2. Sola
Pov. Gizem;
La gente si illude sempre di essere "perfetta" di non avere nulla di oscuro dentro di sé, riescono ogni volta a trovare una spiegazione a qualunque cosa che combinano nella loro vita senza ammettere la verità: non sono perfetti. E il loro lato oscuro combatte sempre per uscire fuori, brama la propria libertà.
E vince ogni volta stando in silenzio senza far capire nulla a nessuno, nemmeno a noi stessi. E' furba e scaltra come una volpe.
In un certo senso siamo come la luna: perfetti fuori ma con un lato oscuro dentro di noi che prima o poi emerge nella nostra vita come una fase, quel lato che nascondiamo a chiunque per paura.
Ormai tutto ruota intorno alla perfezione, sia nell'aspetto fisico di una persona e sia nel proprio carattere, hanno la convinzione che nessuno ti accetti se non si è "perfetti" perché il difetto in questa folle e stupide vita non deve esistere. Ma in realtà fanno solo finta di non sapere e che si tratti solo di una menzogna.
La perfezione che credono loro: non esiste e forse mai esisterà, si recita solo un ruolo che ci fa diventare tutti dei robot fino alla fine dei nostri giorni perché ci entra dentro fino a diventare una parte di noi.
Una maschera che non si potrà mai più togliere.
Siamo tutti imperfetti, ognuno con i suoi difetti e i suoi pregi, ognuno con i suoi lati oscuri che riesce a trovare un equilibrio con esso.
Perché la vera perfezione è essere imperfetti. Diversi l'uno dall'altro.
Questo è uno dei tanti motivi per cui amo la fotografia è l'unica che riesce a mostrare delle piccole verità e dei segreti che le persone tendono ogni volta di nascondere e si catturano dei dettagli come: uno sguardo pieno d'invidia verso l'altra persona mentre sta parlando, uno finto da recita scolastica o quello pieno d'amore verso qualcuno a cui non si riesce a rivelare i propri sentimenti. O che non si può avere.
Basta un semplice scatto e si cattura le sfumature di una persona rivelando la loro vera identità.
Mi fermo appoggiandomi in un angolo controllando com'era venuta la fotografia che ho appena scatto a due signori che camminavano davanti a me nei loro completi firmati di qualche casa di moda, un sorriso soddisfatto appare sul mio volto era perfetto. Le loro espressioni dicevano molto di più di quello che vogliono far credere.
Ho accettato di essere diversa, di avere delle mie opinioni che spesso e volentieri non coincidono con i miei coetanei o delle altre persone, ho accolto il mio lato più oscuro: sarebbe sciocchi dire che non ho avuto paura, ma non mi è mai importato di piacere più. Mi ha fatto sentire finalmente completa, viva.
Come quando trovi l'ultimo tassello di un puzzle per completarlo del tutto.
Non mi è mai importato di quello che pensa la gente nei miei confronti specialmente quando dicono che sono diversa da loro, o perché non seguo la moda che gira in questo preciso istante anche di un banale taglio di capelli io sono me stessa: chi vuole davvero la mia amicizia devono accettare così come sono e non come vogliono loro.
È un sollievo che la classica giornata universitaria si è conclusa, sebbene oggi c'era la lezione del mio corso preferito con la professoressa McGranitt ma sto odiando sempre di più economia e so che non fa parte della strada che voglio intraprendere un domani dopo l'università.
Con la McGranitt ogni sua lezione è fantastica ti apre davvero un mondo nuovo, non è da tanto qui a New York è arrivata da due anni più o meno ha rinunciato una cattedra prestigiosa in università famosa di Londra, dice che non era il suo posto e non poteva essere sé stessa in quel luogo. Sapeva che lì non avrebbe potuto aiutare nessuno.
Ha quarant'anni e si veste sempre con dei abiti strani composti da gonne lunghe di vari colori o scure, una volta ci spiegò che dipendeva tutto dal suo stato d'animo e di certo non si è mai vestita come tutte le altre insegnanti: cerca sempre di immedesimarsi in ognuno dei suoi alunni per metterci a proprio agio e ci riesce ogni volta.
Insegna psicologia di base e ha deciso di lasciare i suoi corsi aperti a tutti: anche a chi non ha scelto quel ramo di studio, ma nelle sue lezioni dopo aver messo delle musiche strumentali si parlava davvero di tutto: dalla psicologia alla reincarnazione, a degli argomenti che ancora oggi sono considerati dei "tabù" e quando si entra nella sua aula quella parola non esiste più.
