4. Non tutto è perduto

Simone aveva convinto Mattia a uscire con lui e con gli amici e il ragazzo si trovava a cena in un locale in centro quando il suo cellulare vibrò. Un po' sperava che Michele, Lele, lo contattasse, ma era passata quasi una settimana e l'uomo sembrava fermo nelle sue convinzioni. 

Stavano scegliendo il dolce quando si decise a dare un'occhiata al messaggio.

Sono stato uno stronzo, lo so, ma ho bisogno di te. Ti prego vieni qui, Lele

Lui quasi si strozzò con il caipiroska che stava bevendo... Suo fratello lo osservava curioso dall'altra parte della tavolata. Mattia si morse un labbro, era abbastanza sobrio per affrontarlo? Allegato al messaggio c'era la posizione della casa dell'uomo.

Si alzò in fretta, raggiungendo suo fratello. «Simo, mi ha cercato Lele. Deve essere successo qualcosa. Devo andare.»

«Stai attento, non mi fido di quello, prendi la metro» disse allungandogli dieci euro per il biglietto. Lo faceva sempre. Mattia scosse la testa «Ce li ho i soldi, ricordi? Ho un lavoro adesso, e il capo mi paga per i miei disegni.»

Simone gli mise comunque la banconota in tasca. «Se ti dà problemi chiamami che vengo immediatamente a prenderti.»

«Dai non ti preoccupare, è Lele!»

«Appunto!»

Mattia scosse i ricci e abbracciò il fratello per poi salutare tutti e dileguarsi verso la stazione della metro più vicina.

Ci volle un sacco di tempo per arrivare a destinazione. Michele aveva messo solo la posizione, ma niente cognome. Le case in quella zona sembravano tutte uguali, specie col buio, e la posizione non era precisa al cento per cento: come avrebbe fatto a trovarlo? Ebbe una botta di fortuna e alla seconda a destra trovò sul campanello un Michele Meriggio. Doveva essere lui. Suonò, ma non rispose nessuno. Che si fosse sbagliato? Suonò di nuovo, e alla fine il cancelletto si aprì e lui percorse il vialetto fino ad arrivare alla porta d'ingresso che era socchiusa. Non fece in tempo a chiamare il nome dell'uomo che fu travolto da un pastore tedesco, per lui enorme.

«Buono, Zeus, qui, bello. Non lo vorrai mica spaventare, che per quello basto io...» Michele apparve sulla soglia, in tuta da ginnastica, il viso stanco e gli occhi lucidi, Sembrava aver pianto. «Sei venuto» disse prendendo Zeus per il collare e facendolo rientrare in casa. 

«Sì, io... credevo fosse importante.»

«Lo è» disse l'uomo lasciandolo entrare in casa, quindi chiuse la porta dietro le loro spalle e Michele osservò Mattia: i ricci perfetti e un sorriso accennato.

Era bello, ancor più dell'ultima volta che l'aveva visto. Non riuscì più a capire nulla. Gli occhi nocciola del ragazzo lo guardavano pieni di aspettativa. Michele lo inchiodò alla porta e lo baciò con tutta la disperazione che aveva covato in quella lunga settimana. Le labbra dei due si cercavano come se quella fosse stata la loro occupazione da sempre. Le une sulle altre. Michele mise una mano fra i riccioli del ragazzo e tirò piano.

Mattia rispose con entusiasmo al bacio. Lo aveva desiderato tanto, ma poi si ricordò della loro discussione e con decisione fermò l'uomo. «Lele, prima dovremmo parlare...» disse lasciandogli un ultimo bacio a fior di labbra, per fargli capire che non lo stava rifiutando.

Michele annuì e prendendo Mattia per mano lo fece accomodare sul divano, praticamente seduto sopra di lui. Una mano ancora nei suoi ricci a tirarli con delicatezza. 

«Scusa se ti ho assalito in quel modo... e grazie di essere venuto dopo che mi sono comportato come un perfetto idiota.»

«Beh, non è che non mi sia piaciuto il tuo assalto, ma non ci parliamo da una settimana e ci siamo lasciati in quella maniera... Mi spieghi cosa ti passa per la testa?» disse il ragazzo più giovane tracciando con le dita il profilo della mascella dell'uomo. Michele assecondò quel tocco: era così dolce, tanto da fargli sperare che forse non tutto era perduto.

