Lasciarsi andare
Pov Sara:
Si può stare giorni interi a rimurginare su qualcosa, ma ci sono situazioni e circostanze in cui si segue una determinata emozione.
So che forse sto sbagliando, ma il mio corpo agisce da solo, come se non fosse collegato al cervello. Per un attimo ho spento l'interruttore della razionalità. Se fossi un minimo razionale e autocontrollata, non sarei di fronte a questa porta con su scritto "Wilson", la porta dell'ufficio di John, pur sapendo che Eric è lì dentro, ne sono consapevole, eppure ciò sembra frenarmi a tal punto da avere paura di bussare, ma questa paura non sembra essere abbastanza per fare dietro front. Da quando ho conosciuto questo ragazzo, non faccio altro che agire come una bipolare, non mi riconosco più.
-È proprio vero quel che si dice! Ogni persona si adatta alle circostanze! Non si finisce mai di conoscere se stessi e gli altri!-
Il cigolio della porta, che si apre di fronte a me, interrompe bruscamente il mio monologo interiore. Trasalisco all'istante ritrovandomi di fronte i suoi occhi blu che si dilatano nel trovarmi propri qui.
-E adesso? Cosa faccio? Avanti Sara, dì qualcosa! Non fare l'idiota! Sorridi e parla! Disinvolta! -
< Cosa ci fai qui >, alza un sopracciglio appoggiandosi parzialmente all'uscio della porta. Io, dopo aver disposto nervosamente una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio, mi accingo a rispondere: < Sono qui per parlarti >, diretta e concisa.
-Brava Sara! Continua così! Mi stai piacendo! -
Lui si sposta di lato per farmi passare e in seguito chiude la porta dietro di sé. Io osservo le pareti, il soffitto e il pavimento bianco in attesa di trovare le parole giuste.
< Allora? > mi domanda tranquillamente.
< Volevo dirti che mi hai stupito. Sì, insomma... quello che hai fatto oggi con Mario, mi ha stupito. Sembravi così deciso a licenziarlo > dico tutto d'un fiato con leggerezza.
< Non ho mai voluto realmente licenziarlo e sì, avevo intuito, sai! Mi hai aggredito! > mi ricorda ghignando e io, paonazza, abbasso lo sguardo. Lui, lentamente, mi si avvicina continuando a fissarmi, ma non mi sfiora neanche con un dito.
< Ad ogni modo, mi stupisci sempre. Per difendere quello in cui credi, sei capace di passare dalla timidezza alla spigliatezza. Ancora una volta il cucciolo spaurito si è trasformato in un leone > conclude con sarcasmo, come sempre, ma... questa volta i nostri sorrisi parlano un discorso sconosciuto, forse, anche a noi stessi.
< Essere timidi non significa non avere il minimo carattere > affermo con sicurezza.
< Touché! Ad ogni modo, non sono un insensibile >, io mi affretto a rispondergli:
< Lo so! Lo so bene ormai! >.
Lui mi rivolge lo stesso sguardo di allora, di quel giorno al ruscello. Quello stesso sguardo denso di significato. Un significato misterioso per entrambi.
< Ora è meglio che vada. La mamma mi starà cercando > concludo, perché non voglio che fraintenda, non voglio sembrare una che ci sta provando con lui.
< Sì, hai ragione. Dopo, quando dobbiamo andare via, ti accompagno >, io declino la sua offerta: < No. Tranquillo, non c'è bisogno, prenderò un taxi >.
< Come vuoi >, è la risposta che mi dà, ma avverto un tacito dissenso, lo vedo dai suoi occhi. Un tacchettio ci distoglie l'uno dall'altra e, voltandomi, incontro dei grandi occhi castani fissi su di noi. È una ragazza più alta di me, di qualche centimetro più bassa di Eric, dal fisico slanciato e sinuoso al punto giusto. I suoi capelli ricci incorniciano i lineamenti delicati del suo viso e cadono delicamente sulle sue spalle coperte da una mantellina in pelle. Le sue labbra carnose sono accentuate dal suo rossetto bordeaux. Indossa un vestitino rosso corallo il cui corpetto aderente è caratterizzato da tanti ricami in pizzo. Il vestito, dal punto vita, scende morbido e si gonfia a palloncino, presentando dei veli bianchi.
