Segreti pericolosi

POV Sara:

Sono seduta sul divano in pelle bianca del salotto, con le braccia unite sul grembo, cercando di fare uno dei miei migliori sorrisi a John che mi sorride a sua volta.

Da ben due minuti andiamo avanti così, nessuno dei due si decide a parlare. Quando sono scesa giù a prendere la brocca dell'acqua, non pensavo di trovarlo sul divano alle 05:00 di mattina, intento a leggere il giornale. Lui mi ha detto di non riuscire a dormire e niente, abbiamo entrambi gli occhi incavati quando il resto del mondo è al settimo sonno. Mentre bevo, noto con la la coda dell'occhio che sbuffa e ho come la sensazione che non lo stia leggendo realmente. La luce del candelabro che incombe sopra di noi illumina interamente l'atrio e il soggiorno. Non sapendo cosa fare mi perdo ad osservare i cristalli che pendono da esso e la suola delle mie ciabatte batte freneticamente sul tappeto shaggy sotto il tavolino in vetro bianco.

< John, qualcosa non va? > mi decido a chiedergli, ansante.

< Cosa te lo fa pensare? >

< Forse perché è la terza volta che guardi quella pagina per poi sbuffare? > cerco di sdrammatizzare.

< Hai ragione, in verità sono preoccupato per Eric, non è ancora tornato a casa e niente... dovrei essermi abituato alla vita notturna di mio figlio, invece eccomi qui, in ansia, ad aspettare che torni a casa > sbotta.

< John... avrà fatto più tardi del solito, tranquillo >

< Sara tu sai qualcosa? Ti avevo chiesto giorni fa di indagare... >

-Ecco, sapevo che saremmo arrivati a questo prima o poi! E adesso? Cosa gli dico? Accidenti!-

Iniziano a sudarmi le mani, l'idea di mentire non mi alletta, ma devo, altrimenti quel pazzo questa volta mi sotterra in una fossa, sul serio.

< Ehm... no, non so niente John, tutto perfetto >

-Se solo sapesse che ha una relazione clandestina con una professoressa e chissà cos'altro!!-

Lui si limita a scrutarmi, in seguito si alza finalmente.

< Sara, adesso forse è meglio che andiamo a dormire, domani sarà una mattina stressante >

Andiamo, ciascuno nelle proprie camere, sperando che morfeo ci accolga tra le sue braccia.

Il giorno dopo la giornata scorre abbastanza velocemente, ma la mia mente è ferma ad un unico pensiero: Eric.

Sono le 23:50 e di Eric neanche l'ombra.

-Basta! Ho deciso! Lo seguirò!-

Eccolo, sta scendendo la scalinata.

Sicuramente ora andrà al solito posto, il Bronx.

Entra in macchina e...

-Accidenti! E adesso?! Come lo seguo?!-

Scorgo qui vicino un vecchietto con la bicicletta.

Velocemente mi avvicino a lui e comincio a pedalare velocemente, mentre urlo al signore : < Mi scusi, giuro che gliela riporto! >

Lui, irritato, mi dice: < Brutta ladra, andrà in carcere!! >

-Sara ma come ti sei ridotta per seguire quel pazzo? Sei diventata una ladra di biciclette! -

Gliela devo assolutamente restituire.

Arriviamo in una stradina scura, illuminata solo da pochi fari. Io mi mantengo distante di un paio di metri, nascosta dietro un muro per paura che mi vedano. Ci sono tante macchine con i vetri oscurati parcheggiate, le une di fianco alle altre. Non riesco a capire cosa si faccia qui.

Eric esce dall'auto.

< Eric, pronto per la gara? Questa volta si dice che il re dominerà la pista > gli dice un uomo muscoloso e alto quanto lui, con testa rasata, molta barba e tatuaggi sulle braccia.

