Capitolo 8: L'accampamento

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«Ci hanno mandati qui a morire!»urla mentre cammina avanti e indietro.

«Non per forza», commento.

«Ma per favore...», sbuffa, guardandomi male.

«Ascolta, proviamoci. Devi solo fidarti di me», propongo prendendola per le spalle, obbligandola a fermarsi.

«Fidarmi di te? Ci hai mentito. Tu non sei come noi», afferma, chiudendo gli occhi per la rabbia. «Si muore una volta sola», insisto.

Dalla conca, tra una collina e l'altra, si intravede del fumo uscire dagli alberi e questo ci permette di capire la posizione dei cacciatori.

Scendiamo nel modo più silenzioso possibile, attaccandoci ai massi e ai fusti degli alberi, fino ad arrivare a meno di un metro delle tende dei cacciatori.

Sono meno di una ventina e questo mi regala una leggera speranza.

Mio fratello sapeva di questa cosa?

Mi ha mandata a morire senza dire nulla... E la mia famiglia?

«Lo faremo davvero?»sussurra Ruxandra.

Una rabbia profonda inizia a crescere dentro di me.

«Guardate un po' chi ho trovato!»urla dal fondo del campo un umano grasso, con lunghi baffi e una barbetta orrenda. Indossa dei jeans, una camicia a quadri verde e nera e un pesante giubbotto nero. In una mano ha una lattina di birra e nell'altra un lungo fucile.

È seguito da due uomini che tengono sottobraccio... una ragazza dai capelli color caramello. È Abel!

Tutti gli uomini si riuniscono intorno al fuoco e ridono di gusto.

«L'ho scoperta mentre ci spiava. È una di loro», dice l'uomo mezzo ubriaco.

Lei si dimena senza risultati e piange silenziosamente, a testa bassa.

«Cosa facciamo?»bisbiglia Ruxandra.

«Non lo so». Non lo so davvero...

Il sole sta tramontando. Siamo dietro questa roccia ormai da ore e nulla è cambiato: hanno attaccato Abel a un palo con le mani legate sopra la testa, mentre tutti siedono intorno al fuoco e bevono una birra.

«Guarda!»esclama Ruxandra, facendomi voltare. Dietro di noi si sta avvicinando qualcosa o qualcuno che non riusciamo a definire, finché non ci accorgiamo che è Dragos.

«Ragazze, cosa ci fate qui?»bisbiglia lui tenendo la testa bassa.

«Se torniamo al castello, ci uccideranno comunque», commenta Ruxandra.

«Abel è stata rapita», affermo mentre ricomincio a osservare la ragazza dai capelli color caramello.

«Sono morti tutti. Io sono riuscito a scappare», dichiara Dragos abbassando ancor di più la testa.

«Li hai abbandonati?»ribatto in tono aggressivo e stupefatto.

«No», ribatte immediatamente, ma subito dopo abbassa la testa. «Sono un codardo», afferma.

«Se non vuoi essere più un codardo, aiutaci a salvare Abel», commento acidamente e Ruxandra.

«Avete fatto dei progressi?»chiede con un po' di preoccupazione e impazienza.

«No», risponde Ruxandra con uno sguardo torvo.

Ormai è diventato tutto buio e Dragos è sempre più agitato.

«Io me ne vado», balbetta alzandosi e rompendo un legnetto per terra, facendo rumore.

All'improvviso tutti i cacciatori si alzano allarmati e con cautela camminano verso di noi. Dragos inizia a correre, ma viene braccato. I cacciatori non se lo lasciano sfuggire e in meno di un minuto puntano i fucili addosso a tutti noi.

Alziamo le mani, ce le afferrano, ce le portano dietro alla schiena, ce le legano con una corda e ci trascinano vicino al fuoco, accanto ad Abel, che non sembra dare segni di vita, e ci insultano, sputandoci addosso.

«Guardate! Questo è un vampiro completo», ridacchia un cacciatore. Un uomo basso, calvo e grasso afferra Dragos e lo fa inginocchiare, ridendo di gusto.

Ruxandra mi guarda preoccupata, mentre io osservo e analizzo l'ambiente circostante. Ci sono cinque tende attorno al fuoco e tutte le armi visibili sono in mano ai cacciatori.

«A cosa pensi, tesoruccio?» midomanda qualcuno.

Lo stesso uomo che ha afferrato Abel mi prende per le guance e mi bacia, infilandomi la lingua in bocca. Mi divincolo, ma ha una presa davvero salda, che non mi permette di muovermi. Quando si stacca, gli sputo in faccia. La mia rabbia è al limite: è come quella sensazione di intorpidimento del corpo, quando tutto ti pizzica e non riesci a tenerlo a bada.

«Questo non avresti dovuto farlo». Si avvicina minaccioso, ma io, con una forza e una velocità a me sconosciute, rompo la corda che mi lega le braccia, gli do una testata, prendo il coltellino nella sua tasca posteriore, rompo con un taglio netto la corda di Ruxandra, che si ripara dietro a Dragos, il quale è a prova di proiettile, e gli punto il coltellino alla gola usandolo come scudo dagli spari, ma soprattutto come ostaggio.

