Capitolo Sotto Revisione - Incubo o realtà?

Premesse:
La storia non è stata revisionata, devo revisionare le caporali dei discorsi diretti e in linea generale la grammatica; ma sono 38 capitoli di una lunghezza non indifferente, quindi non sarà facile, considerando anche il mancato tempo. Dovrò, durante la revisione, aggiungere dei passaggi per evitare che ci sia lo scorrimento troppo rapido da una scena all'altra. Dovrò anche dilatare maggiormente i tempi della narrazione delle scene d'azione, perché oggi - rileggendo questa storia datata - mi rendo conto di aver reso tali dinamiche troppo rapide.
Questo capitolo sarà revisionato con dovute aggiunte, venendo così diviso in sei capitoli.

* * * *

POV Eric:

Un pallore esteso incornicia il ghiacciaio dei miei occhi, conferendo loro una maggiore grandezza.

Il mio sguardo è perso nello scrutare un punto indefinito di fronte a sè, quasi stentasse a credere nella realtà che lo attornia. Il chiarore del sole filtra nella stanza accentuandone la grandezza e la luminosità. Il biancore delle pareti risplende dell'irraggiamento solare e conferisce vitalità a questo ambiente così asettico e cupo. Centralmente è situato un letto a due piazze, adornato dello sfarzo più immondo: la testiera è rivestita di capitonnè, una morbida imbottitura grigiastra che pare riporti su di sè tanti quadratini. Ai lati sono situati due comodini nel legno più scuro e grezzo.

A distanza di alcuni metri, risiede un salottino caldo e accogliente: due divani e una poltrona del medesimo materiale della spalliera, poggiati su un tappeto che copre una parte del marmo bianco e lucente della pavimentazione; al centro, frapposto tra di essi, risiede un tavolino in legno.

Dinnanzi a me la scrivania, anche in un giorno come questo, è rimasta tale: portatrice della mia cultura poliedrica, avezza del peso dei miei libri che sono orientati dal romanticismo più rosa al thriller più tetro, dall'horror più macabro al genere psicologico più controverso. Non so il motivo per cui i miei gusti siano così contrastanti, forse la ragione risiede nel mio carattere.

Necessito di continui stimoli, introvabili nella realtà.

Indugio nell'osservare la mia figura slanciata, proporzionata e abbastanza muscolosa allo specchio. Per me quel che accadrà oggi è come se fosse frutto di un maleficio, un maleficio maledetto che non posso spezzare. Oggi il mio adorato padre si sposa per la seconda volta e si aspetta che il suo adorato figlio sia impeccabile e felice. Ma è più probabile che la Terra e Marte collidano. A mio malgrado, eccomi qui, alle 6 del mattino, perfettamente vestito in un completo nero di marca Armani. I capelli sono perfettamente sistemati in modo tale da essere più corti lateralmente, più voluminosi al centro. Un ciuffo riccio cade sulla fronte e crea un'ombra sul mio viso scultoreo.

Nonostante l'apparenza ostenti il contrario, mi sento al pari di un disgraziato che - a tentoni - cammina su dei ceci ardenti, perchè odio che mio padre sposi quella donna.

Dalla porta socchiusa l'entrata di Kevin mi distoglie dal mio immenso e melodrammatico monologo, anche lui elegantemente vestito. Simula un fischio, come se io fossi una bella donna. Nel mentre, l'angolo della sua bocca si inarca in un sorriso beffardo.

<< Wow amico, sei così bello che sto pensando di cambiare sponda! >>

<< E io sto pensando che se non spari almeno una stronzata al giorno, non ti senti realizzato >> replico con sarcasmo. Lui è fatto così: non riesce ad evitare di fare battute, da bambino credevo avrebbe fatto il clown e invece è diventato un imprenditore. Kevin, il mio migliore amico, è tornato dal suo viaggio. La sua risposta non tarda ad arrivare: << Contrariamente a quello che pensi, so che non ci crederai, ma ho altre qualità >>.

<< E quali? Fare l'avvocato delle cause perse nel vano tentativo di difendere te stesso? >>

<< Mi era mancato il tuo sarcasmo pungente, sai Eric? >> mi fa presente con un'allegria contagiosa.

