Enigmaticità


POV SARA:

Questo momento è diverso dagli altri, perché questo bacio è differente dai precedenti: stento a crederlo, ma è dolce, casto, delicato, uno di quelli che accarezzano la tua anima per paura di corromperla e sporcarla. Non mi ha mai baciata in questo modo. Il suo braccio sinistro sfiora lievemente la mia schiena e il palmo destro lascia delle leggere carezze sui miei capelli biondi che, senza di esso, svolazzerebbero. Le sue mani mi hanno sempre stretta a sé ardentemente per impedirmi di allontanarmi, invece adesso sembrano quasi aver paura di farmi del male. Le sue labbra assaggiano lentamente le mie, senza quella passione travolgente che lo contraddistingue solitamente. Le nostre lingue danzano lentamente, mentre le mie braccia circondano il suo collo, così liscio e perfetto. Vorrei che questo momento non finisse, è tutto così romantico e pregno di significato. Una sensazione di oppressione alla bocca dello stomaco seguita ad infastidirmi, perché il ricordo delle sue parole persiste nella mia mente:

-Se venissi a letto con te, potresti avere il controllo. Sì, insomma... se tu riuscissi a sedurmi, potresti scoprire tutti i miei segreti e punti deboli. Mi faresti scacco matto! Forse ti converrebbe, sai?-.

Questa consapevolezza mi trafigge al petto come una spada e, senza che neanche lo realizzi, i miei palmi sono sul suo addome, coperto dalla camicia, al fine di respingerlo.

Lui aggrotta le sopracciglia, corruga la fronte, le sue pupille di ghiaccio si dilatano, mentre solleva il suo labbro all'insù, alla silenziosa ricerca di una spiegazione da me.

Io mi schiarisco la voce e deglutisco, sperando di articolare mezza sillaba.

< Ehm... cre-credo che sia meglio che-che andia-mo > biascico parole senza senso.

-Complimenti Sara! Sei un genio! Uno dei migliori discorsi! Meriti il nobel per le tue formidabili doti oratorie!-

I suoi occhi penetranti persistono sulla mia figura, senza alcuna vergogna e lo posso notare: ora è chiaramente scettico. Io tento di oltrepassarlo facendo finta di niente, ma lui mi cinge il polso, rendendo vane le mie intenzioni.

< Veramente eravamo impegnati a fare altro qualche minuto fa > mi rammenta e io, paonazza, volgo lo sguardo al terreno.

< Ehm... sì... però, Eric... a tal proposito... > farfuglio a disagio, indugiando nelle parole.

Le sue labbra si incurvano all'insù, mostrando un sorriso sghembo.

< Cos'è? Stai cercando un modo carino per dirmi che non ti è piaciuto? > mi canzona ironicamente.

< Cosa! No! > esclamo impulsivamente.

-Accidenti! Che idiota! Gli ho indirettamente detto che mi è piaciuto!-

Lui sorride, compiaciuto.

< Bene, allora non capisco cosa tu debba dirmi > semplifica, serafico.

Mi concedo un profondo sospiro di frustrazione socchiudendo gli occhi, per poi spalancarli.

Deglutisco per l'ennesima volta, sperando che la mia bocca dica qualcosa.

-Avanti Sara! O adesso o mai più! Smettila di fare la codarda e di dare aria alla bocca da pesce lesso che ti ritrovi! PARLA, CAZZO!-

< Co-cosa è tutto questo? Cosa siamo noi? > trovo il coraggio di domandargli con tono ansante e, allo stesso tempo, incerto. Mi sento, finalmente, libera da un peso, perché odio dover fingere, anche se... delle fitte allo stomaco mi trafiggono.

-Accidenti che ansia! Parla! Parla! Altrimenti potrei svenire ora! Dio della sfiga è il tuo momento! Anche un bel terremoto o una tromba d'aria andrebbero bene! Fa' qualcosa! Non voglio vedere la sua espressione!- mi sfogo mentalmente, mentre torturo le mie mani strofinandole freneticamente.

Il mio cuore accelera di un battito quando noto che lui si trova ad una millimetro di distanza da me, le sue iridi cerulee bruciano sul mio viso.

Ci fissiamo per minuti che mi sembrano interminabili, poi...

< Tu cosa vorresti che fossimo? > mi incalza mantenendo un'espressione seria.

