Capitolo I - Una Famiglia Allargata - Revisionato

" Il capitolo di seguito riportato è revisionato solo per quanto concerne la dilatazione dei tempi narrativi e il passaggio da prima persona singolare a terza persona singolare. Vi è rallentamento degli eventi con l'aggiunta di una scena inedita che nella precedente versione era assente. La trama subirà solo qualche cambiamento. Questa prima revisione si concentra solo sulla rimozione degli errori più visibili, ma non ha previsto per ora un'analisi capillare dell'aspetto grammaticale. Il prosieguo della dinamica thriller verrà riportato nel secondo capitolo revisionato, a differenza della precedente versione dello stesso che presenta tutto l'arco narrativo."

* * * *

Un pallore esteso incornicia il ghiacciaio dei suoi occhi, persi in un rimirare infinito quasi stentassero a credere nella realtà che lo attornia.

Un sospiro fuoriesce nel constatare che il sole filtra nella stanza accentuandone la grandezza e la luminosità. Il biancore delle pareti risplende dell'irraggiamento solare e conferisce vitalità a questo ambiente così asettico che è lo specchio del suo mondo interiore.

Seguita intrappolato in uno stato di torpore, di consapevolezza che si manifesta in una pura contemplazione di ciò che lo circonda, della vita che presto lo travolgerà come un mare in tempesta.

Eric, ancora intrappolato in un una bolla di silenzio e riflessione, osserva, come se fosse ancora la prima volta, il letto a due piazze adornato dello sfarzo più immondo: la testiera è rivestita di capitonnè, una morbida imbottitura grigiastra che pare riporti su di sè tanti quadratini. Ai lati sono situati due comodini nel legno più scuro e grezzo.

Assurdo che io viva in questo sfarzo tanto opprimente quanto inutile!

Il capitonnè...
Un'inutile imbottitura che riflette lo specchio di una società materialista, una società che si prodiga in ostentazioni futili.

"Il mondo è un'inutile moltiplicarsi di inutili necessità", citava Mark Twain, uno dei più grandi scrittori statunitensi.

Sospira di fronte al salottino caldo e accogliente in cui vorrebbe rifugiarsi per godere della sua comodità mentre in caffè caldo oltrepassa l'epiglottide: due divani e una poltrona del medesimo materiale della spalliera, poggiati su un tappeto che copre una parte del marmo bianco e lucente della pavimentazione.
Al centro, frapposto tra di essi, un tavolino in legno.
Resta ben consapevole che non farebbe altro che oziare nel vani tentativo di tranquillizzarsi non farebbe altro che aumentare il suo stato d'animo inquieto.
Sarebbe solo un'inutile tentativo di sembrare calmo e sereno nel momento sbagliato, proprio quando un formicolio brulica nelle mani che quindi restano chiuse a pugno.

Resta avviluppato al ricordo di quando, nel pieno di una fanciullezza irrequieta, siedeva in tutta fretta sullo scrittoio per fare i compiti, agitato dalla paura che i suoi potessero coglierlo a bighellonare.

Il suo piccolo angolo di Paradiso, un nomignolo affettuoso che usava per definire la scrivania, anche in un giorno come questo, è rimasta il riflesso della sua reale essenza: portatrice di una cultura poliedrica, avezza del peso dei libri che sono orientati dal romanticismo più rosa al thriller più tetro, dall'horror più macabro al genere psicologico.

Forse dovrebbe immergersi oggi in uno di questi mondi e cancellare questo dolore che sente.

Necessita di continui stimoli, introvabili nella realtà; quindi se si abbandonasse a essi anche adesso, potrebbe avvertire quel inconsueto sollievo che chiamano felicità.

Ma qualcosa gli dice che non sarà così...

Indugia nell'osservare la figura slanciata allo specchio che oggi rispecchia quel che è diventato.

Un ritratto di freddezza e alterigia, mentre uno strano malessere imperversa come il peggiore dei temporali.
Quel che accadrà oggi è come se fosse frutto di un maleficio, un maleficio maledetto che non può spezzare.

Oggi il suo adorato padre si sposa per la seconda volta e si aspetta che lui sia impeccabile e felice, ma è più probabile che la Terra e Marte collidano. Suo malgrado - sebbene sia l'ultima cosa che avrebbe voluto fare - si ritrova proprio lì, alle sei del mattino, perfettamente vestito in un completo nero di marca Armani; i capelli perfettamente sistemati in modo tale da essere più corti lateralmente, più voluminosi al centro.
In quest'ostentazione di perfezione e freddezza qualcosa sporca rompendo l'idilio visivo: un ciuffo riccio ricade per la centesima volta sulla fronte creando, così, un'ombra sul viso.