Per la professoressa il suo corso serve a far crescere i propri studenti fino alla fine del loro percorso di studio, per fargli capire se è davvero quello che vogliono fare senza nessun rimpianto per quello che avevano scelto, si crea una sorte di connessione e di tranquillità che ci permette di esprimerci e di parlare di quello in cui crediamo senza sentirci minacciato o non compresi.
Il suo corso in realtà non fa parte di quello che ho intrapreso per laurearmi, economia e psicologia c'è di mezzo il mare ma quel corso mi ha affascinato non appena ho sentito la sua presentazione durante il suo primo anno e di come spiegava ciò che comporta o il perché ha creato tutto ciò: aveva ragione mi sta aprendo un mondo.
Ora riesco a capire molto di più la mente umana o se una persona cerca di mentirmi o meno, questo mi sta aiutando anche con quello che sto studiando per un domani e sulla fotografia scegliere quel corso è stata una scelta saggia ed intelligente.
D'altronde fin da quando sono piccola mi è sempre bastato un solo sguardo per capire le persone, se meritavano o meno di far parte della mia vita, forse è per questo che non ho mai avuto molte amicizie e che quelle poche che avevo le ho interrotte non appena ho finito il liceo. Per mia madre tutto questo è una disgrazia che non posso continuare così, per lei devo avere una cerchia di amici e per quanto condivido le sue motivazioni: tutti quelli che ho incontrato si sono rivelati falsi, degli approfittatori e la cosa peggiore senza avere personalità.
Per quanto si arrabbia sa che ho preso da lei e non solo nell'aspetto estetico ma anche nel carattere, siamo entrambe molto riservate e sebbene lei aiuta sempre tutti anche nel nostro vicinato o una persona in difficoltà, ma quando toccano il privato il suo lato riservato esce fuori. E' molto più abile di me a nascondere i suoi sentimenti, le sue emozioni o i suoi pensieri: i suoi occhi scuri diventano impassibili e quasi mai riesco a capire quello che sta provando, l'amore che prova nei confronti miei e di mio padre si vede in modo limpido c'è sempre una luce nei suoi occhi.
L'unico che riesce a capirla è mio padre, sono due metà che si completano, basta un solo sguardo e si capiscono o comunicano in un modo tutto loro.
Questo è uno dei motivi per cui non sa nulla del corso della McGranitt, non capirebbe e farebbe le sue solite scenate, mio padre invece è il mio complice ha scoperto del corso durante le solite lettere che arrivano ogni anno per la retta universitaria: ho fatto scambio con un corso che ho sempre odiato e ritenuto inutile, ma dopo averne parlato ha capito concordando con me e senza dire nulla alla mamma facendomi un sorriso seguito dal suo solito occhiolino.
Mio padre è il contrario di mia madre: mi ha sempre spinto a capire chi sono realmente e di seguire il mio istinto, qual è la mia strada che ognuno di noi deve compiere per arrivare al nostro destino, bello o brutto che sia, lui crede in queste cose e tutti i suoi libri riposti nel suo piccolo studio ne sono la prova. Ha tantissimi quaderni o taccuini, tutti in ordine, dove scrive le sue teorie e i suoi pensieri dopo che ha finito di leggere un libro e sono certa che poteva essere un lavoro perfetto per lui, in realtà l'ho sempre visto nei panni di un insegnante come la McGranitt però ha intrapreso un'altra strada dicendo che non faceva parte del suo destino.
I suoi racconti della Turchia mi hanno fatto sognare ed amare di più il luogo dove sono nata, sono sempre stata curiosa delle mie origini ero troppo piccola quando ci siamo trasferiti in America e non ricordo nulla della mia città natale, impossibile ricordare il più piccolo dei dettagli, ma grazie ai miei genitori sapevo delle nostre tradizioni.
Per mia madre sono davvero sacre e le segue tutte nei minimi dettagli, a casa nostra infatti ha creato un po' del nostro paese d'origine in modo minuscolo ovviamente e curava tutto lei: dai fiori alle verdure che portava in tavola, una sua amica le aveva portato qualche seme dalla Turchia.
Ogni volta mi spingeva a fare giardinaggio insieme a lei, spiegandomi che solo in quel modo riusciva a trovare la sua pace interiore e che il suo giardino la riportava a casa sua, anche se non mi hanno mai spiegato il motivo del nostro trasferimento.
Non appena arrivo al dipartimento di polizia mi fermo a pochi passi dalle scale, il peso al mio petto aumenta e quasi non riesco a respirare, la telefonata di questo Detective Scott mi aveva stranita: non mi ha detto nulla riguardo il motivo della chiamata e che era meglio parlarne di persona. Per la fretta non ho nemmeno avvisato i miei genitori, anche se voglio risolvere i miei problemi da sola conoscendo mia madre si sarebbe preoccupata e che "devo calmare il mio animo ribelle".