<< E a me erano mancate le tue battute, amico >>, ci abbracciamo.

<< Lo so, modestamente sono unico ed inimitabile! Ma soprassediamo questo, ora dimmi... sei emozionato? Oggi il paparino si sposaa! >> esclama con voce piena di una felicità che non mi appartiene.

<< SÌÌÌÌ, sono emozionatissimo, non vedi? Sto tremando tutto dall'emozione! >> affermo e dilato le pupille per dare un minimo di credibilità a questa frase.

<< Senti amico, lo so che le cose col paparino non vanno bene, però almeno oggi cerca di sorridere e abbandonare la tua usuale espressione ombrosa da psicopatico >> mi risponde, prendendosi beffa di me.

<< Tranquillo, mi armerò del mio più grande sorriso ipocrita e tutto filerà liscio >>, simulo un sorriso a 32 denti, più falso delle banconote dei barboni.

<< E poi non ci pensi che avrai una matrigna che, se tutto va bene, ti cucinerà una torta ? >>, lui non perde mai il suo umorismo.

<< Ci penso, ma non credo sappia cucinare una torta. Le sue qualità sono altre... la principale è saper aprire le gambe! DAI, adesso basta chiacchiere, e andiamo! >>

Scendiamo giù e troviamo mio padre compiere gli stessi passi che faceva in precedenza, al mio risveglio. Oggi è agitato e non fa altro che straparlare su quanto noi siamo in ritardo.

Trovo tutta questa sua agitazione patetica, non è il suo primo matrimonio. Probabilmente quello con mia madre è stato troppo insignificante per essere ricordato.

POV Sara:

Sono sveglia dalle 4 del mattino. Intenta a legare i miei lunghi capelli biondi in un semi-sciolto laterale, sto cercando un modo per non imprecare mentalmente a causa delle difficoltà. Sarebbero dovuti essere legati lateralmente da alcuni fermagli, ma sembra non ne vogliano sapere: ho una nuvola in testa.

Capelli 1, Sara 0.

Non ho mai capito il motivo per cui, pur essendo lisci, hanno un'alta tendenza ad incresparsi.

-Ci rinuncio!- urlo a me stessa, lasciando che le onde, fatte dal parrucchiere qualche minuto fa, scendano sulle spalle.

I miei occhi nocciola sono valorizzati da un filo di elyner nero e da una matita marrone. Non mi è mai piaciuto il trucco eccessivo: mi sentirei un clown se lo mettessi. Indosso un vestito azzurro che ha il corpetto aderente, da cui parte un velo che scende morbido sino alle ginocchia. Mi piace, è semplice e allo stesso tempo raffinato. Decido di evitare il rossetto: le mie labbra sono sottili quanto basta, alcuni sostengono che io le abbia a cuore. Odio mettermi troppo in mostra, mi suscita un disagio indicibile, data la mia timidezza. Il pensiero, che oggi avrò gli sguardi di tante persone addosso, mi fa sospirare; purtroppo accadrà, perchè mia madre si sposa. Seppur io abbia questa consapevolezza, non posso farci nulla: al pensiero una sensazione non dissimile dall'imbarazzo mi assale. Le urla della cara sposina, che chiama il mio nome, mi distraggono.

Corro in stanza da lei, che mi chiede dove mi fossi cacciata.

<< Sei bellissima mamma >>, la adulo, trasognante. Il vestito è molto elaborato e sfarzoso: presenta un corpetto ricamato in pizzo, aderente, da cui partono tanti veli che rendono il vestito gonfio, sembra il vestito di una principessa. Il trucco è accentuato e mette in risalto i suoi lineamenti delicati, le sue labbra carnose e le sue pupille cerulee, screziate di un verde smeraldo. Io e lei ci somigliamo molto esteticamente: abbiamo una fisionomia molto simile e i capelli biondi che, occasionalmente, ha sciolto, su di essi porta una coroncina. Ma siamo molto diverse caratterialmente: lei adora avere su di sé gli occhi maliziosi degli uomini, ritiene che bisogni ammaliarli con la propria estetica mostrandosi spigliata e seducente. Non ci troveremo mai d'accordo in questo discorso.

