Un ragazzo problematico
POV Sara:
Non so neanche cosa spero di trovare qui dentro.
Senza neanche sapere il motivo, i miei piedi si muovono quasi involontariamente ed eccomi qui, di fronte a questa porta. La mia mano rimane a mezz'aria abbandonando l'intenzione iniziale di bussare. Una sensazione prorompente sta avendo la meglio: la paura.
-Adesso basta Sara! Smettila di fare la fifona! Lo hai promesso a John,hai promesso di indagare su Eric e su quello che fa, quindi smettila di tremare come una foglia e entra in questa maledetta stanza!- impongo a me stessa. Penso che, se esiste una me interiore, si prenderebbe gioco di me, vedendomi in questo stato. Sono coraggiosa quanto un coniglio. Poggio la mano sulla maniglia color oro e lentamente la porta si apre, producendo un flebile cigolio.
-Dai Sara, il peggio che può accaderti è che lui ti ammazzi! Neanche se gli facessi gli occhi da cucciolo ti risparmierebbe, considerato quanto amore prova per te. Giustamente John a chi chiede di badare e scoprire gli oscuri segreti del suo figlio problematico? A me, la persona che più odia al mondo! Una bella logica John, complimenti!-
Vengo investita dall'oscurità della stanza per via della luce fioca e a causa del colore delle pareti che, solo ora posso notarlo, sono grigie. Come immaginavo, Eric non è presente, per fortuna. I muri sono spogli e rendono questa stanza così ampia, ancora più fredda come colui che ci dorme. Al centro di essa si trova un letto a due piazze con un copriletto, anch'esso del medesimo colore delle pareti. La testiera del letto, così come le poltrone poco distante da essa e il divano del salottino a sinistra, è rivestita da un'imbottitura grigia caratterizzata da piccoli quadratini, il capitonné. Di fianco al letto, i comodini, su cui sono riposte una brocca d'acqua in vetro e un libro, sono di un legno scuro e grezzo, dal colore della notte. I libri sono perfettamente in ordine sulla libreria distante di qualche metro, anch'essa dello stesso materiale. Sulla scura scrivania ci sono solo il posacenere e alcune penne. Lancio un'occhiata veloce alla tenda bianca delle ampie vetrate e all'altra porta in fondo alla stanza. Per fortuna Eric non arriva. Comincio a rovistare ovunque alla ricerca di... non so neanche io cosa. Probabilmente spero di trovare qualcosa che mi possa far capire un po' di quello che racchiude quel tipo e quello che fa fino alle 05:00 am.
Un pensiero mi attraversa di colpo...
-E se fosse un serial killer? Magari trovo il motosega usato in "Non aprite quella porta 1" del pazzoide deformato oppure l'ascia usata in "shining" dallo psicopatico per uccidere la moglie!-, non appena mi rendo conto dell'assurdità dei miei pensieri, chiudo gli occhi e faccio dei profondi respiri per azzerare il mio cervello ansiogeno.
-Sara vedi troppi horror! - penso, mentre finisco di controllare l'ultimo cassetto. Sento qualcosa, sembra della carta. La estraggo e noto che è proprio un foglio di carta con su scritto "Ore 00:00 incontro Bronx"
Il Bronx è uno dei quartieri più pericolosi di New York, mi chiedo cosa ci vada a fare lì e cosa voglia indicare la parola "incontro".
-In quale guaio ti stai cacciando Eric?-
Uno scricchiolio abbastanza vicino mi fa trasalire. Mi nascondo velocemente nell'armadio, non prima di aver riposto al suo posto il pezzo di carta. Si sente l'incidere di un paio di scarpe sul pavimento, sempre più vicino. I passi sono sempre più udibili, mentre il mio respiro sembra venire meno. Dal piccolo spiraglio, lasciato aperto dell'armadio, posso notare la figura di Eric. Il mio cuore batte così forte che temo lui possa udirlo.
Avverto molteplici scosse su entrambe le spalle, come se fossero brividi, anzi no, sono BRIVIDI. Riprende a camminare, le sue gambe sembrano puntare proprio in questa direzione. Il mio cuore sembra voglia esplodermi nel petto, ho il cuore in gola.
I miei occhi si chiudono da soli, quando...
