Lavoro cercasi


POV Sara:
Spalmata sulla poltrona in capitonné gialla della saletta, situata poco distante dal soggiorno, sono immersa nella lettura di un libro. Questa sala, dalle pareti di un giallo pallido, i mobili rigorosamente in legno e i tappeti marroni, è stata allestita appositamente per la televisione; infatti tre quarti di essa sono occupati da questo gigantesco schermo piatto. Sporgendomi verso l'unico tavolino di vetro, rotondo, su cui sono sono poggiate le bevande, prendo il mio prezioso succo e ne bevo un sorso, nel mentre faccio zepping tra i canali. La mia concentrazione vacilla e, infatti, non riesco a trattenere uno sbuffo alla decima volta che leggo la stessa frase.
-Possibile che la mia testa sia su Marte da 5 giorni?-
Da quella notte, 5 giorni fa, qualcosa è cambiato dentro di me: non riesco a dimenticare le sensazioni che ho provato: brividi, respiro corto e gote infuocate. Non riuscivo a guardarlo negli occhi, mentre lui non distoglieva lo sguardo neanche per un secondo. Lo ricordo ancora, per la prima volta Eric non mi ha rivolto un'espressione di sufficienza, di freddezza, non è stato altero e glaciale.
-C'era qualcosa nei suoi occhi... malizia forse?- la domanda che mi tortura in questi giorni.
La sua voce era suadente, mentre mi sussurrava parole all'orecchio, ero come immobilizzata.
-Che sia attrazione? -
Io non ho mai minimamente considerato Eric come un ragazzo per cui provarla, perché il nostro rapporto fin da subito è stato isterico.
-Impossibile! Non posso provare attrazione per un ragazzo così!-
Sono giorni, da quella notte precisamente, che lo evito e lui è preso dalle sue faccende.
Il suono del campanello interrompe il flusso dei miei pensieri.
Esco dalla stanza e mi dirigo verso il soggiorno, per andare ad aprire.
< Sara, salve! Posso entrare? >
Jason, nel suo completo scuro su cui porta il suo distintivo, è di fronte a me. I suoi capelli sono corti e rasati ai lati, conferendogli un aspetto e un rigido portamento da soldato, oltre a consentire a me la completa visione della sua mascella squadrata, dei suoi zigomi pronunciati, delle sue labbra sottili e di quei pozzi scuri che ora sono fissi su di me.
< Certo, prego! Entra. Come mai qui? Dimmi pure > gli dico con cortesia
< Sono qui perché volevo parlare con te di una questione importante, riguarda l'omicidio di Luana >
Il nome di quella donna mi fa trasalire: ricordo ancora il suo corpo senza vita in quella strada quella notte buia e tempestosa.
< Pensavo ci fossimo già detti tutto l'ultima volta, io non so nulla, eccetto che quella donna odiava mia madre per via del loro passato e mi seguiva ovunque > mi afretto a spiegargli.
< Non ci hai voluto dire quale fosse questo grande segreto di tua madre... abbiamo avuto una soffiata riguardo la ragione ma vogliamo avere anche la tua testimonianza >
< Ecco io... > balbetto, un groppo in gola mi impedisce di continuare.
< Sara, non mentire, non mi interessano i segreti della vostra famiglia, ma ciò che conta è scoprire il colpevole e se serve conoscerli... > lascia in sospeso la frase.
Apro la bocca per parlare, ma una terza voce mi impedisce di farlo : < È così. C'è un segreto che, Isabel, non vuole si sappia >
Eric sta scendendo le scale, indossa dei jeans e una camincia bianca che mette in risalto il suo petto e lo rende ancora più sexy del solito.
-Sexy? Da quando in qua faccio questi apprezzamenti?-
Lui si siede accanto a me, con aria sicura. La sua caviglia si appoggia sul suo ginocchio. Le sue mani sono incrociate dietro la nuca. La posizione che assume di fianco a me e il suo sguardo divertito sono indice di spavalderia.
< Cosa intende dire, Eric? > chiede spiegazioni Jason
< Sara non se la sente di parlarne, sa, ha detto delle cose negative di quella che è pur sempre sua madre >
< Capisco, però serve per il caso > si giustifica l'ispettore
< Lo so ed è proprio per questo, per la sua protezione, che devo dire la verità. Come ho già detto, sua madre anni fa era una prostituta secondo questa donna, lo erano entrambe, a sua detta Isabel ha rubato l'uomo a... >
< Basta!! > esclamo alzandomi di colpo dal divano.
< Sono solo bugie! Calunnie! Io credo che cercasse solo dei soldi >
< Soldi che non ha chiesto, ma per favore! > replica Eric.