-Accipicchia che eleganza! Mi sembra Marina 2! Anzi no, Marina punta ad essere sexy, lei è solo elegante, elegante come una principessa! -, con la stessa classe che trasmette il suo sguardo, encheggia lentamente verso di noi.
< Eric Wilson, da quanto tempo > gli dice tranquillamente e lui sbatte le ciglia.
Si udiscono solo i suoi risolini mentre scuote il capo.
< Incredibile! Non ti ricordi! Avevo l'apparecchio e le treccine che tu, puntualmente, mi tiravi. Avevamo 8 anni, poi ci siamo rivisti che ne avevo il doppio >.
Eric, come svegliatosi di colpo, dilata ancora di più le pupille e inarca le labbra in un debole sorriso che gli fa spuntare delle adorabili fossette.
-Adorabili?-
< Jennifer? > spiaccica, ancora incredulo.
< In persona > gli conferma lei, ironicamente. Lui, di slancio, allaccia le braccia alla sua vita e la stringe a sé. Se il pesce lesso avesse un viso umano, sarebbe il mio, in questo istante.
< Da quanto tempo! Mi aveva detto mio padre che sei la figlia del suo nuovo socio, ma non ti ho riconosciuta, sei... così... > non trova le parole, a quanto pare, la sua presenza l'ha folgorato.
< Alta? Riccia? E sì, ho detto addio alle trecce, per fortuna >
< E io che volevo tirartele ancora > obbietta scherzosamente lui, ma lei non è da meno: < Non avrai più questo piacere, mi dispiace! >. Vanno via insieme ridendo e io resto qui, inebetita, come una stupida.
Sembrano molto in confidenza, troppa.
-Quante donne hanno fatto parte della tua vita, Eric? Si sono rivisti quando avevano 16 anni! Che sia stata la sua fidanzata? Chi sei realmente Eric? Il ragazzo chiuso in sé stesso o il ragazzo spigliato, ironico e perspicace che fa perdere la testa a tutte le ragazze? -
Lo seguo con lo sguardo mentre, seduto comodamente sui divanetti bianchi del salottino nell'atrio, conversa amabilmente con lei. Non ne so la ragione, ma... all'idea, che la seconda ipotesi possa essere fondata, mi si aggroviglia lo stomaco.
Pov Eric:
< Dunque... ricapitolando... sei stata a Londra dove hai studiato legge, hai la passione per la pittura e per il teatro che hai fatto per un anno. Sei single da due anni. Come mai? >
< Nessun ragazzo è riuscito a conquistarmi, sono una ragazza difficile, troppo complessa, un uomo non accetta una donna che studia legge, una donna che non ha paura di esporre le proprie idee. Una volta andai in Africa con un giornalista che voleva fare un articolo riguardante le condizioni degradanti di quel paese e venni criticata dalla mia famiglia. Il presunto ragazzo, che ci stava provando con me, non aveva proferito neanche una sillaba, era rimasto sconvolto sicuramente. Forse si aspettava la donna che resta in casa a cucinare, aspettando che lui torni >, queste sue parole suscitano la mia ilarità.
< E poi? Co-me è finita? > le domando, ansimando a causa dell'eccessive risate.
< Secondo te? >
< È fuggito alla velocità della luce? > traggo questa conclusione, seriamente divertito.
< Esatto. Non c'era la minima chimica tra noi > mi conferma inarcando le spalle, quasi a volersi deresponsabilizzare. Di sfuggita noto Sara che ci sta fissando ed eccola, di nuovo quella strana inquietudine.
< Che ne diresti di fare una passeggiata ? >
-Voglio liberarmi da questa inquietudine! -
< Cos'è? Improvviso attacco di sociopatia? > fa della chiara ironia.
< Mi hai scoperto! Odio il genere umano > le confesso in un tono di voce molto basso, come se fosse un segreto di stato. Ci incamminiamo a braccetto.
< Fingerò di crederti >, mi rivolge un occhiolino e aggiunge < Non sarà che tutta questa faccenda è una scusa per provarci con me? >.
< Giuro solennemente che non ci sto provando e, per la cronaca, ora la mia autostima sta sprofondando sotto terra > giuro con una mano al petto e un braccio sollevato.