< Eric, devo parlarti! Scendi ora! >
Apro di colpo gli occhi, mentre ringrazio mentalmente John per avermi salvato la pelle.
Non appena Eric è uscito, esco di tutta fretta e prendo il biglietto. Non appena sono lontana, posso finalmente tirare un forte sospiro di sollievo.
-Sono viva!! Quello come minimo mi avrebbe ucciso, accidenti con tutti i discorsi interiori che sto facendo con me stessa, la psicopatica sembro io!-
< Sara, devi andare all'università! > mamma mi urla.
Mi fiondo in cucina, scendendo di tutta fretta le scale in marmp ed evito di cadere solo per via delle mie mani ancorate al corrimano in ferro. Mentre addento l'ultima fetta biscottata, Eric mi fa trasalire e quasi soffocare:
< Sbrigati, perché oggi non ho alcuna intenzione di aspettarti! >, freddo, tagliente e burbero.
- Iniziamo bene la giornata! -
Lui è già in piedi, con indosso una camicia bianca, dei jeans e lo zaino su una sola spalla. Si avvicina all'uscita, mentre lo seguo correndo.
Mi guardo intorno nel viale, scrutando velocemente le aiuole. Sono pronta a svoltare verso il garage, ma stranamente lui prosegue dritto.
< Ehy! Ma la macchina? >
Lui mi ignora continuando, imperterrito, la sua marcia. < Eric! Ma mi vuoi spiegare! E poi ti sembra modo questo? Ti ho fatto una domanda e mi hai ignorato! Inoltre ci terrei alla risposta, perché fa un freddo che mi entra nelle vene e veramente... >
Il mio monologo viene interrotto dall'urto contro la sua schiena, si è fermato improvvisamente. Si volta verso di me e, con il tono più acido che possiede, mi rivolge parola: < Sarebbe bello se il freddo ti gelasse le corde vocali impedendoti di parlare >
< In teoria mi si dovrebbe gelare l'area di Broca, giacché è... >
< Il centro del linguaggio, lo so >.
Lui si volta nuovamente avanti e riprende la passeggiata di prima. Prende una sigaretta dalla cerniera superiore dello zaino nero e la dispone tra le sue labbra carnose. Dopo vari tentativi l'accendino si decide a fare il suo dovere, lasciando che una scia di fumo esca da essa. Inizia ad inspirare ed espirare, creando una nuvola di fumo che mi costringe a tossire. Con la coda dell'occhio noto il suo sguardo indugiare su di me per una frazione di secondo, per poi sviarlo puntando sul viale e il verde di fronte a sè. Non proferisco parola, anche se il fumo mi infastidisce e lui finge di non essersi accorto del mio fastidio. I miei occhi si socchiudono leggermente e avverto le pieghe sulla mia fronte, ma lui continua, indisturbato, a fumare, non staccando, neanche per un istante, la bocca dal filtro. Quando non è rimasto quasi nulla di essa, getta la cicca a terra per poi calpestarla con la suola lucida delle sue scarpe nere. Senza dire la minima parola, si incammina in avanti, senza svoltare verso i parcheggi. Si dirige verso il cancello in ferro battuto e, con il telecomando, apre il cancello. Il suo dito si sta per posare nuovamente sul pulsante; perciò, ben conscia che sta per chiudere, mi affretto ad uscire. Questo nostro agire nel più assoluto mutismo non mi permette di capire il motivo per cui non prendiamo l'auto. Stufa di questo silenzio assordante, sbuffo e poso le mani sui miei fianchi guardandolo di soppiatto con espressione irritata. I miei occhi nocciola si riducono in due fessure, mentre le mie labnra, solitamente a cuore, si contraggono in una smorfia.
< Non mi hai detto il perché non prendi la macchina! >.
Lui si concede un sospiro, segno del suo immancabile fastidio in mia presenza. Dopo aver alzato gli occhi al cielo, mi risponde con aria annoiata: < Tutte le macchine sono fuori uso, perché alcune sono dal meccanico e altre le abbiamo prestate ai parenti che avevano il nostro stesso problema >
< Cosa? Ma quando?! > esclamo.