< Va bene, questo potrebbe costruire un ottimo movente per Isabel > interviene Jason.
< Movente? No impossibile, mia madre non lo farebbe mai! Lei... >
< Per ora sono illazioni, stai tranquilla. Ad ogni modo avevo bisogno di chiedere se sai dirmi qualcos'altro di quella donna > chiede paziente con il suo solito sorriso cordiale.
< Io le ho detto tutto > concludo, non voglio più neanche pensare a lei.
Jason va via e noi due restiamo soli. Provo molto disagio dalle sue precedenti parole riguardo mia madre e dall'idea di essere vicini, dopo che ci siamo evitati per tutto questo tempo. Lui se ne sta sul divano tranquillamente a leggere il giornale, poggiato sullo schienale nella stessa identica posizione precedente. Io me ne sto relegata in un angoletto al suo fianco, sono tesa quanto una corda di violino; infatti non sono appoggiata. Le mie mani sono intrecciate sul basso ventre, il mio piede si muove continuamente. Lo seguo con la coda dell'occhio girare le pagine del giornale.
< È pronto a tavola > ci informa mia madre, guardando l'orologio mi accorgo che, effettivamente, sono le 13:05. Ci avviamo nel corridoio di sinistra e arriviamo in sala da pranzo che é in stile inglese dell'800, in piuma di mogano. Attraversiamo l'ampio corridoio per arrivare nella seconda sala da pranzo della casa, anch'essa classica. Al centro della stanza è posizionata una lunga tavolata rettangolare, dal colore bianco lucido, imbandita con lo sfarzo più assoluto: un servizio in porcellana, un'abbondanza di tessuti ricamati sulla tovaglia, posate e calici di cristallo. Le sedie sono intonate nello stile e nel colore con il tavolo : sono anch'esse bianche e con un'imbottitura, ricoperta da un tessuto che dà sul colore della vaniglia. In alto, con la luce proveniente dalle ampie vetrate, risplende un ricercato e sfarzoso lampadario che è costituito da cristalli pendenti. Alle estremità della stanza ci sono tre credenze verticali, con vetrinette in vetro. Di fianco ad esse c'è la servitù : Maria, Anna e Sofia , perfettamente composte.
Maria inizia a servirci, c'è di tutto: antipasti, fritture e i periogi che sono dei ravioli ripieni. Si sente solo il graffiare delle forchette sui piatti. Decido di prendere parola : < John, mamma... io ho pensato di trovarmi un lavoro. >
Loro alzano il capo per rivolgermi sguardi allibiti, in cerca di una spiegazione che io non tardo a dare: < Mi sembra giusto che io contribuisca al mio mantenimento,John tu sei molto caro, però non sono tua figlia e non trovo giusto che... >
Lui fa per interrompermi, ma io non glielo permetto : < Fammi finire.. >.
Mi accorgo di avere gli occhi addosso di Eric e ciò mi fa sentire ancora più a disagio; infatti deglutisco.
< Mi sento molto a disagio; perciò voglio trovarmi un lavoro, vi prego di accettare la mia decisione >
Non voglio continuare ad essere interamente mantenuta dal mio patrigno.
John sembra pensarci, mia madre ovviamente è contraria. Lo vedo, ma stranamente non dice nulla.
< Non capisco perché tu voglia abbassarti a fare lavori miseri e diseredevoli. Lo reputo indecoroso, vista la nostra posizione sociale. Ma se questo è il tuo desiderio, non credo che qualsiasi nostra opposizione possa farti cambiare idea > mi dice accondiscendente John
Io gli sorrido riconoscente per aver capito.
< Sara è sempre così dozzinale e strampalata, non possiamo farci nulla, lasciamo che faccia questo esperimento lavorativo > dice mia madre con tono disgustato e allo stesso tempo sconsolato. John scuote il capo sorridendo.
< Eric, tu non dici nulla? Non hai aperto bocca > fa notare a suo figlio, che alza gli occhi precedentemente rivolti al piatto, per osservarlo.
< Cosa dovrei dirti? Mh... buone queste ostriche! > si limita a rispondergli con ironia. Suo padre si adombra e sembra voglia fulminarlo.
< Mi riferivo alla scelta di Sara > gli fa notare il nocciolo della questione. Lui sembra che si sia appena ricordato della mia presenza o finge di farlo , non lo so. Inizia a scrutarmi e io sento un groppo in gola, non capisco perché il suo giudizio mi crei così tanta ansia.