Possibile che si tratti di quel riccone viziato che mi stava per violentare mesi fa?
Avevo seguito alla lettera ciò che mi ha insegnato il mio vecchio insegnante al corso di autodifesa del liceo, i miei erano entrambi contorti dopo quello che successe ad alcune mie coetanee mentre tornava a casa, non gli avevo fatto nemmeno molto visto che mi sono limitata ad un calcio nelle parti basse. L'unico ricordo che ho di quella sera e che mi sentivo spaventata lui mi stava trascinando con forza in un vicolo senza nessuna uscita, non mi ero nemmeno accorta che durante il suo strattonamento il mio tacco si era rotto e beh.. Avrà dei problemi con il suo amichetto per un po' di tempo.
Essendo un figlio di papà dichiarò subito che l'avevo aggredito senza nessun motivo e stava cercando di proteggersi: come se i miei vestiti strappati e il mio volto pieno di lividi non fossero una prova sufficiente, ma la fortuna è stata che il giudice non gli aveva creduto dubito però che se ne era fatto una ragione della sentenza.
La voce del detective però era particolarmente strana: il suo tono di voce è giovane ma so già che si tratta di un uomo di mezza età con tanto di pancia e sicuramente con pochi capelli e con la bocca sporca di zucchero di una ciambella appena divorata, come i tipici detective che si vedono in giro per queste strade. Non riesco a togliermi dalla testa il modo in cui cerca con tutto sé stesso di avere un tono neutro e freddo, ma è stato palese che non ci stava riuscendo.
Perché non dirmi nulla del motivo per cui mi aveva convocata?
Scuoto lentamente la testa non sono certo una debole e non ho paura di affrontare ciò che mi sta aspettando li dentro, dopo aver fatto un respiro profondo salgo i pochi scalini entrando nel dipartimento.
Mi guardo lentamente intorno aveva completamente ristrutturato il palazzo: era moderno con delle finestre ampie che davano molta più luce naturale con dei colori neutri alle pareti che stavano in modo perfetto in quell'ambiente, ovviamente faceva anche aumentare ancora di più l'ansia.
C'era un agente seduto all'ingresso che si stava gustando la sua ciambella e il suo caffè caldo, il viso è paffutello ma si vede che ha un'aria simpatica ed è un uomo buono, mi avvicino a testa alta come mi ha insegnato mia madre: mostrando una sicurezza che in realtà non avevo. Alza lo sguardo verso di me scrutandomi cercando di nascondere il suo spuntino sotto la scrivania girandosi per pulirsi velocemente il volto, cerco di non ridere e rimanere seria anche se è una scena divertente. « Buongiorno signorina, come posso aiutarla? » domandò gentile accennando un piccolo sorriso.
Ricambio il sorriso a disagio quasi con timidezza, odio trovarmi in questo posto e in queste situazioni anche se rispetto all'altra volta è molto differente. « Salve sono la signorina Aydin. » dissi e sperai con tutta me stessa che la mia voce non aveva deciso di tradirmi, ma lo sguardo dell'agente cambiò facendomi preoccupare. « Un certo Detective Scott mi ha contattato, ho un appuntamento con lui. » concludo scrutandolo a mia volta.
L'agente annuisce e mentre mi stava dicendo qualcosa veniamo interrotti dal rumore di una porta che veniva sbattuta con forza, ci fece sussultare entrambi e ci voltammo verso chi ha causato tutto questo casino e c'era un ragazzino molto più piccolo di me. Era vestito tutto in modo da perfettino con la sua divisa da poliziotto con tanto di guanti e con un cappello che portava alla sua destra sotto il braccio, non avevo mai visto un poliziotto così in giro per le strade di Brooklyn, a differenza del suo collega il suo sguardo non c'era niente di amichevole o cortese per lo meno.
Ci raggiunse velocemente quasi minaccioso portando la mano libera sopra la sua pistola stringendola di poco, d'istinto faccio qualche passo indietro puntando lo sguardo verso l'agente di prima che stava fulminando il nuovo arrivato, quando si accorse che lo stavo osservando mi sorrise per rassicurarmi, forse avevo decisamente sbagliato a non avvisare mia madre che mi avevano convocato qui, di certo preferisco una sua ramanzina che stare qui da sola con un gruppo di pazzi. O pazzo.