Ho tutti i fucili puntati contro e l'uomo che ho preso in ostaggio rimane immobile, con il coltello puntato alla gola.

«Cosa devo fare?»mi chiede Ruxandra in un sussurro.

«Sei sempre arrabbiata. Usa quella», le consiglio ammiccando. Con il capo le indico dei materiali vicino a lei e annuisco.

«Dragos, guardami!»urlo. Lui alza la testa con uno sguardo triste. «So che puoi farcela. Tu non sei una feccia», dico con tutta la capacità di persuasione possibile.

I suoi occhi, per qualche secondo, rimangono impassibili, ma improvvisamente si rianimano, trasmettendo forza e potenza. Rompe la corda con un movimento fulmineo e con un semplice passo compie una strage nel campo dei cacciatori. Colpi di fucili. Urla di dolore. Si sentono suoni confusi.

«Ti prego, non farmi del male!»mi implora l'uomo che ho ancora come ostaggio.

Ruxandra cerca di svegliare Abel. Dragos ha già ucciso diciotto uomini su venti e io, dopo aver constatato da lontano la buona salute di Abel, ormai sveglia, taglio la gola all'uomo come se fosse la cosa più normale al mondo.

Siamo a diciannove su venti. Dragos, Ruxandra e Abel si voltano verso di me e spalancano la bocca: un uomo, dietro di me, mi punta una pistola alla testa. Percepisco la canna fredda dell'arma sulla nuca, mentre il mio respiro diventa pesante.

Dragos ringhia, con tutta la bocca sporca di sangue, Abel ricomincia a piagnucolare e Ruxandra rimane a guardare. Inaspettatamente quest'ultima chiude gli occhi e fa dei respiri profondi.

«Lasciala andare», minaccia lei dopo alcuni secondi, sempre con gli occhi chiusi, con un tono pacato ma minaccioso.

«Altrimenti?»ribatte con tono disperato l'uomo che mi punta la pistola alla testa. Il cacciatore mi mette la mano sul collo, impedendomi di respirare, e inizia a stringere sempre più forte.

«Ho detto: lasciala andare!»urla aprendo gli occhi e alzando una mano verso l'uomo. Accade tutto velocemente: la sua mano sprigiona un'onda di fuoco. L'uomo cade a terra, il fuoco prende il sopravvento su di lui e lo brucia lentamente, mentre le sue urla di dolore si disperdono per il bosco.

«Stai bene?»mi chiede Abel abbracciandomi velocemente.

«Sì, tu stai bene?»rimando preoccupata.

«Sì. Grazie per non avermi abbandonato» mormora timidamente.

«Io non abbandono nessuno», affermo, guardando l'uomo bruciare.

Abel va a calmare lo spirito guerriero di Dragos, ormai impazzito, mentre io vado a parlare con Ruxandra, ancora immobile a guardare l'uomo, ormai quasi in cenere.

«Stai bene?»le domando.

Lei non risponde, perciò mi metto al suo fianco e attendo che sia lei a parlare.

«Grazie»,sussurra Ruxandra quando l'uomo si è spento e di lui non è rimasto altro che cenere.

La guardo, confusa. Per cosa mi ringrazia?

«Grazie per aver creduto in noi». Si gira e mi sorride.

«Andiamo», dico ridendo.

Spegniamo il fuoco della base dei cacciatori e ci dirigiamo verso il castello Romanov, seguendo Dragos.

«Cosa intendi fare ora che hai scoperto il tuo potere, Ruxy?»chiede Abel mentre camminiamo nel buio.

«Non lo so. Non sono l'unica ad aver scoperto qualcosa stanotte: Dragos sa essere coraggioso a quanto pare e Lisandra sa essere... wow. Poi tu, Abel, sai già qual è il tuo potere...»

«Aspetta, qual è?»lo interrompo confusa.

Pensavo che nessuno avesse quel tipo di potere...

«So decifrare le emozioni. Non è un granché, ma...»sussurra Abel in preda alla vergogna.

«Scherzi? Secondo me è molto utile. Sai sempre in quale tipo di persona ti imbatti. Una arrabbiata? Un represso? Uno triste? Sono io che non ho alcun potere», rispondo.

«Tu hai uno dei poteri più potenti della storia oscura. Non c'è nessun'altro che lo possegga», dichiara Dragos con nonchalance.

«E quale sarebbe? La lotta? La deduzione?»ribatto con sarcasmo.

«La Skiarat», risponde lui.

«Cioè? E poi tu come lo sai?»balbetto confusamente.

«Con la mente puoi fare tutto. In realtà puoi fare tutto con tutto», afferma Dragos.

Lo guardo, confusa.

«In effetti, con due parole sei riuscita a farlo diventare coraggioso», afferma Ruxandra. Abel annuisce.

