Capitolo 6: Briciole
N.A. La canzone di questo capitolo è...
https://youtu.be/OgvLej8ln2w
𝓛𝓲𝓼𝓪𝓷𝓭𝓻𝓪
Come ci sono arrivata?
Sono bloccata al centro della stanza, esattamente dove si trovava mia madre nel sogno. Le lanterne appese al muro sono accese, anche se non lasciano vedere tutto ciò che mi circonda; ha una forma particolare: è a centottanta gradi.
Nell'oscurità vicino alla parete si intravedono due figure buie, una più alta e l'altra più bassa.
«Guarda, guarda... i Mikelaus ci hanno regalato uno spuntino?» dice una voce sottile e fredda.
Il vento freddo riprende il suo corso e a meno di un centimetro da me appare un uomo basso con i capelli corti color caramello, gli occhi rossi, la pelle pallida e un completo nero, su cui è attaccata una spilla con un rombo dorato. Quest'ultima attira immediatamente la mia attenzione: la osservo attentamente, che ho visto anche nel mio sogno, e noto che è decorato con dei contorni dorati e neri, al cui interno è ricalcato un animale con una coda lunga, corpo e gambe di leone e testa d'aquila. È un grifone con accanto tre piccole fiamme rosse.
L'uomo viene più vicino, quando, in meno di un secondo, qualcosa di indefinito lo scaraventa contro il muro, portando alla luce l'altro uomo nascosto nell'ombra. È più alto rispetto all'uomo dai capelli caramello, ha i capelli neri e corti, la pelle pallida, gli occhi rossi e, come il compagno, indossa un completo nero con la spilla dorata e nera del grifone. L'uomo basso, con i capelli color caramello, si rialza immediatamente con una velocità disumana e ringhia contro il suo aggressore. È Alexandru.
«Sta'. Lontano. Da. Lei», sbraita Alexandru. Nello stesso momento in cui viene davanti a me urlando, dalla porta rossa, spalancata dall'arrivo irruento di Alexandru, entrano mio nonno Grigore, mia nonna Crina e mio fratello Licano.
«Cosa ci fa lei qui?» chiede mio fratello a mio nonno in modo estremamente maleducato.
«Non lo so», risponde il nonno senza distogliere lo sguardo da me, Alexandru e l'uomo caramello.
«Devo chiedere il motivo della vostra visita», aggiunge mio nonno facendo un passo in avanti e portando entrambe le mani dietro la schiena. Tiene lo sguardo alto, emanando forza, e indossa un completo nuovo grigio scuro, senza cravatta e con il panciotto. Mia nonna, alla sua sinistra, indossa degli stivali alti neri, una gonna nera lunga fino al ginocchio e una maglietta nera a maniche lunghe con rivestimenti dorati. Mio fratello, alla sua destra, indossa un completo nero senza cravatta e sulla sua faccia si intravedono due emozioni: la rabbia e la paura.
«Abbiamo avvertito questa intrusa, che, stranamente, ha il tuo odore addosso, Alexandru», commenta con acidità l'uomo con i capelli neri passando lo sguardo prima su di me e poi su Alexandru, alzando un sopracciglio. «E non sapevamo...»
«Si dà il caso che lei è mia sorella, Lisandra Mikelaus», interviene mio fratello venendo al mio fianco con un passo.
Le due figure si scambiano uno sguardo di intesa, sussurrando qualcosa che non riesco a comprendere, e fanno un passo in avanti all'unisono.
«Mi chiamo Alucard Villarreal», afferma l'uomo con i capelli color caramello portandosi la mano sinistra all'altezza del cuore in segno di riverenza.
«Io sono Pollux Cervantes!» esclama l'uomo con i capelli neri, ricopiando il compagno.
Alexandru mi si mette davanti <<State lontani da lei. Se l'avete minimamente toccata, vi ammazzo», li intima.
Licano mi prende per mano, irrigidendosi. «Stai bene?» mi chiede.
Annuisco sotto i suoi occhi scrutatori. Sposto lo sguardo su mio nonno e dico nella mente: Nonno, so che mi senti. Annuisci se mi senti.
Lo sguardo di mio nonno incontra il mio e, dopo alcuni secondi, annuisce.