«Mat, non lo so, io... sono confuso. Tutta questa situazione con te mi ha colto alla sprovvista... Non so se capirai...»

«Ehi, fallo decidere a me, okay?»

«Non è facile, io non ci sono abituato, la mia famiglia... loro non comprendono e... tu sembri così a tuo agio con quello che sei, spigliato e non so... quando ho capito che conoscevi Andrea sono andato nel pallone...»

«Non devi dirmi nient'altro, okay?» e si fece un po' più vicino all'uomo. Un odore di sandalo appena percepibile. «Io vorrei davvero conoscerti, Lele, tu mi piaci e il fatto che conoscessi Andrea non c'entra niente con te, mi credi? È un caso.»

Michele annuì, la testa gli doleva ancora ma avere Mattia fra le braccia era una sensazione bellissima e alleviava qualsiasi malessere. Lo guardò negli occhi scuri e prese una mano fra le sue baciandogli lentamente le nocche, una a una. «Per prima cosa mi devo scusare. Ti ho dato del bugiardo quel giorno e mi dispiace.»

Mattia aveva il cuore a mille. Aveva sperato in quelle parole per giorni e adesso erano reali. «Ci sono rimasto male, lo ammetto e mio fratello ti avrebbe volentieri tirato un pugno per come mi hai trattato, ma...»

«Ah, sì?»

«Sì!» affermò Mattia. «Lui mi difende sempre... Io e Simone siamo da soli da anni, i nostri genitori sono morti...»

«Mi dispiace....»

«Non lo potevi sapere, ma non è questo il punto, dicevo, mio fratello Simone mi supporta sempre e quando prima mi hai detto che i tuoi non lo fanno, beh, è ingiusto... Io non so cosa voglia dire non essere accettato dalla propria famiglia; Simone c'è sempre per me e non mi ha mai giudicato in nessun aspetto della mia vita... Io vorrei che fosse così anche per te. Io non ti giudico.»

Michele lo strinse un po' di più «Anche mio fratello Giulio, non mi giudica, anzi lui è dalla mia parte.»

«Ottimo!» concluse il ragazzo strusciando il naso su quello dell'uomo. Michele decise che era giunto il momento di smettere di parlare e si riappropriò delle labbra carnose del ragazzo chiedendo l'accesso alla sua bocca. Il bacio si fece subito intenso e le loro lingue iniziarono a cercarsi in una danza lenta e sensuale. Mattia si spingeva sempre più vicino a Lele, che dal canto suo era ormai sprofondato sul divano col ragazzo spalmato addosso. Zeus, avendo compreso che non era aria, se ne stava seduto nella sua cuccia sonnecchiare.

«Resta qui, stanotte» disse Michele soffiando sulle sue labbra. Si erano staccati un attimo per riprendere fiato e gli occhi di Mattia brillavano di felicità.

«Non so...»

«Non dobbiamo fare nulla, solo dormire, voglio addormentarmi col tuo peso su di me. Mettere le mani fra i tuoi riccioli...»

Avrebbe voluto dirgli che i suoi riccioli lo facevano impazzire e che se avesse continuato a baciarlo in quel modo lo avrebbe preso lì, su quel divano. Ma per Michele il sesso non era mai stato fine a se stesso, anche se a volte gli era successo di avere avventure da una botta e via. Non era un amante del sesso occasionale; aveva fatto un'eccezione con Andrea, la prima volta che lo aveva conosciuto, ma per lui il sesso doveva essere il coronamento di un sentimento più concreto, vissuto nell'ambito di una relazione sentimentale. Era gay, quello non lo poteva cambiare, ma poteva far sì che le sue storie fossero importanti, che il suo fare sesso fosse fare l'amore, non con una donna come la sua famiglia sperava, ma pur sempre amore. Avrebbe potuto amare Mattia? Al momento non lo sapeva, ma di certo se continuava a guardarlo così...

La voce del ragazzo lo riportò al presente. «Okay, fammi avvisare mio fratello. Ti avverto che però domani devo alzarmi presto. Ho dei lavori da terminare e se non li inizio non potrò consegnare in tempo. Non ti preoccupare, prenderò la metro.»

Michele scosse la testa e lo strinse ancor più a sé. «Non se ne parla neanche, dormiamo insieme e ci sveglieremo insieme. Poi ti riaccompagno a casa e prendiamo pure la colazione per tuo fratello, mentre la facciamo anche noi... Domani ho il turno di pomeriggio, ma domenica sono libero.»