Sul viso di Eric si stampa un sorriso strafottente e non esita a rispondergli : < Vedremo, sai benissimo che non mi faccio intimorire da nessuno, vedremo di cosa è CAPACE il 're della pista' ... Ad ogni modo io sono pronto >

< Il solito modesto eh! Sta' attento ragazzo! Sai che qui... >

< Non ci sono limiti, lo so, ma dovresti conoscermi ormai, l'adrenalina non mi spaventa, anzi mi elettrizza, incitandomi a correre sempre di più >

-Piste... Correre... ma di cosa sta parlando? Che sia...-

L'uomo va via, Eric prende una sigaretta dalla tasca del suo giubbotto di pelle e la dispone tra le sue labbra carnose. Dopo vari tentativi l'accendino si decide a fare il suo dovere, lasciando che una scia di fumo esca da essa. Inizia ad inspirare ed espirare, creando una nuvola di fumo che mi costringe a tossire. Con la coda dell'occhio noto il suo sguardo, per una frazione di secondo, indugiare sulle persone che escono dalle autovetture parcheggiate di fianco alla sua, per poi sviarlo puntando sul viale e il verde di fronte a sè.

Perso in chissà quali pensieri, non stacca neanche per un secondo la bocca dal filtro. Indisturbatamente fuma, come se tutto ciò che lo circonda non lo scalfisse.

Si avvicina a lui una ragazza con un vestito interamente in pelle, dello stesso colore del suo giubbotto, entrambi si intonano con questo ambiente. Il vestito è cortissimo, sembra più svestita che vestita. Ha dei capelli ricci scuri, occhi neri e penetrati, labbra molto carnose che sono accentuate dal rossetto marrone. Le sue mani si posano sulla sigaretta di Eric e gliela sottraggono, inspirando ed espirando del fumo. Mentre sulle sue labbra si estende un sorriso malizioso. Lui le sorride scuotendo la testa, in seguito le dice: < Sai non credevo che qui le ragazze usassero rubare le sigarette altrui >

< Mi piace il fumo che emanano, tu non trovi? Anche se c'era altro modo per sentirlo... > si avvicina a lui e lo bacia.

Sono sconvolta.

-Ma dove sono finita? Da dove è uscita questa ragazza? Un giro di prostituzione?-

Dopo essersi staccati, lui proferisce parola: < Spiacente,oggi non sono disponibile, mai in verità, sai... ho un problema... > afferma con tono di voce basso come se le stesse rivelando un grande segreto.

< Quale? >

< Non mi piacciono le puttane > le dice schiettamente.

Non riesco ad evitare di ridere pensando a quanto quel ragazzo sia sfacciato, a volte.

-Non che la ragazza sia timida...-

< Sei un maleducato! Ma come ti permetti! Ci si vede bello! Anzi a mai più! > esclama furente, la tipa, encheggiando via.

Lui, perfettamente indifferente ai suoi insulti, finisce di fumare la sigaretta e, quando non è rimasto più nulla di essa, getta la cicca a terra, per poi calpestarla prontamente con la suola lucida delle sue scarpe.

-Devo fare qualcosa! Devo...-

Il mio flusso di pensieri è interrotto da una mano forte e robusta, che si posa sui miei fianchi, spingendomi verso di sé. Io mi dimeno con tutte le mia forze, ma tutto è vano. Tento di urlare, ma una mano preme sulle mie labbra impedendomi di farlo. Mentre mi arrendo tra le sue braccia, lui mi volta verso di se. Proprio lui, il bestione che prima parlava con Eric.

< Chi abbiamo qui? Una ragazzina! Se sei una delle ragazze che danno divertimento ai ragazzi dopo la gara, sappi che non indossi i vestiti adatti >

< Come scusa?! Io non sono una delle... di quelle! > rispondo indignata e lui ridacchia.

< Hai ragione, hai un visino troppo innocente e poi quei vestiti... mi spieghi chi sei e cosa ci fai qui? >

< Io... volevo... vedere la... garaa... sì, ecco! Proprio così! > farfuglio cercando di essere convincente

< Ah bene! Sappi che gli spettatori si mettono lì > mi indica lui il luogo dove si trova Eric.

< Ma è una gara... clandestina? > domando ingenuamente

< Proprio così piccola, l'unica regola qui è che non ci sono regole >

Al suono di queste parole, il mio cuore inizia la sua corsa.

Da lontano noto un uomo muscoloso, con i capelli lunghi, dall'aspetto trasandato, gli occhi incavati, sedersi accanto ad Eric.

L'uomo prende parola: < Così tu sei il mio concorrente? Ti facevo più grosso >.