«Lei è la figlia di Emilian Mikelaus. È mia sorella...» inizia a parlare mio fratello, ma io non ascolto.
Nonno, io non so come sono arrivata qui. Ero a letto e stavo sognando, affermo nella mia testa.
Chiudo gli occhi e inizio a pensare al sogno e a tutti i dettagli che ricordo: mia madre, i miei nonni e i tre uomini. Cerco di non focalizzarmi sull'uomo con i capelli neri sciolti.
Nonno, hai visto il sogno? Se lo hai visto, annuisci.Lui alza lo sguardo per qualche secondo e abbassa il capo velocemente per non attirare l'attenzione dei presenti
Cosa sta succedendo?
«Abbiamo chiarito la situazione. Ora potete andare via», taglia corto mio nonno ai due uomini a un certo punto, con serietà.
Pollux e Alucard si scambiano uno sguardo, annuiscono e se ne vanno, alzando il vento gelido.
«Stai bene, cara?>> chiede mia nonna prendendomi per le spalle.
«Io...» balbetto confusamente.
«Perché è qui?» chiede Licano a mio nonno.
Dov'è Alexandru?
Lo cerco con lo sguardo, ma non c'è.
«È pronta», dice mio nonno.
«No», ribatte immediatamente Licano.
«Pronta per cosa?» ripeto confusa.
Nessuno mi risponde e Licano abbassa lo sguardo.
«Pronta per cosa?» ribadisco con insistenza.
«È nel suo sangue», dice mio nonno in modo serio a Licano, il quale scuote la testa.
«Licano?» chiamo.
«Cosa?» sbotta.
«Non capisco», mormoro scuotendo la testa.
«Non devi capire», ribatte mio fratello.
«Perché?» esorto.
«Perché non ti voglio in questo mondo. Sto cercando di proteggerti».
«Proteggermi? Mi proteggi senza esserci? Dove vai tutte le volte? Sai quante volte ci siamo visti da quando siamo arrivati qui? Dieci volte a dir tanto! Io sono in questo mondoquanto te e sono stufa che mi tratti come se avessi ancora nove anni. Sono cresciuta e lo sai anche tu. Ho sempre dimostrato più anni di quanti non ne abbia davvero, perciò smettila di trattarmi in questo modo. Ora spiegami il motivo per cui nonno Grigore ha detto che sono pronta. Pronta per cosa?»
«Sei proprio una Mikelaus», commenta Licano sorridendo.
«Andiamo in un posto più adatto. E poi devi mangiare qualcosa», consiglia mia nonna Crina.
Licano si toglie la giacca, me la mette sulle spalle e ci dirigiamo tutti in sala da pranzo. Entro nella stanza e mi salta subito all'occhio la presenza di Alexandru sul fondo, affiancato da Alina, e di Anca, seduta al tavolo.
«Stai bene?» mi chiede preoccupata.
«Sì, grazie».
«Cosa desideri mangiare?» domanda la compagna di papà con tono affettuoso, mentre tutti noi ci sediamo.
«Una cotoletta, per favore».
«Te la porto subito!» esclama andando via alla velocità della luce. Mi giro in direzione di Alexandru, ma lui non mi guarda. Sembra fare finta di nulla. Anca ritorna con un piatto caldo, me lo posiziona davanti e si mette di fianco a me.
«Grazie», dico iniziando a mangiare.
«Lisandra», interviene mio nonno. «È tempo che tu sappia tutta la verità».
Finalmente!
«Per tutto questo tempo io ho frequentato la scuola specialedei Romanov», afferma Licano.
«Cos'è?» chiedo.
«Non è la scuola del Canada che conosci, Lis. Qui c'è un'intera società sotto», dice mio fratello.
Guardo Anca e penso al suo metodo di domanda e risposta.
«Vorresti farci delle domande?» propone mio nonno appoggiando le mani sul tavolo.
«Sì», rispondo annuendo con fermezza.
«Bene. Procedi pure, cara», dice mia nonna poggiando una mano su quella di mio nonno.
«Chi siete? Che cosa siete?»
«Siamo vampiri, figliola. Siamo pallidi e freddi, come i cadaveri, invulnerabili, super veloci, abbiamo una forza sovrumana e dei poteri speciali, come dèi. Tu sei come noi. Questo ti spaventa?» ribatte mio nonno Grigore.