< Non dovresti, sei un bel ragazzo, ma ora non montarti la testa > seguita a prendermi in giro, non è cambiata per niente, sempre la solita. Lei mi tiene testa, così come in passato.
< Questo tuo modo di provocarmi scherzosamente mi piace, mi ricorda me e mi diverte > le faccio notare sorridendo
< Come faccio a sapere che non ci stai provando con me? >
< Se ci stessi provando, farei questo... > le sussurro per poi premere le mie labbra sulle sue che rispondono prontamente alle mie. Il bacio è sensuale, delicato e lento, un bacio che ha l'intento di assoparare ogni centimetro della nostre bocche. Quando ci stacchiamo, lei non perde la sua solita loquacità:
< E questo cos'era? >.
Io, con il mio solito ghigno stampato in volto, le dò l'unica risposta possibile:
< La manifestazione chimica della chimica di cui parlavi prima >, lei mi guarda fisso negli occhi sorridendo a sua volta. Se ci fosse stata Sara, sarebbe arrossita e avrebbe abbassato lo sguardo.
< Ritorniamo dentro, ho una reputazione e non voglio passare per il provolone > ammicco verso di lei che esplode in una fragorosa risata, per poi seguirmi.
Sara è andata via.
***
Pov Sara:
Non appena sono tornata a casa, ho sentito solo brividi.
39 segnava il termometro corporeo.
-Ho la febbre! Sto messa davvero bene! -
Ho passato tutta la notte ad agitarmi nel letto contraendo i muscoli alla ricerca del calore, anche se il mio corpo va letteralmente a fuoco. Le tempie mi pulsano e martellano continuamente. Apro leggermente gli occhi e il chiarore, proveniente dalla mia finestra, mi investe. Le immagini intorno a me non sono completamente nitide: mi sembra di scorgere la coperta in disordine, la bustina della tachipirina consumata, la scrivania bianca. Un ennesimo brivido mi fa trasalire e mi costringe a rannicchiarmi su me stessa. La testa mi grava quanto un macigno e mi ritrovo, in una frazione di secondo, sul cuscino bollente. Ad un tratto dei passi lenti e condensati mi fanno sobbalzare, ma non ho, comunque, la forza di sollevarmi. Il tatto di una mano fredda, grande ed affusolata, mi rievoca ricordi.
Sembra lui.
Si posa sulla mia fronte, successivamente viene sostituita dal ghiaccio che mi fa sudare.
***
Spalanco gli occhi e mi tiro su. Nonostante le pareti oscillino, raggiungo stancamente il bagno. L'acqua della doccia mi fa rabbrividire, però ne avevo bisogno. Uscita da lì, avvolgo il mio corpo in un asciugamano e, seppur io lo faccia in modo trascinato, ritorno in stanza. Un capogiro mi coglie di nuovo, più intenso del precedente e...
Un braccio intorno alla mia vita mi impedisce di crollare sul pavimento.
Ed eccolo, è di fronte a me, mi sta trattenendo a sé.
< Non mi sembra una scelta tanto saggia farsi la doccia ora, in questo stato > mi rimprovera dolcemente, ma io non gli lascio l'ultima parola: < Beh, ave-vo bisogno di... fare-fare una doccia >.
< Capito. Dai, ti accompagno > mi trascina e mi appoggia sul materasso morbido della mia stanza. Mi induce a sdraiarmi, mentre le sue dita si articolano intorno alle mie ginocchia nude e un altro brivido mi attraversa, ma è diverso.
< Ma cosa fai? Lascia-a-mi! > protesto stancamente, avverto qualcosa di strano come se...
In un attimo tutto riacquista colore: la stanza ha smesso di girare, constato che tutto è perfettamente in ordine sulla mia scrivania, sull'angolo trucco distante di qualche metro e sui divanetti in pelle bianco di fronte il letto, su cui mi trovo. Le mie gambe nude, trattenute dalle mani di Eric, sono rivolte verso l'alto. Le mie gote si colorano improvvisamente, per fortuna il mio asciugamano mi copre almeno lì.
< Ma cosa! Cosa stai facendo? > esclamo con fin troppo livore.
Lui non sembra curarsene: mi guarda impassibile.