«Come fai a saperlo?» ripeto.

«Io sono in grado di rilevare i poteri altrui. È questo il mio potere, ma sono stato inserito nella Fecciaperché poco dopo la mia trasformazione sono stato colpito da un maleficio che mi ha reso un codardo. Grazie a te, Lisandra, non lo sono più» spiega sorridendo.

«Cosa vorresti fare ora che hai trovato il coraggio? Andartene?»borbotta aggressivamente Ruxandra.

«Non vi abbandono», rimanda, ricevendo un colpo al braccio da Ruxandra.

È incredibile come non si smetta mai di conoscere le persone.

Camminiamo un po' in silenzio, gustandoci i suoni della natura.

«Lisandra, l'altra volta mi hai fatto intendere che volessi fare qualcosa in merito all'Élite. Cosa hai intenzione di fare?»chiede Ruxandra, rompendo il silenzio.

«Voglio aprire una sorta di club segreto, dove possiamo istruirci e allenarci aiutandoci a vicenda», propongo.

«Io ci sto!»esclamano all'unisono i tre ragazzi davanti a me.

Siamo arrivati davanti al castello. Le due grandi torce sono accese e creano un clima tenebroso.

«So già chi può aiutarci...»mormoro tra me e me, salendo le scale.

Alexandru potrebbe aiutarci con gli allenamenti, mentre la signorina Cross e Anca con l'istruzione.

Potrebbe funzionare.

«Ma dove ci incontreremo?»

«Ho una tenuta in città. Possiamo usare quella», risponde Dragos.

«Acqua in bocca ora», ci ferma Ruxandra.

Arriviamo alla sala della Feccia, apriamo la porta e guardiamo in faccia la signorina Cross, che ci fissa con sgomento e stupore.

«Siete vivi?»balbetta la signorina Cross. Gli occhi le potrebbero uscire dalle orbite, talmente è stupita.

Ruxandra riprende il suo tipico atteggiamento acido, incrociando le braccia e corrugando la fronte, Abel fissa un punto nel vuoto e Dragos abbassa la testa, fingendo di essere tornato un codardo.

Siamo sporchi di sangue, ormai asciutto, e la signorina Cross rimane stranita, osservando ogni piccolo dettaglio dei nostri corpi.

«Abbiamo avuto fortuna», commenta con distacco Ruxandra, facendo spallucce.

«Fortuna?»chiede la Cross curiosa.

«Ne sei sicura?»mi bisbiglia nell'orecchio Dragos.

«Non funzionerà», borbotta Ruxandra furiosa.

«No, possiamo fidarci», affermo.

Me lo sento...

Osservo i ragazzi con decisione e fermezza. Ho questa sensazione: ci possiamo fidare della signorina Cross. Lei sembra credere in noi, ma non può farlo a causa del suo lavoro, ovvero farci credere di essere tappezzeria.

Dragos, Ruxandra e Abel mi fissano con uno sguardo interrogativo e, alla fine, sospirano.

«Ci serve il suo aiuto», affermo avvicinandomi all'insegnante.

«Come?»chiede lei in modo serio, incrociando le braccia al petto.

«Deve insegnarci...»sussurra Abel, con un sorriso timido sulle labbra.

«È quello che faccio», ribatte lei corrucciando la fronte.

«No, deve insegnarci delle cose vere, non il modo in cui sminuirci ogni secondo», ribatto con tono severo.

Lei rimane in silenzio, abbassa il capo e si siede, come se dovesse metabolizzare la faccenda.

«È una perdita di tempo», sbuffa Ruxandra iniziando a camminare avanti e indietro per la classe.

Attendo qualche parola da parte della signora Cross, ma i suoi occhi sono persi nel vuoto; così apro la porta e, seguita dagli altri, mi preparo ad uscire lentamente.

«Quando e dove?»domanda la Cross all'improvviso spezzando il silenzio imbarazzante.

Ci scambiamo uno sguardo stupito, mentre Dragos scrive rapidamente su un foglio l'indirizzo della sua tenuta.

«Grazie», sorride lei. «Hmmm... Dirò ai signori Romanov del vostro ritorno», continua seria, alzandosi dalla sedia. «Rimanete qui».

«Cosa succederà?»chiede in un sussurro Abel.

«Era una prova per sterminare la Feccia», spiega la Cross.

«Una prova?»sbotta Ruxandra.

«Erano sicari umani, che fingevano di essere cacciatori», afferma l'insegnante. «Nessuno è mai tornato da qualcosa del genere, perché di solito muoiono tutti e mandiamo i ragazzi dell'Élite a distruggere tutte le prove e nutrirsi...»mormora alzandosi.

Si pulisce il vestito, sistema la sedia sotto il tavolo, finge un sorriso ed esce dalla stanza.