Lo sta chiaramente provocando, ma lui resta impassibile continuando a bere la sua birra e fumare, fin quando non si avverte la sua voce calma e sicura di sé : < L'abito non fa il monaco, l'apparenza è solo una parte del quadro, quella più visibile >

< Sicuro di non essere un poeta? Altro che pilota > lo deride lui

< Tranquillo, so benissimo chi sono, sei tu a non sapere chi sono io >, il tono di Eric è lascivo.

< La pista è curvilinea e stretta, sei sicuro di non avere ripensamenti? Sai, non è da tutti riuscire a gareggiare in quella strada > gli spiega lentamente come se lui fosse un bambino, vuole sfotterlo.

< Tranquillo, ne sono perfettamente in grado, interrogati su quale sia lo scopo che ti spinge a fare questo > allude enigmaticamente. Il tizio non sa cosa dire, spiazzato dalle sue parole. Eric rincara la dose : < Avere un reale scopo, ben più serio del puro divertimento, ti può rendere invincibile >

Ho come la sensazione che si riferisca a se stesso.

-Sta forse insinuando che non lo fa per un desiderio di trasgressione? Quale può mai essere la ragione?-

Non sono l'unica ad essere pensierosa di fronte alle sue parole: lo è anche colui che ha di fianco. Capendo di non essere riuscito ad impaurire e provocare Eric, si allontana.

Il bestione che mi ha scoperta prima, gli si avvicina. Gli posa una mano sulla spalla, forse vuole esprimergli gli stessi dubbi del tipo capelluto:

< Accidenti che provocazioni! Come sempre non ti sei lasciato minimamente coinvolgere, un giorno mi dovrai spiegare come tu faccia >

< Si chiama autocontrollo > gli risponde apaticamente.

< Ah, si, ma come fai? >

< Quel tipo è chiaramente un buffone, chi ha bisogno di ostentare delle qualità superiori, al 90% non ha queste qualità. Piuttosto che abbassarmi al suo livello, preferisco troncare la conversazione, semplice >

< Che tipo strano che sei! Ti ho visto prima rifiutare Dana. Hai autocontrollo anche per quello? >, l'espressione del tipo è maliziosa.

< Se con autocontrollo intendi... evitare di scopare con ogni ragazza che respiri, sí >

< Come fai a rimanere impassibile di fronte ad una bellezza come lei, ma l'hai vista? > gli domanda incredulo.

< Sì, l'ho vista e non è il mio tipo >

< AH... e quale sarebbe il tuo tipo? >

< Non sono affari tuoi Neil > tronca il discorso con assoluta indifferenza.

L'uomo che ho scoperto chiamarsi Neil, scoppia in una fragorosa risata, mentre scuote la testa.

< Penso che tu sarai sempre una di quelle persone qui dentro che non capirò mai >

Le parole di Neil mi confortano, almeno non sono l'unica a reputare il mio pseudo fratellastro acquisito un mistero.

< Ad ogni modo una cosa giusta l'ha detta... la pista è pericolosa oggi, sai come la chiamano, no? La strada della Morte. Sicuro di voler tentare la sorte? > continua l'uomo e dei brividi mi pervadono la schiena.

< Prima o poi si deve morire, no? Non mi fa paura la pista, sai benissimo che non mi fermo davanti a nulla. Non preoccuparti per me, pensa solo a procurarmi i soldi >

< Solo i soldi ti interessano, dimenticavo >

< Esatto > conclude con tono risoluto.

Finalmente ci disponiamo tutti intorno ai piloti che devono gareggiare.

Eric sta passando e io mi nascondo.

-Speriamo non mi veda! Se mi becca, sono finita!-

Di soppiatto lo osservo. Neil stranamente mi affianca, mi sorride in modo mellifluo. Io ricambio accennando un sorriso più falso di una banconota da 2 lire. La situazione si ripete per minuti interminabili.

-Ma cosa vuole? Perché non sa fare altro che sorridere e sorridere? Non so perché, ma ho come la sensazione che, per tutto il tempo, mi guardasse, anche quando parlava con Eric, che abbia capito?-

< Ho capito sai > lui da' voce ai miei pensieri.

-Eccole, le farfalle nella pancia si fanno sentire, segno della mia immancabile ansia che non mi lascia neanche un secondo!!-

Cerco di rimanere controllata, ma i lineamenti del mio viso si induriscono, i miei muscoli sono tesi.