< Lo sapresti se avessi prestato attenzione alle parole di mio padre giorni fa. A quanto pare no, il tuo cervello è sempre in modalità risparmio energetico >
< Ma come... non ho sentito e poi mi sembra assurdo che si siano rotte tutte nello stesso istante, qualcosa di epocale! A questo punto mi aspetto anche che scendano gli alieni ora e ci portino nella loro ASTRONAVE! >.
Lui non riesce a trattenere una risata, ma non é uno di quei suoi soliti ghigni strafottenti: il suo è un sorriso genuino.
< Passione occulta per la fantascienza? >
< SIII! Tantissimo, è fantastica! Le storie sono così particolari, poi ho sempre adorato quei mostri verdi! >
< Sei proprio una bambina e comunque no, i mostri verdi sono out, molto più belli i viaggi nel tempo! >
< Mi devi spiegare cos'hai contro i mostri verdi! >
< Sono infantili come te! C'è una fantascienza degna di nota, destinata ad un pubblico adulto e c'è quella destinata ad un pubblico infantile, decisamente trash >.
Indispettita, sbuffo come una bambina e non gli lascio l'ultima parola: < Non è vero, io... guardo anche altri tipi di fantascienza! >
< Ah, si? E quali? Sentiamo >
< Ehm... sì... IN TIME AD ESEMPIO! >.
Lui scoppia in una fragorosa risata.
< Tipico film, degno di una ragazzina come te >
< Cosa? Ma... Perché?! È una bellissima storia! Lei e lui devono sopravvivere prendendo le ore da altre persone, il tempo è denaro e poi alla fine lei rischia di morire, ma lui corre come un pazzo per stringerla in un abbraccio che le salva la vita > i miei occhi sono sognanti e le lacrime premono per uscire.
< Che stronzata ridicola! >
< Non è una stronzata! È romantica, ricca di pathos, di emozione! > controbatto a difesa di quel film.
< No, non lo è! È la tipica storia d'amore sdolcinata che ci propinano come il vero amore destinato al lieto fine, ovviamente viene mascherata da storia fantascientifica per non mostrare quello che è realmente... ossia una storia per poppanti! >
< Cos'hai contro l'happy ending? >
< Lo trovo solo scontato e irreale, avrei preferito che lei morisse... lui era stato trattenuto, aveva ritardato, lei stava esaurendo tutto il suo tempo, sarebbe stato molto più reale che lui non ce l'avesse fatta, più logico >
< Quanto sei CINICO! Comunque non mi aspettavo fossi appassionato di fantascienza... >
< Si, lo sono e... mentre straparlavi sugli alieni, hai detto una cosa sensata >
< Cosa? > stupita dal fatto che mi desse ragione
< Il tuo desiderio proibito di essere rapita dagli alieni > mi ricorda.
< Concordi? Beh... come si può non essere d'accordo, penso sia il sogno di tutti > , ci rido sopra.
< Sì certo, soprattutto se ti portano via così non devo più sorbirmi le tue chiacchiere immense >, pronuncia scherzosamente per poi farmi un occhiolino.
Sono senza parole; la mia mascella tende verso il basso e sbatto le ciglia. Sapevo che ci doveva essere una fregatura.
< Mi sembrava strano... se non sei acido quanto un limone, non sei tu. Comunque non mi infastidirai oggi, sono soddisfatta dal fatto che siamo riusciti finalmente ad avere un discorso decente > rispondo saltellando sui miei stessi piedi come una bambina.
< Chiamalo discorso questo... dalle macchina hai cominciato a straparlare sugli alieni, ma considerata la tua, per così dire, "originalità", non mi stupisce > virgoletta sulla parola originalità per, ne sono sicura, prendermi in in giro.
< Ad ogni modo meglio essere logorroica che dire le parole col contagocce come te e poi nascondere gli incontri al... > mi blocco di colpo premendo una mano sulle labbra, ma mi rendo conto troppo tardi di quello che stavo dicendo.
Lui mi guarda, la sua espressione è cambiata: non è più beffarda come prima, ora è seria, quasi sorpresa.
< Cosa hai detto? Incontri? Di quali incontri stai parlando?! >
< Incontri... quali incontri! Avrai capito male! Io volevo dire... > divago cercando una scusa credibile.
< Cosa?! >
< io beh... intendevo dire... gli scontri con tuo padre! Si proprio quelli! Gli scontri, si! > enfatizzo cercando di mostrare sicurezza in qualcosa che, neanche io stessa, credo.