Mattia non rispose, gli diede un bacio a fior di labbra per poi liberarsi dalla sua presa e prendere il cellulare che aveva lasciato nel suo giubbotto. C'erano almeno quattro messaggi del fratello che voleva assicurarsi che stesse bene. Simone era peggio di una mamma chioccia. Gli mandò rapido un messaggio per tranquillizzarlo, scrivendogli che sarebbe rimasto lì a dormire e che non si doveva preoccupare, pur sapendo che lo avrebbe fatto comunque. Sorrise fra sé; suo fratello lo adorava e la cosa era reciproca. Il sorriso si spense ripensando alle parole di Lele: "la mia famiglia... loro non comprendono". Si voltò verso l'uomo, che nel frattempo aveva fatto uscire il cane in giardino per i bisogni serali. 

«Zeus dorme in camera con me, nella sua cuccia, ma se ti crea problemi lo lascio qui in salotto...» disse una volta rientrato in casa insieme al pastore tedesco.

«No, no. Per me va bene. Non sono tanto tipo da cani, cioè, non ne ho mai avuti. Mia madre era allergica e poi non c'è stato tempo.»

«Posso chiederti come sono morti?»

«Beh, sì, sono passati tanti anni. Un pirata della strada li ha travolti, erano andati a uno spettacolo di beneficenza a Cusago e mentre stavano andando a riprendere la macchina quel tizio li ha presi in pieno. Noi eravamo rimasti a casa. Io non avevo neanche quindici anni e Simone era poco più che maggiorenne. Non è stato facile, soprattutto per lui... Però è riuscito ad adottarmi quasi subito, non mi ha mai abbandonato.»

«Deve volerti molto bene.»

«Sì, sono stato fortunato.»

A quel punto Michele gli porse una mano e Mattia intrecciò le sue dita a quelle dell'uomo, facendosi guidare verso la camera da letto. 

La camera era spaziosa, le pareti bianche e un grande armadio di legno chiaro alto fino al soffitto. Il letto era al centro della stanza, con i comodini dello stesso colore dell'armadio, con due lampade moderne sopra. Il letto, che a Mattia parve enorme, aveva un copripiumino blu notte e dei cuscini bianchi. Tutto appariva ordinato. Unico punto in cui vigeva un allegro caos era di fronte all'armadio, dove c'era la cuccia di Zeus con un paio di suoi giochi.

Il ragazzo si mosse in quello spazio sconosciuto con circospezione. Lui viveva il sesso e le relazioni in modo disinvolto, non superficiale ma con un approccio sbarazzino e spontaneo dovuto all'età e al fatto che non si era mai sentito giudicato per la sua sessualità. Però pensò che per Michele non fosse esattamente così, dopo ciò che gli aveva detto. Forse per lui non era semplice conoscere a malapena qualcuno e farlo entrare in un luogo così intimo, personale. Per un attimo si sentì un po' fuori contesto e se Michele l'avesse invitato solo per cortesia?

Mattia improvvisamente fu a disagio e Michele si accorse di questo suo cambiamento dalla postura del ragazzo che si era irrigidita e dal sorriso fattosi più incerto. Forse non aveva ponderato bene cosa comportasse farlo dormire lì. Per lo spazzolino non c'erano problemi, perché dopo che aveva conosciuto Andrea ne aveva sempre uno di scorta, ma per il pigiama lui non ne portava preferiva una tuta.

«Vuoi qualcosa per dormire? Non ho pigiami, però...»

«Va bene qualsiasi cosa, se non ti spiace, sono un tipo freddoloso.»

Michele sorrise e aprì l'armadio per prendere un pantalone della tuta e una maglietta.

«Se ti vuoi rinfrescare o cambiarti il bagno si trova dietro quella porta scorrevole, ti prendo anche degli asciugamani puliti e uno spazzolino nuovo.»

«Grazie, non ci avevo pensato.»