«Non penso. Ho paura di non essere adatta a questa famiglia», bisbiglio a occhi bassi. I miei nonni si scambiano uno sguardo preoccupato e Licano ridacchia.
«Tu? Non adatta? Semmai non sei adatta a quella società umana. Tu sei nata per essere un vampiro. Sei nata per essere una guerriera. Sei nata per essere di questa famiglia. Ricordi tutte quelle volte in cui tornavi a casa piangendo perché ti sentivi fuori posto? Qui ti senti così?» È mio fratello a parlare.
«No, ma...» mormoro.
«Ce l'hai nel sangue, Lisandra», ribatte mio nonno con compostezza.
«Allora perché non mi avete trasformato subito come avete fatto con Licano?»
Mio fratello abbassa lo sguardo, Anca cambia posizione sulla sedia, come se fosse infastidita, e i miei nonni si guardano preoccupati.
«Alexandru, quali sono i risultati ottenuti da Lisandra?» chiede mio nonno alzando una mano.
«Notevoli, signor Mikelaus. Direi incredibili per un ibrido di tale età», risponde Alexandru facendo un passo avanti e guardando fisso davanti a sé.
«E tu cosa dici, Alina?»
«Ha superato tutte le attività con una certa creatività e spontaneità», dice facendo un passo in avanti e sorridendo.
«Non ti sembrano dei risultati?»
Annuisco. «Cosa mangiate? Insomma, non ho mai visto nessun essere umano qui intorno. Vi nutrite di animali? O di sangue umano?»
Una risata corale si diffonde nella stanza e contagia tutti, tranne me.
«No. Gli animali sono esseri troppo preziosi», ride mia nonna. Quindi con sangue umano...
«Quando vi nutrite?»
«Ogni giorno», risponde mio fratello con la testa bassa, come se si vergognasse di dirmi queste cose.
«Dove?»
«Nella sala in cui siamo appena stati», dichiara mia nonna.
«Dormite?» domando.
«No», sogghigna Licano.
«Va bene. Gli ibridi sono accettati?» domando.
«Certo che lo sono, da più di seicento anni», risponde Anca.
«Va bene. Non mi avete risposto, però. Perché non mi avete trasformato subito come avete fatto con Licano?»
«Perché per noi donne è diverso. Vedi, se fossi stata completamente umana sarebbe stato più semplice, ma sei un ibrido e, per giunta, una Mikelaus», informa nonno Grigore.
«Che cosa c'entra?»
«C'è una tradizione molto remota: la donna ibrido è destinata a trovare il suo compagno per la vita per essere trasformata», mi spiega Anca.
«Quindi devo aspettare un uomo per essere una completa Mikelaus?» ribadisco.
«Lisandra, non è semplicemente aspettare», spiega Anca.
«E che cosa? Diventerò vecchia e forse morirò prima di trovarlo», dico sbuffando.
«Pessimista come il padre su questo argomento», borbotta Anca con un sorriso stampato sulla faccia.
Mia nonna ride di gusto per la prima volta, portandosi una mano davanti alla bocca. «Quando arrivi ai diciotto anni smetti di invecchiare. Questo è uno dei vantaggi dell'essere ibrido... Anche se nel tuo caso non so... Sei il primo ibrido a cui non spuntano fuori gli occhi rossi...»
«Nemmeno a Licano, però», ribatto.
«Nostra madre ci aveva fatto fare un incantesimo, che nonno Grigore ha fatto annullare, ma con te non funziona», afferma mio fratello.
«Quindi tu umana incontri un vampiro, lo conosci e boom, vieni trasformata così», dico facendo un riassunto veloce.
Nonna Crina sorride e mormora: «La mia storia la approfondirai meglio con Anca, però sì!»
Fantastico! Devo basare la mia vita sulla ricerca di un uomo.
«Non è così, figliola. Sei libera di fare quello che desideri. Ti abbiamo costretta a fare qualcosa contro la tua volontà?» dice mio nonno.
«Beh...» Sì, con l'addestramento... però, tutto sommato, l'ho gradito molto.
Mio nonno sorride.
Pollux e Alucard?
«Chi erano i due tizi di prima? Come ho fatto ad arrivare lì?» chiedo.