Quando finalmente termina di sistemarsi, ci accingiamo ad uscire. Con non poche difficoltà, ci disponiamo nell'auto, una macchina d'epoca rosso fiammante.

Durante il viaggio comincia a fare rumori strani, e ad un certo punto si ferma, in aperta campagna.

La mamma inizia ad agitarsi, perchè l'autovettura - stando a quanto afferma mio nonno - ha un problema; lei , in un tono isterico, mi urla addosso: << Hai visto, è tutta colpa tua! Avevi il compito di farla controllare!! Sei sempre sbadata! >>.

<< Mamma, adesso non darmi colpe, la colpa è del tuo meccanico, ti ho sempre detto che è una persona inaffidabile! >>

<< Tu secondo me non sei andata a farla controllare!! >> inveisce contro di me, gesticolando animatamente.

<< Come puoi dire una cosa del genere... vabbe'... ora andiamo a cercare qualcuno che ci accompagni >> cerco di troncare l'inutile discussione.

Troviamo un passaggio da un trattore, ovviamente la Miss continua a sbraitare: << MA SEI IMPAZZITA? Io non ci vado su quel trattore!>>.

<< E come vuoi arrivarci? Vai a comprare Red bull, sai mette le alii! >> ribatto ironicamente e, con aria annoiata, aggiungo << Tranquilla mamma, ci vado io dietro. Quella che puzzerà di pecora, sarò io >>.

Durante il tragitto nessuno fiata e io tento di non cascare a terra per via dei movimenti bruschi di questo mezzo, perchè - ovviamente - il contadino è abbonato alle buche. Come se ciò non bastasse, devo anche stare ben attenta a non sporcarmi.

Alla fine arriviamo in tempo. Avverto i loro sguardi e le loro risate sommesse. Le loro esclamazioni, riguardo la nostra macchina nuziale, mi irritano.

-Li avessero avuti loro i nostri problemi!-

Cercando di sfuggire ai loro sguardi, mi faccio strada verso un bagno, ma urto inevitabilmente contro un ragazzo. Alzando il volto, incontro due occhi di ghiaccio che mi guardano con curiosità e - per un attimo - non riesco a distogliere lo sguardo, incatenando i miei nei suoi. Ha la barba perfettamente curata, le labbra carnose, le sopracciglia folte e scure che evidenziano la grandezza delle sue pupille. Una folta chioma riccia e ben curata gli incornicia il viso che prontamente cambia espressione, ostentando arroganza.

<< La favola di cenerentola è diventata un film di Fantozzi >> afferma con sufficienza, per poi ridere apertamente di me, minuta e contrita di fronte a sè.

<< Bhe... ecco... abbiamo avuto problemi con la macchina, perciò siamo arrivati con un trattore >> farfuglio con una punta di insicurezza.

La sua risata aumenta di intensità e la risposta non tarda ad arrivare, in tutta la sua arroganza:

<< Ti direi che sei bellissima, ma in questo momento mi sembri solo una che ha appena finito di rotolarsi nel fieno ahahah >>.

Con aria indignata e - al contempo - imbarazzata, replico : << Scusami? Non mi conosci... come ti permetti di dirmi queste cose? Ora devo andare, non ho voglia di perdere tempo con uno che non vedrò più! >>.

Continua a ridere di me. Mentre mi affretto ad andarmene, mi urla: << Sei proprio sicura che non ci vedremo più? Fossi in te non ne sarei così tanto sicura! >>, ma io gli ho già dato le spalle cercando, invano, di pulire il vestito, in bagno, lontana da occhi indiscreti.

-Questo maledetto abito non ne vuole sapere di aggiustarsi, mah... dico io... perché caspita capitano tutte a me? Giusto oggi la macchina doveva fermarsi e per di più dovevo incontrare un cafone!-

<< Sara! Lascia fare a me! >> esclama mia cugina, subito aggiunge: << Ti ho vista discutere con quel ragazzo, chi è? >>.