Aspettiamo in silenzio il ritorno dell'insegnante: Abel è seduta sul divano e tamburella le dita sulle ginocchia, Dragos è seduto sul tavolo e respira affannosamente per l'ansia, Ruxandra cammina avanti e indietro al centro della stanza, con le braccia incrociate al petto, e io aspetto appoggiata allo stipite e guardo fuori dalla grande finestra, dove tutto è nero e immobile.

La porta si apre, attirando l'attenzione di tutti, e compare sulla soglia la signorina Cross, con un'espressione indecifrabile sulla faccia. Chiude la porta e ci guarda tutti.

«Sono rimasti stupiti», commenta dopo alcuni secondi l'insegnante Cross. «Non se lo aspettavano», continua.

«Che cosa ti hanno chiesto?»chiede Dragos saltando giù dal tavolo. Mentre le ragazze si avvicinano incuriosite all'insegnante, io rimango accanto alla finestra con lo sguardo perso nell'orizzonte.

«Non si aspettavano il vostro successo, ma per mascherare la situazione ho detto loro che eravate gli unici superstiti durante la battaglia e che era stata mera fortuna da principianti», spiega Kristina Cross.

«Ci uccideranno?»domanda Ruxandra preoccupata, abbracciandosi da sola, come se avesse freddo.

«No, ma tra pochi giorni ne arriveranno degli altri che entreranno a fare parte della Feccia», risponde.

«Quindi rimarremo nella Feccia?»chiede Dragos.

«Sì», rimanda la Cross.

«Perciò rimaniamo... Fantastico...»borbotta Ruxandra.

«Tu sei sicura di volerlo fare?»mi chiede la Cross in tono serio e teso.

«Sicura», ribatto decisa annuendo.

«Coinvolgeremo anche i nuovi», propone Dragos con convinzione, ottenendo l'approvazione di Abel e Ruxandra.

«Adesso andate. Ci vediamo domani», ci saluta la Cross andando via.

Ci dirigiamo verso l'uscita del castello, dove mi aspetta l'auto. Alla fine delle scale vedo Fritz e un gruppo di ragazzi dell'Élite, tra cui mio fratello.

«Merda», borbotta Dragos guardando i quattro ragazzi dell'Élite. La loro vicinanza mi permette di osservarli al meglio. Hanno una divisa diversa dalla nostra: indossano dei pantaloni neri morbidi ed eleganti, una camicia e una giacca nera. Sulla spalla destra è cucito lo stemma dei Romanov. Non appena ci vedono, i ragazzi smettono di parlare e si girano verso di noi. Uno di quei ragazzi è Licano, che mi fissa con freddezza e distanza.

Saluto i miei amici, mentre mio fratello fa la stessa cosa e, alla fine, ci troviamo entrambi davanti all'auto.

Speravo di aver cambiato qualcosa con la questione risolta dei finticacciatori, ma mio fratello non mi rivolge nemmeno uno sguardo, tantomeno la parola.

«Fritz»,chiama lui con le mani dietro alla schiena, con un tono freddo e distaccato.

«Signore», risponde l'uomo-triangolo abbassando il capo in segno di rispetto.

«Tornerò a piedi», ringhia. Si volta, lanciandomi uno sguardo torvo, e con un balzo scompare nell'oscurità del bosco.

«Ci sono solo io», sghignazzo alzando le spalle, mentre l'uomo-triangolo alza gli occhi al cielo.

Apro la portiera e andiamo a casa.

Dopo aver cenato con quello che sono riuscita a cucinare, sola come sempre, vado a farmi una doccia e mi preparo per la tipica serata sulla poltrona con un bel libro. Mi vesto e vado in biblioteca alla ricerca di un nuovo libro che mi ispiri. Apro la porta e mi trovo davanti la compagna nella vita di mio padre.

«Ciao», saluto.

«Posso entrare?»chiede. Annuisco e chiudo la porta dietro di me.

«Avevo la sensazione che avessi bisogno di me», sussurra con uno sguardo preoccupato, con gli occhi spalancati.

«Io... avrei voluto parlarti». Ma non oggi, balbetto.

«Di che cosa?»domando accigliata. Si volta, si dirige verso le due poltrone e la seguo, sedendomi sulla poltrona vicino al fuoco.

«Ho bisogno del tuo aiuto», mormora.

«Tutto quello di cui hai bisogno», ribatte preoccupata.

«Ho intenzione di aiutare i ragazzi della Feccia e... non so come spiegarlo», dico velocemente, sentendomi per la prima volta insicura della mia scelta.

Lei sbuffa, con un atteggiamento preoccupato, si alza e sparisce per qualche secondo, alzando il solito vento fresco. Torna con un cucchiaio d'acciaio e un coltellino in mano.

«Che cosa?»La guardo confusamente.

«C'è un modo più semplice per farti capire. Dammi la mano», spiega alzando una mano.

«Che cosa vuoi fare?»chiedo.

«Ti farò un piccolo taglietto sul pollice e verserò il sangue su questo cucchiaio. Attraverso il sangue riuscirò a leggerti», afferma Anca.