«Partiamo dalla prima domanda», propone mio fratello sorridendo e guardando Anca.
«I loro nomi sono Alucard Villarreal e Pollux Cervantes. Sono le prime guardie del clan dei Romanov. Sono con loro dal momento della sua creazione. Noi più avanti affronteremo la nascita del clan Romanov», anticipa Anca.
«Quindi sono le guardie del corpo del clan?»
«Dei capi del clan», spiega Nonna Crina.
«Chi sono i capi?» chiedo enfatizzando la parola capi.
Anca rivolge uno sguardo a mio nonno, il quale annuisce.
«Il clan Romanov iniziò con Lucius Romanov, il più anziano di tutti e l'originale. È definito l'originale poiché fu il primo vampiro di cui si abbia notizia. Divenne la creatura che oggi è in seguito a un patto con il diavolo per una fanciulla che egli amava, all'età di venticinque anni. Non si sa altro di lui. Il secondo anziano si chiama Sebastian Romanov e il terzo Nicolae Romanov. Sono i veri fratelli di Lucius, che lui trasformò immediatamente. I tre fratelli erano i principi della Romania al tempo e possedevano il castello in cui risiedono ora. In dieci anni hanno costruito un'intera società e loro ne sono i re», spiega Anca parlando lentamente.
«Ma cosa hanno di particolare oltre al fatto che possiamo identificarli come gli originali?» domando.
«Nicolae Romanov riesce a trasformare qualunque oggetto in oro con un solo tocco della mano».
«Cioè, lui tocca qualcosa e si trasforma in oro? Com'è possibile? Nonno, non è stato lui a trasformarti?» chiedo guardando prima Anca e poi mio nonno.
«Sì, figliola. Ma già all'epoca era in grado di controllare il suo potere», risponde lui.
Mia nonna e Licano rimangono in silenzio e immobili, mentre Anca riprende a parlare. «Esattamente. Ora, essendosi esercitato, trasforma gli oggetti in oro solo quando lo desidera. Sebastian Romanov viene chiamato figlio di Babilonia, proprio perché il suo potere è comprendere qualsiasi linguaggio, che non sia informatizzato, senza il minimo studio. Infine c'è Lucius Romanov. Lui non ha un potere in particolare, ma ha carisma, è una guida innata, per questo è il vertice della nostra società ed è un imbattibile guerriero».
«Whoah! Ma chi è chi?» chiedo a mio nonno, perché sa del mio sogno, mentre i presenti si scambiano degli sguardi interrogativi.
«Quello con i capelli castani è Nicolae Romanov, quello con i capelli biondo platino è Sebastian Romanov e l'ultimo...» mormora mio nonno.
«Quello con i capelli neri sciolti era Lucius Romanov», lo interrompo parlando ad alta voce tra me e me.
«Cosa? Lei li ha conosciuti?» sbotta d'un tratto Licano alzandosi in piedi di scatto, facendomi sussultare.
«Calmati, figliolo! Non li ha incontrati...» afferma mio nonno.
«Li ho solo sognati», finisco la frase. «Ritornando sulla questione del compagno della vita, che cosa significa?»
«Essere compagni della vita significa aver trovato il pezzo mancante del tuo puzzle. Esso può essere umano, ibrido o vampiro, perché il destino, o il fato, come lo vuoi chiamare, vi farà sempre rincontrare», dice mia nonna guardando il nonno.
«E cosa significa perderlo?» sussurro. Anca ha perso il suo compagno, mio padre.
«È come se ti pugnalassero in modo costante e perenne», dice Anca con la testa china e lo sguardo buio.
«Non volevo...» sussurro in imbarazzo.
«No, devi sapere», mi ferma lei alzando la testa e fingendo un sorriso. «Devo dire, però, che da quando siete arrivati voi, il dolore viene meno».
«Hai mai pensato di...?» Ucciderti?
«Sì, ma poi vi ho visti e sapevo che vostro padre ci teneva, perciò, prima di morire, dovevo compiere la mia missione, ovvero quella tenervi al sicuro e di istruirvi nel miglior modo possibile», dice Anca con convinzione. «Però, allora, è vero che sei più saggia di quelle della tua età...» commenta poi sorridendo.
Ricambio il sorriso. «Come sai di aver trovato è la tua compagna o compagno?» domando.
