2. Un frappè con imprevisto

Michele era nervoso; ormai erano passati dieci giorni e Mattia sarebbe rientrato dall'Irlanda proprio quella mattina. Il ragazzo gli aveva scritto messaggi ogni giorno durante la sua vacanza, mandandogli foto dei luoghi che stava visitando, canzoni che sentiva in giro e pezzi o stralci di poesie. Mattia era come un allegro tornado che lo aveva investito, anche se a distanza, ma lo spiazzava ogni giorno con una piccola sorpresa, un messaggio per lui, solo per lui.

Michele non sapeva se ciò potesse significare qualcosa, se quando si sarebbero veramente incontrati la magia che li aveva legati in quei giorni sarebbe scomparsa. L'uomo aveva il timore che Mattia non fosse come se lo immaginava. Eppure quel ragazzo coi ricci lo aveva stregato con i suoi sorrisi sinceri, le sue fossette e quel modo sfacciato di flirtare con lui a chilometri e chilometri di distanza.

Quella mattina al lavoro in negozio non finiva mai; ogni cliente che entrava Michele sperava fosse Mattia, ma era sciocco da parte sua anche solo pensarlo: il ragazzo non gli aveva detto che sarebbe passato a trovarlo, gli aveva solo scritto che tornava e che si sarebbero visti presto. A un certo punto era talmente distratto che andò a sbattere contro qualcuno senza volerlo.

«Mi scusi!» disse Michele per poi guardare la persona che aveva urtato: ricci, fossette e un sorriso inconfondibile. Mattia era lì davanti a lui con un paio di jeans sdruciti, la giacca a vento che lui stesso gli aveva consigliato di acquistare e lo zaino. Il sorriso stanco ma sempre presente.

«Ciao, Lele, sono venuto appena atterrato e prima che il coraggio sparisca sono passato per invitarti a prendere un drink con me, sempre che tu voglia farlo ancora...» Michele lo guardava stranito, in silenzio. Quel ragazzo era sceso dall'aereo ed era per prima cosa venuto da lui, per lui: era mai possibile? «Se non ti va, non importa, insomma... Io... Vado, okay?»

Michele si riscosse, era rimasto in silenzio troppo a lungo. «No, no, scusa! Certo che mi va un drink, cioè sono astemio, ma sì, cioè... Dannazione!»

«Michele?»

Lo stavano chiamando. Il suo capo il Sig. Russo, lo stava chiamando, e lui aveva appena fatto una figuraccia con il più carino e tenero ragazzo che avesse mai incontrato. Perfino più di Andrea. Oh, non era possibile!

«Arrivo, sono con un cliente, arrivo subito!»

«Lele, vai, ci sentiamo più tardi. Insomma, io sono stanco e mio fratello mi sta aspettando in macchina, a dopo.»

«Va bene, Mat! Ti chiamo io, a dopo...»

Mattia a quel punto gli sorrise di nuovo e uscì dal negozio.

Il suo capo, che era anche il padre del suo ex, lo osservava incuriosito. Michele cercò di non guardarlo, non sapeva cosa l'uomo potesse dirgli. A suo tempo era stato contrario alla relazione col figlio, tanto da chiedere a Michele di lasciarlo, cosa che lui aveva fatto, ma poi il ragazzo aveva scoperto la verità ed erano tornati insieme. Non per molto, però.

«Michele, scusami, vorrei parlarti nel mio ufficio delle nuove promozioni di primavera...»

«Sì, va bene.»

L'uomo non disse nulla riguardo a quello che aveva appena visto e una volta in ufficio gli spiegò come funzionassero le nuove promozioni. Terminata la piccola riunione organizzativa, Michele stava per alzarsi e uscire, quando il capo lo richiamò di nuovo. «Michele, scusa, vorrei dirti un'ultima cosa, che non c'entra col lavoro. Io, non te l'ho detto prima, ma mi volevo scusare per come mi sono comportato quando ho scoperto che frequentavi mio figlio. Ero solo spaventato all'idea di perderlo. Sei una brava persona, insomma, volevo che tu lo sapessi.»

Michele rimase colpito da quelle parole. «Grazie, lo so che fra noi c'erano tanti anni di differenza, ma ho voluto davvero bene a suo figlio...»

«Lo so, Andrea a volte si lascia sfuggire qualcosa su di te, anche adesso che frequenta Maurizio, per lui sei stato importante.»