<< Non ne ho idea! Non mi interessa! È solo un cafone, si è permesso di offendermi senza neanche conoscermi! Sapesse quanto questa giornata è stata snervante! Dover sopportare mia madre... perché caspita quella maledetta macchina doveva malfunzionare giusto oggi? Ho una sfortuna che rasenta il mitologico! Ti stai divertendo tu lassù? >> mi sfogo contro il soffitto, invocando chissà quale divinità.

<< Adesso ti calmi e la smetti di parlare a macchinetta? Sembri una pazza! Muoviamoci che tra un po' inizia la marcia nuziale e tu devi essere perfetta >> conclude lei e riesce nel suo intento.

Corro in sala e il matrimonio civile inizia. Non è nulla di eccessivamente scenografico, essendo una cerimonia civile.

Prosegue nel migliore dei modi; infatti mia madre è raggiante.

- Chissà come ci si deve sentire a sposarsi per la seconda volta... -

Sprizza felicità da tutti i pori, come se fosse la prima volta. Anche se mi sforzo di essere felice per loro due, non riesco a fare a meno di provare una brutta sensazione all'altezza dello stomaco. Il ricordo di mio padre é sempre presente e non mi fa godere a pieno di questi momenti.

- Chissà cosa starà pensando ora... dopo lo chiamo!- penso, mentre ha inizio il ricevimento e mia madre si accinge a tagliare la torta, però qualcosa di strano accade...

Una voce irrompe nella sala...

<< FERMI TUTTI >> urla una donna. Tutti ci voltiamo a guardarla, alcuni con curiosità, altri con sgomento. Parla con voce grossa per farsi sentire da tutti: << Isabel, da quanto tempo non ci vediamo! Ho dovuto saperlo dai giornali che ti sposi... non si fanno queste cose alle vecchie amiche... sei stata una bambina cattiva >>.

Ride in modo incontrollato.

Mia madre sembra agitata, mentre non so cosa pensare, non so chi sia questa donna. Non capisco perché stia dicendo queste cose, con quel tono poi... penso voglia farsi sentire da tutti. E con agitazione, interviene: << Cosa fai qui? Nessuno ti ha invitata! >>.

L'espressione della tizia si indurisce in una smorfia di netto disappunto.

<< LO SO CHE NON MI HAI MAI CONSIDERATA UN'AMICA, MA IO INVECE SI E , SAI, HO PENSATO DI FARTI UN BEL REGALO DI NOZZE, UN BEL EXCURSUS DEL TUO PASSATO DAVANTI A TUTTI, CHE NE DICI? >>

<< Ma cosa dici?Adesso smettila e va' via, prima che chiami la sicurezza! SICUREZZA! >>

<< TU NON CHIAMERAI PROPRIO NESSUNO! >>, caccia dalla borsa quella che sembra essere una pistola.

- Oddio! È un pistola! Ma chi è questa donna e cosa vuole?-

Vorrei fare tante domande, ma sono paralizzata dalla paura, questa signora è pazza. La punta alla donna a cui ha precedentemente indirizzato il suo odio, la persona a me più cara. La gente si agita.

I suoi occhi saettano da una parte all'altra. Continua ad urlare in un tono imperioso: << CHE NESSUNO SI MUOVA! VI ASSICURO CHE SPARO!! FATE I BRAVI E NESSUNO SI FARÀ MALE >>. Io ne approfitto per raggiungere la mamma ed abbracciarla.

<< D'ALTRONDE È SOLO UNA PERSONA CHE MI INTERESSA >>, proferisce con la sua immancabile risata folle.

<< Uh... l'ha raggiunta la figlioletta, che scena strappalacrime, quasi mi commuovo >>, continua quello che è diventato un monologo, dal momento che nessuno ha il coraggio di fiatare. Si avvicina lentamente a noi due e mi guarda negli occhi. Ho paura anche di respirare, il mio corpo è percosso da brividi. Lei mi sorride inaspettatamente e mi accarezza il volto: << Quanto sei cresciuta, sei bellissima sai, sei proprio una donna, somigli molto a tua madre esteticamente, sai ora ci faremo una bella chiacchierata io e te >>.