-Cosa?-

< Tipico di te... sei sempre ambiguo, credo che serva l'interprete per capire i segnali che invii. Sei un rebus irrisolvibile! > lo accuso e non mi importa, sono stufa dei suoi enigmi. La situazione sta diventando sempre più singolare e, allo stesso tempo, difficile.

Mi discosto da lui, o almeno ci provo, perché con forza mi trattiene a sé.

Scoppia in una fragorosa risata, per poi accostarsi al mio orecchio.

< Ti faccio impazzire, vero? E tranquilla, se vuoi posso consigliarti un interprete! > ironizza sfacciatamente e io lo spingo all'indietro, definitivamente, con stizza.

< Per te è tutto un gioco, vero? Stai solo giocando? Ti avevo detto di non giocare con me, ma tu seguiti mantenendo la tua solita enigmaticità. Non capisco quando parli sul serio o quando scherzi, non capisco cosa ti passi per la testa > gli confesso tutto d'un fiato, frustrata. Questi suoi continui enigmi mi snervano. Ora sta usando l'ironia e il sarcasmo per virare il discorso su altro con l'unico scopo di non rispondere alla mia domanda. Lo fa apposta per continuare, indisturbato, a mantenere la sua enigmaticità. A volte penso che sia un divertimento sadico il suo con l'unico fine di far saltare i miei neuroni. Altre volte credo che questo suo ermetismo sia parte di un discorso lucido e calcolato che io non devo sapere. Non è solo un bel ragazzo, con uno sguardo magnetico, un bel faccino e un bel fisico, ma è anche molto affascinante per il modo in cui interagisce con me e chiunque.

La sua intelligenza mi attrae e, contemporaneamente, mi spaventa, perché se ne avvale per celare i più oscuri segreti; tuttavia... non è il mistero ad attrarmi di lui, bensì è la capacità oratoria di cui si avvale per far in modo che non venga alla luce ciò che è occulto. Mi sembra un rebus che non riuscirò mai a risolvere; ciononostante non riesco a privarmene, non sono in grado di lasciarlo andare. La consapevolezza, che ciò che mi leghi a lui non sia semplice passione, incomincia a farsi strada in me e mi penetra nel profondo. Al contempo una sensazione sgradevole mi paralizza: la paura. Temo che tutto questo, presto o tardi, finirà col distruggermi, temo che questo "giocare con il fuoco" possa lasciare sulla mia pelle delle profonde bruciature, da cui non potrò mai più liberarmi.

< Non trovi anche tu che il mistero sia elettrizzante. Sì, insomma, potrei essere il lupo cattivo e tu cappuccetto rosso, oppure i nostri ruoli potrebbero essere invertiti. Non si può mai sapere chi si ha di fronte > proferisce misteriosamente.

Io resto a bocca aperta e, se fossi in un anime, probabilmente la mia mascella toccherebbe il terreno. Sbatto le ciglia e non so cosa dire, perché ancora una volta mi ha gelata con le sue battute ironiche, ermetiche e contorte. Comincio seriamente a credere che questo ragazzo sia un connubio di ironia ed enigmaticità. A volte vedo in lui degli aspetti conosciuti, aspetti che amo, altre volte è in grado di stravolgere ogni mia certezza con qualche atteggiamento o frase incomprensibile che racchiude qualche significato nascosto.

-E pensare che all'inizio mi sembrava il tipico ragazzo problematico che gioca a fare il bad boy! E magari lo fosse stato! Lo avrei preferito! Almeno sarebbe stato comprensibile!-

Di fronte alla mia reazione, lui ridacchia per poi scuotere il capo.

Mi pizzica il naso, in seguito deposita un leggero bacio proprio su di esso.

< Scherzavo! Mi prendi troppo sul serio > mi soffia sul viso.

Io decido di gettare la spugna e voltargli le spalle. Inizio ad allontanarmi, ma avverto il suo sguardo bruciarmi sulla schiena.

-È inutile continuare il discorso! In questo momento non vuole darmi una risposta; quindi, neanche se gliela chiedessi all'infinito, me la direbbe! Quel ragazzo è chiuso a riccio!-

La voce intimiditoria e autoritaria del professore, che chiama il mio nome, mi fa sobbalzare:

< Signorina Rowan, ora vediamo se è migliorata dall'ultima volta! Avanti! Si disponga lì, dall'altra parte della rete! >

< Co-cosa? Ma io... > balbetto con incertezza.