«È strano: ti senti talmente attratta da quella persona che non vorresti più abbandonarla, ma allo stesso tempo hai paura di cosa potrà succedere», risponde nonna Crina.
«Come fai a riconoscerlo, insomma?»
«Ognuno ha un suo modo», dice mio nonno in maniera pacata, mentre mio fratello sbuffa, facendomi ridere.
«Come sai che una persona l'ha già trovata?»
Mia nonna solleva il polso e si slega il bracciale rosso di stoffa che porta sempre con sé. «Lo vedi? Questo è un filo rosso. Conosci la storia giapponese del filo rosso?» domando e scuoto la testa. «La leggenda del filo rosso 赤い糸(akai ito) del destino è una credenza molto diffusa in Giappone che si rifà a un'antica leggenda cinese. La leggenda narra che ognuno di noi nasce con un invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra. Questo filo ci lega indissolubilmente alla persona cui siamo destinati: il grande amore, per noi occidentali la nostra anima gemella. Le due persone così unite sono destinate a incontrarsi, a prescindere dal tempo che dovrà passare, dalle circostanze o dalle distanze che le separano. Perché il filo rosso sarà lunghissimo e fortissimo a tal punto che non si spezzerà mai. Il legame che simboleggia è forte, indissolubile, e niente e nessuno potrà metterlo alla prova. È stato Sebastian Romanov a trovare, per primo, la sua compagna e per questo è stato lui a diffondere questa leggenda con un artigiano giapponese», continua.
«Quindi è un semplice filo rosso di stoffa?»
«È un filo incantato da una strega nel momento in cui si procede con il matrimonio», risponde Licano.
«Strega? Ci sono streghe in stretto contatto con i vampiri? Vanno d'accordo?» domando confusa.
«Relativamente poche, anzi solo una famiglia, quella delle Krauss», spiega mio nonno. «Nel momento in cui decidi di sposarti, loro eseguono un rituale...»
«... che più avanti approfondirai...» lo interrompe mio fratello.
«Sì... e grazie a loro non si vedono i segni che lascia», continua mio nonno con un sorrisetto sulle labbra.
«Quali segni?» chiedo.
Anca si tira su una manica e mi mostra delle linee molto simili a tatuaggi.
«Ne vale la pena», commenta al mio fianco la compagna di mio padre, con serietà.
«I re... hanno tutti una compagna?»
«Lucius Romanov non l'ha ancora trovata, ma gira voce che il suo vero amore sia il potere, poiché si circonda di persone superdotate», risponde Licano.
Accidenti! Che uomo pieno di sé!
«Licano, tu hai scoperto qualche potere?» chiedo a mio fratello.
«Sono un idromante».
«Che cosa significa?» esorto.
«Significa essere padroni incontrastati dell'acqua e modificarla a proprio piacimento».
«Fico». E io so solo tirare qualche calcio e qualche pugno...
«Se noi siamo di famiglia, Alina Alexandru e gli altri chi e cosa rappresentano?»
«Ognuno di noi è libero di seguire chi desidera, non credi?» risponde mio nonno felice.
«Sì».
Si crea un attimo di silenzio e questo mi dà modo di pensare a molte cose. L'uomo tutto rigido, con i capelli neri e il mantello chiuso, si chiama Lucius Romanov... Perché mi ha fatto quell'effetto?
C'è Grigore Mikelaus accanto a te, Lisandra, perciò cerca di pensare a cose meno delicate.
La questione del compagno per la vitaè molto romantica, ma non può girare tutto intorno alla sua ricerca. Certo, tutte desiderano l'arrivo di un bellissimo principe azzurro che ci porti via dalla vita ordinaria, ma prima di tutto io voglio essere libera.
Mi chiedo quale sia la storia di Alina e Alexandru...
Perché Alexandru non mi guarda nemmeno di striscio? Ho fatto qualcosa di sbagliato?
Vorrei scoprire di più sulla questione dolorosa del matrimonio, ma dovrò farlo più avanti, quando sarò da sola con Anca.
«Prima avete detto che sono pronta, ma non ho ancora capito per cosa», dico all'improvviso.
«Oltre al tuo ordinario addestramento casalingo, andrai alla mistica scuola che i Romanov hanno adibito nel loro castello», afferma mio nonno con entusiasmo.