Ci guardiamo negli occhi, io resto come pietrificata. Ad un certo punto si sente un boato in sala e una voce esclama: << POLIZIA! Abbassi la pistola >. La polizia è arrivata, non ci speravo più, qualcuno deve averla chiamata. La donna si gira verso di loro e sorride mellifluamente biascicando: << Certo, ci vorrà solo un attimo >>, ma - inaspettatamente - mi afferra da un braccio, inducendo la fredda canna dell'arma a premere sulla mia testa, me l'ha puntata alla tempia.

Inizio a tremare.

<< SE OSATE ANCHE SOLO FARE UN PASSO, LA FACCIO SALTARE IN ARIA! >>

<< La lasci andare >> replica il poliziotto.

<< Ti prego, lascia mia figlia, lei non c'entra >>, la implora, mia madre, piangendo. Si udiscono soltanto le risatine e le parole che escono dalla sua bocca : << Lo so, ma in qualche modo devo pur uscire di qui e tua figlia mi sarà molto utile >>. Si rivolge ai poliziotti: << ADESSO LEVATEVI DI MEZZO, DEVO ANDARE VIA, AVETE CAPITO, VIAAAA! >>, aumenta la presa su una me totalmente tremolante.

Riesce a costruire una tra tutta quella gente, per lasciare il luogo.

Nei minuti successivi si sussegue un lungo e frenetico camminare; gli alberi, le abitazioni scorrono velocemente, senza che io abbia il tempo di realizzare dove stiamo andando.

Arriviamo in un posto che non ho mai visto prima d'ora, mentre lei si guarda continuamente attorno. Mi fa sedere bruscamente e a bassa voce scandisce ogni parola come se parlasse ad una bambina: << Adesso tu n.on fi.a.te.rai, altrimenti farai una brutta fine, mi hai capito? Se fai la brava, ti darò un premio >>.

<< Ti ti... prego no-non farmi del male >> balbetto, lacrimevole e ansimante.

<< So che sembro pazza, ma ti posso assicurare che non lo sono, è colpa sua, di tua madre!!! LEI... mi ha portato via tutto!! >>, seguita a rendermi partecipe dei suoi deliri.

<< P-pe-erché-e ? >>

<< Io ero sposata e mio marito mi ha lasciato per lei! Divertente, vero? >>

<< N-non ci cre-edo >>

<< Tua madre era una donna di strada, una prostituta, una donna che non si fermava davanti a niente e nessuno >> mi racconta.

<< NO, NON È VERO!NON PUÒ ESSERE... LEI NON... NON È VERO! >>, il mio corpo è preso da tremolii incontrollabili. Le mani vogliono coprire le mie orecchie, per impedirmi di ascoltare ancora.

<< NON PUÒ ESSERE >>.

Lei in un scatto è di fronte a me e sposta le mani dal mio viso

<< VOLEVI SENTIRE LA VERITÀ? QUESTA È LA VERITÀ! CHISSÀ CHE FORSE ANCHE TU... >> mi urla.

Il mio corpo continua a dondolarsi, non riesco a controllarmi, non riesco a smettere, non riesco ad ascoltare.

-Tutto questo è un incubo!- urlo a me stessa.

Ad un certo punto, realizzo dove ci troviamo: siamo in una piccola pensione, una stanza misera, su un divanetto sgangherato. La luce è fioca e da sola non riesce a coprire tutta il buio.

-Mio Dio, perché mi odia così tanto? Cosa mi vuole fare? Io... io... ho così tanta paura- .

Le ore passano e mi si sta seccando la gola, mi manca il respiro. Cerco di prendere quanto più ossigeno possibile, ma la mia respirazione si fa sempre più pesante. Il mio cuore non smette di battere neanche per un secondo.

Con la coda dell'occhio non la perdo di vista. Temo che da un momento all'altro si alzi da quella sedia e mi faccia del male. In questo momento realizzo che la pistola è proprio lì, a terra. Lei sembra esausta e guarda un punto indefinito della stanza, il suo sguardo è come perso nel vuoto. Ho quasi paura anche solo a guardarla.

