17. Goodbye
New York, 1988
Steve era di fronte a me, mentre guardava le vittime di Ashley. Poi con lo sguardo si mise fissare la sua figura esanime sull'asfalto rovinato del vicolo.
«Non l'ho uccisa, ma avevo bisogno di metterla fuori gioco per un po'», lo rassicurai notando l'espressione da psicopatico che aveva sul viso.
«Non dovevi permetterti di farle del male!» mi gridò per poi aggredirmi all'improvviso. Mi afferrò per la giacca e mi scaraventò verso il muro pieno di graffiti alle mie spalle. Impattai con la schiena contro di esso e alcuni mattoni caddero insieme a me sul pavimento.
«Steve! Calmati, amico. Non abbiamo tempo per queste stronzate», tossii visto che la polvere delle macerie mi era finita addosso.
«Ho promesso ad Ashley che nessuno le avrebbe più torto un capello!» urlò il biondo dandomi una ginocchiata sulla faccia, appena avevo tentato di rialzarmi. Barcollai all'indietro e finii seduto, ma fui sollevato dal colletto del giubbotto e raggiunto da un destro sullo zigomo.
«Non le ho fatto male! Tu e quella pazza siete completamente usciti di testa!» risposi dopo aver ricevuto un altro pugno.
Reagii mollando una testata al vampiro, per poi stampargli un calcio sul plesso solare che lo fece volare contro il cassonetto dove era appoggiato il cadavere di uno dei ragazzi del college.
«Questo è quello che fa la tua amica... Uccide le persone senza motivo, non è più Ashley! Devi capirlo, devi aiutarla», gli dissi cercando una tregua, mentre indicavo il corpo, ma in cambio Steve si incazzò ancora di più.
Provò a centrarmi con altri colpi, ma parai i suoi attacchi con gli avambracci sia da una parte che dall'altra. Il biondo riuscì a raggiungermi con una poderosa ginocchiata al costato, ripeté quell'azione e poi il suo gomito si abbatté sul mio zigomo aprendomi una grossa ferita.
Scaraventò più volte la mia faccia contro il muro dietro di noi fino a portarmi in ginocchio.
Una leggera pioggia iniziò a cadere addosso a noi, mentre il sangue ormai colava copioso sul mio viso.
«Non farmi prediche sull'umanità. Ti sei confidato più volte con me, sei uno dei vampiri peggiori che io abbia mai conosciuto. Proprio tu non puoi fare il moralista con Ashley, tu l'hai resa così!» ringhiò al mio orecchio il vampiro, mentre stringeva la mia testa in una morsa.
Avevo seriamente paura che me la potesse staccare da un momento all'altro.
Provai a parlare, ma sputai sangue e non riuscii a dire molto. La pioggia intanto si faceva più intensa, mentre la presa del vampiro era sempre più ferrea.
«Ho pensato che forse essere più come te potesse piacere a lei, e così è stato. A volte mi chiedevo cosa avresti fatto tu... e l'ho fatto. Ora, trovo ridicolo che tu mi dica come comportarmi. Perché tu non hai umanità», affermò sempre con voce bassa, coperta dal temporale che lavava via il sangue dal mio viso e si infrangeva sul pavimento.
Un fulmine colpì un lampione che andava a intermittenza poco lontano folgorandolo e facendo sussultare Steve.
Ne approfittai e centrai ripetutamente le sue costole con un paio di gomitate, per liberarmi dalla sua morsa letale. Afferrai un suo braccio e lo feci impattare più volte sulla mia spalla fino a spezzarglielo. Ero riuscito a ribaltare le carte in tavola costringendolo contro il muro a ritmo di pugni. Lo presi da sotto al mento e lo feci picchiare furiosamente con il capo dietro i mattoni esposti alle sue spalle.
Con un urlo di rabbia aprii la mano e puntai al suo petto perforandolo fino a raggiungere il suo cuore, artigliandolo con le dita. Erano vischiose e scivolose per via del suo sangue caldo che vi colava, il suo cuore pompava all'impazzata e lui soffriva, annaspando sotto la pioggia.
«Avrei potuto uccidervi entrambi, per poi sparire nel nulla e cancellare le uniche tracce che mi collegano a questo casino con il figlio di Darkblade. Ma io vi lascerò vivere, perché ci tengo a voi, e questa, mio caro Steve, è la mia umanità. Addio», sentenziai solenne ritirando la mia mano e guardandolo accasciarsi al muro ormai stremato.