Il ragazzino si avvicinò ancora di più guardandomi con un'aria altezzosa come se qui dentro era lui il capo, quanto era ridicolo? « Mi dica signorina Aydin, dove eravate questa mattina intorno le nove del mattino? » domandò in modo arrogante alzò un dito puntandomelo contro. « E guai a lei se mi mente. » continuò.
E' per caso lui il detective Scott? Anche se ho i miei dubbi visto che quest'ultimi non indossavano più le divise durante i turni ma dei completi o almeno è questo ciò che si vede nelle serie tv poliziesche, la mia ansia era sparita del tutto lasciando spazio alla rabbia. « Ma come osa?! E' per caso una minaccia questa? » chiesi indignata alzando leggermente il tono di voce, sentivo in modo distratto l'agente paffuto che parlava con qualcuno al telefono.
« Faccio il mio lavoro! » disse strillando e la sua voce risultò stridula era chiaro che stava cercando inutilmente di imitare qualcuno, alzai un sopracciglio scuotendo la testa ma davvero ho una calamita per i figli di papà che voglio tutto e subito dalla vita?
Stavo per dirgliene quattro anche perché volevo capire chi fosse e che diretto aveva di parlarmi in quel modo, come se fossi una criminale della peggior specie mi bloccò l'agente paffuto uscendo fuori dalla sua postazione mettendosi al mio fianco quasi come difesa, aveva rivolto uno sguardo severo a quel ragazzino che puzzava ancora di latte. « Agente sta arrivando il detective. » lo intimò con un tono minaccioso avvisandolo. « Non ti vuoi far trovare da lui, dopo quello che hai combinato stamattina o sbaglio? » gli domandò quasi con un sorrisetto divertito stampato sul volto.
Il mio sguardo vagava sui i due che si stavano fulminandosi a vicenda, se prima ero confusa per la mia convocazione adesso lo ero ancora di più: cosa volevano da me? Di certo l'unica cosa che avevo capito era che quel ragazzino non era il detective Scott e da quello che aveva detto l'agente paffuto di certo non era buono e simpatico come lui. Ottimo direi.
Cercai di ricordarmi cosa avevo fatto di male nell'ultimo periodo dopo quello che era successo, mia madre mi aveva praticamente rinchiuso in casa: uscivo solo per l'università, qualche volta a Central Park accompagnata da mia madre o mio padre e poi c'era il rifugio di animali dove do una mano quasi ogni giorno al signor Brooks. Nulla di illegale insomma.
Mi sento decisamente in imbarazzo: le mie guance bollano e sono sicura che ormai sono diventate rosse peggio delle kofte piccanti di mia madre, mi guardo brevemente intorno e le poche persone che si trovano lì ci stavano tutti guardando perfino alcuni agenti sono appena entrati nel dipartimento, è davvero così che si sentono i criminali ogni volta? Di certo a me sta facendo passare la voglia di diventare una criminale.
Il mio pensiero andò a mia madre se in questo momento si trovava qui sa di certo come comportarsi e rispondere a quell'arrogante moccioso, la mia pazienza sparisce subito e il sangue arriva subito al cervello mentre lei ha una calma che fa paura ascolta e poi quando hanno smesso risponde in un tono educato e li ammutisce con una semplice parola.
La desiderai al mio fianco con il suo sguardo confortante era tutto quello che desidero in questo momento, io e lei litigavamo quasi ogni giorno ma non l'avrei cambiata per nessuna ragione al mondo, mentre i due continuavano a discutere apro la mia borsa a tracolla: piena di libri e quaderni, matite, penne, la mia vecchia macchina fotografica e il mio cellulare che afferro decisa per chiamare mia madre.
Sentì di nuovo la voce stridula di quel ragazzino che stava strillando e quando alzo lo sguardo verso di lui trovai la sua pistola puntata contro e la sua direzione era quasi sul mio petto, sento il mio cuore battere all'impazzata fin dentro le orecchie e d'istinto lascio cadere il mio cellulare a terra per alzare entrambe le mani, certo in tv e su internet parlavano di alcuni poliziotti che sono impazziti e trattano male i civili ma non credevo fino a questo punto.
Notai un suo sorriso da pazzo. « Ora ti fermo io assassina. » disse il suo sguardo è pieno di cattiveria ma non riuscì a concludere la sua frase o ciò che voleva fare, forse sparare.
Successe tutto così in fretta che sembrava quasi di stare in quei strani film che ogni sera i miei amano guardare prima di andare a letto, un ragazzo alto e muscolo arrivò nella stanza mettendosi davanti a me e con un solo gesto della mano lo disarmò il moccioso gettando via la pisola a terra si sentì il rumore del metallo sbattere contro il pavimento, senza aspettare oltre o dire qualcosa tirò un cazzotto a quest'ultimo, lo vidi cadere a terra con una mano sulla faccia forse anche con le lacrime agli occhi dal rumore di sicuro gli aveva rotto il naso.