«E così capirai cosa voglio dirti...»continuo ad alta voce, capendo il suo discorso.

«Esatto». Si avvicina, mi prende la mano, spinge il coltellino e il sangue inizia a uscire. Mi prende il pollice e versa la goccia di sangue sul cucchiaio. Con lo sguardo mi chiede il permesso di portarsi il cucchiaio alla bocca. Annuisco e attendo con l'ansia nello stomaco.

Chiude gli occhi assaporando la goccia del mio sangue e la osservo. In biblioteca c'è solo silenzio: si sentono solo lo scoppiettio del fuoco e il mio respiro.

Dopo alcuni minuti apre di scatto gli occhi, facendomi sussultare.

«Lo sapevo!»esclama Anca.

«Che cosa?»chiedo confusa.

«L'hai fatto volontariamente!»ripete come un mantra. «Tu sapevi le risposte e non hai voluto difenderti».

Ho capito a cosa si riferisce: al mio ingresso nella Feccia.

«Non sei arrabbiata?»domando abbassando la testa.

«Perché dovrei esserlo? Tuo padre pensava la stessa cosa». Si avvicina sorridendo e mi abbraccia. Ricambio immediatamente.

Per la prima volta sento di avere accanto una figura materna femminile e ciò mi riempie di gioia.

«Mi aiuterai?»chiedo timidamente.

«Sempre», risponde sorridente staccandosi dall'abbraccio.

«Sei la Skiarat», ridacchia tra sé e sé Anca.

«Shh», la zittisco mettendo un dito davanti alla bocca.

«Non ci sono i tuoi nonni», ride coprendosi le labbra con la mano. «Sono a caccia».

«Non so nemmeno cosa significhi Skiarat», mormoro.

«Tu hai un grande potere: con la mente riesci a fare tutto. Devi solo concentrarti e credere in te stessa», dichiara felice.

Tiro un sospiro di sollievo.

Sono in grado di fare tutto con la mente, ma non riesco a parlare con mio fratello, né con la mia famiglia.

«Sei stata incredibile con quei cacciatori», afferma entusiasta. Sorrido. «Come hai intenzione di procedere?»

«Non lo so», rispondo facendo spallucce in modo sincero.

«È una operazione alla fine e per questo devi dargli un nome», ribadisce.

«Hai ragione», concordo. Inizio a pensare a diverse possibilità, quando una lampadina si accende negli occhi della mia matrigna.

«Che ne dici di Lessie?»propone all'improvviso.

«Flaved Lessie», provo tra me e me.

«Perché Flaved?»chiede curiosa.

«Significa difettoin inglese, perché ognuno di noi è perfetto nell'imperfezione», spiego.

«Sei uguale a tuo padre», commenta con l'amore negli occhi e un grande sorriso dipinto sulla faccia.

Osservo il fuoco davanti a noi e divento pensierosa.

Assomiglio proprio a mio padre?

Sono forte abbastanza per fare questa cosa?

Voglio che quei ragazzi mi considerino come loro leader?

Mi sembrava tutto più facile in quella foresta, con quei cacciatori...

La porta della biblioteca si apre di colpo e sulla soglia appare Alexandru.

«Mi ha chiamato, signora?»chiede il mio tutore portando le mani davanti a sé.

«Sì. Chiudi la porta», risponde Anca severamente. Alexandru, il mio ex tutor, obbedisce e si avvicina a noi, mentre Anca spiega tutto ciò che avrei dovuto dire in merito alla mia operazione Flaved Lessie.

«Sono con voi», afferma guardandomi negli occhi, con un sorriso fiero.

***

La sveglia suona come ogni mattina, ma la lascio fare per qualche minuto.

Ho bisogno di dormire, perciò mi metto il cuscino sulla testa.

«Rimarrai lì per molto?»Una voce maschile mi fa aprire gli occhi di scatto e sobbalzare. Mi siedo e vedo Alexandru in piedi accanto alla porta.

«Non devo andare all'istituto oggi, perciò volevo dormire», dico facendo il broncio e incrociando le braccia al petto.

Che cosa ci fa qui? Non dovrebbe tenere le distanze, così come tutti gli altri?

«Ho parlato con il tuo compagno Dragos stanotte. È venuto qui per avvisarti, ma dormivi russando», sghignazza.

«Io non russo», ribatto risentita.

«Non ti senti mentre dormi. Ah, comunque passerà a prenderti tra cinque minuti», ride appoggiandosi al muro.

«Cosa?»urlo.

Mi alzo, corro nella cabina armadio, mi lavo e mi vesto. Frugo nell'armadio per alcuni minuti e alla fine scelgo una maglietta nera con maniche lunghe di pizzo sottile, dei pantaloni neri a zampa di elefante con una cintura nera, delle scarpe comode nere e un cappotto nero lungo fino alla vita, con grandi bottoni grigi.

Si vede che mi vesto sempre di nero?

Entro nella stanza e vedo Dragos e Alexandru che parlano vicino al camino. Appena si accorgono della mia presenza, si girano e mi sorridono.