«Non c'è di che, Mat» disse baciandolo di nuovo. Da quando l'aveva fatto, poco meno di un'ora prima, sembrava non gli bastasse mai. Mattia sparì con i vestiti, gli asciugamani e lo spazzolino e Michele osservò il suo fondoschiena perfetto fasciato in dei jeans stretti. Per lui dormire con qualcuno era importante, significava condividere uno spazio privato, sincronizzare i respiri, e non lo faceva mai a cuor leggero. Aveva bisogno di sentirlo al suo fianco e di respirare il suo odore. Voleva trascorrere altro tempo col ragazzo, parlargli, baciarlo di nuovo, abbracciarlo. 

Zeus intanto si era seduto nella sua cuccia, posizionata di lato rispetto al letto dell'uomo. Il cane pastore era stato addestrato ed era abituato a dormire come un sasso insieme al suo padrone.

Il cellulare di Michele vibrò e lui lo prese per controllarlo. Lo aveva spento quando aveva aperto la porta di casa al ragazzo. C'era una chiamata da sua madre e diverse da suo fratello Giulio e un messaggio.

Per favore fammi sapere come stai. Sono preoccupato, anche Patrizia lo è...

Michele sorrise leggendo quelle parole. Forse non era del tutto vero che nessuno lo comprendeva in famiglia: Giulio stava cercando in ogni modo possibile di stargli vicino e lui molte volte con il suo carattere schivo lo allontanava.

Non ti preoccupare, Giulio, sto bene. Dillo anche a Patrizia. Sono con Mattia, poi ti racconto...

Aveva appena finito di scrivere quando Mattia ricomparve dal bagno con indosso un suo pantalone della tuta che gli stava fin troppo largo e una maglietta bianca in cui spariva dentro: era adorabile.

«Dammi cinque minuti e arrivo subito. A che ora dobbiamo alzarci?»

«Alle sette andrà bene, ma che ore sono?»

«Mezzanotte passata.»

«Ah, okay.»

«Se tu vuoi, entra pure sotto le coperte, io faccio in pochi minuti. Ti va qualcosa da bere per la notte?»

«Sì, grazie, un po' d'acqua. E no, preferisco aspettarti» disse Mattia mettendosi seduto sul bordo del letto e accarezzando il capoccione di Zeus che si era alzato di nuovo per prendersi due coccole.

Michele annuì e sparì nella zona giorno e ritornò con due bottigliette d'acqua per loro e poi si allontanò dalla camera per andare in bagno.

Mattia osservò intorno a sé curioso; la stanza parlava di Michele, si vedeva che quella casa se l'era fatta a sua misura. Non lo conosceva ancora molto, ma per quel poco che sapeva di lui gli era sembrato che l'arredamento fosse adeguato al suo carattere timido e riservato. Non c'erano foto in giro, ma non gli sembrò strano. Da quello che gli aveva detto l'uomo il rapporto con la sua famiglia non era dei migliori. 

«Eccomi» disse Michele rientrando nella stanza con una tuta diversa, più larga e comoda rispetto a quella che aveva prima.

«Zeus, bello, è l'ora della nanna, su! A cuccia. »

Il cane mugolò il suo disappunto, ma si alzò stiracchiandosi per poi mettersi nella sua cuccia. 

«Vieni?» chiese l'uomo alzando la coperta per invitarlo a distendersi e si mise dalla parte di Zeus, mentre Mattia si posizionò dal lato della finestra. Il ragazzo si accoccolò vicino a Michele, che lo avvicinò a sé. «Per te va bene se dormiamo soltanto?»

«Certo, perché me lo chiedi?»

«Non so, forse ti aspettavi qualcosa di diverso....» disse l'uomo guardandolo in viso.

Mattia sospirò e cercò le parole giuste per farsi comprendere: certo gli sarebbe piaciuto fare sesso con Michele, era umano, ma aveva come l'impressione che quello non fosse il momento. Michele era un uomo particolare, non uno da una botta e via, e lui voleva godersi quella storia con calma. «Lele, ti ho già detto che voglio conoscerti, e dicevo sul serio. Tu mi piaci e non è una questione solo fisica. Vorrei che ci dessimo una vera possibilità.»

Il commesso non gli rispose ma si allungò quel tanto per poterlo baciare in modo lento e languido, senza fretta, solo per il gusto di farlo. Senza secondi fini.

Mattia si lasciò cullare dalla lingua dell'uomo e spense le ansie e le preoccupazioni che aveva accumulato in quella settimana. Le mani di Michele si mossero verso i riccioli del più giovane, che per lui erano un'attrattiva enorme: gli erano sempre piaciuti i ragazzi ricci.

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