Mi sentivo paralizzata dalla testa fino alla punta dei piedi e quando sentì due mani sulle mie spalle sussultai spaventata ma mi rilassai di poco quando vidi lo sguardo rassicurante dell'agente paffuto, mi scortò lontano da quel pazzo furioso anche se sentivo le mie gambe tremare come fossero delle gelatine mi fece sedere sulla sua sedia, mi parlò anche se la paura si era impossessata di me sentivo ancora il mio cuore battere forte.
Che diavolo stava succedendo? Perché sono un'assassina?
Il ragazzino stava borbottando qualcosa come se non era da regolamento o che l'avrebbe denunciato oggi stesso, ma sembrò non spaventare l'ultimo arrivato. « Ti avevo già avvisato, novellino. » disse con un tono freddo e pieno di rabbia, nonostante la situazione avvertivo che stava trattenendo a stento la sua oscurità e forse anche da chi è davvero, quella voce però.. Mi è famigliare.. Cercai di ricordare ma la mia mente non voleva affatto collaborare. « Sei sospeso con effetto immediato. Prendi tutte le tue cose e vattene da qui. Hai fatto abbastanza oggi. » continuò voltandogli le spalle.
Osservai silenziosamente la scena mentre quel moccioso si alzò con tutto il naso che colava sangue con un'aria di superiorità. « Non può sospendermi, non ne hai il diritto stavo facendo il mio lavoro. » disse e mi indicò. « L'ass.. » venne bloccato di nuovo da lui che gli diede un altro pugno sulla guancia.
Ma prima che cadeva di nuovo lo prese per la giacca tirandolo verso di lui e alcuni agenti, compreso quello paffuto, a quella scena corsero da loro cercando di separarli ma senza successo la presa di quello alto era forte. « Non ho il diritto? Povero illuso. » Il tono della sua voce era piena di sarcasmo era chiaro che aveva perso la pazienza. « Sono un tuo superiore, hai puntato una pistola contro una civile ti rendi conto?! » lo lasciò spintonandolo contro un agente che lo prese bloccandolo. « E non dire quella parola, dove cavolo hai fatto l'accademia?! Eri fatto in quel momento? » gli domandò alzando il tono di voce. « Se provi a dire che aveva un arma, ti giuro che ti faccio pentire di essere nato. » lo minacciò e fece una breve pausa, si abbassò prendendo il mio cellulare e notai che lo schermo quasi la metà era ormai rotto. Lo avevo appena finito di pagare. « Aveva preso il cellulare, razza di coglione. Harris portalo via di qui per favore. » aggiunse.
Il moccioso provò a dire qualcosa ma bastò uno sguardo di quell'uomo che rimase zitto, l'agente Harris presumo lo spinse via tenendolo ancora fermo mentre lo scortava verso la porta dove era venuto quel pazzo furioso, speravo con tutta me stessa che quel tipo non lo avrei rivisto più nella mia vista. Come può funzionare un corpo di polizia se assumono questi idioti pazzi?!
Ci fu calma tutti ritornarono a far il loro lavoro mostrandomi uno sguardo pieno di scuse, ma di certo non toccava a loro scusarsi mi alzai lasciando il posto all'agente paffuto volevo solo andarmene via di qui non mi interessava affatto parlare con quel detective Scott, in caso avrei detto a mio padre di contattare il nostro avvocato e si sarebbe visto. Non voglio stare qui.
Quel ragazzo che era intervenuto si avvicinò a me con passi lenti, il suo volto mostra una calma apparente le sue pupille erano ancora dilatate lasciando intravedere a stento il colore dei suoi occhi, di certo potevo capirlo: chi non avrebbe perso la propria pazienza lavorando ogni giorno con un pazzo furioso?
Mi porse ciò che rimane del mio cellulare ma lo guardai sospetta, non ho proprio voglia di fidarmi nuovamente di un poliziotto la mia coda dell'occhio andò sull'agente paffuto e mi sorrise, quel uomo riusciva a mettermi a mio agio forse perché non era un pazzo, presi il mio cellulare sfiorando le sue dita avvertì come una scossa elettrica che attraversò la mia schiena. Sussultai guardandolo dritto negli occhi, notai che si erano spalancati appena che quella scossa l'aveva avvertita anche lui? « La ringrazio. » dissi allontanandomi da lui, osservando il mio cellulare non si accendeva nemmeno una smorfia apparve sul mio volto, di male in peggio oggi. « Agente.. se quel detective non è arrivato io vado a casa, ne ho abbastanza di questo posto. » aggiungo voltandomi verso l'altro agente, notai uno sguardo pieno di compassione ma lo ignorai volevo solo andare a casa dalla mia famiglia.