< A me sembrava di aver sentito incontri > mi risponde con tono sospettoso aggrottando la fronte.
< Incontri? Incontri... cosa? E poi spiegami perché insisti con la parola incontri! >
< Non insisto, semplicemente l'hai detta tu! >
L'andamento della mia camminata è veloce e non me ne sono neanche accorta, deve essere l'agitazione. Quando sono agitata, cammino cammino e cammino. Eric sta al mio passo dicendomi : < Possiamo andare più adagio? Cos'è? Stiamo facendo una maratona? >
< AH...no, beh-beh... io... de-devo andare a le-lezione ora > balbetto.
< Che strano, prima non mi sembrava ti preoccupassi tanto della lezione, mentre straparlavi di alieni e astronavi >
< Beh... non mi ero accorta che si era fatto tardi e... Eric, siamo arrivati, perciò io andrei > mentre mi giro per...
Le mani di Eric sono sul mio polso e con forza mi trattiene vicino a sé. Ho il cuore in gola.
Mi sussurra con aria decisa e minacciosa : < Vai pure, ma non credere che mi sia bevuto la storia degli scontri con mio padre, anche perché io non li nascondo. Spero per il tuo bene che tu sappia tenere quella bocca cucita >
Il suo sguardo è sicuro, aggressivo, ma c'è una luce nei suoi occhi, quasi di consapevolezza. Deve aver capito tutto. Sono senza parole, lui molla la presa e va via, come se nulla fosse.
-Accidenti a me e alla mia lingua!! Sono una stupida!- penso, preparandomi mentalmente ad una lunga giornata.
POV Eric:
Sara mi nasconde qualcosa. Lei sa. Sa quello che faccio.
-Come diavolo ha fatto? Un momento! Deve aver letto il biglietto, perché non parlo mai con gli sfidanti al telefono per evitare che mi sentano,ma loro mi danno un biglietto che funge da pass per la gara-
Scappo in stanza e...
-NON C'È!!! MALEDIZIONE NON C'È!!!-
Inizio a camminare per tutta la stanza, spingendo violentemente qualsiasi cosa a terra : i cuscini, le coperte, le lenzuola, il materasso persino, la lampada che si frantuma, i libri, i vestiti. Ogni cosa si trova sul pavimento, mentre io continuo a vagabondare nella stanza come una furia, con le mani tra i capelli che vorrei strappare dalla rabbia.
-Dove diavolo è!! MALEDIZIONE!! SE VENGONO A SCOPRIRE QUEL CHE FACCIO, È FINITA!! SONO ROVINATO!! DEVE ESSERE STATA LEI! QUELLA FICCANASO! QUELLA STUPIDA RAGAZZINA! GIURO CHE ME LA PAGA!!- urlo a me stesso, mentre, con impeto, attraverso tutto il corridoio per arrivare all'ala ovest. Apro brutalmente la porta in legno. L'avrei sfondata se fosse stata chiusa. Comincio a buttare qualsiasi cosa per terra riducendo la sua stanza nelle stesse condizioni della mia: i libri sono finiti sul pavimento, ai piedi della scrovania in legno bianco; la lampada, precedentemente sui comodini bianchi, ora si trova in mille pezzi, a terra; le lenzuola e le coperte bianche del letto sono un disastro. Mi avvicino alla sua libreria, anch'essa del medesimo materiale della scrivania e dei comodini, e scaglio a terra anche quello che è rimasto lì.
-Niente!!! Non è neanche qui!!! Possibile che...-
Il mio respiro è affannato, socchiudo gli occhi cercando di calmarmi. Le mie nocche si stringono con forza a tal punto da procurarmi dolore mentre su arrossano.
-Ragiona Eric, per forza Sara deve averlo, ciò spiegherebbe il perché oggi abbia detto quelle cose sugli incontri-
< Maria!! Vieni subito qui! > ordino e la cameriera arriva frettolosamente, spaventata dal mio urlo.
< Si-signore de-desidera? >
< VOGLIO. SAPERE. DOVE. È. SARA. > la minaccio, perentorio.
< No-non lo so, però dovrebbe tornare tra poco >
Mi lascio andare ad una risata isterica, poi le dico : < Bene, l'aspetto qui >.