Nonostante l'apparenza ostenti il contrario, si riconosce al pari di un disgraziato che - a tentoni - cammina su dei carboni ardenti, animato dall'odio viscerale verso quella sposa che oggi prenderà il posto della donna che gli ha donato la vita, per sempre.

Dalla porta socchiusa l'entrata di Kevin lo distoglie da questo melodrammatico monologo, anche lui elegantemente vestito. Simula un fischio come se Eric fosse una bella donna, nel mentre inarca l'angolo della bocca in un sorriso malandrino.

Semplicemente Kevin.

<< Wow amico, sei così bello che sto pensando di cambiare sponda! >>

<< E io sto pensando che se non spari almeno una stronzata al giorno, non ti senti realizzato >> replica con sarcasmo. Kev è fatto così: non riesce ad evitare di fare battute, da bambino credeva che avrebbe fatto il clown, invece è diventato un imprenditore. Kevin, il migliore amico, è tornato dal suo viaggio.
La risposta non tarda troppo ad arrivare: << Contrariamente a quello che pensi, so che non ci crederai, ma ho altre qualità >>

<< E quali? Fare l'avvocato delle cause perse nel vano tentativo di difendere te stesso? >>

<< Mi era mancato il tuo sarcasmo pungente, sai Eric? >> fa presente con un'allegria contagiosa, la vecchia conoscenza.

<< E a me erano mancate le tue battute, amico >>, si abbracciano.

<< Lo so, modestamente sono unico e inimitabile! Ma soprassediamo questo, ora dimmi, Eric Wilson... sei emozionato? Oggi il paparino si sposa-a! >> esclama, con voce piena di una felicità che non gli appartiene in direzione del ragazzo tanto elegante quanto funereo in volto.

<< SÌ-ÌÌÌ, sono emozionatissimo, non vedi? Sto tremando tutto dall'emozione! >>, afferma Wilson, dilata le pupille per dare un minimo di credibilità alla frase.

<< Senti amico, lo so che le cose col paparino non vanno bene, però almeno oggi cerca di sorridere e abbandonare la tua usuale espressione ombrosa da psicopatico >>, risponde con quella inconsueta ironia caustica e travolgente che lo contraddistingue.

<< Tranquillo, mi armerò del mio più grande sorriso ipocrita e tutto filerà liscio >>, simula un sorriso a 32 denti, più falso delle banconote dei barboni.

<< E poi non ci pensi che avrai una matrigna che, se tutto va bene, ti cucinerà una torta ? >>, non perde mai l'umorismo, quel suo baldanzoso amico.

<< Ci penso, ma non credo sappia cucinare una torta. Le sue qualità sono altre... la principale è saper aprire le gambe! DAI, adesso basta chiacchiere, e andiamo! >>

Nel pronunciare parole piene di sarcasmo che iniettano nell'aria tutto il rancore represso, scende giù al seguito di Kevin trovando lo sposo intento a percorrere il salotto in modo ripetitivo e ossessivo.

Si concede una smorfia: trova tutta questa sua agitazione patetica, non è il suo primo matrimonio. Probabilmente quello con la madre anni fa è stato troppo insignificante per essere ricordato.

* * * *
In una totale dissonanza con il tormento che avvelena l'atmosfera di Casa Wilson, nell'appartamento della sposa si respira un'aria di leggerezza ed euforia.

Sveglia dalle quattro del mattino e adesso intenta a legare i lunghi capelli biondi in un semi-sciolto laterale, Sara Rowen sta cercando un modo per non imprecare mentalmente a causa delle difficoltà. Sarebbero dovuti essere legati lateralmente da alcuni fermagli, ma sembra non ne vogliano sapere: ha una nuvola in testa.

Non ha mai capito il motivo per cui, pur essendo lisci, hanno un'alta tendenza ad incresparsi.

-Ci rinuncio!-, urla a se stessa, lasciando che le onde, fatte dal parrucchiere qualche minuto fa, scendano sulle spalle.

Gli occhi nocciola sono valorizzati da un filo di elyner nero e da una matita marrone. Non l'è mai piaciuto il trucco eccessivo: si sentirebbe un clown se lo mettesse. Indossa un vestito azzurro che ha il corpetto aderente, da cui parte un velo che scende morbido sino alle ginocchia. Le piace, è semplice e allo stesso tempo raffinato, ma decide di evitare il rossetto: le labbra sono sottili quanto basta, alcuni sostengono che le abbia a cuore; dunque non necessitano di essere accentuate, e ciò si conforma al suo modo di essere semplice e modesto. Detesta mettersi troppo in mostra.
Il pensiero, che oggi avrà gli sguardi di tante persone addosso, l'attanaglia in una sinfonia tesa di sospiri.
Ma non può fare nulla per cambiarlo: purtroppo accadrà, perchè sua madre si sposa.
Al solo pensiero una sensazione non dissimile dall'imbarazzo la assale.