-Possibile che mi importi così tanto? -
< Cosa vuoi che dica? Non sono di mio interesse le sue scelte >
-Ovviamente! Figuriamoci! -
La vena sulla fronte di John comincia a pulsare, segno che sta per perdere la pazienza.
< Sara è tua sorella dovrebbero interessarti le sue scelte >
Eric cambia espressione, si udisce solo il rumore brusco della forchetta che cade sul piatto.
< Dovresti fare un ripasso dei legami di sangue e... io non ne vedo nessun'altro a parte te qui > gli rammenta con un timbro controllato e tagliente.
Si alza e va via come se niente fosse.
Io fingo che vada tutto bene come sempre, non voglio impensierirli.
< Sara, credo di avere il lavoro giusto per te.. Un bar, che ne dici? > mi propone e io non riesco a trattenere la felicità infatti di slancio lo abbraccio.
< Grazie John! Grazie mille! Ovviamente voglio fare il giorno di prova come tutti, non mi va di essere favorita >
Lui mi fa una carezza e deposita un bacio sulla mia fronte con delicatezza.
< Tranquilla tranquilla! Vai, corri a prepararti! > mi scrive il nome della via e del bar.
Bar Nettuno.
Io esco velocemente dalla sala, mi fiondo in camera. Decido di indossare dei pantaloni neri a righe bianche e aderenti, sopra una camicetta bianca. Opto per delle ballerine bianche. I capelli biondi li lascio cadere sciolti sulle spalle.
Il trucco sul mio viso è semplice come sempre.
Corro giù per le scale mentre aspetto l'autobus.
-Chissà cosa dirà Martin quando glielo dirò?! - penso quando vedo in rubrica il suo nome per chiamarlo, ma mi blocco di colpo.
- Ma cosa stai facendo Sara? Non puoi chiamarlo, non dopo quello che è successo tra voi! -
Mi ritorna alla mente il nostro bacio e provo un incredibile moto di tenerezza. Incredibile come riuscisse a baciarmi con tenerezza anche da ubriaco. In questi giorni non ho fatto altro che pensare al contatto tra le nostre labbra, avevano un sapore dolce. Questo è stato il bacio che ho sempre voluto, lui è il ragazzo che ho sempre voluto, dai tempi del liceo eppure...
Non sono in grado di capire il motivo per cui mi sentissi inadeguata, forse per via dell'alcol .
Dopo quel che è successo, nessuno dei due ha avuto il coraggio di chiamare l'altro, io ieri avrei voluto ma dopo il comportamento di Eric, non so, provavo senso di colpa.
Persa in mille pensieri finalmente arriva l'autobus. In pochi minuti sono lì. La strada è diroccata, il locale è grande, l'insegna è blu con su scritto Bar Nettuno. Oltrepassata la soglia della porta, vengo investita dal blu dei muri circostanti e con passo felpato attraverso la stanza. Volgo lo sguardo verso i tavolini bianchi e gli alti sgabelli di cui è pieno il locale, nonostante non possa far a meno di notare, in fondo alla sala, dei divanetti blu a mezza isola. Arrivata di fronte il bancone in legno nero, incontro lo sguardo di una ragazza dai capelli ricci e rossi, con i lineamenti pronunciati, mascella squadrata e labbra molto carnose, accentuate da un rossetto marrone. Indossa un vestito nero aderente. Mi studia quasi con disgusto, masticando la sua gomma.
< Sa-salve, è lei la signora Creig? I-Io sono qui per il colloquio > balbetto, alzando la mano per presentarmi secondo la giusta educazione, gesto che però lei non contraccambia.
< Tu?! Lavorare qui? > sottolinea ogni parola con riluttanza, per poi ridermi in faccia. Io mi acciglio non capendo cosa lei voglia dire.
< Sì, perché mi fa que-questa domanda? > chiedo ingenuamente
< Non hai la tempra di una cameriera per questo genere di locale > mi fa notare ritornando seria.
< Che genere di ragazza sarei io? >
Lei mi analizza con un cipiglio quasi arrabbiato.
< Creiggggggg! È arrivata cappuccetto rosso! >
Io simulo un sorriso più falso delle banconote da due lire ma vorrei sbottare.
La nostra attenzione viene catturata dall'arrivo di una donna grassoccia,con capelli a caschetto, viso rotondetto e orecchini a cerchio.
< Benvenuta, il tuo giorno di prova è oggi! Dovrai stare al bancone a tempo continuato fino a notte > mi spiega
< Notte?! > esclamo sbigottita
< Si siamo aperti fino alle 5 di mattina per la versione night, come saprai.. >
< Ah... sisi.. certo che sì! >
-Certo che non lo sapevo! -
Mi mostra le macchine del caffè e del gelato.