Di colpo mi alzo. Le mie gambe, precedentemente intorpidite, riprendono vita e, guidate da una forza sconosciuta, mi spingono proprio lì, come se avessero vita propria e non seguissero le direttive della mia mente nel pieno di questo terribile frastorno emotivo. Prendo tra le mani l'arma. Non so neanche io come abbia fatto: è come se avessi sentito una forza dentro di me che ha condotto il mio corpo.

Lei è dietro di me, stringe con forza le mie spalle. Le scuote, cercando di afferrare l'oggetto che ho tra le mani, i miei arti inferiori non smettono di muoversi per fuggire da lei. Mi insegue e in un attimo mi sento braccata dalla sua presa sulle braccia. Mi sottrae l'arma puntandomela nuovamente alla tempia.

E il freddo della canna della pistola pervade la mia fronte, nuovamente.

Sono paralizzata dalla paura.

Serro gli occhi, consapevole che questa è la mia fine.

Improvvisamente, però, non avverto più alcuna pressione, un rumore eccheggia nella stanza. Li riapro e mi si materializza un'altra immagine: la signora di sotto è intervenuta a salvarmi. Continua la sua lotta: il corpo della donna preme sul suo, mentre il revolver è a qualche metro di distanza. Ora capisco: sta cercando di impedirle di prenderlo. Scatto e lo prendo. La mia presa su di esso è salda, come se temessi che mi possa sfuggire di mano, ma - allo stesso tempo - trema, non sono in grado di smettere.

La punto a...

Non so neanche io a chi.

Sembra sia rivolta ad un punto indefinito della stanza. A trascinarmi fuori da questo stato di torpore è proprio lei, il demonio, che prova a sottrarmi l'oggetto impugnato. Nella fretta di sfuggirle, proprio esso mi scivola.

Mi rifugio nell'armadio.

Sento i suoi passi che, lenti e cadenzati, decretano la mia ora.

Tento di trattanere il respiro.

Comincio a provare una sensazione simile al freddo che mi scuote.

No, non è freddo...

Sono brividi di paura.

I suoi passi sono sempre più cauti, sempre più vicini.

Anche il suo respiro lo è, con l'intento di avvolgermi in una morsa letale che mi pietrifica.

Le ante dell'armadio si aprono ed eccola qui, di fronte a me, così piccola, contrita e debole.

<< Toc Toc, il lupo ha trovato cappuccetto rosso! >> esclama dilatando le pupille scure.

Carica la pistola, io chiudo gli occhi e...

Niente spari, niente sangue.

Solo un boato, rieccheggia.

Rannicchiata in questo armadio, con le mani a coprire la vista, mi sembra di trovarmi in una bolla da cui non riesco a percepire nulla.

Qualcuno mi scuote dallo stato di incoscienza in cui ero caduta; non so chi sia, non l'ho mai visto prima d'ora. Ha un distintivo sul petto; deve essere un poliziotto.

Mi rivolge uno sguardo quasi dolce e un sorriso gentile.

<< Signorina, come si sente? Siamo stati chiamati dai vicini >> mi domanda con voce tranquilla

<< Io... io... cre-credo di stare bene >> rispondo senza abbandonare un leggero balbettio.

La donna è scomparsa.

Cerco spiegazioni dal poliziotto: << La donna do-dove è andata? >>.

<< Quando siamo entrati, non potevamo attaccarla, perché poteva ferirla; allora ha fatto in modo che noi ci disarmassimo e, approfittando di questo, è fuggita via >>

<< Co-cosa! Quindi è ancora in libertà? >>, allarmata e impaurita, mi alzo bruscamente. Lui mi fa una carezza che vuole essere rassicurante. << Stia tranquilla, ho mandato delle pattuglie a cercarla, andrà tutto bene, ora è al sicuro >>.

Collandomi nel suo abbraccio, così rassicurante e caldo, ritrovo la pace.