Dopo aver ricevuto un'occhiata di sufficienza dal prof, decido di tacere.

Prendo la pallina, la racchetta e, tremolante, mi avvio verso il patibolo. I miei passi sono lenti e condensati, ma non riesco ad evitarlo.

-Oggi è il mio momento! Forza Sara!- incoraggio mentalmente me stessa, nonostante io abbia un'ansia indicibile. Sono sempre stata una frana nel tennis, mi sono iscritta a quest'attività solo per avere dei punti bonus.

Anche un cieco capirebbe che sono del tutto incapace, perché ho il panico ritratto in volto. Il professore non ha pietà e mi serve una palla che rischia di finirmi in viso, ma, per mia fortuna, uso la racchetta come difesa ed essa rimbalza sul mio campo.

-Che dire! Sono un genio del tennis!-

Mister Riven mi scruta con sdegno.

-E certo! Hai eretto la muraglia cinese, piuttosto che controbattere il... non so neanche come si chiami! Cosa ti aspettavi? L'applauso? -

I "colpi" successivi sono letali e violenti. Io cerco, invano, di rincorrere quella maledetta pallina, ma sembra non volerne proprio sapere di essere respinta da me.

E niente, mi odia, ma... dopo aver corso, inutilmente, come una stupida da una parte all'altra, posso dire che l'odio è reciproco. Le mie mani, appiccicaticce sulla racchetta, sono sudate e, sicuramente, i miei palmi ne porteranno la forma. Ad un certo punto il Mister infuocato sembra avere pietà di me: chiede una meritata pausa e io ritorno a respirare.

-Non supererò mai questo corso extra! Non prenderò mai quei punti bonus e l'idea del tirocinio presso Ralph Lauren sfumerà ancora prima che io possa realizzarlo!- mi lagno mentalmente.

Ho sempre voluto fare un tirocinio da lui, ammiro quello stilista per via del suo stile raffinato, semplice e sobrio. Ricordo ancora quel vestito della collezione primaverile: aveva ruche a valorizzare la vita, un abito di jersey, a fiori che presentava un seducente scollo a V, maniche ad aletta; cadeva morbido sul fisico della modella. Dovrò dire al professore che rinuncio, non posso dare prova di altre performances così scadenti. Mi siedo su una panchina in pietra, immersa nel prato della zona antecedente al campo.

Qualcuno al mio fianco mi distoglie dai miei pensieri con un colpo di tosse.

Riconosco la mascella squadrata che è ricoperta da una linea sottile di barba, gli occhi di ghiaccio, le labbra carnose e i suoi ricci voluminosi al vento. La sua caviglia è appoggiata sul suo ginocchio e le sue braccia sono incrociate dietro la nuca. La posizione che assume di fianco a me e il suo sguardo divertito sono indice di spavalderia.

Ora che ci faccio caso: indossa una polo bianca e dei pantaloncini anch'essi del medesimo colore.

< Giochi a tennis anche tu? > dò voce ai miei pensieri.

< Sì, sono anni che faccio parte di questo club di tennis e ora, che sto per laurearmi, non voglio lasciarlo > mi confessa con un sorriso genuino che illumina il suo sguardo di una nuova luce.

< Pazzo > mi sfugge sottovoce. Spero non mi abbia sentito, ma Eric, per mia sfortuna, mi ascolta e inizia a ridacchiare.

< Sai, ho visto la tua performance prima. Che dire... Serena Williams ti fa un baffo! La tua tecnica non ha eguali! > si prende beffa di me.

Io vado letteralmente a fuoco dalla vergogna e un brivido mi accappona la pelle. Abbasso lo sguardo, sconfitta. Vorrei controbattere, ma ha ragione.

< Hai ragione, sono un'incapace. Ci rinuncio! >, tento di alzarmi, ma lui afferra il mio avambraccio.

< E ti arrendi così? Ti insegno io, dai, disponiti lì! E ricorda che mai devi arrenderti! > mi propone.

Iniziamo e che dire...

Mi arrivano palline in faccia.

Dopo l'ennesima parata con la racchetta, lui sbuffa, schiocca la lingua e rotea gli occhi al cielo.

< Non devi parare, devi effettuare un diritto! > mi fa presente.