Io la rivolgo uno sguardo di panico, anche un cieco guardandomi capirebbe che non ho la più pallida idea di come si usi quella macchina.
Quando entrambe mi lasciano sole, mi avvicino con aria incerta.
-E adesso?! Forza Sara, cerca su internet troverai qualcosa-
Una voce mi fa sobbalzare: < Sara, è arrivato un cliente! Vuole una margarita! > appartiene a miss rossomalpelo.
Io resto a bocca aperta e lei a quanto pare se ne accorge.
< Che c'è?! Non mi dire che non sai preparare la Margarita?! È una delle doti principali di una barista >
Io inizio a ridere. Quando non so cosa dire e devo mentire, dalla mia bocca escono solo risate nervose.
< Ce..certo che so come si fa > la rassicuro, mentre mi gratto la nuca per poi aggiungere :
< Vado a prendere il ghiaccio >
Lei mi rivolge un'occhiata sospettosa.
< Bene, ho tutta l'intenzione di osservarti mentre prepari la margarita, lì si trova il ghiaccio > mi indica una stanza.
Prendo il ghiaccio che c'è lì, ma sono talmente agitata da far cadere il ghiaccio a terra. Mi volto di scatto verso lo stipite della porta per vedere se lei è ancora qui, ma per fortuna si è allontanata. La mano mi trema. Un'altra si posa sulla mia per frenare il tremolio. La riconosco, è grande e affusolata. Appartiene ad Eric, il mio cuore inizia a galoppare mentre alzo il capo e mi accorgo che è proprio lui. Le sue gambe sono piegate, perché si è chinato a terra.
-Per aiutarmi? -
Aggrotta le sopracciglia, probabilmente neanche lui si aspettava di trovarmi qui. Io ritraggo il braccio istintivamente.
< Che ci fai tu qui? Giochi con il ghiaccio? >
< Mi hanno assunta, John mi ha de-detto che questo era il bar > rispondo frettolosamente alzandomi di colpo da terra.
Lui ripone il ghiaccio nel contenitore, poi si tira su. Mi studia e inizia a ridacchiare scuotendo la testa.
< Non immaginavo che lavorassi qui > mi affretto a specificare, quando abbasso lo sguardo, perché non riesco a guardarlo negli occhi. Noto che ripone il contenitore sul bancone.
< E così... inizi a beneficiare del buon nome del mio vecchio... > insinua, avverto una sfumatura di malizia nel suo tono.
< Non mi sembra, altrimenti non starei facendo questa prova ora > mi difendo sperando che capisca di aver equivocato i miei gesti, come sempre.
Sul suo viso compare un ghigno, dando voce a qualcuna delle sue battutine di ironia pungente: < Ohh, ma davvero?! E sentiamo... qual'é il terribile cocktail che devi preparare da avere la faccina da cucciolo spaurito ? >.
Lo sapevo, ormai so com'è fatto.
< Margarita > farfuglio ansiosa, senza evitare di emettere un sospiro pesante, quasi esasperato.
Lui dilata le pupille e mi ritrovo il suo viso ad un millimetro di distanza.
< È. Veramente. Difficile. Una tragedia. > scandisce ogni parola, coprendo la sua fronte in un gesto teatrale.
Io schiocco la lingua infastidita. L'arrivo della vipera in rosso distoglie l'attenzione l'uno dall'altro.
< Eric, sei arrivato, hai visto il nuovo acquisto > rimarca sulla parola acquisto con quello che mi sembra disprezzo.
-Possibile che mi disprezzi e neanche mi conosce? -
Una seconda me nella mia mente interviene.
-Anche Eric ti odia -
Loro non si perdono neanche un mio passo come se avessi paura di fuggire.
-Signore sarebbe gradita la tua presenza in questo momento! Non lo so..un tornado, un ciclone, un terremoto! Qualsiasi cosa pur di fuggire da questi due serpenti! -
La iena dai capelli rossi encheggia lontano.
Eric analizza ogni singolo movimento, sono convinta che sa anche quante volte ho deglutito.
Sento dei passi, i suoi, sempre più vicini. Il suo palmo si poggia delicatamente sulle mie nocche e avverto il suo respiro. Deve essere dietro di me. Dei brividi irrigidiscono il mio corpo a causa della sua vicinanza.
< Secondo te quanto ci impiega quel vecchietto a finire il suo analcolico prima che si sbrodoli tutto > mi sussurra indicandomi un vecchietto molto cicciotto dall'aria svampita, che si sbrodola. Scoppio a ridere insieme a lui per la sua battuta.