Cado a peso morto sul suo letto disfatto, incrociando le gambe, senza premurarmi di togliere la scarpe.
Maria mi guarda allucinata e battendo le ciglia, balbetta :
< Si-Signore non credo sia conveniente, questa è la sua stanza; quindi... >
< NON SEI PAGATA PER DIRMI COSA È CONVENIENTE E COSA NO. FATTI GLI AFFARI TUOI, VAAAAIIIII!! >.
Prendo un peluche e lo guardo con espressione atona, ci gioco con le mani, cercando di trovare qualcosa da fare in attesa che lei arrivi.
Proprio mentre sto per stufarmi dalle ore passate, sento dei passi, sempre più vicini.
Eccola. La sua espressione è sconvolta dal disastro che ho combinato, si sofferma sui vetri della sua lampada a terra e poi si rivolge a me.
< Bel peluche. Com'è che si chiama? > provo ad apparire tranquillo e sicuro di me stesso come sempre. Non deve capire che mi ha in pugno con quel biglietto.
< ERIC! COSA CI FAI QUI? COS'HAI COMBINATO? CHI TI HA DATO IL PERMESSO DI ENTRARE NELLA MIA STANZA! >
Lo sento, è agitata, bene, ora inizia il divertimento.
- Piccola, a noi due!!-
< Nessuno, me lo sono preso da solo, perché volevo parlare con te, Saretta > pronuncio mellifluo.
Il mio tono è beffardo e lei cerca di mantenere la calma, ma non ne è in grado, lo noto.
< Non abbiamo nulla di cui parlare, adesso lasciami sola, sono stanca >.
Mi alzo e comincio a girarle attorno, scrutandola come un predatore con la sua preda. Mi fermo dietro di lei e le dico : < E invece abbiamo molto di cui parlare, come ad esempio quello che mi hai detto oggi sugli incontri. È arrivato il momento che tu mi dica quello che sai > il mio tono è dolce e quasi carezzevole. Devo convincerla, devo persuaderla a sputare il rospo.
< Io non so niente, Eric > mi chiarisce provando ad essere credibile
< Ah e del biglietto nella mia stanza che mi dici? >
< I-io no-non so di cosa tu stia parlando > balbetta e fa dei passi indietro per avvicinarsi lentamente allo stipite della porta.
Questa sua ostinazione mi fa infuriare.
Di scatto la afferro dalle braccia e la sbatto violentemente contro il muro. Lei socchiude gli occhi per via dell'urto e subito dopo li riapre, osservandomi con un cipiglio spaventato.
Trema, ma ciò a me non interessa, l'unica cosa che voglio è...
< Dimmi dov'è il biglietto, ora! > la mia volontà si impone sulla sua.
< Io... no-non lo so > mi risponde attonita.
Sta mentendo.
< Stammi a sentire ragazzina! Ti conviene parlare e dirmi dove si trova, altrimenti... > lascio la frase in sospeso e stringo la presa sulle sue braccia per spaventarla.
Lei è in silenzio. Io continuo con le minacce :
< Stammi a sentire! Ti do' un consiglio...
Non metterti contro di me, perché perderesti e te la farei pagare cara! Non sfidarmi, bambina! >
Le rivolgo un'ultima occhiata furibonda per poi mollare la presa su di lei che si lascia scivolare a terra, mantenendo la schiena adiacente al muro.
La osservo per l'ultima volta e poi vado via.
POV Sara :
Sono le 06:00 am. I miei occhi sono più aperti che mai eppure sono sveglia da molto prima.
Non riesco a togliermi dalla testa quel pazzo furioso di Eric. Mi chiedo cosa voglia dire quel biglietto. Ho ancora impressi sulla pelle dei miei polsi i segni della sua forte stretta, della sua rabbia. Dovrebbero dargli lezioni di comportamento. Voglio tenermi quanto più possibile lontano da lui. Indosso velocemente un maglione color senape e i jeans. Scendo le scale in punta di piedi guardandomi intorno, come se fossi inseguita da un pazzo. Temo di trovare Eric e l'ultima cosa che voglio è incontrarlo. Varco la soglia della cucina, non mi sembra ci sia nessuno, quando...