< Quando uno ha un senso di svenimento, bisogna alzargli le gambe per fargli riprendere conoscenza > mi spiega nella più assoluta tranquillità, dopodiché le appoggia nuovamente sul letto. Io, facendomi forza sui gomiti, mi tiro su a sedere, poggiando la testa sul cuscino adiacente alla testiera in legno bianco. Lui mi lascia una leggera carezza lì nel mentre io vorrei fondere il mio sguardo col pavimento.
< Stai meglio? >, io mi affretto a rispondergli incontrando i suoi occhi di ghiaccio: < Sì, ti ringrazio, davvero. Non avevo idea che... beh, insomma... pensavo che tu... >.
Lui ridacchia.
< Ti piace sempre pensare male di me > mi fa presente.
< Adesso resta solo un'ultima cosa da fare... > afferma in modo enigmatico, mentre mi si avvicina lentamente e le mie guance bruciano alla sua vicinanza.
< Co-cosa stai facendo? > chiedo in modo agitato, mentre arretro arrivando quasi a spalmarmi sul cuscino.
Ritrovarmi così vicini i suoi occhi azzurri che mi scrutano, mi fa sentire strana; vorrei specchiarmi in essi, vorrei baciare le sue labbra così belle.
-Mio Dio! E adesso? Cosa faccio?-
Non capisco cosa stia pensando intento a scrutarmi il volto. È così vicino che avverto il respiro venire meno e le mani sudarmi.
Sobbalzo a causa della sua bocca a contatto con la mia fronte e, ad occhi socchiusi, aumento la presa sulla coperta.
In seguito lui ritorna al suo posto, ma è sempre così pericolosamente vicino al mio viso.
< Pe-perché? Pe-perché fai tutto questo? >, non riesco a controllarmi, probabilmente mi è risalita la temperatura.
< Non capisco di cosa tu... >, la mia voce, flebile e debole nei toni, conserva una notevole decisione : < Mi piaci e mi-mi confondi sempre con i tu-tuo-o-i atteggiamenti >. Mi aggrappo al suo petto, alla sua camicia.
-È una camicia?-
Lui aggrotta le sopracciglia, dilata le pupille, inarca le labbra.
< Cosa stai facendo, Sara? Stai delirando >, avverto una sfumatura di insicurezza e disagio nel suo timbro, per la prima volta.
< Ti-ti di-i-co la veri-ri-tà > biascico per poi avventarmi sulla sua bocca.
Si muove vorticosamente sulle sua in modo rude e impetuoso. Lui in un primo momento è impacciato, in seguito si lascia travolgere da questo vortice di passione, afferrando il mio capo per impedirmi di fuggire. Imita i miei movimenti cercando di mantenere il bacio ad un ritmo incalzante, veloce e ardente. La sua lingua si insinua ed entra a contatto con la mia, mentre i suoi polpastrelli stringono l'accappatoio. Mi spinge velocemente sul materasso senza smettere di baciarmi.
Le nostre labbra, come sempre, si muovono in sincronia, dando inizio ad una danza che aumenta di intensità fino a farmi mancare il respiro.
Lui si impone con impeto: sembra voglia divorarmi, piegarmi a sé, seppur io non mi risparmi mentre mi aggrappo alle sue spalle, quasi con disperazione. Induce i nostri corpi e le nostre bocche ad aderire sempre di più rendendo l'atmosfera carica dei nostri ansimi e degli scocchi. La sua testa si incurva leggermente per lambire ogni singolo centimetro delle mie labbra, mordicchiarle. Questo contatto così intenso si interrompe tra di noi e, nella confusione più totale, lo osservo in silenzio spostare l'asciugamano dal mio seno. Si china su di esso e, ancor prima che possa realizzarlo la sua bocca umida preme proprio lì. Alterna labbra e lingua producendo non pochi tremolii sul mio corpo. Mordicchia aggiungendoci i denti, e uno strano connubio di piacere e dolore si impossessa di me, nel mentre le mie mani affondano nei suoi capelli, tirandoli leggermente. Lui non riesce a trattenere un gemito e mi spintona sempre di più contro la superficie morbida producendo un leggero cigolio. Ma qualcosa si rompe dentro di me, ad un tratto...