«Da dove sei entrato?»domando rivolgendomi a Dragos.

Indossa scarpe da ginnastica nere, pantaloni neri semplici, una maglietta bianca, tendente al grigio, un cappotto grigio scuro lungo fino alle ginocchia. Ha i capelli castani corti e la pelle pallida, tipica di un vampiro adulto.

Mi avvicino e noto un irrigidimento da parte di Dragos.

«Tutto bene?»gli chiedo.

«Sì», dice deglutendo. «È solo più difficile stare vicino agli umani senza perdere il controllo, da quando hai annullato la maledizione. Non sono più un fifone...»Fa un sorriso tirato e allarga le spalle, facendomi capire che sta trattenendo il respiro, per non sentire odori.

«Ce la fai a portarla?»domanda Alexandru in modo serio, con la faccia scura.

«Sì», risponde annuendo Dragos.

Mi avvicino lentamente.

«Sì, ti porto sulle spalle. Gli altri sono già lì».

«Ma...» Io non lo sapevo... Pensavo di andare in macchina...

Devo procurarmi un cellulare...

Mia madre non ha mai permesso a me e mio fratello di averne uno. Non che me ne importasse, ma adesso mi serve per comunicare, vista la Flaved Lessie in atto.

Dragos sposta la tenda rossa dalla finestra e la luce entra nella stanza accecandomi. Alexandru si allontana in direzione della porta.

«Tu non vieni?»gli chiedo.

«Vi raggiungo dopo», ribatte Alexandru . Esce dalla stanza chiudendo delicatamente la porta.

«Sei pronta?»mi sorride il vampiro con il nome di un drago.

«Sì», rispondo.

Si abbassa per permettermi di aggrapparmi come un koala: gli metto le braccia intorno al collo e le gambe attorno alla vita, mentre lui si irrigidisce.

«Mi fido di te. Andrà tutto bene», cerco di tranquillizzarlo accarezzandogli la spalla.

«Cercherò di andare più veloce possibile, così non sentirai tanto gli effetti della velocità, ma devi trattenere il respiro e attaccarti bene a me». Sale sul bordo della grande finestra e con un balzo finiamo nel bosco. Trattengo il respiro e chiudo gli occhi. L'aria mi colpisce il viso violentemente, ma allo stesso tempo mi dona libertà e un senso di gioia che arriva dagli angoli più remoti del mio essere.

Chissà come inizierà questo primo giorno all'operazione Flaved Lessie... Sarò in grado di portare avanti le mie speranze?

A un certo punto non sento più il vento sulla faccia, così apro gli occhi e riprendo a respirare regolarmente.

«Siamo arrivati, principessa», annuncia Dragos.

Scendo dalle spalle del ragazzo minuto, il cui nome ricorda un drago, e osservo il territorio circostante: siamo di nuovo in una foresta, ma, portando lo sguardo più in là, vedo una casa.

«Non avevi detto che era in città?»chiedo mentre guardo per terra per non inciampare.

«Siamo proprio accanto alla città», risponde con un sorriso stampato sulla faccia.

«Dove stiamo andando?»domando. Cammino in avanti e salto le grosse radici presenti a terra.

Dragos non dice nulla. Arriviamo davanti ad un piccolo loft in legno con un camino fumante e piccole finestre.

«Siamo arrivati», annuncia sorridente superandomi con un balzo felino.

«Lo vedo», commento estasiata dalla bellezza rustica del luogo.

La porta della piccola veranda si apre e vedo i ragazzi della Feccia entusiasti, i miei amici.

Salgo le piccole scale e Abel mi corre incontro e mi abbraccia, anche se mi sembra più che altro che mi travolga.

«Sei arrivata!»urla Abel felice, strapazzandomi.

«Sono arrivata», ripeto ridendo.

Entriamo nella piccola casa del bosco e mi domando come potremmo allenarci in questo posto. Il salotto ospita un grande camino di mattoni rossi, in questo momento acceso, e un divano marrone chiaro. Le pareti sono di legno e la luce soffusa color arancio dona all'ambiente un clima rustico e caldo.

«Noi dovremmo allenarci qui?»chiedo guardandomi intorno.

«No», risponde Dragos sorridendo. Va all'ingresso, percorre il corridoio centrale che costeggia le scale che portano al piano superiore e apre una porta sulla destra.

«Seguitemi», afferma in tono serio.

Lo seguiamo in fondo alle scale, che culminano in quella che sembra una grande stanza buia. Mi attacco al braccio di Ruxandra per non cadere. L'unica cosa visibile ai miei occhi è il colore degli occhi rossi dei miei compagni.

Non è giusto, io non vedo nulla...

Si sente il rumore di una leva, che viene abbassata, e all'improvviso la stanza viene illuminata da grandi lampadari al neon. È molto grande, sulle pareti ci sono grandi specchi e il pavimento è fatto esclusivamente di un tappeto morbido blu notte.