Finalmente, ora, sono al sicuro. Il poliziotto, mentre mi porta alla centrale per fare una deposizione, interrompe il silenzio dicendomi il suo nome: si chiama Jason. Sembra calzi a pennello per un uomo rassicurante e forte come lui. Gli occhi nero pece, ho sempre pensato che trasmettano tensione, e invece... i suoi sono pervasi da una strana tenerezza, quasi a volermi tranquillizzare. Inaspettatamente gli sorrido, perché non potrò mai smettere di ringraziare l'uomo che mi ha salvato la vita.

Sento delle voci in lontananza.

Sono la mamma e John, giunti sin qui per portarmi a casa con loro. Il viaggio in macchina dura poco. Una volta varcate le soglie dei cancelli in ferro, si apre dinanzi a noi quello che sembra un paradiso. Usciti dall'auto, ci guardiamo intorno cercando di fissare, per quanto ci è possibile, ogni particolare di quest'immensità. Siamo circondati da un incantevole parco privato, ricco di biodiversità, rigoglioso di fiori ed essenze particolari; esso è lo spazio ideale per organizzare un banchetto all'esterno nelle stagioni più calde.

Scorgo di tutto: gazebi, piscine e fontane.

Al centro di tutto questo ben di Dio, immersa in una natura così grande da sembrare selvaggia e allo stesso tempo ben curata, ubica una maestosa villa a due piani, moderna e ricca di vetrate, dalle porte in legno e il colore rosa antico. Non appena John parcheggia la macchina, un uomo, nel suo impeccabile completo scuro, mi apre la portiera e porta le mie valige dentro. L'imponente e larga scalinata in marmo ci svela tutto il fascino della dimora all'interno: l'atrio è molto ampio e si intravedono una serie di salottini a sinistra, in cui ci sono dei mobili in legno che danno a questa casa un'aria rustica, i voluminosi lampadari sono sfarzosi, e presentano cristalli pendenti che le conferiscono un aspetto anche classico, le pareti sono bianche. I divani sono in pelle bianca con al centro un tavolino interamente in vetro che poggia sul tappeto shaggy bianco. Quest'ultimo insieme ai lampadari conferisce al salotto uno stile inglese. Le vetrate sono coperte da grandi tende, bianche anch'esse. Ci sono altre portrone e divanetti, del medesimo colore. Poco distante dal tavolino ci sono 3 vetrinette, anch'esse del medesimo materiale. Se dovessi descrivere i colori predominanti in questa villa, direi bianco e marrone. Il marrone appartiene al legno degli infissi delle finestre e il legno delle porte.

L'uomo vestito da pinguino, che ho scoperto essere il maggiordomo, ci conduce in avanti, di fronte la scalinata, e lì troviamo tutti i domestici in una divisa nera e bianca, in fila l'uno di fronte all'altro.

Incredibile come nessuno di loro fiati, mi chiedo se respirano. Di fronte a loro c'è una enorme scalinata in marmo, la ringhiera è in ferro battuto e sembra riproduca la forma dei fiori. Proseguendo ancora più a destra ci sono altri corridoi.

Mentre le mie valige vengono portate al piano di sopra, in quella che dovrebbe essere la mia stanza, io mi guardo intorno, ancora incredula di fronte a questo paradiso. Non mi soffermo neanche a fissare la mia stanza, sono esausta, mi fiondo sul letto e, senza che neanche me ne accorga, gli occhi si chiudono da soli.

Un rumore mi fa sobbalzare: è un tuono.

-Accidenti, che sete! - penso, mentre, di tutta fretta, mi alzo. Percorro il corridoio e scendo le scale per prendere la tanto agognata acqua e versarla nella mia cavità orale, per la gioia della mia bocca, rigorosamente secca. Mi alzo e ritorno su, ma ad un certo punto, mentre percorro il corridoio, un dubbio mi assale:

-Ma era questo il corridoio? Me lo ricordavo diverso- parlo a me stessa, come se mi potesse rispondere. Da lontano vedo una porta.

-Eccola! Deve essere quella, quella è la mia stanza!-

La mia mano si poggia sulla maniglia ed entro.

La luce dei lampi illumina in parte il buio della stanza e...

-Questa non è la mia stanza! Ma allora...-

Una voce decisa e forte interrompe il flusso dei miei pensieri : < Cosa fai nella mia stanza?! >

Io sobbalzo spaventata, voltandomi verso la persona in questione.