< Ca-capito cosa? > balbetto, agitata.

< Ho capito che non sei quel tipo di ragazza che ama queste gare, perciò credo che tu sia qui per un'altra ragione > insinua maliziosamente, un sorrisino si fa strada sul suo volto.

< E quale scusa? > faccio la finta tonta.

< Sei venuta a vedere uno dei partecipanti gareggiare, magari è anche un tuo fidanzatino, dico bene? >

< Assolutamente NO! > quasi urlo.

Lui ride sguaiatamente.

< E la tua espressione mi fa capire che ho fatto centro e che non vuoi che questo qualcuno ti scopra, dico bene? >

< Ti sbagli > continuo a negare, non voglio che lui capisca la verità.

< Ah... bene, allora posso dire a tutti che abbiamo una nuova spettatrice! >

La mia mano scatta veloce a fermare la sua, impedendogli di fare anche un piccolo passo.

< TI prego! Non farlo! > lo imploro impaurita.

Non voglio che Eric lo sappia, sarebbe capace di ammazzarmi, poi di certo non potrei dirgli che suo padre mi ha chiesto di scoprire cosa combina.

Lui ha un ghigno perennemente stampato in volto.

< È Wilson, vero? Eric Wilson >

Io non gli dico nulla, ma lui la prende come una conferma: < Lo sapevo, l'ho capito, non hai fatto altro che guardarci e quando ci siamo avvicinati a te, ti sei nascosta! Bene! Adesso dimmi... hai fretta di fare sesso con lui, così subito dopo la gara voi due... >

< Noi due non faremo proprio niente! Io e lui non siamo fidanzati! >

< Ah... no? Allora non dovrò preoccuparmi di rovinare una melensa storia d'amore, se faccio questo >

Non mi dà il tempo di chiedergli cosa intenda, perché mi carica su un spalla, la mia testa è a penzoloni.

-Cose da non credere, mi sento un sacco di patate!! -

Comincio a scalciare e a dare pugni sulla sua schiena.

< LASCIAMI!! TI HO DETTO DI LASCIARMI! LASCIAMIIIIIII!!! > protesto furiosamente

< Eh!! Sta' ferma! Ragazzina! Sei un selvaggia! >

Mi posa a terra in malo modo, io controbatto irritata più che mai : < SENTI CHI PARLA! >

Lui ridacchia divertito e mi risponde :

< Ma cosa sta succedendo qui? Sara?! >

La voce sbigottita di Eric mi giunge alle orecchie.

-lo sapevo! E adesso?- penso,mentre dò le spalle all'energumeno per dare attenzione ad Eric che mi scruta con uno sguardo a dir poco furioso.

-Signore sarebbe gradita la tua presenza in questo momento! Non lo so... un tornado, un ciclone, un terremoto! Qualsiasi cosa pur di non fare questo! -

Non ho neanche un secondo per aprire bocca, perché le sue mani mi afferrano dai polsi e mi spingono violentemente verso di sé.

Mi sussurra :

< Mi. spieghi. cosa. cazzo. fai. qui.?!! >

Scandisce ogni singola parola,ma si capisce chiaramente la sua rabbia.

< I-io ti ho seguito e... > provo a dirgli, ma lui mi interrompe :

< TU MI HAI SEGUITO? MA SI PUÒ SAPERE COSA CAZZO VUOI DA ME? POSSIBILE CHE DEVI SEMPRE IMPICCIARTI IN FACCENDE CHE NON TI RIGUARDANO? TI AVEVO INTIMATO DI STARNE FUORI?! > sbotta ed è ben visibile il pulsare della sua vena sulla fronte.

< Ehy... non ti sembra di esagerare, bello? >

< Fatti I CAZZI tuoi Neil!!!! > risponde a Neil e poi mi dice con tono perentorio : < Andiamo!! >. Mi spinge ad entrare in macchina con poca delicatezza.

< Eric, ma la gara???! >

< Stasera non gareggio Neil!!! >

Accende l'auto e parte.

La velocità con cui parte crea un contraccolpo all'indietro verso il sedile.

La lancetta segna una velocità sempre più elevata.

< E-Eric!! Rallenta!! > strillo.

< Sta' zitta!!! >

Inchioda di colpo, mentre continua a guardare attraverso il vetro un punto indefinito di fronte a sé. Io guardo le mie mani intrecciate tra di loro sulle mie gambe.