Michele sentiva gli occhi pizzicare: sapere certe cose su Andrea lo emozionava ancora. «E sta bene?»

«Sì, sta bene, ha preso pure la patente e ha iniziato a lavorare part time con sua madre nell'altro nostro negozio. Nel pomeriggio, a volte, allestisce le vetrine e gli stand promozionali. È bravo, sai?»

«Ci credo! Adesso devo proprio andare.»

Aveva ormai un groppo in gola, e non sapeva come uscire dall'ufficio del suo capo. Si alzò di scatto e riuscì a guadagnare la porta. Il cellulare vibrò.

- Lele sei carino quando ti imbarazzi... Ci vediamo domani in Galleria per un frappè! Dimmi tu quando. Ora dormo, XX -

Michele sorrise per istinto, quel ragazzo lo sorprendeva sempre - Tu sei molto più carino di me, ma ne riparleremo domani a quattrocchi... Ci vediamo alla gelateria Meneghino alle 17:00, domani faccio mezza giornata. Se hai problemi ad arrivare fin lì chiamani, Lele. -

***

Mattia sorrise rileggendo il messaggio di Lele. Quando, colto da un impulso improvviso, era piombato nel negozio in cui l'uomo lavorava, non sapeva cosa avrebbe dovuto aspettarsi. Michele poi aveva titubato nel rispondergli e lui era stato pronto a mollare la presa. In quei dieci giorni in Irlanda l'uomo era diventato per il giovane designer molto importante. Durante il volo di ritorno non aveva fatto altro che pensare a lui, a quell'appuntamento promesso e non ancora avvenuto.

«Mat, ehi, ci sei? Ti ho chiesto già due volte cosa vuoi per cena» la voce di suo fratello lo colse alla sprovvista.

«Sì, scusa, Simo, non ti avevo sentito. Stavo pensando.»

«Prima o poi mi dirai a cosa, o a chi, stai pensando...» Simone non aveva fatto storie per accompagnarlo al negozio Decathlon come da lui richiesto, né gli aveva chiesto il perché: suo fratello era fatto così, aspettava i suoi tempi e rispettava le sue scelte. Quando si era dichiarato gay Simone aveva solo sorriso e lo aveva abbracciato stretto stretto, non c'era stato bisogno di parole. Quello era il rapporto che avevano fra di loro, da sempre.

«Prendiamo del sushi?»

«Mat?»

«Che c'è? Volevi sapere cosa volessi per cena e mi andrebbe del sushi. E poi dopo, forse, ti racconterò dell'Irlanda e di Lele!»

«Ora ci siamo. Ordino due menù da consegnare qui e mi parli un po' di questo Lele...»

Mattia sorrise scorrendo le foto fatte in viaggio e iniziò col raccontare del suo ritardo, dello zaino da acquistare e del commesso del negozio tanto carino e di come ci avesse spudoratamente provato con lui anche una volta tornato.

«E questo è quanto» disse infine. La loro cena era nel frattempo arrivata e avevano iniziato a mangiare seduti sul divano.

«Non ce l'hai una foto di questo Michele?»

«No, niente foto...» scosse i riccioli per il disappunto di non averne fatta neanche una all'uomo, ma davvero non c'era stato tempo né occasione.

«Beh, te lo posso descrivere però: alto, moro, occhi castani e dolci, spalle larghe. Più grande di me di una decina d'anni, o forse più. Decisamente affascinante e riservato, come piace a me...»

«Tanto ci sei tu a fare casino» rispose il fratello prendendolo in giro.

«Spiritoso, usciamo domani per un frappè, è astemio, e devo dire che fra tanta gente che si ubriaca per divertirsi è una novità. Insomma per ora mi piace, vedremo domani.»

«Va bene, ma stai attento, se ti crea problemi chiamami.»

«Simo, non sono una ragazzina inesperta!»

«No, ma sei e sarai sempre il mio fratellino e se qualcuno ti fa soffrire gli spacco la faccia, metaforicamente; sono contro la violenza, ma hai capito.»

«Okay, ma Lele sembra una persona buona, me lo sento!»

«Va' a nanna, sarai stanco e domani devi fare diversi lavori. Te li ho segnati sul calendario in camera tua.»