< Diritto? E cos'è? >

< È, per così dire, una tecnica che ti consente di "controbattere" il mio servizio e indirizzare la palla al lato opposto della rete > mi spiega pazientemente. Si avvicina a me e si dispone dietro di me, in modo tale che la mia schiena, quasi, aderisca al suo petto. Prende il mio braccio e lo stende leggermente.

< Devi aprire il braccio portando il piatto della racchetta all'indietro ed essa deve trovarsi con la punta rivolta verso il basso >

La sua gamba divarica le mie, inducendo quella sinistra ad arretrare di un passo rispetto a quella destra.

< Devi sovraccaricare il peso del corpo dalla gamba destra, più arretrata, alla gamba sinistra >

Il sussurro della sua voce mi fa rabbrividire e, per un attimo, mi irrigidisco.

Le sue mani sono sulle mie spalle e disegnano dei cerchi immaginari che mi provocano una scossa lungo la colonna vertebrale.

-Come riesce ad essere così irritante e delicato allo stesso tempo? Come riesce ad essere così ambiguo e, allo stesso tempo, affascinante? -

< Devi essere sciolta, non rigida > mi intima dolcemente e io annuisco con il capo.

< Devi muovere, lievemente, il piatto verso l'alto per poi ruotare la racchetta verso il basso. Attenta a non ruotare il polso che deve mantenersi rigido. Devi attuare un colpo secco, durante il quale il piatto è parallelo alla rete > mi spiega con calma, poi trascina il mio braccio in modo tale da indurlo a fare il movimento da lui spiegato.

< Ho capito! > esulto e le ore successive le trascorriamo così. Lui mi serve palline imprendibili e io cerco di ribatterle.

L'ultima riesco finalmente a controbatterla, ma un movimento brusco mi fa cascare a terra. Un dolore lancinante mi colpisce il ginocchio e la caviglia.

-Dio della sfiga ti diverti lassù, vero? Perché nei momenti meno opportuni devo fare queste figure? Ho l'abbonamento alla sfortuna?-

Lui maschera delle risatine con dei colpi di tosse, ma accorre in mio aiuto e, posando un braccio sulla mia spalla, mi aiuta ad alzarmi.

< Ah! Ahi! Che bruciore! Accidenti! > mi lamento, non riuscendo a trattenere delle smorfie di dolore. Al contatto delle sue mani così grandi sulle mie cosce, trasalisco. Lui mi solleva da terra e io mi dimeno come se fossi una bambina.

< Ma co-cosa fai! Poggiami subito a terra, io devo imparare, perché devo dimostrare al mister che sono capace > protesto, agitata.

< Sì certo. Ridotta così, vincerai sicuramente il Wimbledon > afferma con sarcasmo.

< Il Wi... cosa? > gli chiedo allibita.

< il più antico torneo di tennis. Giochi a tennis e non lo sai? Ma in quale pianeta vivi? Marte? Dai, adesso sediamoci qui che ti medico > mi dice scherzosamente.

< Cosa! No-non c'è bisogno! Sto bene, guarda posso camminare, tranquillo! > enfatizzo camminando, ma il dolore persistente mi fa bloccare. Mi piego in due, l'avambraccio di Eric, così forte, mi circonda il fianco e mi tira su.

< Dai, vieni, sediamoci. Durerà solo un attimo > mi rassicura poggiandomi sulla panchina. Corre a prendere il kit del primo soccorso che abbiamo qui. Si piega a terra in modo tale da essere in ginocchio di fronte a me. Inizia a disinfettare con l'acqua ossigenata e il bruciore mi fa trasalire. Le smorfie, dovute al dolore, contraggono i lineamenti del mio viso, mentre i miei occhi si serrano. Circonda il ginocchio con la garza. La sua vista indugia sulla parte lesa, in seguito percorre ogni centimetro della mia pelle esposta. Fissa con impertinenza, privo di timidezza, senza dire neanche una parola. Una fitta allo stomaco mi trafigge e delle vampate di calore ardono sul mio corpo come fuoco. L'atmosfera è cambiata e il suo silenzio non migliora le cose. Io sono più tesa di una corda di violino, di fronte a lui e ai suoi modi mi sento sempre braccata e inerme. Adesso la mia respirazione è accelerata.

< Devo ammettere che hai delle belle gambe > proferisce all'improvviso, spezzando la tensione che si era venuta a creare.