Mi blocco all'istante.
«Andrò lì da sola?» chiedo facendo fatica a deglutire.
«No, ci sono anche io», risponde mio fratello con uno sguardo preoccupato.
«Quando?» sussurro.
«Domani», informa con fierezza mio nonno.
«Domani?» chiedo sbalordita.
«Sì», concorda mia nonna annuendo.
«Va bene», sussurro.
«Non farti prendere dal panico, Lisandra. Andrà tutto bene. Ora va' e prepara tutto per domani», ordina mio nonno alzando una mano in aria.
Mentre mi alzo per dirigermi nella mia stanza, Alexandru e Alina arrivano al mio fianco.
Apro la porta e noto che tutto è stato riordinato. Alexandru chiude la porta, mentre Alina, entusiasta, si dirige immediatamente nella cabina armadio.
«Lessie, siediti sul letto», mi dice ad alta voce dalla cabina armadio. Mi accomodo stancamente sul bordo del letto, guardo Alexandru, immobile accanto alla porta, e sbuffo.
«Puoi sederti, lo sai?» domando con aria di sfida.
«Non ne ho bisogno, grazie», dice con estremo distacco.
Perché si comporta così?
Alina rientra nella stanza, spezzando il clima di gelo. «Ti ho preparato l'outfit per domani e non ti servono libri, perciò niente zaino», mi dice. Mi guarda in faccia attentamente. «Che cosa hai?» mi chiede.
«E se non fossi adatta? Voglio dire, lì sono tutti esperti e quant'altro, mentre io sto ancora esplorando questo mondo e voi mi state dicendo le cose a blocchi, il che mi manda ancor più in confusione e... Non ho gli occhi rossi. Mi avete detto che è strano per un ibrido non averli...»
Alina mi blocca appoggiandomi un dito sulla bocca. «Ti farai venire l'ulcera a furia di farti paranoie del genere. Ora va' a letto!»
«Ma...» cerco di ribattere inutilmente.
In meno di due secondi i miei tutori escono dalla stanza, creando quel venticello a cui ormai sono abituata. Dopo essermi messa il pigiama, mi infilo sotto le coperte e cerco di dormire.
Quante cose sono successe oggi...
Come ho fatto ad arrivare in quel luogo senza accorgermene?
Discendo da una grande famiglia di guerrieri vampiri. Non devo deluderli. Domani sarà un nuovo giorno. Loro non sono umani. Per loro non sarò strana. O almeno lo spero. E se lo sarò perché sono un ibrido? O perché non ho gli occhi rossi?
Mi giro un paio di volte sul letto, quando all'improvviso decido di alzarmi e di andare in palestra.
Ho bisogno di scaricarmi un po'.
Apro la porta e vedo Alexandru fare box con foga, dando dei forti pugni al sacco rosso appeso al soffitto. Non appena entro, si gira e diventa scuro in viso.
«Non dovresti essere a letto, ragazza?» sbotta con rabbia repressa.
«Non riuscivo a dormire. Ho bisogno di scaricarmi dopo questa giornata». Mi avvicino lentamente a lui.
«Vuoi allenarti con me?» propone alzando un sopracciglio, con un sorrisetto sulla bocca.
«Non sapevo che i vampiri avessero bisogno di allenamento...» ribatto in modo sarcastico.
«Infatti, ma avevo bisogno di scaricarmi». Mi lancia due guantoni neri e si posiziona davanti a me, piegando leggermente le ginocchia e rivolgendo i palmi aperti verso la mia faccia.
Tiro un pugno.
«Scaricarti, per cosa?» chiedo con affanno.
Lui alza le spalle e io tiro un altro pugno. Non risponde. Inizio a tirare una serie di pugni sempre più forti, finché non perdo l'equilibrio e finisco per terra, sopra di lui.
«Quando mi dirai cosa ti passa per la testa?» chiedo in un sussurro a un centimetro dalla sua bocca. Ha gli occhi di un rosso acceso e questo mi attrae.
Con un movimento felino mi solleva, mi riporta in piedi e mi volta le spalle.
«Non azzardarti ad andartene», lo intimo.
«Perché altrimenti cosa hai intenzione di fare?» domanda con tono saccente.