«Grazie, ti voglio bene, fratellone» disse infine Mattia abbracciandolo forte. Da quando erano rimasti da soli si erano promessi che avrebbero sempre inseguito i loro sogni ed erano il sostegno l'uno dell'altro. Non era stato facile perdere i loro genitori così presto, ma il fratello, già maggiorenne, aveva fatto molti sacrifici per tenerlo con sé e Mattia gliene sarebbe sempre stato grato.

***

Michele era rincasato tardi: all'ultimo momento era arrivata una consegna e non se l'era sentita di lasciare i colleghi da soli, anche se il suo turno sarebbe dovuto terminare alle diciotto.

Aprì la porta di casa e sentì odore di risotto allo zafferano; per un attimo la memoria lo riportò ai giorni in cui c'era Andrea che cucinava per lui. Una fitta al cuore lo colse improvvisa.

«Michele, sei tu?»

La voce di Giulio era arrivata dalla cucina. «E chi dovrebbe essere?»

«Non so, quando sono arrivato ho trovato qui Andrea» disse con tono contrariato.

«Beh, sarà venuto a portare fuori Zeus» rispose Michele entrando in cucina. La tavola era apparecchiata per due.

«Vorrei tanto sapere perché continui a permettergli di venire qui.»

«Giulio, ti ho già detto che non sono fatti tuoi.»

«È qui ti sbagli! Se ti fa soffrire sono fatti miei eccome. A proposito, la Patry mi ha detto che una decina di giorni fa hai chiamato Paolo. Credevo non lo sopportassi...»

«Infatti, solo avevo perso il numero di Mattia e lei aveva detto che lui ce l'aveva...»

«Aspetta un po', tu hai davvero chiamato Mattia De Pascalis?»

Michele arrossì leggermente; dal momento che non era abituato a quel tipo di confidenza col fratello, si vergognava, ma Giulio era sempre disponibile con lui e non se la sentiva di deluderlo; era l'unico membro della famiglia che lo supportasse realmente.

«Sì, sappi solo che il numero che ha Paolo non è più attivo, però poi ho ritrovato il biglietto da visita e ci siamo sentiti per tutto il periodo della sua vacanza in Irlanda. Domani ci vediamo, è venuto direttamente in negozio a chiedermelo...»

«Addirittura? Senti, però, devi sbarazzarti di Andrea. Se poi inizi a uscirci come lo giustifichi quello lì?»

«Giulio! Per prima cosa quello lì è Andrea e per me è stato importante, secondo lo presenterò come un amico, che poi è quel che è... E adesso mangiamo che si fredda. Tra parentesi il risotto è buonissimo. Hai mai pensato a prendere Patrizia per la gola?»

Giulio scosse la testa, ma sorrise. Andrea era ancora un tasto dolente per il fratello, per fortuna però quel Mattia sembrava averlo colpito molto. Non gli rimase che mangiare il risotto e sperare che il giorno dopo l'appuntamento andasse bene. E allora "ciao ciao Andrea".

***

La galleria era affollata come ogni giorno, gremita di turisti e milanesi pronti per l'aperitivo del sabato. Mattia individuò con facilità la gelateria, stranamente era in orario e si guardò attorno per vedere se Michele fosse arrivato o meno. Poi si sentì sfiorare una spalla e gli occhi dolci dell'uomo lo stavano già osservando.

«Ciao!» lo salutò l'affascinante commesso.

«Ciao, sei qui da molto?»

«No, solo cinque minuti. Vieni, ho preso un tavolo all'interno, qui fuori fa ancora fresco. Va bene? »

«Benissimo, direi» rispose il ragazzo seguendo l'uomo all'interno del locale.

«Carino qui! Non c'ero mai stato.»

Si erano seduti su un divanetto vicino a una delle vetrate che affacciava sulla galleria. La gente continuava a passeggiare incessante.

«Cosa posso portarvi?» Un cameriere era apparso all'improvviso con un palmare per segnare le ordinazioni.

«Ti va quel famoso frappè?» chiese Michele un po' incerto.

«Sì, alla menta se possibile.»

«Per me al cioccolato fondente. E una bottiglietta d'acqua. Grazie.»

I due guardarono il cameriere annuire e poi sparire. Erano uno di fianco all'altro ed entrambi sembravano molto tesi, immobili sul divanetto. La magia dei messaggi che si erano scambiati in quei dieci giorni era evaporata come neve al sole. La conversazione proseguì a stento finché il cameriere ricomparve con l'ordinazione. Mattia insistette per pagare, dal momento che l'invito era partito da lui, ma Michele non volle sentire ragioni e pagò lui.

