35. In another life
Mi svegliai intontito dentro un appartamento che non riconoscevo.
Ero steso su un divano di pelle marrone, girai lentamente il collo che mi doleva e notai che l'arredo era piuttosto vecchio e scadente, non di certo quello tipico della dimora di un lord inglese.
I mobili erano pochi e rovinati, la carta da parati ingiallita e il pavimento scheggiato in vari punti; un altro particolare era la luce fioca che pendeva da una lampadina del soffitto senza una plafoniera apposita.
L'ambiente era piccolo e, in base a ciò che potevo vedere,con solo un'altra camera oltre a un piccolo bagno sulla mia destra.
«Finalmente ti sei ripreso! Anche tu sei stato fuori gioco per un po'!» mormorò una voce femminile. Una donna uscì dalla porta chiusa che avevo visto qualche attimo prima.
Era Faith, con indosso una semplice maglietta di una squadra di football e dei pantaloncini della tuta di minimo due taglie più grandi.
«Dove diavolo siamo? Stai bene?» chiesi mentre lei si avvicinava e si sedeva sul divano vicino a me.
«Credo sia un posto che ci ha trovato Markoos, non ha aggiunto molto se non che dovevamo starci per un po' e che lui avrebbe cercato Nick per non fare in modo che si ammazzasse» affermò la vampira sistemandosi i capelli biondo cenere.
«Immagino non voglia perdere un altro dei pochi alleati che abbiamo contro Cole» mormorai sentendo la fitta di un osso che guariva grazie alla magia del vampirismo.
«Credo sia colpa mia se è corso da solo a cercare Cole. Gli ho detto che non ha avuto il coraggio di proteggermi e che ci ha quasi fatti uccidere tutti» mormorò dispiaciuta Faith osservandosi pensierosa i piedi nudi.
«Credo di avergli detto qualcosa di simile quando ha cercato aiuto da me. Nonostante questo però ha tentato almeno di dare una mano. Forse siamo stati ingiusti con lui»dissi stancamente passandomi una mano sul viso.
«A volte mi sento ancora in colpa per quel brutto scherzo sulla casa stregata nel 1800» sorrise lei alzando gli occhi al cielo e sistemandosi meglio sul divano.
«Rob ha fatto la sua parte, forse quella più grande, spaventandolo in quella maniera orribile» affermai più freddamente di quello che avrei dovuto.
«A proposito di lui ... deve essere stato brutto sentirsi dire che...» provò a dire lei per poi interrompersi.
«Se non vuoi parlarmene, lo capisco, da quando siamo immortali sono sempre stata insopportabile con lui, però prima di tutto questo ero anche io sua amica... » continuò poi con un tono quasi docile che mi ricordava la sua umanità, ormai persa da tempo immemore.
«Credo ci sia un'altra cosa di cui devo parlarti, qualcosa che ho saputo nel Parallelo, e che non riguarda direttamente Rob, ma qualcuno che gli è molto vicino» sentenziai con un nodo alla gola.
«Hai visto Caro? Raccontami di lei!» affermò sorridente Faith, e in quel momento quella sensazione di sofferenza nella gola mi raggiunse direttamente al cuore.
Dovevo dirle la verità, già una lacrima stava scendendo sulla mia guancia quando cercai gli occhi di Faith e poi una sua mano.
«Federica... devi sapere che... Carolina...» provai a dire ma le parole mi morirono in gola, la vista mi si appannò appena per le lacrime.
Faith si incupì a sua volta e strinse di rimando le mie dita.
«Sei...stata tu...» piagnucolai senza riuscire a dirle altro.
Avevamo sempre evitato di parlare della fidanzata di Rob, era un dolore che ogni volta ci colpiva quando la menzionavamo.
Un singhiozzo silenzioso accompagnò la reazione di lei che scoppiò in lacrime stringendosi al mio collo e singhiozzando copiosamente sulla mia spalla mentre tremava.
Non parlai per lunghi minuti mentre lei ripeteva più volte: "l'ho uccisa io, l'ho uccisa io".
Sembrava una litania confessata per esorcizzare questo senso di colpa opprimente che la stava divorando.
Cercai di stringerla per darle conforto. Avevo risparmiato gran parte della storia, mi ero limitato a quelle parole e reputai che fu superfluo aggiungere altro.
Faith dopo aver scaricato ogni lacrima che aveva in corpo portò gli occhi gonfi e smeraldini sui miei e mi accarezzò il viso con una mano.
«Mi hai salvata... In tanti modi. Dalla prigionia dei miei genitori, mi hai salvato da una morte certa che una vampira folle come me poteva patire agli inizi di questo secolo. Mi hai salvato dalla malvagità che mi stava consumando, facendomi entrare nel tuo mondo da non-morta, dopo avermi aperto il tuo da umano. Infine ieri mi hai salvato la vita ancora una volta, non ero più la tua fidanzata, non ero più una tua alleata, neanche una tua amica. Ma tu hai rischiato la tu vita per proteggermi...» mi sussurrò con poca voce la ragazza.
Rimasi in silenzio per un lungo minuto e assimilai quelle parole, poi con una lentezza e una titubanza che mai avevo avuto con lei avvicinai le labbra alle sue e la baciai delicatamente.
Lei non ricambiò inizialmente, ma dopo due dei miei baci sulle sue labbra carnose, dopodiché accarezzò il mio viso con entrambe le mani e mi baciò intensificando lievemente quel contatto, che nulla aveva a che vedere con la sua consueta irruenza vampiresca.No, questa persona mi ricordava Federica e non Faith.
Avevamo entrambi bisogno di conforto in quel momento, forse unirci come stavamo facendo avrebbe lenito le nostre sofferenze. Conoscevamo alla perfezione i nostri corpi e ci sentivamo come se fare qualcosa insieme fosse la cosa più semplice da assecondare.
Ora lei era nuda sopra di me mentre stavo seduto sul divano ed ero dentro di lei; le sue mani artigliavano le mie spalle, le mie invece scivolavano sui suoi fianchi e infine dietro la sua schiena.
I gemiti erano soffocati, silenziosi e corti, era un modo di fare sesso che non avevamo mai avuto.
Lei spinse col suo bacino verso di me, raggiungendo l'apice del piacere mentre io tenevo saldamente le sue natiche sode e me la indirizzavo contro.
Faith avvolse il mio collo con le sue braccia,e io sprofondai con il viso nel suo seno, torturandolo con le labbra.
Con qualche rapida accelerata del suo movimento sensuale iniziai a sentire il piacere che stava per traboccare, serrai appena i denti e portai la bocca sul suo collo mentre ero completamente immerso nella sua femminilità.
Federica si tenne stretta con le cosce attorno alla mia erezione così che in pochi attimi l'orgasmo raggiunse anche a me ed esplosi il mio caldo seme dentro di lei.
Ci guardammo per un lungo istante fino a che lei si staccò per alzarsi e, senza dire una parola, dirigersi verso il bagno dopo aversi chiuso la porta alle spalle.
Non sapevo bene cosa avessimo appena fatto, però dentro di me pensai subito che fosse stato un errore enorme. Nonostante questo, non avrei potuto dire fosse stata un'esperienza negativa, ma credetti comunque fosse meglio per entrambi evitare che un'azione come quella portasse a complicazioni future. Il nostro, del resto, era già un turbolento e incasinato rapporto.
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