Passano diversi minuti in cui stiamo in silenzio, fino a quando non decido di spezzare il silenzio con tono incerto :

< Senti Eric, io ti ho seguito perché sa-sapevo che saresti venuto qui, non credevo fosse così pericoloso! Tuo padre mi ha chiesto di controllarti e... >

< Ti ho già detto tante volte che NON HO BISOGNO DELLA BALIA! Mio padre può evitare di assumerti come spia >

< Lui si preoccupa per te >

< No, vuole solo controllarmi, ma non si preoccupa, te lo posso assicurare. In passato non lo è stato, non vedo perché debba farlo ora! >

< Senti, io non voglio entrare in merito alle vostre vicende passate, però tuo padre secondo me è seriamente preoccupato ora e per questo mi ha chiesto di vegliare su di te >

La sua risata isterica rimbomba in tutta la macchina.

< Tu credi davvero di poter vegliare su di me? Hai idea di cosa ci sia là fuori? No! Non lo sai! >

< Si che lo so! Perché hai sempre la presunzione di sapere tutto di me? Tu non mi conosci eppure mi giudichi! Pensa a te e alle tue gare clandestine! Renditi conto che lo squilibrato che gioca a fare il badboy sei tu!! >

< Si intuisce facilmente chi sei! Sei solo una ragazzina che non ha idea di quello che c'è nel mondo, perché lei ha sempre vissuto una vita perfetta! Non hai idea di cosa significhi trovarsi in difficoltà e sentire un dolore che ti logora! Cosa ne sai di quello che mi spinge a fare questo?! > si sfoga lui.

< Non lo so, Ok? Non lo so! Pensi che se lo sapessi, starei in questa macchina ad urlare con te? >

< Appunto! Non lo sai! Quindi non permetterti di giudicarmi! >

< Non lo sto facendo, però tuo padre... >

Lui da' un pugno sul cruscotto facendomi sussultare dalla paura.

< Non nominare mio padre! Lui non sa niente! >

-Non lo capisco, sembra che nasconda un segreto, ogni qualvolta mi avvicino a scoprire qualcosa in più di lui, lui da persona controllata e fredda diventa una belva furiosa. Deve essere qualcosa di importante. Accidenti! E adesso?!-

Faccio dei profondi respiri, provando a calmarmi.

< Senti Eric, io non ho idea di cosa ti abbatta così tanto, ma se vuoi parlarmene, io ci sono. In fondo ora viviamo nella stessa casa; perciò credo che dovremmo cercare di avere, quantomeno, un rapporto civile >

< Difficile se tu mi pedini > mi ricorda spazientito.

< lo so, ma... >

< Se vuoi calarti nel ruolo della sorellina, ti ripeto, non lo sei, quindi non ho alcuna intenzione di confidarmi con te >, il suo tono è di nuovo altero e tagliente.

< Io non capisco il perché tu abbia, sempre, questo atteggiamento odioso con me! Io cerco di esserti amica, ma tu me lo impedisci sempre! Ho rischiato grosso rubando una bicicletta ad un vecchietto per niente! > esplodo io, non potendone più del suo carattere spigoloso verso di me.

< TI ho già detto che non mi fido di te, che non accetto la tua presenza nella mia casa e nella mia vita e questo tuo impicciarti nelle mie faccende non lo sopporto! > mi rammenta ancora una volta.

< Va bene. Come vuoi. > gli dico con aria rassegnata.

-John, io ci ho provato a fare amicizia con tuo figlio, ma è più facile che la terra smetta di girare e non questo!!-

Guardo il finestrino evitando il contatto diretto con lui che continua a fissarmi.

< Mio padre non ha veramente a cuore me, te lo posso assicurare > la sua voce è stanca, esausta da questo conflitto tra di noi. Questa situazione con lui è insostenibile ed isterica.

< Mi spieghi perché dici questo? >

< Forse perché mia madre è morta a causa sua?! > mi rivela furiosamente e i suoi occhi vitrei incontrano i miei.

Questa rivelazione mi sconvolge.

< COSAAA? MA... > non so cosa dire.