L'immagine di lui, che incombe su di me contro la mia volontà, nonostante le lacrime scendano copiose, appare nella mia mente. Lo vedo, ancora intento a continuare la sua opera. Io me ne sto qui, inerme, sotto di lui.
-Cosa sto facendo? Come ho potuto... dopo tutto quello che mi ha fatto, io non... -
Con un colpo secco, faccio pressione sulle sue spalle e lo respingo. Aggrotta la fronte e irrigidisce la mascella.
Sta cercando di capire cosa mi accade. Mi copro velocemente di fronte alla sua espressione accigliata, allibita e, ora, irritata.
< Perché mi guardi così? Era consenziente, cazzo! Non guardarmi così! Non farlo! Non ti stavo forzando a fare nulla che tu non volessi, tu mi hai provocato e io ci sono stato > mi rammenta e, nonostante stia cercando di trattenersi, udisco una nota di rabbia. < Mi dispiace, io... io non so il perché io abbia agito così, ecco... io in quel mo-mento non ragionavo > sibillo, mortificata, per poi aggiungere: < Ad ogni modo tu ci sei stato, avre-sti dovuto fermarmi, tu... >.
Lui ride, si lascia andare ad una di quelle risate nervose.
< Cos'è che ti aspettavi, Sara? Sono un uomo, ti sei buttata su di me, mi hai fatto intendere che volevi fare sesso e io ci sono stato. È una cosa normale, siamo attratti l'uno dall'altra, non puoi aspettarti che io mi trattenga, solo perché tu hai ancora paura dopo quello che è successo >. Adesso mi sto irritando, non sono in grado di evitarlo, mentre riduco gli occhi a due fessure.
< Tu mi hai quasi preso con la forza quella sera, non permetterti di parlarmi così! >, Eric chiude per un secondo gli occhi e si concede un sospiro frustrato. Sta cercando di calmarsi, siamo entrambi troppo tesi.
< Hai ragione, ho sbagliato. È normale che tu abbia paura, Sara. Mi sono pentito per quello che ti ho quasi fatto, ma ero ubriaco e non capivo nulla. Ciò non significa che io abbia quel desiderio ogni volta che tento un approccio fisico verso di te. Dovresti conoscermi, maledizione! Non sopporto che tu prima mi provochi e in seguito ti tiri indietro, rivolgendomi quello sguardo pieno di terrore come se io fossi un cazzo di stupratore seriale! Io non sono così! > si sfoga e ha ragione, ma...
< Io non posso farne a meno, non ho potuto farne a meno, ho avuto paura. Scusami, davvero! Quello, che volevo dire è... avresti dovuto trattenermi. Avresti dovuto capire che, anche se ti ho provocato, non ero realmente pronta! Avresti dovuto capire che è troppo presto. Se un uomo ha rispetto deve saper leggere negli occhi della ragazza e capire quando psicologicamente non è pronta, anche se il suo corpo lo desidera. Ecco io... >
< Io avevo chiuso questa cosa tra noi. Sei stata tu a riaprirla! Tu mi hai baciato! Tu mi hai fatto intendere di volere andare oltre! Io non avevo intenzione di sfiorarti neanche con un dito! Ma, se tu mi provochi... cosa ti aspetti da me? Ti aspettavi che ti respingessi? O forse credi che esista il principe azzurro che ti rifiuta anche se tu gli fai intendere di voler fare sesso? Mi dispiace, ma non funziona così, piccola. Siamo fatti di desiderio e, per quanto io possa trattenermi, se tu mi provochi, non puoi sperare che io faccia un passo indietro! Sono un uomo, Sara! E non puoi aspettarti che io capti quello che ti passa per la testa, quando il tuo corpo fa intendere il contrario! Non siamo in una fiaba! > sbotta e non so cosa dirgli.
< Io... > biascico, a corto di parole.
< Lascia stare! L'ho capito sai, ti aspetti il principe azzurro che ti legga nella mente e aspetti fino al matrimonio, ma non è così! Ti renderai, presto, conto che è solo frutto della tua mente. Sei solo una bambina, Sara. > conclude per poi alzarsi con stizza e andare via, non prima di aver sbattuto la porta, lasciandomi sola con i miei dubbi.
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