Ma delle urla si abbattono sulle mura di mutismo e insicurezze che l'avevano intrappolata, frantumandole.
Corre in stanza.

<< Sei bellissima mamma >>, la adula, trasognante, catturata dal vestito che è molto elaborato e sfarzoso: presenta un corpetto ricamato in pizzo, aderente, da cui partono tanti veli che lo rendono gonfio.
Il trucco è accentuato e mette in risalto i suoi lineamenti delicati, le labbra carnose e le pupille cerulee, screziate di un verde smeraldo.
Si somigliano molto esteticamente: hanno una fisionomia molto simile e i capelli biondi che, occasionalmente, ha sciolto, sui quali porta una coroncina.
Tuttavia sul piano caratteriale non possono che essere più diverse: lei adora avere su di sé gli occhi maliziosi degli uomini, ritiene che bisogni ammaliarli con la propria estetica mostrandosi spigliata e seducente.

Quando finalmente termina di sistemarsi, si accingono a uscire e, con non poche difficoltà, si dispongono nell'auto.
Una macchina d'epoca rosso fiammante che durante il viaggio comincia a fare rumori strani.

Quando, all'improvviso, si ferma, proprio in aperta campagna.

La mamma inizia ad agitarsi, perchè l'autovettura - stando a quanto afferma il nonno - ha un problema; lei, in un tono isterico, riversa le frustrazioni sulla figlia: << Hai visto, è tutta colpa tua! Avevi il compito di farla controllare! Sei sempre sbadata! >>

<< Mamma, adesso non darmi colpe, la colpa è del tuo meccanico, ti ho sempre detto che è una persona inaffidabile! >>

<< Tu secondo me non sei andata a farla controllare! >> inveisce, gesticolando animatamente.

<< Come puoi dire una cosa del genere... vabbe'... ora andiamo a cercare qualcuno che ci accompagni >>, cerca di troncare l'inutile discussione.

Trovano un passaggio da un trattore, ovviamente la Miss continua a sbraitare: << MA SEI IMPAZZITA? Io non ci vado su quel trattore, Sara! >>, la figlia sembra essere il suo bersaglio preferito.

<< E come vuoi arrivarci? Vai a comprare Red bull, sai mette le ali-i! >>, Sara ribatte ironicamente e, con aria annoiata, aggiunge << Tranquilla mamma, ci vado io dietro. Quella che puzzerà di pecora, sarò io >>

Durante il tragitto nessuno fiata.
Il capro espiatorio della sposa tenta di non cascare a terra per via dei movimenti bruschi del magnifico trasporto, perchè - ovviamente - il contadino è abbonato alle buche. Come se ciò non bastasse, deve anche stare ben attenta a non sporcarsi.

Nonostante i continui urti che la sospingono all'indietro, riesce a concentrarsi sulla strada che è un piccolo frammento della realtà: altri pastori che scorrono lentamente e fanno dei versi per dirigere le pecore in queste immense praterie.

Durante questo tragitto avverte un'ondata di felicità attraversarle il cuore e la mente insieme alla consapevolezza che tra non molto la madre dirà di sì.
L'odore dell'erba fresca inonda le narici; rilassa i sensi per un attimo.

Un brusco frenare la distoglie dai pensieri: sono arrivati, e un'accozzaglia di sguardi e risate sommesse li assale; esclamazioni poco lusinghiere sulla macchina nuziale che hanno il potere di irritare.
In una massa di vestiti firmati dal colore variopinto dell'arcobalento nelle donne, a loro volta accompagnate dagli uomini vestiti nel formale nero; le due donne sgomitano al fine di farsi strada in quell'orda di sprezzanti aristocratici.

Li avessero avuti loro i nostri problemi!
Un pensiero che balena in testa della bionda più piccola e timida.

All'improvviso, proprio lei urta inevitabilmente contro un ragazzo. Cozza contro uno sguardo rovente e due occhi di ghiaccio che la guardano con curiosità incatendandola a sé.

Ha la barba perfettamente curata, le labbra carnose, le sopracciglia folte e scure che evidenziano la grandezza delle sue pupille. Una folta chioma riccia e ben curata gli incornicia il viso che prontamente cambia espressione, ostentando arroganza.

Lo riconosce anche se l'ha visto una sola volta.

Eric Wilson, il futuro figliastro di sua madre.