< Ciao! > una voce mi fa sobbalzare, la sua voce. Mi volto ed eccolo, qui di fronte a me che mi rivolge un sorriso serafico. Ancora più sorprendenti sono le parole che mi dice in seguito : < Pronta? Ti accompagno in università >
< Co-cosa? No non è necessario > mi affretto a dirgli.
< Come pensi di andare? Il pullman è già passato. Dai, vieni! Per una volta che voglio essere gentile > insiste.
< Mi sorprende proprio questa tua gentilezza! > dò voce ai miei pensieri entrando in macchina. Mi sento a disagio.
Lui non dice nulla, intento a guardare la strada di fronte a sé, i suoi occhiali da sole mi impediscono di vedere il suo sguardo. Noto che la strada è diversa. < Questa non è la strada che facciamo sempre. >
< Si, ho deciso di cambiare strada, perché nell'altra ci sarebbe stato troppo traffico oggi > risponde tranquillamente. Troppo tranquillo, mi sembra assurdo che, dopo la sfuriata di ieri, lui riesca ad essere così, ora. Si blocca sul ciglio di una strada che è immersa in una campagna.
< Perché ti sei fermato?! >
< Ho un po' di nausea, ho bisogno di sostare un po' > .
Lo seguo con lo sguardo mentre esce dall'auto e si guarda intorno. Ho come una strana sensazione al basso ventre.
< Dai scendi anche tu! Cosa fai lì dentro? > apre la portiera e mi invita ad uscire.
< Non trovi anche tu che sia un bel paesaggio?
Bello il burrone > mi dice. Il suo sguardo è imperscrutabile, indirizzato al burrone e a me. Sento come una scossa di brividi.
Lui continua a farneticare cose senza senso: < Chissà come sarebbe percorrerlo... il burrone intendo >
< Co-cosa?! EHM... i-io, ora è meglio che vada >
C'è una luce sinistra nei suoi occhi, di malizia e, quasi, crudeltà. Uno strano pensiero mi passa per la testa...
La paura ha la meglio e cerco di allontanarmi da lui, ma la sua presa, ferrea, mi trattiene e spinge con forza verso di sé.
Tutto ciò mi fa trasalire.
La gola mi si secca e il mio corpo, ormai percosso da brividi, comincia a tremare.
< Dove pensi di andare?! >
< La-lasciami, ti prego > supplico, il mio corpo trema.
Io evito il contatto diretto aspettando che continui a parlare: < Non hai risposto... cosa succederebbe se ora ti lasciassi? >
Lui conclude per me:
< Rotoleresti giù, vero? E sentiamo... ne vale la pena? Tutto per un pezzo di carta? >.
Io sobbalzo e alzo di colpo lo sguardo, i miei occhi vitrei si specchiano nei suoi glaciali.
La mia voce è balbuziente e si riduce ad un sussurro strozzato e supplichevole :
< La-Lasciami, ti prego, i-io no-non... ce l'ho >
Non riesco a trattenere i singhiozzi.
Lui si limita a studiarmi.
Non sento più il respiro. Il mio corpo è, ormai, preda di tremolii incontrollabili.
Posso tornare a respirare quando mi lascia andare, finalmente. Io, in preda alla rabbia, gli urlo: < Tu sei pazzo!! Non osare mai più avvicinarti a me!!! >
Mi affretto a fuggire. La sua macchina continua a seguirmi fino a quando non accosta.
< Sara, dai entra! >
< Ti aspetti che io entri? Cos'è? Te lo ha consigliato lo psicologo? Fatti curare! > strillo con le lacrime agli occhi.
< Non volevo farti del male, volevo solo spaventarti per indurti a darmi il biglietto > mi confida, come se fosse la cosa più normale di questo mondo.
< NON MI INTERESSA PIÙ! >
Si sta avvicinando qualcuno, è Martin, il mio migliore amico.
< Sara, che fai? Ti accompagno? > mi dice.
< Certo! >, spero che Eric vada via, ma lui non demorde : < Sara, dai ti accompagno >
< TI HO DETTO DI STARMI ALLA LARGA! > gli intimo con veemenza.
Martin ci guarda entrambi senza capire quel che è successo poco fa.
< Andiamo Martin. > concludo sperando di andare, quanto più possibile, lontano da lui e dai suoi enigmi.
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