I miei occhi incontrano i suoi di ghiaccio. Mi sembrano familiari.

-Oddio! È lui! Il cafone! - penso

<< Ehm... io.. mi sono persa e mi sono ritrovata qui e poi scusami, ma tu cosa... >> la mia domanda viene interrotta, nuovamente, da lui che, con tono di sufficienza, mi mette a tacere:

<< Questo lo dici tu! Per quanto ne so... potresti essere una ladra, dato che ti intrufoli nelle stanze altrui, quando non c'è nessuno >>

<< Scusami? Ma come ti permetti! Io non sono una ladra, tu piuttosto... cosa ci fai qui? Questa è casa di John, ti sei infiltrato qui dentro, ora glielo dico. Magari ti passa la voglia di fare l'arrogante dietro le sbarre per violazione di proprietà privata! >> esclamo senza prendere fiato.

Lui, dopo avermi guardato con incredulità, scoppia in una fragorosa risata.

<< Ti sembro un ladro? Questa è la mia stanza, ci sei entrata senza il mio permesso e io sarei il ladro? Sei un po' fuori >>

<< Camera tua? Questa è casa di John! >> protesto, io

<< Sì, è casa di John, ma si da' il caso che lui sia mio padre; quindi questa casa è anche mia, molto piacere Eric Wilson! >> mi spiega lentamente, come se stesse spiegando le tabelline ad un bambino.

-Cosa? Oddio! Lui è il figlio di John! Ecco perché mi aveva detto che ci saremmo rivisti! Ecco perché afferma che questa è la sua stanza! Che stupida! Come ho fatto a non capirlo prima!-

Paonazza, abbasso lo sguardo verso il marmo del pavimento. Stringo la sua mano e biascico il mio nome.

<< Bene, ora che le presentazioni sono state fatte, potresti uscire? Sai com'è... qualcuno la notte dorme... >> afferma prendendosi gioco di me.

Mi avvicino alla soglia della porta, ma mi volto verso di lui e, con tono imbarazzato, gli chiedo:

<< Mi-mi... potresti accompagnare nella mia stanza? >>.

Dapprima mi guarda sorpreso, ma, successivamente, il suo volto si distende in un ghigno malizioso.

<< Cos'è? Una proposta per caso? >>

<< Ma come ti permetti! Io te l'ho chiesto, perché prima mi sono persa! Ma tranquillo! Vado da sola e grazie per la tua gentilezza! >>

Intenta ad oltrepassarlo, le sue mani afferrano il mio polso, e una voce calda e sensuale mi sussurra: << E sentire lo strisciare terribile delle tue scarpe sul mio pavimento? No grazie! Ti accompagno >>.

Arriviamo di fronte alla mia porta. Mentre mi volto per entrare, lui fa per andarsene, ma io lo trattengo da un braccio

<< Grazie per avermi accompagnata >>.

Lui non dice nulla limitandosi a scrutarmi, per poi darmi le spalle e cominciare ad allontanarsi. Ad un tratto si blocca, voltandosi di nuovo verso di me. Mi guarda da capo a piedi e con aria arrogante mi dice : << Quasi dimenticavo, se la prossima volta vuoi andare in giro a fare il fantasma della notte, trova un pigiama... come dire... più consono >>.

Le sue parole mi ricordano di avere indosso il mio adorato pigiamone con gli orsetti. Mi sento arrossire, ma, cercando di contenere il disagio, non gli lascio l'ultima parola : << Il mio pigiama è comodo! >>.

La sua schiena è sempre più lontana, sino a scomparire negli immensi e oscuri corridoi di questo palazzo.

Mi concedo un respiro quasi liberatorio a causa dello stress di questa giornata. Successivamente chiudo porta, nella speranza di prendere finalmente sonno .







Angoletto:

Premetto che io carico maggiormente su efp, perchè lì ho seguito. Dunque - se qualcuno fosse interessato alla storia - me lo faccia sapere con qualche commento e una stellina, in tal caso saranno caricati anche i successivi :).

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