<< La favola di Cenerentola è diventata un film di Fantozzi >> afferma con sufficienza per poi ridere apertamente di lei, minuta e contrita di fronte a sè.

<< Bhe... ecco... abbiamo avuto problemi con la macchina, perciò siamo arrivati con un trattore >> farfuglia la giovane, con una punta di insicurezza.

Eric, così come quella sera di due mesi fa, è in grado di farla sentire inadeguata col potere di quel suo fare intimidatorio e freddo.

La risata aumenta di intensità e la risposta non tarda ad arrivare, in tutta la sua arroganza:

<< Ti direi che sei bellissima, ma in questo momento mi sembri solo una che ha appena finito di rotolarsi nel fieno, Sara. >>

Con aria indignata e - al contempo - imbarazzata, Sara replica: << No-n immaginavo che oltre allo stare in silenzio avessi una lingua così tagliente >>

Continua a ridere della ragazza che si affretta ad andarsene, urla: << Solo per te, mia futura... quasi... "sorella"? >> caricando sulla parola sorella, ma gli ha già dato le spalle cercando invano di pulire il vestito; va in bagno, lontana da occhi indiscreti.

-Questo maledetto abito non ne vuole sapere di aggiustarsi, mah... dico io... perché caspita capitano tutte a me? Giusto oggi la macchina doveva fermarsi e per di più dovevo incontrare il mio quasi fratellastro non consanguineo che si è rivelato un cafone !-, pensa aumentando lo strofinio in modo ossessivo.

Se si sofferma sulla battuta di quel buzzurro non le risulta difficile desiderare che ci sia il suo viso al posto di questo abito.
Preferirebbe continuare a immaginare che dietro quella sua mancanza di loquacità ci fosse timidezza e introversione, e non che ci fosse maleducazione.

<< Sara! Lascia fare a me! >> esclama la cugina, appena sopraggiunta in aiuto << Ti ho vista discutere con Eric >>

<< È solo un cafone, si è permesso di offendermi senza neanche conoscermi! Sapesse quanto questa giornata è stata snervante! Dover sopportare mia madre... perché caspita quella maledetta macchina doveva malfunzionare giusto oggi? Ho una sfortuna che rasenta il mitologico! Ti stai divertendo tu lassù? >> da libero sfogo della rabbia sino ad ora implosa.

<< Adesso ti calmi e la smetti di parlare a macchinetta? Sembri una pazza! Muoviamoci che tra un po' inizia la marcia nuziale e tu devi essere perfetta >> conclude e riesce nel suo intento.

La piccola Sara giunge in sala, il matrimonio civile è già iniziato. Non è nulla di eccessivamente scenografico, essendo una cerimonia civile.

Prosegue nel migliore dei modi; infatti la sposa brilla di un luce diversa.

Chissà come ci si deve sentire a sposarsi per la seconda volta...

È arrivata nel momento preciso in cui mamma e John stanno firmando. Come sempre, ha un tempismo incredibile.

Si alza e sorride raggiante. Sprizza felicità da tutti i pori, come se fosse la prima volta.
Sara si sforza di essere felice per loro ma non riesce a far a meno di provare una brutta sensazione all'altezza dello stomaco. Il ricordo del padre é sempre presente: incombe come un'ombra che ottenebra il lume di questa felicità, lasciando che quel sole che le da vitalità venga eclissato.

- Chissà cosa starà pensando ora... dopo lo chiamo!-, scruta i due piccioncini impegnati a tagliare la torta.

Dei passi colmano quel muto assenso che accompagnava il suo mondo interiore: Eric si è avvicinato con la solita aria impassibile.

-Ma cosa vuole... -

<< Bella festa, no? >>

<< Già. Bellissima >>, risponde priva del più assoluto trasporto, perché desidera fargli capire che la sua presenza la imbarazza e infastidisce allo stesso tempo.

Silenzio tombale.

Dovevo immaginarlo: non fiata, avrà paura di dare aria alla bocca, non gradisce la compagnia femminile, o forse...

Un sospiro sfugge al controllo di Sara.

<< Ehm... Eric, mi dispiace per prima >>, mai confessione fu più falsa di questa, ma deve farlo per il quieto vivere << Cre-credo siamo partiti con il piede sbagliato >>, lui la scruta con un guizzo di curiosità.

<< Ecco... ci siamo incontrati una sola volta, e tu non hai detto neanche una parola per tutta la sera, poi ci siamo incontrati qui oggi, proprio il giorno in cui io mi trasferirò in casa tua, tu hai fatto quella battuta e... ho frainteso la tua battuta, l'ho presa sul personale >>, dilaga il discorso in un soliloquio senza fine dal momento che lui tace per tutto il tempo, e ciò non fa altro che aumentare l'ansia in modo esponenziale.