< Come hai fatto? Hai doti di chiaroveggenza? > gli chiedo ironica guardando nei suoi occhi di ghiaccio che sembrano sorridermi ora.
< No, solo una buona memoria. Quell'uomo sono mesi che viene qui, ordina sempre lo stesso drink analcolico e si sbrodola > mi racconta divertito.
< Immagino tu ne abbia visti molti così >
< Ohhh siiii! >
Le chiacchiere del bar vengono accompagnate dalle nostre risate sommesse. Mi perdo a guardare le sue pupille così azzurre che ora pare abbiano assunto una tonalità più calda, la sua mascella squadrata, la sua leggera barba, le sue labbra carnose. Quando è più sbarazzino e burlone, è veramente un bel ragazzo. Ha molta ironia che apprezzo, se non la usa per offendermi.
< Hai visto? > proferisce lui interrompendo non so neanche io cosa.
< Cosa? > gli domando voltandomi verso di lui, ancora così vicino a me da percepire il suo fiato sul collo. Le mie gote si arrossano e indirizzo il mio sguardo verso il tavolo.
< Basta poco per sorridere. Rilassati altrimenti si renderà conto che non sai farlo > constata.
< Ok, ma... > provo a dire, ma non mi lascia terminare la frase : < Un po' di sale, ghiaccio, tequila, triple sec e il succo di lime nella bacinella bassa >
< Gra-grazie! > farfuglio emozionata.
La sua mano è di nuovo sulla mia che tenta di versare un po' di sale.
< Devi versarlo cautamente, altrimenti berranno solo sale che, invece, deve creare solo una crosticina > mi spiega e annuisco felice. Una volta terminato si discosta da me.
< È così tu lavori qui, come mai? > la mia curiosità ha la meglio a volte.
< Per la famosa indipendenza di cui parli, non voglio dipendere da quell'uomo >
-E le corse clandestine? - mi interrogo.
Il suo dito sulle mie labbra mi distoglie dal flusso di pensieri. Le mie guance prendono colore a causa del contatto.
< Urlalo ancora di più dai! > mi incita leggermente irritato e io mi rendo conto che prima ho pensato ad alta voce.
< Scu-scusami.. > mormoro, la nostra conversazione cessa a causa del ritorno della iena in rosso. Ha in mano dei scatoloni che porta nel magazzino.
< Dovresti cambiarti per la versione night > mi informa proprio lei, mostrandomi un vestitino molto aderente nero come il suo.
Io la guardo interrogativa in cerca di una spiegazione che arriva : < Andiamo, dai, non vorrai servirli vestita da Alice nel paese delle meraviglie? Diventiamo un night club non un parco giochi! >
< Night club?! Cosa? Ma cosa dovrei fare? >
< La cameriera > conclude con semplicità lei.
Mi cambio e, purtroppo, constato con dispiacere che il vestito arriva all'altezza di metà coscia e che mette in mostra le mie forme.
Esalo un profondo respiro quando esco dal bagno.
Sento gli occhi addosso della tipa simpatica e di Eric. Mi scruta dalla testa ai piedi.
Vado letteralmente a fuoco sotto il suo sguardo. Non comprendo il motivo per cui questo ragazzo mi imbarazzi così tanto. La tipa mi da' una pacca sulla spalla di incoraggiamento.
Scorgo da qui degli uomini in fondo alla sala che ridono e discutono animatamente. Faccio per avvicinarmi, ma le gambe pare abbiano piantato radici nel pavimento. Avverto uno spostamento d'aria e in un attimo il respiro di Eric è di nuovo sul mio collo, proprio come quella notte.
< Imbarazzata? > bisbiglia.
< Si vede? Questo vestito mi mette a disagio >
Lui ridacchia per poi parlare : < Sei più tesa di una corda di violino > . Le sue braccia sono sulle mie lasciando delle leggere carezze su di esse che, inizialmente, mi rendono rigida. I miei muscoli si rilassano al suo tocco così delicato.
< Co-come mai co-così gentile? > mi impappino nelle mie stesse parole.
< Vuoi dire che preferisci quando mi morde una vipera? > ci scherza su, suscitando ilarità in me. Io faccio segno di no col viso.
< Ora sei quasi gentile > gli dico a bassa voce come se fosse un grande segreto e lui mi sorride. Un sorriso arriccia le mie labbra e mi perdo nell'oceano dei suoi occhi. Quando sorride, gli spuntano delle fossette sulle guance ed é proprio un bel ragazzo.
-Ma che sto dicendo! Cosa mi sta succedendo? Che si stia addolcendo il nostro rapporto? -

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