19. Someone you loved
Miami
Ero di fronte alla porta dell'appartamento che per anni avevo diviso con Sharon, prima che ci allontanassimo. Rivederla dopo tanti mesi sarebbe stato difficile, soprattutto perché sapevo benissimo di cosa avremmo parlato, e io non volevo farlo.
Mi aggiustai il colletto della camicia nera e passai i palmi delle mani sui pantaloni scuri per poi bussare. L'attesa parve infinita, ma dopo pochi secondi Sharon fu di fronte a me. Indossava una maglia a manica lunga beige e dei jeans chiari. Era leggermente truccata e inchiodò i suoi occhi verdi nei miei.
«Ehy...» si limitò a dire facendosi da parte per farmi entrare.
«Ehy...» ribattetti io abbozzando un sorriso e accettando l'invito.
«Non hai buttato via la mia roba», mormorai una volta dentro casa osservando le pareti con alcuni miei quadri e gli scaffali con i miei libri.
«Sono sempre in tempo per farlo», rispose lei divertita appoggiandosi al tavolo.
«Non sono qui per le mie cose, o mi sarei fiondato in camera a recuperare tutto», affermai ricambiando il sorriso.
«Ho messo tutto in uno scatolone, è nello sgabuzzino», disse lei alzando le spalle.
«Sarebbe bello se fossimo persone normali e il discorso continuasse in questa maniera senza prendere pieghe strane», dichiarai con amarezza.
«Io sono una persona normale», replicò lei freddamente.
«Questo è un colpo basso», contestai ferito.
«Credo sia semplicemente la verità», affermò lei risoluta.
«Ho scoperto che il motivo per cui mi hai allontanato, non era poi così valido. Nel senso quella strega... non era una persona per bene», iniziai a dire avvicinandomi di qualche passo.
«In cuor mio, speravo che fosse così, sarebbe stata l'unica ragione per cui avrei provato a perdonarti. Il fatto è che lo hai saputo dopo quello che hai fatto. Non ti giustifica», ribatté lei diventando terribilmente seria, mentre incrociava le braccia sotto il seno.
«Ieri, mi hai salvato con quel messaggio, stavo per fare qualcosa di sbagliato, ma grazie a te non l'ho fatto», sentenziai deglutendo.
«Faith mi ha chiesto di mandartelo, senza specificare quando farlo. Quello l'ho deciso io. Ma se lei non fosse venuta a parlarmi, non ti avrei mai cercato», confessò la giovane lasciandomi disorientato.
«E da quando ascolti Faith?» chiesi alzando un angolo della bocca amareggiato per questa scoperta.
«Mi fido di Nick, lui è un mio amico e lei è la sua ragazza, la vedo sotto quel tipo di vista. Cosa è accaduto tra voi tre nel 1800 non mi riguarda, o meglio mi interessa solo quello sui libri di storia», disse Sharon spazientita.
«Non è comunque...» provai a ribattere ma fui interrotto.
«Abbiamo parlato del perché io ho allontanato te, ma non di come tu lo hai fatto con me. Non conoscevo bene Rob, ma so quello che significava per te. Tuttavia, hai rincorso in maniera maniacale questa tua utopia di riportarlo in vita. Devi lasciarlo andare, è così che doveva andare. Credi che sapere che sei sceso a patti con un demone lo faccia stare bene, credi che vederti solo e infelice sia quello che lui vuole? Io non credo proprio. Questa ossessione ti ha portato lontano da me e ti ha fatto fare cose che non avresti mai fatto!» affermò lei avvicinandosi.
«Ormai non posso più lasciar perdere, non posso fare insospettire Cole. Non avrei comunque rinunciato a pochi giorni dal completamento del mio piano, ma se prima avevo una scelta, ora non più.Se fallirò ti prometto che metterò questa storia da parte, ma devo fare almeno questo tentativo, sento che sono vicino», le confessai accarezzandole una guancia mentre ormai la distanza tra noi era quasi annullata.
«Giurami che tutto questo finirà, nel bene o nel male», mi chiese fissandomi negli occhi.
Avevo pensato molte volte a questo momento. Mi ero distratto con Josephine e Giuly in quei mesi, era il mio modo di reagire alle delusioni amorose, funzionava così da quasi due secoli ormai. Tuttavia, non vedevo l'ora di riavere Sharon indietro.
Mi limitai ad annuire e a posare le labbra sulle sue. Ci fu un attimo di esitazione, ma poi lei schiuse la bocca e il bacio prese vita. Intrecciai la lingua con la sua, mentre mi metteva le mani ai lati del viso e io le cingevo i fianchi.
«Mi sei mancata», le sussurrai.
«Forse anche tu», mi rispose lei tornando a baciarmi.
Ricambiai io questa volta e lei indietreggiò di poco, la feci sedere sul tavolo e iniziai a spostare la mia attenzione sul collo con le labbra e la lingua. Sharon cercò i bottoni della mia camicia e si prodigò a sbottonarla, per poi posare le mani sul mio petto.
Mi adoperai in maniera frenetica per liberarla dai pantaloni e dalla sua biancheria intima, per poi toccarla con insistenza tra le cosce, mentre lei cercava il mio sesso con la mano. Poco dopo lei era stesa sul tavolo, io ero in piedi vicino al bordo, tenendo le sue gambe sulle mie spalle. Baciai la sua pelle liscia e vellutata e iniziai spingere dentro di lei con forza e desiderio.
Sharon strinse le dita attorno al lato del tavolo, tenendosi e gemendo a ogni spinta forte che le davo. Affondai più e più volte dentro la sua femminilità, per poi tenerla dai fianchi e portarla con insistenza verso di me. Le sue grida si fecero più acute, così come i miei ringhi di piacere.
L'unione tra di noi era passionale e carnale e, quando lei cinse le gambe ai miei fianchi per tenermi ancora più stretto, venni scosso dall'orgasmo, poco prima che lei mi seguisse a ruota.
Il mio piacere traboccò in lei, ma cercai di non fermarmi per soddisfarla e farle godere il suo momento fino alla fine. Diedi altre spinte, nonostante per me il rapporto fosse concluso, e riuscii con un ultimo potente affondo a compiacerla completamente.
«Non credevo sarebbe successo», dichiarai una volta terminata la nostra breve, ma intensa prestazione.
«Io invece sì», si limitò a dire lei esausta, restando ferma sul tavolo con un sorriso malizioso sulle labbra.
Tornai in camera dopo aver fatto una doccia rilassante, e per poco schivai una lampada da comodino che mi avrebbe sicuramente beccato in testa. Non ebbi il tempo di capire che cosa stesse succedendo che Sharon mi gridò addosso incazzata come mai l'avevo vista in vita mia.
«Chi cazzo è questa Josephine che dovevi vedere stasera?» mi urlò stringendo il mio telefono tra le mani.
«Non è come pensi, posso spiegarti!» provai a dire, ma fu tutto vano.
«Non mi faccio prendere in giro da te! Sei venuto qui mentre hai già una donna? Sei un verme peggio di quello che pensavo!» sbraitò mettendomi in fretta e furia i miei vestiti in mano per cacciarmi di casa.
«Ho preferito venire da te! Quella tizia non conta niente, te lo giuro!» mi spiegai ma ero già mezzo nudo in strada a sentire insulti gridati da dietro la porta.
Non ero poi così sicuro che i problemi della gente normale fossero tanto migliori dei miei.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top