Questa frase mi fa incazzare, ma allo stesso tempo mi lascia senza fiato.
«Cosa hai intenzione di fare?» ripeto imitando la sua voce. Che comportamento maturo sto adottando?
Lui mi volta le spalle, con un balzo si attacca alla spalliera di metallo in alto e inizia a fare dei piegamenti.
«Hey. Ti stavo parlando...»
Mi sta ignorando...
Con la collera a mille, decido di passare tutta la notte in palestra ad allenarmi e a fare altrettanto con lui.
Mentre tiro un altro calcio al sacco rosso, guardo l'orologio appeso al muro: le 4:21. Inspiro ed espiro. Non mi sento più i polmoni e inizio ad avere molto sonno. Le palpebre cominciano a essere pesanti, mentre Alexandru è ancora sulla spalliera a fare non so quanti piegamenti.
Sferro un altro calcio e all'improvviso vengo travolta da un forte capogiro fortissimo, che mi fa perdere l'equilibrio e cadere, sbattendo contro una delle attrezzature. Tutto diventa sfocato, percepisco solo un tonfo sul pavimento e davanti a me intravedo una figura nera. Muove la bocca, ma non afferro le parole.
«Lessie? Lessie, parlami». La figura mi accarezza la fronte, mentre tutto intorno a me inizia a riprendere forma e colore.
È Alexandru. Chi altrimenti?
«Scusami, sono stato un deficiente. Parlami. Di' qualcosa», insiste.
«Sto bene», farfuglio.
Mi siedo, mentre i suoi occhi rossi seguono con attenzione ogni mio movimento.
«Ti accompagno in camera», afferma senza attendere risposta. Mi prende sotto le gambe sollevandomi in aria, mi attacco con le braccia al suo collo gelido e andiamo nella mia stanza.
Mi poggia delicatamente sul letto e si inginocchia davanti a me, sistemandomi le coperte e i capelli, che mi cadono continuamente sul viso.
«Il punto è che penso di... Mi hai fatto scattare qualcosa che... ritenevo ormai perso», sussurra all'improvviso avvicinando la mia mano alla sua bocca e baciando dolcemente le nocche. Sono senza parole. «Ora devi dormire un po'», mormora alzandosi e prendendo la coperta.
«Aspetta...» balbetto. «Puoi rimanere qui?» chiedo in tono supplichevole.
«Certo», risponde mettendosi al mio fianco.
In meno di cinque secondi mi addormento con il profumo di Alexandru nelle narici e il pensiero discattare qualcosanella testa.
«Buongiorno», squittisce Alina. «È ora di alzarsi e di andare all'istituto».
Mi sveglio, sfrego i pugni sugli occhi e noto subito l'assenza di Alexandru.
Meno male che doveva rimanere con me...
Mi siedo e lo vedo subito in piedi accanto alla porta, con le braccia incrociate dietro alla schiena e lo sguardo fisso su di me, mentre Alina mi aspetta in piedi davanti al letto.
Sposto le coperte e mi alzo respirando pesantemente. La tutrice mi prende per il polso e mi trascina dentro la cabina armadio.
Perché deve avere tutta questa fretta?
Vado in bagno, mi lavo e mi metto dei collant neri fino alle ginocchia, una gonna nera corta, una maglietta bordeaux a maniche lunghe e degli stivaletti. Mi trucco leggermente con il mascara e l'ombretto nero sfumato. Esco dal bagno e Alina mi passa una borsa nera piccola, con un filo dorato come tracolla.
«Stai da Dio!» esclama la tutrice scandendo ogni parola ed enfatizzando il tutto con le mani.
Lancio uno sguardo al tutore vicino alla porta: il suo sguardo è penetrante e intenso. Ho quattordici anni e gli ormoni che stanno impazzendo. Sto entrando ufficialmente nell'adolescenza.
Vado in sala da pranzo, dove noto, con piacere, che mio fratello è seduto al tavolo. Mi siedo, mentre i tutori si posizionano, come sempre, sul fondo della sala, e sorrido.
«Whoah!» esclama mio fratello a bocca aperta. Indossa il solito completo nero senza cravatta, mentre i miei nonni hanno vestiti molto simili a quelli rappresentati nel dipinto del libro del clan.
«Sei stupenda, cara», dice mia nonna con il sorriso sulle labbra.