< S-Smmettila di prendermi in giro e finisci questo massa... ahh! Ma cosa fai! Mi fai male! >, i suoi polpastrelli stringono ardentemente la pelle della mia coscia e io rabbrividisco.

< Ben ti sta, non ti sto prendendo in giro, non pensi che possa apprezzare le tue gambe? >.

Avverto, inaspettatamente, dei forti brividi in tutto il corpo che lo fanno sorridere.

< I-Io no-non pe-penso proprio nie-niente > mormoro in imbarazzo.

< Ah, quindi vuoi farmi credere che non lo hai pensato? > mi chiede di rimando ghignando.

< No > rispondo secca.

Lui, lentamente, si avvicina con il mezzo busto a me, posando l'altra sua mano sulla mia che è chiusa a pugno.

< Questa tua risposta non mi convince per niente > sussurra con voce suadente al mio orecchio, mentre un sorriso sghembo si fa strada sul suo volto.

< Quindi ora non pensi niente se faccio questo? > aggiunge e le sue mani cominciano a toccare in modo sensuale le mie gambe, lasciate parzialmente scoperte dalla gonna. Il mio respiro è corto, il mio petto si muove freneticamente. Il suo sguardo è inchiodato alle mie gambe. I nostri respiri irregolari si confondono. Non capisco quello che sta accadendo, sono come immobilizzata.

Inerme, lo guardo negli occhi e noto una luce maliziosa in essi. Sembra voler continuare questa tortura così bella, ma la mia mano, ancorata alla sua, blocca ogni sua intenzione.

< La tua reazione mi fa capire che avevo ragione > insinua enigmaticamente.

< Se-se hai finito di psicoanalizzarmi con i tuoi soliti giochetti, po-possiamo andare >.

Azzera, ulteriormente, le distanze tra noi e io avverto il suo alito fresco soffiarmi sul viso. La sua espressione è giocosa, le sue labbra sono aperte parzialmente.

< Mh... fammi pensare... n-nooo. Dai, dimmi quello che pensavi > mi dice con tono di burla.

< Penso, che tu me lo abbia detto per... per... to-toccarmele > gli confesso infine.

< Ci avrei giurato! > afferma per poi ridere apertamente.

< Che pensieri sconci che fai, Saretta! E io che pensavo che fossi casta e pura! > mi canzona beffardamente.

< E smettila, dai! > protesto e lo spintono, lievemente, dalle spalle.

< Ad ogni modo, puoi stare tranquilla! Non ho bisogno di questi mezzucci per toccare le gambe di una donna. Se desideravo farlo, lo avrei fatto senza farmi problemi e avrei anche saputo il modo giusto per farti fremere > sibilla con arroganza e resto pietrificata.

< Tu... tu... fai schifo! Tu sei un... > arranco con agitazione. A braccia conserte gli rivolgo un'occhiata infastidita, ma la verità è una sola : sto usando la scusa della rabbia per nascondere il profondo imbarazzo e l'attrazione che sento a causa delle sue parole così audaci e sfrontate.

< Cosa Sara? Avanti! > mi incalza con tono di sfida.

< Un pervertito! > rimarco.

< Come se tu avessi pensato agli unicorni quando ti sfioravo > mi rammenta, divertito.

< Io non sono come te! > ribatto con enfasi.

< In apparenza forse no, ma nel profondo sei come tutti gli altri > mormora e io resto ammutolita a fissarlo, in attesa di una spiegazione che arriva : < Nel profondo abbiamo tutti gli stessi desideri che, prima o poi, escono allo scoperto. Abbiamo tutti quel lato. Basta solo che si crei l'occasione e l'atmosfera >. Lo avverto: è sempre più vicino, i suoi occhi così azzurri ardono sul mio viso, le labbra carnose sfiorano le mie che, ansanti di riassaggiare il suo sapore così intenso, si schiudono.

Il suo respiro così caldo batte insistentemente sul mio viso, mentre azzera le distanze tra noi. Il mio cuore inizia la sua galoppata.