Mi voltai e andai via da quel vicolo. Camminai, mentre il temporale continuava a bagnarmi, lasciandomi Steve e Ashley alle spalle per sempre, perdendomi in un ricordo simile, ma non così antico come invece mi capitava di solito.
Miami, 1985
Ero al vecchio faro abbandonato, in cima sulla parte in rovina, e fissavo il mio amico con le mani in tasca e il capo chino sul pavimento.
«E questo è tutto?» mi domandò Rob senza alzare gli occhi dal lastricato rotto e dissestato della costruzione antica.
Era sotto shock e la sua mancanza di emozioni dopo il mio racconto iniziava a farmi preoccupare.
«Io... mi dispiace. Ho coperto questa situazione un paio di volte, speravo fosse uno sbaglio occasionale. So bene che può capitare anche ai vampiri più esperti come noi di perdere il controllo», mi giustificai voltandomi verso il mare sotto di noi e poggiandomi appena alla finestra decadente del faro.
«Uccidere le persone non è uno sbaglio! La vita degli innocenti non è un gioco! La morte di qualcuno non è un errore!» sbraitò Rob facendomi girare di scatto.
Puntò il dito contro di me e prima che potessi ribattere parlò di nuovo.
«Ho cercato di aiutare Melanie in ogni modo possibile. Sapevi quanto io mi sforzassi, quanto io tenessi a lei, eppure hai preferito complottare alle mie spalle! Ammazzava ragazzi e ragazze, e tu la coprivi!» gridò lui avvicinandosi e gesticolando con la mano.
«Io speravo che facendo così voi due avreste potuto prendervi più tempo per gestire questo suo problema. Magari avresti potuto chiamare Lauren e farti aiutare con Melanie. Sapere la verità ti avrebbe fatto male...» mormorai cercando di calmare la situazione.
«Tu hai deciso per me? Hai deciso tu come avrei reagito? Mi credevi incapace di affrontare la faccenda?» mi chiese a raffica dandomi un leggero spintone che mi fece indietreggiare.
«Mi sembravi felice con lei, non volevo rovinarti tutto! So bene che ogni volta che hai provato a costruire un futuro con una donna è successo qualcosa che ti ha portato a prendere strade separate.
Volevo che questa volta fosse diverso, ho sbagliato», mi giustificai mentre lui era a un palmo da me e io quasi costretto con la schiena alla finestra del faro.
«E come hai rimediato al tuo sbaglio, eh?» mi sussurrò digrignando i denti.
«La situazione mi è sfuggita di mano. Avevo capito che ti avrebbe potuto portare su una strada che non era la tua, l'amore ti avrebbe potuto condurre a cambiare il tuo modo di essere e io non volevo ti capitasse...»risposi serio fissandolo negli occhi.
«Avevi paura che diventassi come te! Io mi sono sempre rifiutato di essere come te. Mi sono sempre rifiutato di essere guidato dal timore di perdere chi amo. Non avrei ucciso come hai fatto tu per Federica, perché io non sono te, non lo sono mai stato e non lo sarò mai, e sono grato per questo!» gridò il vampiro, per poi prendermi dalla giacca di pelle e sbattermi con furia contro la finestra del faro che si crepò in diversi punti, specialmente dove si scontrò con la mia nuca.
Provai a reagire, ma mi arrivò una testata sul muso che mi impedì di aprire bocca.
«Tu hai ucciso Melanie, psicopatico del cazzo! Tu l'hai uccisa! E giuro su ogni cosa che ho di più caro che se ti rivedo un'altra volta sarò io ad ammazzare te, hai la mia parola! Ti odierò per sempre e per noi vampiri è un periodo piuttosto lungo! Spero che questo sia un addio!» ringhiò il mio amico con lacrime di rabbia agli occhi ormai rossi e trasformati completamente.
Mi fece attraversare l'apertura e volai giù di parecchi metri mentre lui mi osservava dalle macerie del faro.
L'impatto tra l'acqua e la mia schiena fu tosto e sprofondai in profondità nel mare scuro e infinito. Chiusi gli occhi pensando alle parole di Rob e decisi di rimanere lì sul fondo, nel buio e nell'oscurità, affidandomi alla corrente dell'acqua che avrebbe deciso il mio destino.
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