«Mi allenavo qui prima della maledizione», ci spiega Dragos, facendo spallucce.

Mi guardo intorno, mentre gli altri alzano la testa di scatto, allarmati.

«Che cosa succede?»domando preoccupata.

«Qualcuno ha bussato alla porta», risponde Abel con voce fievole. Ruxandra mi si avvicina e si posiziona davanti a me, come se fosse il mio scudo.

Dragos e Abel salgono velocemente al piano di sopra e accolgono gli sconosciuti, mentre Ruxandra si ferma davanti, alla fine della scale, in posizione da battaglia.

Nella stanza l'ansia cresce e diventa elettrica: i miei polmoni fanno fatica a prendere l'aria, mentre il mio cuore batte rapidamente, finché la porta dello scantinato si apre e vedo Ruxandra tirare un sospiro di sollievo. La supero, raggiungo Abel, che scende per prima le scale, e vedo il mio tutore, la compagna di mio padre, la mia insegnante, camminare seguiti da alcuni ragazzi con gli occhi rossi che non ho mai visto.

«Siete arrivati», affermo sorridendo ed entusiasta.

«Sì», risponde Anca ammiccandomi.

«Va bene per allenarsi?»chiede Dragos al mio tutore, che tiene le mani dietro alla schiena mantenendo lo stesso atteggiamento che aveva con me all'inizio, ovvero rigido.

«Sì, va bene», risponde Alexandru.

I miei amici mi raggiungono e, poi, insieme a quei ragazzi che avevo visto scendere, ci disponiamo in semi-cerchio. Davanti a noi, ci sono Alexandru, Anca e la signorina Cross.

«Salve a tutti», inizia Alexandru in tono autoritario e severo. «Mi chiamo Alexandru e vi insegnerò l'arte del combattimento», afferma accentuando la parola combattimento. «Non sarà facile. Dovrete allenarvi tanto. Se non siete disposti a farlo veramente, andatevene ora o mai più». Ci guarda attentamente negli occhi, uno dopo l'altro, mentre i ragazzi nuovi si scambiano sguardi confusi. Infine si sofferma su Ruxandra, la quale ricambia lo sguardo profondo. Alexandru alza un sopracciglio e distoglie lo sguardo dopo qualche minuto, confuso.

«Mi chiamo Anca Mikelaus. Io vi donerò la sapienza, insieme all'insegnante Kristina Cross», afferma facendo un inchino leggiadro. «Lessie cara, vorresti fare un discorso per spiegare a queste povere creature il motivo per cui sono qui?»

Faccio un passo avanti e raggiungo i tre vampiri più vecchi presenti nella stanza.

«Ciao a tutti! Mi chiamo Lisandra Mikelaus». Mi presento e tutti, a parte i miei amici, iniziano a bisbigliare Lei è una Mikelaus. «Siete qui per un obiettivo specifico: siete stati inseriti nella Feccia. La signorina Cross vi ha spiegato che cos'è?»

Vedo i ragazzi scuotere la testa, mentre lo sguardo di Ruxandra si fa cupo.

«È quando nella società vampira non conti più nulla», dice Dragos facendo un passo avanti.

«È quando vieni ritenuto incapace di fare qualsiasi cosa», continua Abel.

«Quando da nobile di alto rango, passi a diventare una nullità», commenta Ruxandra mostrando i denti.

«Ognuno di noi è qui perché ci hanno classificato come feccia della società vampira, insieme a criminali e altre creature, che presto moriranno. Alcuni di noi sono vampiri, altri ibridi, ma tutti noi siamo semplice Fecciaper loro. Degli incapaci», continuo guardando in faccia i ragazzi. «Sono una Mikelaus, sì! E non appena ho visto dei ragazzi che nella sala del trono dei Romanov non riuscivano a tenere la testa alta, ho pensato a quanto fosse ingiusta la situazione. Sono qui, davanti a voi, perché ritengo che ognuno di noi sia perfetto nei propri difetti, perché sono proprio quelli a renderci forti».

«Sarà un'operazione segreta: solo i presenti in questa stanza dovranno saperlo», inizia a spiegare Dragos venendo al mio fianco.

«Ha un nome quest'operazione?»chiede timidamente un ragazzo con la pelle bianca e gli occhi rossi, facendo un piccolo passo avanti.

«Flaved Lessie», risponde Dragos. Gliel'ha detto Alexandru?

«In cosa consiste?»domanda un altra ragazza pallida al suo fianco.

«In un'operazione...»inizia a spiegare Dragos, ma lo interrompo. «Saremo una famiglia», afferma con serietà e fermezza. «Tutti siamo stati denigrati dalle nostre famiglie, ma dobbiamo reagire», continuo.

«Siete con noi?»chiede Dragos allargando le spalle. Mentre i ragazzi si scambiano degli sguardi per riflettere sulla proposta, mi si blocca il respiro per l'ansia.

«È una rivolta contro il clan madre?»sussurra una ragazza in mezzo al gruppo.