-Non posso farci nulla: tutte le volte in cui sono nervosa parlo a macchinetta! -

<< Wow... un fiume scrosciante di parole. Comunque sia tranquilla, siamo una famiglia ormai. Avete ottenuto quello che volevate. >>

Il suo timbro di voce è basso, in concomitanza a una glacialità screziata da un velo di sarcasmo pungente.

Infine, senza neanche darle il tempo di rubattere, così com'è arrivato la lascia.

Sara sbatte le ciglia.

Quando, qualcosa di anomalo accade...

Una voce irrompe nella sala...

<< Fermi tutti! >> urla una donna. Tutti si voltano a guardarla, alcuni con curiosità, altri con sgomento. Parla con voce grossa per farsi sentire da tutti: << Isabel, da quanto tempo non ci vediamo! Ho dovuto saperlo dai giornali che ti sposi... non si fanno queste cose alle vecchie amiche... sei stata una bambina cattiva >>

Ride in modo incontrollato.

Nessuno sa cosa pensare, nessuno sa chi sia questa donna. Nemmeno la figlia capisce il perché stia dicendo queste cose, con quel tono poi...

E con agitazione, la diretta interessata interviene: << Cosa fai qui? Nessuno ti ha invitata! >>

L'espressione della tizia si indurisce in una smorfia di netto disappunto.

<< Ho pensato di farti un bel regalo di nozze! >>

<< Ma cosa dici?Adesso smettila e va' via, prima che chiami la sicurezza! SICUREZZA! >>

<< TU NON CHIAMERAI PROPRIO NESSUNO! >>, caccia dalla borsa quella che sembra essere una pistola.

Sara vorrebbe fare tante domande, ma resta paralizzata dalla paura.

La punta alla donna a cui ha precedentemente indirizzato il suo odio.
La gente si agita.

I suoi occhi saettano da una parte all'altra. Continua a urlare in un tono imperioso: << CHE NESSUNO SI MUOVA! VI ASSICURO CHE SPARO! FATE I BRAVI E NESSUNO SI FARÀ MALE >>

La piccola timida ne approfitta per raggiungere la mamma e abbracciarla.

<< D'altronde è solo una persona che mi interessa >>, proferisce con la sua immancabile risata folle.

<< Uh... l'ha raggiunta la figlioletta, che scena strappalacrime, quasi mi commuovo >>, continua quello che è diventato un monologo, dal momento che nessuno ha il coraggio di fiatare. Si avvicina lentamente alle due.

Una paura anche di respirare le rattrappisce in una morsa soffocante. Il corpo della giovane Rowen è percosso da brividi quando la pazza le sorride inaspettatamente, accarezzandole il volto.

<< Quanto sei cresciuta, sei bellissima sai, sei proprio una donna, somigli molto a tua madre esteticamente, sai ora ci faremo una bella chiacchierata io e te >>

Ad un certo punto si sente un boato in sala e una voce esclama: << POLIZIA! Abbassi la pistola >.

La polizia è arrivata, non ci sperava più, qualcuno deve averla chiamata. La donna si gira verso di loro e sorride mellifluamente biascicando: << Certo, ci vorrà solo un attimo >>, ma - inaspettatamente - afferra Sara da un braccio, inducendo la fredda canna dell'arma a premere sulla sua testa.

La malcapitata inizia a tremare.

<< SE OSATE ANCHE SOLO FARE UN PASSO, LA FACCIO SALTARE IN ARIA! >>

<< La lasci andare >> replica il poliziotto.

<< Ti prego, lascia mia figlia, lei non c'entra! >>, implora Isabel nello scrosciare continuo di lacrime, sospiro spezzati e singhiozzi.

Si udiscono soltanto le risatine e le parole che escono dalla bocca: << Lo so, ma in qualche modo devo pur uscire di qui e tua figlia mi sarà molto utile >>, si rivolge ai poliziotti: << ADESSO LEVATEVI DI MEZZO, DEVO ANDARE VIA, AVETE CAPITO, VIAAAA! >>, aumenta la presa su quel corpo totalmente tremolante e indifeso.

Riesce a costruire un varco tra tutta quella gente per lasciare il luogo.

Si arriva a un'unica consapevolezza: l'Inferno per Sara Rowen ha avuto inizio.

NOTE: ebbene sì, in questa versione Eric e Sara si conoscono già, perlomeno superficialmente, perchè mi è stato fatto notare che la loro "non" conoscenza fosse un po' una forzatura narrativa.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top