« Sono io il Detective Scott. » disse la voce di quel ragazzo e mi voltai di scatto verso di lui ricordando dove l'avevo già sentito, ho completamento sbagliato la mia ipotesi di poco prima: non era affatto un vecchio senza capelli. O con la pancia. « Sono dispiaciuto per ciò che è capitato poco prima, ma le devo.. » fece una pausa, dai suoi occhi e dalla sua voce sentivo che era dispiaciuto. « Le devo parlare signorina Aydin, è importante. » aggiunse scrutandomi.
Lo guardo a mia volta scrutandolo silenziosamente il suo sguardo era serio, ma notai che anche in quel momento stava cercando di nascondere qualcosa, ma cosa? Forse centra davvero con il motivo per cui mi aveva convocata qui dentro e lo volevo sapere per quanto desidero tornare a casa sotto alle coperte dopo aver annuito lentamente lo seguo oltre quel portone.
Cammino a pochi passi di distanza vicino al Detective Scott dopo quello che è appena accaduto preferisco stare alla larga dai poliziotti e dalle loro armi che fuoriescono dalla fondina, eravamo appena arrivati al secondo piano del dipartimento e gli ero grata quando mi ha chiesto se preferivo le scale o l'ascensore.
Non avevo paura dell'ascensore e ne soffrivo di claustrofobia ma non sarei riuscita a sopportarlo in questo momento, il mio attacco di panico minacciava di uscire fuori e volevo evitare visto che non è affatto il luogo ideale.
E mai e poi mai mi sarei mostrata debole, non è da me.
Quando arriviamo rallento il passo osservando l'ufficio curiosa: era ampio con molte scrivanie dallo stile moderno e finestre ampie identiche al piano inferiore, era pieno di scaffali di ogni tipo in modo ordinato, ognuno di loro aveva il proprio spazio e non ti mancava il respiro con tutta quella roba.
Lo sguardo dei vari detective e poliziotti si alzarono verso di noi, alcuni erano curiosi e altri avevano uno sguardo compassionevole, fu per istinto che mi avvicinai di più accanto al Detective Scott per quanto ne sapevo era il secondo a non essere un pazzo furioso, non avevo idea di dove avevano portato quel moccioso. Notai che l'unico a non portare un completo con tanto di cravatta era proprio quest'ultimo: indossava una semplice camicia scura e un paio di jeans, di certo non seguiva lo stile di moda che portavano i suoi colleghi.
Prese un fascicolo dalla sua scrivania per poi entrare dentro quella che sembrava una sala riunioni tutta in vetro, con solo un computer all'angolo della stanza e un enorme lavagna bianca. « Prego si sieda. » disse in un tono formale puntando lo sguardo verso di me, appoggiò il tutto sulla scrivania per poi sedersi.
Lo scruto in silenzio per poi scuotere lentamente la testa. « No preferisco stare in piedi, la mia poca fiducia in voi è sparita qualche minuto fa. » dissi abbassando il tono di voce alle ultime parole anche se non aveva importanza se mi aveva sentito o meno, stando in piedi avevo molte più probabilità di scappare più velocemente.
Un angolo della sua bocca si alzò in un mezzo sorriso. « Insisto, potete stare tranquilla con me non vi capiterà nulla. » mormora guardandomi dritto negli occhi, dove leggevo sincerità nelle sue parole.
Sospirai allontanando di poco la sedia mettendomi seduta di fronte a lui, portai le mani conserte sotto il petto puntando lo sguardo su di lui. « Allora? Perché sono qui? » chiedo seria. « Non ho fatto nulla di illegale. » aggiunsi.
Rimase in silenzio limitandosi a fissarmi per qualche secondo per poi distogliere lo sguardo dal mio, sospirò portando una mano tra i suoi capelli scompigliandoli appena un gesto che forse faceva quando era nervoso. Non lo conoscevo ma era già un libro aperto per me: il suo lato oscuro combatteva per uscire fuori ma lui ne era spaventato, riusciva a combatterlo a stento senza riuscirci del tutto, mi guardava ma non riusciva a dire nulla come se era bloccato.
Anche se sono nervosa non gli misi fretta, non sapevo il perché sono così paziente di solito scatto con un niente e me ne sarei già andata ma ora eccomi qui: in attesa di qualunque cosa mi stava per dire.