Avevano i frappè davanti e Mattia prese un sorso del suo alla menta, poi: «Posso? Menta e cioccolato sono perfetti insieme» e non aspettò che l'altro rispondesse, prendendo un sorso della sua bevanda dalla cannuccia e facendogli un occhiolino malizioso. Un ricciolo del ragazzo, nel gesto di abbassarsi verso il bicchiere dell'altro, gli scivolò sugli occhi e a quel punto Michele istintivamente glielo prese con un dito, attorcigliandolo, per poi metterlo a posto. Mattia gli sorrise felice e si fece più vicino all'uomo.

«Certo che sei incredibile, menta e cioccolato, sul serio?»

«Sono due gusti che stanno benissimo insieme, dovresti provare...»

Michele non rispose, ma sorrise. Decisamente era fuori allenamento e Mattia era bellissimo e spigliato.

Dopo un'iniziale diffidenza, grazie anche alla battuta di Mattia e al gesto di Michele, entrambi si sciolsero e iniziarono a parlare e parlare. Passarono diverso tempo in gelateria a chiacchierare e infine decisero di andare a fare un giro in centro.

Stavano attraversando la Galleria vicini, le mani che si sfioravano in maniera distratta, le spalle a contatto. All'improvviso nella visuale di Michele comparvero dei ricci fin troppo conosciuti. Non c'era modo di evitarlo: doveva salutarlo.

«Ciao Andrea!» ma non fu solo la sua voce quella che sentì pronunciare quel saluto. Anche Mattia lo aveva salutato. Michele rimase in silenzio e anche il ragazzo più giovane.

«C-ciao» salutò Andrea balbettando su quella singola parola, mentre Maurizio, il suo fidanzato, gli si affiancava incuriosito.

Mattia sorrise apparentemente tranquillo ai due. «Come stai?» chiese quindi. La sua testa però era un vulcano in eruzione e stava ricordando della sua conversazione con Andrea di qualche mese prima. Lui era sempre stato veloce nell'afferrare le cose; il Michele di cui gli aveva parlato Andrea era quel Michele, il suo Lele.

Andrea aprì la bocca più volte, senza riuscire a rispondere, confermando l'idea di Mattia, finché Maurizio gli passò un braccio intorno al collo e disse: «Guarda che stanno parlando con te!»

«Sì, sì» bofonchiò Andrea, paonazzo per l'imbarazzo di quell'incontro inaspettato, mentre fissava Mattia negli occhi, cercando di evitare Michele. L'uomo dal canto suo era più imbambolato del suo ex. Era evidente che Mattia lo conoscesse. Anche se non ce n'era motivo, si sentì improvvisamente stupido.

«Beh, buon proseguimento, ragazzi» disse Mattia e spinse con gentilezza Michele oltre i due, notando che il tipo insieme ad Andrea li aveva seguiti con lo sguardo, scrutandoli con sospetto.

Mattia e Michele si allontanarono un po', in silenzio. L'uomo non aveva spiccicato parola da quando li avevano incontrati.

Pochi attimi dopo Michele si scostò in malo modo, irritato. «Ora tu mi spieghi perché accidenti conosci Andrea.»

«Lele, io...»

«Lele, niente. Tu conosci Andrea e di sicuro sapevi che era il mio ex... Ti sei divertito, eh?» quasi ringhiò Michele; non era da lui reagire a quel modo, ma non riusciva a controllarsi.

«No, cioè sì, io conoscevo Andrea e mi aveva parlato di un Michele, solo non sapevo fossi tu... Io, credimi!» disse Mattia cercando un contatto con il commesso.

«Lasciami» rispose Michele divincolandosi con fermezza dal ragazzo. «Credo sia meglio finirla qui. Non mi piacciono i bugiardi...»

«Lele, ti prego...»

Ma l'altro si era già voltato e si era confuso tra la folla. Mattia rimase lì in mezzo a una marea di sconosciuti con le lacrime agli occhi. Strinse i pugni facendosi quasi sanguinare i palmi delle mani, secchi per il freddo. Come poteva sapere che Michele fosse lo stesso uomo di cui gli aveva parlato Andrea a dicembre? Quella era proprio sfiga.

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