«No», rispondo con tono serio e freddo. «Si tratta di far vedere di cosa siamo capaci. Mi basta vedervi per capire che siete capaci di grandi cose. Lo siamo tutti», continuo. «Io li apprezzo i Romanov e se siete qui per partecipare a una specie di rivolta, conoscete la porta», aggiungo irrigidendomi.

«Non volevo offendere», singhiozza la ragazza. «Nemmeno io li odio e neanche i ragazzi qui con me».

«Ma ci sono dei vampiri che ambiscono al loro potere», continua un ragazzo alto accanto a lei.

«Noi non siamo loro», ribatte Dragos al mio fianco, offeso.

«Sei tu il capo?»chiede sgarbatamente un ragazzo, rivolgendosi a Dragos.

«No, è lei». Dragos mi indica con un sorriso gigantesco, nel quale si intravedono due piccoli canini bianchi, e ridacchia.

È la prima volta che li vedo così bene.

Lui se ne accorge e chiude subito la bocca, mentre il ragazzo sgarbato di prima mi fissa dall'alto al basso.

«I tre vampiri anziani?»domanda qualcuno, riferendosi a Anca, Alexandru e la signorina Cross.

«Loro sono della nostra parte», rispondo.

«C'è un Mikelaus che legge nel pensiero, come facciamo?»chiede una ragazza.

«Abbiamo fatto mettere un blocco nella nostra memoria», spiega Alexandru.

«Io ci sto», afferma dopo un po'. È un vampiro: si vede dalla pelle incredibilmente bianca e dagli occhi rossi. Ha i capelli castani chiari corti e indossa la divisa della Feccia, così come tutti gli altri ragazzi nuovi.

«Venite tutti da me, se volete aderire», avvisa Abel con un tono di voce alto, ma come sempre dolce.

Inizialmente nessuno si muove dalla propria posizione, ma poi tutti si dirigono, prima uno alla volta e poi tutti insieme, da Abel.

«Vanno da Abel così possiamo fare una lista con i nomi degli aderenti», mi spiega Dragos. Osservo per qualche secondo Alexandru, che non stacca gli occhi nemmeno per un secondo da Ruxandra, che a sua volta aiuta Abel con la raccolta dei nomi, e all'improvviso sento nel mio petto una strana sensazione prendere piede: la gelosia.

Mi avvicino ad Anca e la ringrazio.

«Non mi devi ringraziare. Tuo padre sarebbe fiero di te, così come lo sono io», mormora soddisfatta.

«Vorrei tanto parlarne con mio fratello», borbotto a bassa voce.

«Non capirebbe in questo momento. Ha nel cervello solo l'obiettivo di essere il migliore, insieme alla sete di sangue, e...»sussurra.

Lo so bene. Mio fratello è sempre stato un tipo competitivo.

«E cosa?»chiedo.

«C'è una magia nella trasformazione in vampiro che fa...»

«Che cosa fa?»esorto.

«Se fai parte della Feccia, un vampiro ti odierà...»mormora Anca.

«Ma perché? Come è possibile?»chiedo.

«Non si sa, ma fa parte della natura...», rispondo.

«E perché voi - tu e Alexandru - non mi odiate?»

«Stiamo facendo molta fatica a respingere questo istinto d'odio nei vostri confronti», dice a denti stretti.

«Cos'ha Alexandru?»domando cambiando argomento.

Lei sorride, ma non mi risponde. «Te lo dico quando andremo via, va bene?»

Annuisco, aggrottando la fronte. «Cosa facciamo adesso?»chiedo mentre vedo Dragos venire verso di me.

«Abel e Ruxandra gli spiegheranno la nostra storia», sghignazza lui. «E noi due dobbiamo parlare», continua. Mi prende per mano e, trascinandomi su per le scale, mi porta in cucina.

Mi fa accomodare su uno sgabello, ci sediamo intorno al piano di lavoro della piccola cucina del loft rustico e appoggia sul tavolo un foglio che poi si rivela essere quello delle adesioni.

«Parliamo...»inizia Dragos. «Di cosa volevi parlare?»chiedo ridendo, mentre lui mi passa la lista con i nomi.

Alec Silver...

***

«Siamo in diciannove», afferma tutto soddisfatto.

«Perfetto», rispondo entusiasta.

«Dobbiamo decidere come e quando incontrarci, ma prima volevo parlarti di chi ha i poteri qui dentro».

«Sei riuscito a identificarli? Che domande...»sorrido. «Io non so nemmeno come si chiamano, mentre tu li conosci già tutti», commento.

«Chiaro. Tutti noi siamo cresciuti qui ed è normale che ci conosciamo, almeno di nome», spiega .

«Già. E io sono la nuova arrivata sprovveduta», mormoro tra me e me.

«Tu sei stata in grado di fare cose che chiunque qui non si è mai sognato di fare». Poggia la sua mano sulla mia e sorride.

«Grazie. Allora... queste persone e questi poteri?

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