Sussultai quando prese di nuovo quel fascicolo prendendo una bustina trasparente, notai un foglio piccolo bianco anche se assomigliava di più ad una fotografia un po' rovinata ai lati. « Li conoscete? » mi domandò porgendomi quello che si trattava di una foto, spalancai gli occhi quando vidi il volto sorridente dei miei genitori e io in mezzo a loro.
La mia mano tremò quando la prendo tra le mie mani era del tutto rovinata quando solo stamattina era in perfette condizioni, ricordo ancora quel giorno: era la nostra prima e seria vacanza non so come ma ero riuscita a convincere mia madre a partire, ci trovavamo tra le montagne della California e in questa piccola cittadina c'era un lago e con la luce del tramonto c'era una bellissima atmosfera. Una signora gentile si era offerta di scattarci questa foto. « Sono.. I miei genitori. » dissi balbettando mentre la mia mente iniziava a girare come un vortice, puntai lo sguardo su di lui e già sapeva chi fossero. Voleva solo una conferma. « Perché avete questa foto?! Dove sono? » chiesi ed andai in panico guardandomi intorno.
Il suo volto divenne triste, chiuse gli occhi. « Mi spiace.. » mormorò riaprendo gli occhi puntandoli verso di me.
Tutto si fermò.
Sembrò come se il tempo si era fermato di colpo come uno schianto lasciando solo il rumore del temporale, come un urlo straziante che uscì dal cielo, mi sentì senza forze e capì il motivo per cui aveva insistito tanto a farmi sedere. Non riuscivo a reagire, né a dire che fosse un pazzo e che tutto questo fosse uno scherzo, non aveva pronunciato quelle parole ma i suoi occhi parlano per lui.
Scuoto la testa decisa, i miei genitori non potevano essere morti sono vivi. E' tutto uno scherzo di cattivo gusto o una vendetta forse? « No.. Lei si sta sbagliando. » dissi mentre il mio cuore batteva forte contro lo sterno. « Questo è troppo, li ho visti questa stamattina ed erano.. » continuai ma lui mi bloccò avvicinandosi a me.
Si abbassò sulle ginocchia fino ad arrivare alla mia altezza. « Non le sto mentendo, non potrei mai in una cosa così delicata. » disse il tono della sua voce era calmo. « So quello che stai provando in questo momento, lo so fin troppo bene. » mormorò.
Sentì i miei occhi umidi e una lacrima incontrollata scivolò lungo la mia guancia, non può essere vero. « Come? » chiesi in un sussurro lasciai la fotografia sul tavolo, i miei occhi scuri riflettevano su quelli chiari di lui.
Sospirò. « Sono stati uccisi questa mattina a casa vostra. » disse cautamente scrutando i miei occhi in cerca di qualcosa, ma ero fin troppo abile a nascondere tutto ciò che provo positivo o negativo.
Indossai una maschera.
Quella maschera impenetrabile che nessuno poteva vedere quello che c'è dietro, una sorta di corazza rinforzata che ti protegge da tutto ma che ogni giorno che passa diventa sempre più difficile toglierla.
Sentì il detective parlare ma lo ascoltavo distrattamente, mi offrì un bicchiere d'acqua che accettai. « La ringrazio.. » sussurrai appena sentendomi la gola secca, ne bevo un sorso stringendo quel bicchiere intorno la mia mano. « Chi è stato? Lo avete già trovato?! » domandai.
Lo vidi scuotere la testa mentre mi spiegò che stavano facendo tutto il possibile per trovarlo, ma nel nostro quartiere nessuno lo aveva visto e non c'era nessuno che ha una telecamera. Ed era vero, i miei con dei vicini stavano iniziando una raccolta di firme per aggiungere delle telecamere al nostro quartiere. Fu gentile rispose ad ogni mia domanda ed io alle sue con sincerità non avevo nulla da nascondere, volevo sapere com'era successo. Volevo sapere tutto.
« Avete un posto dove stare? » mi domandò tutto ad un tratto, avevamo appena finito con le domande e tutto visto che non sapevo cosa dovevo fare.
Annuisco lentamente. « Il nostro vecchio appartamento.. » mormorai piano, mia madre si era convinta a lasciarmi le chiavi giusto qualche giorno fa, che sapeva qualcosa? O si tratta di quello che mi hanno sempre nascosto? « Mia madre non voleva venderlo, perché questa domanda Detective Scott? » chiedo.
Si sistemò sulla sedia appoggiando la schiena contro lo schienale, portò le braccia conserte contro il petto. « Fino a quando non saranno finite le indagini, non potete entrare nella vostra casa attuale. » mi spiegò. « Dovreste andare in quello vecchio. » aggiunse.