Le mie braccia vorrebbero posarsi sul suo petto per allontanarlo, ma restano a mezz'aria, in balia degli eventi. L'unica cosa che riesco a fare ora è trarre respiri profondi e serrare gli occhi. Le sue labbra così morbide e umide si posano sulle mie delicatamente. Lo scocchio tra di esse inizialmente è dolce, sembra si accarezzino a vicenda. La sua lingua si insinua lentamente nella mia bocca e il suo contatto con la mia è surreale : mi manda in estasi con un semplice tocco. La sua si sofferma ad assaporare la mia e in sincronia si muovono dando inizio ad una danza che aumenta di intensità fino a farmi mancare il respiro. Il movimento delle sue è vorticoso e impetuoso: sembra vogliano divorarmi. Si tuffa a capofitto su di me, senza schiacciare alla panchina.

Un suo braccio sulle mie spalle mi spinge rudemente a se, l'altro è sulla mia nuca portando le nostre labbra ad aderire sempre di più, successivamente si poggia sulle mie spalle. Il suo capo si incurva leggermente per permettere alla sua bocca di lambire ogni singolo centimetro della mia. Le mie mani affondano nei suoi capelli, tirandoli leggermente. Lui non riesce a trattere un gemito e mi spintona velocemente all'indietro.

La superficie fredda della panchina mi fa sussultare, ma non mi importa. Si siede su di essa e mi porta con sé: mi ritrovo seduta su di lui. Potrebbe cascare il mondo, mi importerebbe solo di quello che sta accadendo ora tra noi. Il suo labbro superiore gioca con il mio, prendendo a mordicchiarlo. In un attimo entrambe le sue labbra divorano nuovamente le mie per poi prendere a stuzzicarle, alternandole a colpi di lingua. La mia testa si incurva per poter seguire tutti i suoi intensi movimenti. La passione del bacio mi spinge sempre di più contro il suo petto così definito e così grande.

Il suo palmo afferra con forza il mio fianco, facendo in modo che i nostri corpi aderiscano ancora di più. Si udiscono solo gli intensi scocchi, dovuti allo scontrarsi impetuoso delle nostre labbra. Un inferno si scatena nel mio basso ventre, uno sfarfallio devastante e bellissimo mi attraversa.

Aumento la presa sulle sue braccia, perché vorrei che tutto questo non finisse mai. La sua lingua, le sue labbra e i suoi denti divorano la mia bocca che corrisponde alla sua, facendosi risucchiare completamente. Esistiamo solo io e lui, nessun'altro. Non voglio nessun'altro in questo momento, l'unica cosa che riesco a pensare mentre seguo i suoi movimenti incurvando il capo da una parte all'altra per poter lambire ogni cm di esse. Lui afferra e tira con leggera forza i miei capelli biondi.

Ma una vibrazione, proveniente dalla sua gamba, ci fa staccare l'uno dall'altra.

< È mia nonna, devo andare > conclude e mi accompagna a casa. Inchioda, mi fa un segno di saluto col capo e poi sfreccia via. Io fisso il punto in cui è scomparso.

-Chissà cosa voleva... -

Pov Eric:

Parcheggio in una stradina isolata con un unico pensiero in testa. Il display del cellulare si illumina.

< Non potevo rispondere, la ascolto mi dica pure... novità? > parlo e dall'altra parte del telefono la voce, che aspettavo, mi dà tutte le risposte che volevo ricevere.

< Ah... bene! Le foto sono nitide? > gli pongo una domanda, ansioso, lui mi conferma.

< Perfetto! L'obbiettivo deve vedersi e saltare agli occhi di chi osserverà. Domani la pago e le ritiro. Ho tutta l'intenzione di usare queste foto al più presto! > concludo la chiamata e non posso evitare di nascondere una sfumatura di soddisfazione nel mio timbro di voce, mentre un ghigno ravviva il mio viso.

-Tre settimane mancano. Tra 3 settimane, verrà il momento della verità e della mia vittoria!- questo è l'unico pensiero che ingombe nella mia testa e che mi fa andare avanti, ora e per sempre.


ANGOLO AUTRICE:

Decisamente un capitolo in cui vige la legge del mistero. Eric, dopo aver rivelato un fetta del suo passato, sembra fare un passo indietro e raggirare le domande di Sara. Nasconde chiaramente qualcosa che, stando a quanto afferma, presto verrà rivelato. L'ultima scena allude a delle foto che pare abbiano il potere di stravolgere tutto, riportando alla luce la verità. A quale verità allude? Cosa e chi ritraggono queste foto? Attendo le vostre ipotesi.

Spero che la storia vi stia piacendo. Se volete, lasciate una recensione ☺️.

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