< Suicidio, dicono i medici. Prese delle pasticche e non si svegliò più. Tutto questo successe dopo che mio padre ci abbandonò, dopo tutte le umiliazioni subite da lui per colpa di tua madre! È colpa della loro maledetta e disgustosa relazione se lei non c'è più! > non riesce più a contenere quello che ha taciuto fino ad ora, il suo tono è affannoso, sofferente e strozzato, complice di un dolore più grande di lui, di un dolore che lo opprime anche ora.

< Io... > non riesco a formulare una frase di senso compiuto, perché ho un groppo in gola.

< TI dispiace? Non ho bisogno della tua commiserazione >

Mentre torniamo a casa le sue parole si ripetono continuamente nella mia testa. Mi sembra incredibile questa storia. Finalmente accosta e mi rendo conto che siamo arrivati, mentre mi accingo ad uscire dall'auto, la sua mano mi trattiene. I miei occhi lucidi incontrano il suo sguardo e per la prima volta in esso ci leggo sofferenza.

< Pensa alla tua vita perfetta, ma non entrare nella mia > conclude quella che ora sembra una supplica.

Lo guardo salire in stanza. Una sensazione mi disturba : il senso di colpa. Ho veramente esagerato, sono stata troppo invadente. Le lacrime scendono copiosamente sul mio viso.

Non ho mai visto Eric così arrabbiato e così triste. Quei ricordi devono averlo tormentato per anni, ora capisco il cinismo e la freddezza verso suo padre, l'odio verso mia madre. Non so cosa avrei provato io al suo posto nei confronti di due persone che, indirettamente, hanno causato la morte di mia madre. Mi chiedo cosa stia facendo ora. Gli ho rovinato la serata. Devo chiedergli scusa. Mi incammino nell'ala est. Busso alla sua porta, ma nessuno risponde.

-Che stia dormendo? Accidenti! Entro lo stesso! Devo chiedergli scusa!-

La mia mano si posa sulla maniglia e lentamente apro la porta, mi guardo intorno ma di Eric non ne vedo neanche l'ombra. Il cigolio di una porta mi distoglie dai miei pensieri. Lo osservo uscire dal suo bagno personale, è avvolto in un asciugamano, la tovaglietta tampona i suoi capelli bagnati . Le mie gote si colorano di rosso e mi volto velocemente.

< Cosa fai qui? >, la sua voce è sorpresa

< Vo-volevo paparlarti > farfuglio a disagio e continuo a guardare l'altro lato della stanza, per non guardare nella sua direzione.

< Ah... si? Ok >

< Scu-scusami, per prima intendo >

Avverto uno spostamento d'aria e me lo ritrovo di fronte. Il cuore accelera.

< Non parliamone più, inutile rivangare quanto è successo 10anni fa > mi dice.

Cercando di ristabilire il mio spazio vitale, mi allontano. Lui stranamente avanza verso di me, mentre io arretro e, senza neanche accorgermene, finisco contro il muro.

Lui si avvicina sempre di più.

Si trova ad una spanna dal mio viso, mi scruta a fondo con uno sguardo che non gli ho mai visto prima d'ora. Io cerco di spostarmi, ma le sue braccia, vicine alla mia testa, me lo impediscono. In seguito le posa sulle mie spalle, iniziando a disegnare dei cerchi su di esse. Non capisco cosa stia accadendo: un'ora fa sembrava volesse strangolarmi e ora si comporta così. Io provo a non guardare i suoi muscoli abbastanza scolpiti in bella mostra o le gocce dei suoi capelli che attraversano il suo torace in bella vista. Non guardare è impossibile, perché ha un asciugamano a coprirlo solo lì.

Le sue labbra carnose si schiudono per dire qualcosa: < Sicura che sia questa la ragione per cui sei qui, con me? >, la sua voce è suadente.

< Si, è que-questa > vacillo, agitata.

Non so il perché, ma non riesco a guardarlo negli occhi, tuttavia... posso notare il suo sorriso malizioso.

< Io mi sono fatto una mezza idea, sai? >

< I-idea di co-cosa? >

< Del perché tu sia qui, con me, in questa stanza, ora > sottolinea con sicurezza e malizia ogni singola parola.