Annuisco lentamente. « D'accordo.. Posso andare ora? » domandai quasi come una supplica, avevo bisogno di stare sola e di pensare il perché era successo tutto questo a noi. I miei genitori non sono delle persone cattive e non hanno nemici soprattutto, si ci hanno dato degli immigrati un sacco di volte ma ogni volta hanno ignorato quelle persone, sono sempre stati contrari alla violenza.
« Si potete andare. » disse il detective a quelle parole mi alzai il piedi, le mie gambe sono nuovamente delle gelatine, si alzò anche lui. « Preferirei accompagnarvi io stesso, voglio accettarmi che l'appartamento sia sicuro. » aggiunse subito dopo.
Il tragitto verso il vecchio appartamento fu silenzioso avevo la testa appoggiata contro il finestrino ed osservavo con sguardo distratto la pioggia che cadeva forte, molto di più rispetto a questa mattina, era una giornata triste e forse quello di stamattina era solo un avvertimento.
Il palazzo era composto a due piani, con una piccola terrazza sul tetto che i miei hanno acquistato del tutto anni dopo, al primo piano si trovava una vecchia signora vedova senza figli si impicciava sempre di tutto: era uno dei motivi per cui i miei si erano trasferiti all'altro lato di Brooklyn. Con lei la tranquillità non c'era.
Non appena siamo entrati si era subito affacciata con il suo solito sguardo da pettegola ma alle sue domande sia io e il Detective Scott la ignorammo di striscio, presi dalla borsa le mie chiavi dove c'erano anche quelle del vecchio appartamento e solo agli ultimi gradini il ragazzo al mio fianco prese la pistola.
Quando ha parcheggiato la macchina mi ha spiegato alcune cose e anche quando siamo scesi non c'era nessuno di sospetto, aveva scrutato a lungo tutto il perimetro prima di entrare nel palazzo. Lo guardai in attesa di un cenno che non tardò ad arrivare, apro la porta di casa mettendomi di lato lasciando aprire da sola.
Ci investì un profumo di fiori, mia madre li aveva appena messi l'altro giorno con tutti i suoi impegni si prendeva anche cura di quell'appartamento e forse ora potevo scoprire finalmente la verità, entrò prima il detective facendo un rapido giro della casa non era affatto grande c'era solo: una cucina e soggiorno, una camera da letto e un bagno.
Ritornò di nuovo all'ingresso. « Entra pure è tutto libero, non c'è nessuno. » disse, entro in casa prendendo le schiavi chiudendo la porta alle mie spalle. « Non c'è nessun segno di effrazione. » aggiunse guardandosi intorno.
Un sospiro di sollievo uscì dalle mie labbra, non avevo paura e se l'assassino dei miei veniva qui avrebbe avuto il ben servito dalla sottoscritta anche se so già che nessuno dei due sarebbe stato d'accordo con la mia idea. « La ringrazio, detective. » dissi e lo guardai.
Voltò lo sguardo verso di me mentre riponeva la pistola nella sua fondina. « Dovere. » disse accennando un breve sorriso, prese dalla tasca della sua giacca di pelle un biglietto e me lo porse. « Questo è il mio numero di telefono, per qualsiasi cosa può chiamarmi. » aggiunse.
Lo prendo rigirandolo tra le dita, era semplice con solo scritto il numero di telefono e il nome e cognome. « Lo farò. » mormoro accennando un piccolo sorriso, mi fece un breve cenno con il capo tipo un saluto andando verso la porta ma non appena uscì fuori lo fermai. « Detective Scott. » lo chiamai e si girò subito verso di me. « Voglio vederli. Voglio vedere i miei genitori. » specificai seria e lui annuisce.
Non appena andò via appoggiai tutto sulla poltrona all'ingresso, quando sono entrata in casa una foto in particolare mi aveva colpito e sono certa anche al detective sebbene abbia fatto finta di nulla, era la stessa foto che avevamo in casa e anche in camera mia cosa ci faceva qui?
La presi tra le mani osservando il volto sereno dei miei genitori, sfiorai con le dita il viso di entrambi. « Cosa mi state nascondendo? » sussurro.
- Angolo dell'Autrice:
Ciao a tutti!
Dopo tanto tempo ecco il secondo capitolo, mi scuso per l'attesa ma non vi nego che è stato un parto.. E sapete già il perchè ho seriamente pianto scrivendo questa scena.
Ma conoscerete per bene Gizem nei prossimi capitoli!
Spero vi sia piaciuto e non siate timidi!
Lasciate un commento e ditemi cosa ne pensate, sono curiosa!
A presto!
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