«Grazie», dico sorridendo mentre inizio a mangiare. «Come funziona lì?» chiedo riferendomi all'istituto Romanov.
«Nulla di diverso, ma ti allenano di più sia dal punto di vista fisico che da quello mentale», risponde mio fratello.
«Io non ho nessun potere», commento mordendo un cornetto alla marmellata e mio nonno fa una smorfia di disappunto.
«Sei pronta?» mi domanda Licano alzandosi e mettendo la sedia sotto al tavolo con delicatezza.
«Sì», rispondo pulendomi la bocca e alzandomi. Prendo la borsa appesa sulla sedia e lo seguo fino all'ingresso, dove ci aspetta l'uomo-triangolo. Fritz passa un indumento nero ad Alexandru, che si trova al suo fianco, e aiuta Licano a mettersi un cappotto nero lungo. Il mio tutore apre l'indumento nero rivelatosi un cappotto a mantella, mi aiuta a infilarlo e apre la porta d'ingresso con l'aiuto di Fritz, il quale ci augura buon viaggio e buona fortuna. Scendiamo le scale dell'ingresso e compare una Mercedes. Alexandru ci apre la portiera e io, mio fratello e i miei nonni saliamo in auto.
«Come mai venite anche voi?» chiedo mentre l'auto parte.
«Dobbiamo presentarti. È la regola», spiega mio nonno.
La strada è tutta il salita e piena di tornanti. Intorno a noi c'è una foresta fitta di vegetazione il cui colore varia dal verde al nero.
«Sei nervosa?» mi domanda Licano posando una mano sulla mia gamba.
«Leggermente», dico espirando rumorosamente.
«Il tuo cuore batte così forte che non riesco a concentrarmi su altro», ribatte sorridendo. Ride mostrando i denti.
La macchina si arresta davanti a un gigantesco castello nero e grigio in pietra. Il mio respiro diventa affannoso nello stesso istante in cui mio nonno apre la portiera.Merda.
Scendo e mi ritrovo davanti a infinite scale che portano a un gigantesco e possente portone di legno nero e oro.
«Bello, vero?» ridacchia mio fratello.
Mentre saliamo le scale, il grande portone si spalanca e si materializzano due figure che riconosco all'istante.
Pollux e Alucard!
«Guarda un po' chi si vede. Benvenuta», afferma Pollux con un sorriso beffardo.
Sono entrambi vestiti nello stesso modo in cui li ho visti nella stanza sotterranea.
Li saluto con un sorriso timido mentre mio nonno e mio fratello fanno un cenno con il capo e mia nonna una riverenza. Entriamo in uno spettacolare atrio antico: sui lati, vicino al muro verde scuro, si alternano armature di cavalieri e lampade a fuoco. Il pavimento è di pietra e al soffitto sono appesi due lampadari di cristallo bianco.
Ma dove sono finita? In Reign? Dov'è Francesco? Dov'è Maria?
Seguiamo le guardie per il lungo atrio e svoltiamo in un altro corridoio, un po' più stretto rispetto al precedente ma arredato nello stesso modo, nel quale, tra un cavaliere e l'altro, si iniziano a vedere delle porte nere.
Dove siete stati tutta la vita?
Arriviamo alla fine di questo lungo corridoio e saliamo per delle larghe scale a chiocciola in pietra. Appoggio le mani al muro di pietra per non scivolare e gli altri cercano di mantenere il mio passo.
«Conosceremo la famiglia reale?» bisbiglio a Licano una volta intrapreso un altro corridoio al termine delle scale.
So già che mi perderò qua dentro... commento nella mia testa.
«Sì», risponde senza guardarmi. È preoccupata.
Fantastico! Ora ho lo stomaco sottosopra!
«Una Mikelaus nervosa», ridacchia Alucard.
Sta' zitto, idiota!lo minaccio nella mente.
Al mio pensiero, mio nonno sbuffa una risata, facendomi intendere che si è intromesso nella mia testa, e questo mi tranquillizza. Non sono da sola.
A un certo punto, Pollux si ferma davanti a una grossa porta di legno nero, con serrature d'oro e chiede: «Siete pronti?»
«Vi stavano aspettando!» esclama Alucard aprendo la possente porta allargando semplicemente le mani.
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