo per il fatto che tu faccia felice Mr burbero qui presente, per noi vale mille punti. Giusto, tesoruccio?»

Giulio annuì tenendo d'occhio suo fratello, sapendo che non era fan dei soprannomi e nomignoli. 

«E poi io ti conosco già, hai fatto lo skate per il fratello di un mio amico. Siamo venuti più volte in negozio. Paolo Guadì, ricordi? Che sei un tipo in gamba lo sappiamo già.»

Mattia sgranò gli occhi: si ricordava quel Paolo, aveva pure cambiato numero per evitare le sue avances

«Tranquillo, sa che adesso sei occupato, non ti scoccerà più» disse Patrizia facendo un occhiolino a Michele.

«Se continuate così si spaventa di sicuro...» borbottò Michele mettendo un braccio intorno alle spalle del più piccolo, che si rilassò al suo tocco. Mattia prese quindi coraggio. «Tu cosa fai nella vita, Giulio?»

«Avvocato, lavoro in uno studio in centro.»

«Figo!»

«È tu Mattia, sei laureato?»

«No, inizio a settembre la facoltà di lingue, vorrei fare l'interprete o il professore. Ancora non so, di certo voglio viaggiare...»

Intanto era arrivato il cameriere per prendere le loro ordinazioni.

«Allora, Simone, tu invece di cosa ti occupi?» chiese Michele quando ebbero ordinato.

«Informatica. Supporto gli ingegneri che creano i programmi per aziende.»

«Oh, solo io allora mi occupo di cose futili» disse Patrizia con leggerezza.

«Amore, lo sai che i fiori non sono futili...»

«Lo so, io li amo, ma siete tutti cervelloni qui.»

«Io faccio il commesso in un negozio, ricordi?»

«Oh, ma non è vero, sei il praticamente il responsabile del tuo Decathlon e sei bravissimo in quello che fai.»

«Concordo» disse Mattia sorridendo al suo compagno.

«Mamma mi ha chiesto se hai deciso quello che volete fare per il matrimonio.»

Mattia quasi si soffocò con l'acqua che stava bevendo e Simone sgranò gli occhi sorpreso.

«Giulio, ti sembra il momento?»

Giulio alzò le spalle, noncurante dell'occhiataccia del maggiore. «Mi ha detto che Nadia è venuta addirittura a casa tua per invitarvi, ormai più di una settimana fa...»

«Lele?»

«Nadia si sposa il primo sabato di luglio. Io dovevo fare da testimone di nozze, però essendo gay non sono all'altezza... Poi, non so, ha conosciuto te e si deve essere ricreduta» disse Michele un po' stizzito.

«Non dire cretinate, lo sai com'è fatta, tutta precisina, pur di non ammettere che ha fatto una cavolata passerebbe tra le fiamme.»

«Tu ci verresti?»

«Do... Dove?»

«Al matrimonio di mia sorella, con me. Tu ci verresti?»

«Ovviamente, ma che domande mi fai?» rispose Mattia stranito. «Io ti amo, verrei ovunque con te!»

E niente, gli era scappato.

Sgranò gli occhi aspettando una reazione di Michele che però arrivò troppo tardi. Mattia si sentì sopraffatto e uscì veloce dal locale.

«Michele, che aspetti, rincorrilo» disse Giulio non appena vide il più giovane uscire dalla pizzeria.

L'uomo era rimasto stordito dall'affermazione che aveva sentito e non si era ancora mosso.

«Sì, certo» disse riscuotendosi e si alzò di colpo, ma Simone lo fermò.

«Solo se lo ami anche tu, sennò, vado io. Mattia sembra forte, ma non lo è...»

«Certo che lo amo, devo andare. Giulio, se non torniamo, paga tu con la mia carta...» disse lasciandola sul tavolo.

Una volta fuori dalla pizzeria cercò con lo sguardo in tutte le direzioni e poi lo vide. Era seduto su un'altalena nel piccolo parco giochi di fronte alla pizzeria.

«Mat?» Il ragazzo non gli rispose dondolando più forte. Michele lo raggiunse e si mise di fronte a lui fermando la sua corsa. «Ehi, guardami.»

Mattia aveva gli occhi lucidi. «Io...»

«Perché sei scappato? Non hai detto nulla di sbagliato, okay?»

«Tu, tu, non hai...»

«Ero solo sorpreso, lo pensi davvero?»

«Sì» disse Mattia annuendo con veemenza.

«Allora è tutto a posto, amore.»

Solo in quel momento il ragazzo gli sorrise.

«Ci andiamo a quel matrimonio?»

«Certo, se vuoi, ma non potremmo sbaciucchiarci a giro... Sennò chi la sente mia mamma.»

Mattia sorrise malizioso. «Ci sono i bagni per questo, no?»

«Dai, torniamo dentro, ricciolino, che altrimenti tuo fratello un pugno me lo tira per davvero stavolta.»

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