< Ah... e qua-quale? >

La sua bocca si avvicina al mio orecchio e posso sentire il suo respiro così caldo. Avverto inaspettatamente dei forti brividi in tutto il corpo che lo fanno sorridere, mentre le sue mani cominciano a toccare in modo sensuale le mie braccia, successivamente una si posa sulla mia pancia e l'altra si muove sulle mie spalle sino ad arrivare alla mia schiena. Il mio respiro è corto, il mio petto si muove velocemente. Il suo sguardo è rivolto al mio corpo. I nostri respiri irregolari si confondono. Non capisco quello che sta accadendo, sono come immobilizzata.

Inerme, lo guardo negli occhi e noto una luce perversa in essi.

< E-Eric co-cosaah tuu > non riesco a concludere la frase, mi manca l'aria.

Lui continua a soffiare nel mio orecchio.

< Andiamo, dai, non fare la finta tonta ora, sappiamo entrambi cosa vuoi > sussurra ridacchiando con un timbro sensuale e sexy che non gli riconosco. Le sue mani sulle mie cosce mi stringono sempre di più fancendomi sussultare. La sua presa su di esse aumenta e mi scuote dal senso di apparente immobilità, in cui ero caduta precedentemente. Inizio a tremare. Avverto una scossa di brividi su tutta la schiena.

< Co-cosaah vuoi dire? La-lasciami ti pregooh >

-Non so cosa mi stia accadendo, non riesco ad allontanarmi e il suo tocco così sensuale... mi piace? -

< Non era questo che volevi? Andiamo mi segui ovunque... lo vuoi fin dal primo istante >

Questa sua confessione è come un pugno sul viso che mi riporta alla dura realtà: lui crede che io sia venuta qui per altro.

Le mie mani si posano sul suo addome nudo, cominciando a fare pressione per allontanarlo. Non riesco a guardarlo negli occhi: non voglio vedere la sua espressione.

< Allo... nta... nati... da me... altri-me-nti urlo! > cerco di risultare decisa, ma la mia voce è affannosa e anche la mia respirazione lo è.

< Sicura di volere che ti lasci? Proprio ora che avevo deciso di accontentare i tuoi desideri più nascosti? > mi domanda con strafottenza.

< Non ho alcun desiderio verso di te! > affermo arricciando il naso.

< Considerando il tuo respiro irregolare, il battito cardiaco accelerato, direi il contrario > mi fa notare lui, senza abbandonare il ghigno che accompagna, costantemente, il suo volto, ora.

< Beh... ti sbagli! Io non sono così! Se lo pensi, non hai capito niente! > controbatto, disgustata.

< E allora perché mi segui ovunque? Perché sei venuta qui, a quest'ora della notte, mentre stavo facendo un bagno? > mi canzona e la sua espressione mi lascia intendere che sente di avere la verità in tasca. Questo mi fa infuriare, ma non voglio lasciargli l'ultima parola: < Sono venuta per chiederti scusa per prima, perché mi sentivo in colpa! È mai possibile che tu debba pensare male di me, sempre?! >

< Ciò non toglie che prima il tuo corpo ha reagito in modo inequivocabile > mi ricorda.

< Era.. pe-perché mi hai spaventata >

Le sue labbra si distendono in un sorriso malizioso. < Sicura che fossi spaventata? >

< Ssí!! > rispondo cercando di apparire decisa, mentre il mio sguardo contempla il marmo del pavimento e le mie guance si colorano di rosso. Lui mi studia ghignando.

< Va bene Sara, va bene. Ti scuso dai. Ammetto di aver esagerato anche io nelle reazioni > mi risponde come se stesse parlando ad un bambino. Come se niente fosse successo, si lascia cadere a peso morto sul suo letto senza abbandonare lo sguardo su di me, neanche per un attimo, di fronte ad esso il mio vacilla e istintivamente mi giro.

-Perché ho come la sensazione che non mi creda e che continui a pensarla allo stesso modo di qualche minuto fa?-

< Be-bene, allora no-notte Eric! > provo ad apparire decisa.

< Notte Sara > conclude, con assoluta semplicità, lui. Mi affretto a raggiungere la mia stanza, mentre ho ancora impressi sulla pelle i brividi che ho provato e la sensazione che ho sentito: è stato qualcosa di destabilizzante, ero come in trance. Mi corico sul letto con un'unica consapevolezza: questa notte non dormirò, perché quello, che ho provato, mi annienta anche ora.

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